martedì 23 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 24

Capitolo n. 24 – life



Styles accolse Louis calorosamente, dando un bacio sia al consorte, che alla bimba, che venne subito fatta accomodare nel salottino, adibito anche a sala giochi per i bimbi in visita.

Spesso, infatti, Harry si occupava di adozioni ed affidi, anche complessi.

“Tesoro tutto bene?” – chiese un po’ concitato, mettendo in ordine la scrivania o almeno provandoci per la settima volta.

“Sì … Più di te, vedo” – Boo rise – “Comunque Vincent ti manda questo” – e gli passò un portavivande – “… e si è dispiaciuto per la tua assenza”

“Anche tu, giusto?” – bissò un po’ accigliato, mentre sprofondava su una delle poltroncine, destinate ai clienti.

“Infatti, non dovresti evitarlo, dopo quanto ha fatto per noi” – anche lui si accomodò al suo fianco.

“Ma io non lo evito!”

“Sì che lo fai ed avresti voluto che anche Petra non lo incontrasse, temendo chissà cosa” – replicò aspro, fissandolo, cercando di non alzare comunque i toni, per non urtare la bimba, poco distante.

“Ho le mie buone ragioni – e scattò in piedi, provando a catalogare dei fascicoli, in una cassettiera, a più livelli.

“No, non sono buone, sono discriminatorie e … e cattive!” – anche Tomlinson si inalberò, sia con il corpo, che con il cuore, avvicinandosi alle spalle del compagno.

“Sei ingiusto e poi sai che voglio bene a Lux, certo non quanto puoi essergli affezionato tu” – e fece un sorriso storto.

“Adesso condisci la tua debole difesa con del sarcasmo inopportuno? Vincent non è malato, certo ha un problema serio ed infatti vive come un eremita”

Styles inspirò, puntandolo, faccia a faccia.

“Louis possibile tu non ti renda conto che Vincent è potenzialmente pericoloso? Se si facesse un taglio, se graffiasse inavvertitamente una persona … Anche prendendo in braccio nostra figlia, dandole una carezza tra i capelli, ad esempio!” – ringhiò a muso duro.

Le iridi grandi e pulite di Boo si inumidirono, luccicando nel chiarore della stanza.

“Quindi è opportuno isolare il reietto? Insultarlo appena gira l’angolo, mentre lo si saluta cordiali, in presenza di estranei oppure si lavano tazze e bicchieri, dove ha appena bevuto, mettendole in un angolo, per poi, MAGARI, gettarle via?!” – replicò rabbioso.

Harry aggrottò la fronte e schiuse le labbra carnose.

“Boo, senti, io non volevo … Non volevo rivangare i tuoi incubi e”

“Quali incubi, cazzo?!? Sono ricordi, ricordi orrendi se davvero vuoi saperlo!!” – affermò esasperato dalla frustrazione.

Furono come flash, i gesti e le parole del padre, nonché del fratello, ai tempi della sua permanenza alla base militare, dove la sua omosessualità, era vissuta come un morbo disgustoso.

Certo ora le cose erano totalmente cambiate con entrambi, però non si poteva cancellare il passato.

E non si poteva cancellare il presente di Lux.

Styles chinò il capo, quasi tremando, almeno quanto Louis.

“Mi dispiace Boo … Mi dispiace da morire” – e gli accarezzò entrambi gli avambracci, salendo di poco, per poi attirarlo a sé con dolcezza.

Quella di cui Louis aveva sempre un disperato bisogno.

Si strinsero forte.

“So … so che eri preoccupato per Petra e per me …” – gli singhiozzò nel collo.

Haz gli sfiorò le chiome, cullandolo – “La colpa è mia … E poi trasmettere un simile messaggio alla nostra bimba, è crudele e totalmente sbagliato … Rimedierò, promesso.”




“Jared sta tornando … Domani mattina iniziamo la terapia”

Mason lo disse, mentre se ne stava abbarbicato al busto di Hugh, sopra il divano, durante il loro pomeriggio libero, a guardarsi film gialli e mangiare schifezze fritte e salate.

Nasir era da Meliti, per il consueto campo indiano nel parco.

“Oh bene, la mia gay soap preferita torna in patria” – Laurie gli fece un po’ il verso, senza smettere di guardare la tv.

“Scemo” – Jim sorrise, baciandogli la porzione di pelle all’altezza dello sterno, dopo avergli aperto del tutto la camicia a quadri, da boscaiolo, come lo canzonava sempre.

“Se vuoi fare sesso, dovrai aspettare che Poirot scopra l’assassino” – bisbigliò malizioso lo psicologo.

“Scherzi? Non so se resisto e poi l’ho già visto … Roger Akroid è stato ucciso da”

Hugh gli tappò la bocca svelto, prima con il palmo sinistro, poi con un bacio intenso.

L’analista annaspò quindi sul tavolino, tra tacos e salsine, a cercare il telecomando, per stoppare l’immagine, mentre bofonchiava – “Fanculo il maggiordomo”

“Ma non è stato il maggiordomo, Hugh” – l’oncologo rise complice, mentre gli si stendeva sopra, dopo essersi allungati e mezzi spogliati.

