Capitolo n. 17 – life
Pepe camminava svelto
lungo il sentiero, avanti al padre, che lo seguiva amorevole.
“Tesoro se sei stanco
ti carico sulle spalle”
“No papi, ce la
faccio” – e sgambettando verso un ruscello, il bimbo posò lo zainetto colorato,
per fare l’ennesima merenda – “Però ora pausa cioccolata!” – decretò, ridendo solare.
Gli erano piaciute le
mucche al pascolo, i funghi nel sotto bosco, le miriadi di fiori, che avrebbe
voluto raccogliere, ma che Glam lo invitò a non fare, limitandosi allo scatto
di splendide immagini, sul proprio tablet.
Un dono, tra i mille,
che l’avvocato gli fece, dopo il loro arrivo allo chalet.
Giocattoli, vestiti,
anche per il particolare tipo di vacanza, che stavano trascorrendo da soli, sui
monti elvetici, poco distante dal centro medico, dove Jared avrebbe fatto il
suo ricambio di sangue completo, quel giorno stesso.
“E zio Jay? Ha ancora
la bua?” – chiese improvviso il cucciolo, con i baffi di Nutella, che lo
rendevano ancora più simpatico.
“Presto starà meglio,
si sta curando” – lo rassicurò incolore l’uomo.
Voleva affossare, da
qualche parte dentro di sé, tutto quell’amore, che ancora nutriva sia per il
cantante, che per Robert, di cui non aveva più avuto notizie.
“Ok e zio Colin?”
“Anche lui amore …
Che ne dici se riprendiamo il cammino, si sta facendo tardi e volevo prendere
le pizze in paese”
“Non facciamo gli
spaghetti?” – propose lui, con un faccino adorabile.
“Vada per la pasta …
Ti piace un sacco, il nonno ne sarà felice, appena ti conoscerà” – Geffen rise,
alzandosi dal sasso, dove si era accomodato, per sorseggiare una bibita
energetica.
“Non volevi
telefonare a zio Kevin e zio Tim?”
“Sì, certo, ma solo
dopo che avrai fatto il bagno, ok peste?”
“Il bagno, di nuovo??
Uffiiii, ma solo se mi ci metti le paperelle di Lula!”
“Già … Affare fatto”
– e mandò giù amaro, inforcando i Ray-Ban – “Non ti si può dire di no, Pepe …
Come a lui” – e, sospirando, lo prese per mano e proseguirono la loro
passeggiata sino al villaggio sottostante, senza più fermarsi.
Si erano assopiti,
dopo una lunga doccia insieme ed una cena, fatta di cibo raffinato e
chiacchiere a ruota libera.
Mark lo aveva lavato
con cura, senza alcun tocco proibito, ad arricchire i suoi gesti garbati ed
attenti.
Si era instaurata una
confidenza spontanea, con Niall, trepidante di avere qualcosa di più da
quell’incontro: gli piaceva ogni cosa di Ruffalo.
Le sua mani, la bocca
carnosa, lo sguardo sincero e profondo, il suo corpo non palestrato, ma così
piacevole, ad ogni contatto.
Avvolti in teli
bianchi, a busto nudo, Mark lo aveva preso tra le sue ali, mentre Niall gli
dava la schiena, a cucchiaio, in un incastro perfetto.
Appena sveglio, il
ragazzino avvertì l’aroma buono del dopobarba dell’altro, che si stropicciò le
palpebre, con le dita mancine, per poi tornare a stringerlo, con delicatezza.
“Fa male …?” – chiese
flebile Horan.
“Cosa …?”
“Qui …” – ed
allungando la mano, la fece arrivare sino a sotto l’asciugamano di Mark, che
perse un battito.
La sua erezione era spaventosamente
dolente.
“Mio Dio …” –
sussurrò il biondino, sfiorandola più convinto.
“Niall …” – e morse
il cuscino – “Sì … sì fa male …”
Horan si girò piano,
sistemandosi meglio, per toccarlo e dargli più piacere possibile.
Mark fece
altrettanto, mettendosi poi in ginocchio, al suo fianco, dopo avere spinto
lieve Niall, in posizione supina – “Non smettere, piccolo …”
Il respiro di
entrambi aumentò e quasi deglutirono simultanei, umettandosi e serrando le
palpebre, per poi riaprirle estatiche, per guardarsi, anzi ammirarsi, in quella
simbiotica e reciproca, erotica, attenzione.
Erano come due libri
aperti, senza vergogna, senza paranoie: non avevano timore di scoprirsi, nel dimostrare
quanto si desiderassero.
Bastava unicamente
parlare, esprimersi, in libertà assoluta.
“Pu puoi toccarmi
anche qui …?” – balbettò il più giovane, schiudendo le cosce magre e lisce.
Ruffalo lo
accontentò, piegandosi anche, per baciargli l’inguine, per poi stendersi, quasi
in posizione fetale, al contrario, ma speculare, rispetto a quella assunta
anche da Niall, che ricambiò istantaneo quei baci intensi e bagnati.
“Fammi venire con la
bocca … lo faresti per me, Niall …?” – ansimò, mentre l’altro annuiva
obbediente.