Laurie fece una smorfia e non di dileggio, stavolta.

“Amore, le solite fitte?”

“E cosa se no, maledizione!” – si lamentò greve.

“Aspetta, cerco le tue pastiglie”

“Non le voglio, torna qui, miseria schifosa!” – protestò acre, seguendolo con lo sguardo sofferente.

“Hugh non essere infantile! Sai che è l’unico rimedio”

“Già, ormai sono un tossico e dipendo totalmente da quella merda, Jim!” – inveii furente.

Mason inspirò, fermandosi accanto al mobile sul fondo del loro soggiorno.

“Ne abbiamo già parlato, Hugh …”

“Quindi ripetersi diventa banale, vero?”

“Affatto … In compenso è inutile, non hai alternative, non al momento” – replicò calmo.

“Forse potrei sottopormi ad iniezioni periodiche di Lixem, starei alla grande e”

“E moriresti in sei mesi, Hugh, con lo stomaco ridotto ad un colabrodo e completamente dissanguato!”

“Meglio crepare in fretta, piuttosto che ridursi come relitti … in … in questo modo” – disse più piano, turbandosi sulle sue stesse riflessioni.

Mason si passò le mani sul volto angosciato: odiava vederlo in quella maniera.

Lo preferiva acido e stronzo, nel pungolare il mondo intero.

Un mondo che sarebbe andato in pezzi, per Jim e Nasir, se lo avessero perduto prematuramente.

In lacrime e con la propria innata ed adorabile spontaneità, Jim andò ad appendersi a lui, ormai seduto sul bordo del sofà consumato, mettendosi in ginocchio, tra le sue gambe, una sana ed una malconcia.

Come erano loro due, in fondo.

Si baciarono, scambiandosi, nel pianto, ormai reciproco, un amore puro, sopravvissuto a mille tempeste.

“Ti amo così tanto, Jim …” – mormorò commosso, tornando a guardarlo.

Mason annuì – “Prendine una soltanto … zuccone, fallo per me”

“Per te farei qualsiasi cosa Jim … Qualsiasi cosa” – e lo baciò di nuovo, profondamente.




Downey sorrise, vedendo il nome di Geffen sul visore.

“Ciao Glam …”

“Buongiorno, che fai di bello?”

L’avvocato finse disinvoltura, senza riuscirvi; non con Robert.

“Mi facevo un toast”

“Diventerai ancora più magro, ho visto le foto”

“Quali foto?” – chiese curioso e quasi divertito.

“Diciamo recenti …” – e si morse la lingua, mentre Peter gli sottoponeva, alternandoli, dei cartoncini sui quali l’uomo aveva scritto varie opzioni di conversazione.

Geffen scosse il capo, sconfortato, ma Pepe sventolò quello rosso, con l’invito a cena, per il giorno seguente, ammiccando al padre, ormai nel panico.

“Ah quello scempio davanti al tribunale” – sbuffò l’attore.

“Ehm … Su gentile suggerimento, vengo al sodo”

“Gentile cosa?” – rise.

“Ti porto al Capriccio, così mangerai decentemente, domani alle otto, passo a prenderti, dovunque vorrai Rob” – disse d’un fiato.

Venti secondi di silenzio, ai lati opposti dell’oceano, che Geffen avrebbe fatto a nuoto, se Downey gli avesse dato una concreta speranza di avere un futuro insieme.

“E’ … è troppo presto Glam … Forse non riesco a farti capire il mio stato d’animo e l’imbarazzo che provo” – riprese calmo ed educato.

“No, no io capisco benissimo … Io so come sei fatto Robert e comprendo queste situazioni, ma non smetterò di corteggiarti, perché tu meriti anche questo …” – inspirò – “… oltre al resto … al meglio, ecco …” – quindi si alzò dalla poltrona, ma Peter lo tirò per i pantaloni.

“Glam ascolta”

“Che c’è …? No, Rob, non ce l’ho con te, ma con il bimbo …”

“Peter …”

“Vorrebbe salutarti”

“Ce certo … Passamelo” – sorrise.

“Ok, io devo andare a preparare i bagagli, ti lascio con lui, ciao Robert” – chiuse frettoloso, passando il cellulare al figlio, mentre udiva ancora la voce di Downey dire qualcosa.

Forse l’ennesima richiesta di perdono, per come si stava comportando con lui.
Forse no.




Harry fece strada, con Petra sul petto e Louis al seguito, verso il dehors di quella nuova gelateria sulla spiaggia.

“Wow che bel posto”

“Sì Louis e vedrai quanti gusti, l’ho vista su internet …”  - e si fermò, appena giunto sull’ampio terrazzo esterno.

“Che c’è Haz?”

“Chi c’è semmai … Niall con un tizio”

“Un tizio?”

“Mai visto, anche se non ne sono completamente sicuro”

“Dai, andiamo al nostro tavolo, cosa ci importa di loro? A me nulla, ok?”

“Ok amore …” – sorrise incerto – “Facciamoci i fatti nostri.”













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