Rivoli di sudore
imperlarono i loro addomi, poi gli umori di Ruffalo divamparono, lattiginosi e
perlacei, in un riverbero dorato, che illuminò anche il volto appagato di
Horan, più esigente, adesso.
“Tu … tu scopami con
la bocca, Mark, ma non mi basterà, voglio che tu lo sappia”
“E’ bello saperlo,
non ti credere” – sorrise, salendo a baciarlo, mentre si piazzava tra le sue
gambe, presto incrociate sopra il dorso dell’infermiere, pronto a penetrarlo,
dopo averlo ampiamente lubrificato.
Niall si inarcò, già
al primo affondo, poi si appese al collo di Mark, singhiozzando felice – “Dimmi
che sei vero … che non sei un sogno”
Si guardarono.
Perduti e ritrovati,
come mai prima.
Un bacio li sigillò,
mentre il più adulto si faceva strada nel canale stretto dell’altro,
sopraffatto dai gemiti e da un orgasmo continuo, sino all’apice di
quell’amplesso, che Ruffalo fece durare il più a lungo possibile, magnifico e
virile.
“Sentirà come un
torpore generale” – spiegò il medico a Farrell, pieno di quesiti ed apprensivo
come non mai, in quel frangente della loro esistenza, già segnata da una
moltitudine di sofferenze, sia fisiche che psicologiche.
“Un nostro amico l’ha
già fatto, l’anno passato …” – proseguì l’irlandese, sorridendo a Jared, al di
là del vetro, già disteso e pronto a sopporsi alla terapia.
Shannon e Tomo erano al
suo capezzale, imbacuccati in tute sterili, guanti, mascherina e cuffia.
“Il signor Geffen? E’
lui che ci ha raccomandato il caso di suo marito, ne avremo la massima cura,
come con ogni nostro paziente, è risaputo” – lo specialista sorrise – “Se poi
ci sostiene con cospicue donazioni, è anche meglio” – scherzò.
“Oh sì, ovvio che
anche noi lo faremo”
“Non è
indispensabile, non migliorerà o peggiorerà l’esito di questo percorso, vorrei
fosse chiaro” – divenne più serio.
Colin annuì,
arrossendo per la gaffe, poi andò a cambiarsi, per stare accanto al compagno,
in palese insofferenza distante da lui.
E da Glam.
Tim scosse la testa,
dopo avere letto l’e-mail del leader dei Mars, a fianco del consorte, alla
scrivania della loro biblioteca.
“E’ terribile …” –
mormorò Kevin.
“Aids, di tipo uno,
io nemmeno sapevo ce ne fosse un secondo … Se penso a”
“Non pensarci amore”
– e lo baciò intenso, ammutolendolo su quei ricordi sul passato di Tim, quando
si prostituiva.
Poi si scrutarono.
“Lui ti è stato così
vicino, quando eri alla Foster con l’esaurimento e la riabilitazione, dopo …
dopo Lula ecco …”
“Non posso
dimenticarlo, Jared si è sempre prodigato per ognuno di noi”
“E’ vero, anche con
me” – Tim sorrise, ricordando i tempi di Steadman e la sua aggressione quasi
fatale, ai danni dello studente.
“Vorrei raggiungerlo,
anche se dovresti vedere anche questo messaggio, è di Glam … Mi parla del loro
viaggio, ma anche di una persona, che tu ed io dovremmo conoscere, oggi, via
webcam”
“Una persona? … Ha un
nuovo amico?”
“Non ne ho idea,
anzi, come ci ha confidato Jared, sembra che daddy abbia litigato malamente con
Robert” – rivelò perplesso.
Tim sorrise di nuovo
– “E’ bello sentirti chiamare Glam di nuovo in quel modo … Non ne sono geloso,
anzi, mi sento sollevato, sai?”
Si baciarono
ulteriormente, avvertendo il cicalino di Skype avvisarli di una chiamata in
entrata.
Era Geffen.
Le loro dita si
incrociarono, quelle di Jared glabre ed affusolate, tra quelle di Colin,
imprigionate in guanti di lattice azzurro pallido.
Come la pelle di
Leto, diafana e rasata.
“Adoravo la mia
cornice di peli” – esordì un po’ infantile il cantante.
“Ricresceranno Jay
ora stai calmo, ok?” – replicò dolce l’attore.
“Mi cadranno i
capelli?”
“Non per questo,
forse le cure successive, dovremmo parlarne con Mason”
“L’Aids non è un
cancro … O forse sì?”
“In un certo senso sì
… Lo hanno debellato curandolo in questo modo, da quel che ne so Jay”
“Il mio, non quello
che ha ucciso Kirill” – bissò mesto.
“Ci riusciranno,
sosterremo la ricerca, magari il mio prossimo ingaggio e poi un vostro disco,
una raccolta di successi ed inediti, sarebbe bello, non trovi?”
“Sì Cole … Se ne avrò
la forza, scriverò ancora qualche canzone … Prima o poi …” – e si addormentò.
Farrell piegò il
capo, sulle loro mani salde in una morsa disperata e pianse.
Senza fare rumore.
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