lunedì 15 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 17

Capitolo n. 17 – life



Pepe camminava svelto lungo il sentiero, avanti al padre, che lo seguiva amorevole.

“Tesoro se sei stanco ti carico sulle spalle”

“No papi, ce la faccio” – e sgambettando verso un ruscello, il bimbo posò lo zainetto colorato, per fare l’ennesima merenda – “Però ora pausa cioccolata!” – decretò,  ridendo solare.

Gli erano piaciute le mucche al pascolo, i funghi nel sotto bosco, le miriadi di fiori, che avrebbe voluto raccogliere, ma che Glam lo invitò a non fare, limitandosi allo scatto di splendide immagini, sul proprio tablet.

Un dono, tra i mille, che l’avvocato gli fece, dopo il loro arrivo allo chalet.

Giocattoli, vestiti, anche per il particolare tipo di vacanza, che stavano trascorrendo da soli, sui monti elvetici, poco distante dal centro medico, dove Jared avrebbe fatto il suo ricambio di sangue completo, quel giorno stesso.


“E zio Jay? Ha ancora la bua?” – chiese improvviso il cucciolo, con i baffi di Nutella, che lo rendevano ancora più simpatico.

“Presto starà meglio, si sta curando” – lo rassicurò incolore l’uomo.

Voleva affossare, da qualche parte dentro di sé, tutto quell’amore, che ancora nutriva sia per il cantante, che per Robert, di cui non aveva più avuto notizie.

“Ok e zio Colin?”

“Anche lui amore … Che ne dici se riprendiamo il cammino, si sta facendo tardi e volevo prendere le pizze in paese”

“Non facciamo gli spaghetti?” – propose lui, con un faccino adorabile.

“Vada per la pasta … Ti piace un sacco, il nonno ne sarà felice, appena ti conoscerà” – Geffen rise, alzandosi dal sasso, dove si era accomodato, per sorseggiare una bibita energetica.

“Non volevi telefonare a zio Kevin e zio Tim?”

“Sì, certo, ma solo dopo che avrai fatto il bagno, ok peste?”

“Il bagno, di nuovo?? Uffiiii, ma solo se mi ci metti le paperelle di Lula!”

“Già … Affare fatto” – e mandò giù amaro, inforcando i Ray-Ban – “Non ti si può dire di no, Pepe … Come a lui” – e, sospirando, lo prese per mano e proseguirono la loro passeggiata sino al villaggio sottostante, senza più fermarsi.




Si erano assopiti, dopo una lunga doccia insieme ed una cena, fatta di cibo raffinato e chiacchiere a ruota libera.

Mark lo aveva lavato con cura, senza alcun tocco proibito, ad arricchire i suoi gesti garbati ed attenti.

Si era instaurata una confidenza spontanea, con Niall, trepidante di avere qualcosa di più da quell’incontro: gli piaceva ogni cosa di Ruffalo.

Le sua mani, la bocca carnosa, lo sguardo sincero e profondo, il suo corpo non palestrato, ma così piacevole, ad ogni contatto.

Avvolti in teli bianchi, a busto nudo, Mark lo aveva preso tra le sue ali, mentre Niall gli dava la schiena, a cucchiaio, in un incastro perfetto.

Appena sveglio, il ragazzino avvertì l’aroma buono del dopobarba dell’altro, che si stropicciò le palpebre, con le dita mancine, per poi tornare a stringerlo, con delicatezza.

“Fa male …?” – chiese flebile Horan.

“Cosa …?”

“Qui …” – ed allungando la mano, la fece arrivare sino a sotto l’asciugamano di Mark, che perse un battito.

La sua erezione era spaventosamente dolente.

“Mio Dio …” – sussurrò il biondino, sfiorandola più convinto.

“Niall …” – e morse il cuscino – “Sì … sì fa male …”

Horan si girò piano, sistemandosi meglio, per toccarlo e dargli più piacere possibile.

Mark fece altrettanto, mettendosi poi in ginocchio, al suo fianco, dopo avere spinto lieve Niall, in posizione supina – “Non smettere, piccolo …”

Il respiro di entrambi aumentò e quasi deglutirono simultanei, umettandosi e serrando le palpebre, per poi riaprirle estatiche, per guardarsi, anzi ammirarsi, in quella simbiotica e reciproca, erotica, attenzione.

Erano come due libri aperti, senza vergogna, senza paranoie: non avevano timore di scoprirsi, nel dimostrare quanto si desiderassero.
Bastava unicamente parlare, esprimersi, in libertà assoluta.

“Pu puoi toccarmi anche qui …?” – balbettò il più giovane, schiudendo le cosce magre e lisce.

Ruffalo lo accontentò, piegandosi anche, per baciargli l’inguine, per poi stendersi, quasi in posizione fetale, al contrario, ma speculare, rispetto a quella assunta anche da Niall, che ricambiò istantaneo quei baci intensi e bagnati.

“Fammi venire con la bocca … lo faresti per me, Niall …?” – ansimò, mentre l’altro annuiva obbediente.

Rivoli di sudore imperlarono i loro addomi, poi gli umori di Ruffalo divamparono, lattiginosi e perlacei, in un riverbero dorato, che illuminò anche il volto appagato di Horan, più esigente, adesso.

“Tu … tu scopami con la bocca, Mark, ma non mi basterà, voglio che tu lo sappia”

“E’ bello saperlo, non ti credere” – sorrise, salendo a baciarlo, mentre si piazzava tra le sue gambe, presto incrociate sopra il dorso dell’infermiere, pronto a penetrarlo, dopo averlo ampiamente lubrificato.

Niall si inarcò, già al primo affondo, poi si appese al collo di Mark, singhiozzando felice – “Dimmi che sei vero … che non sei un sogno”

Si guardarono.
Perduti e ritrovati, come mai prima.

Un bacio li sigillò, mentre il più adulto si faceva strada nel canale stretto dell’altro, sopraffatto dai gemiti e da un orgasmo continuo, sino all’apice di quell’amplesso, che Ruffalo fece durare il più a lungo possibile, magnifico e virile.




“Sentirà come un torpore generale” – spiegò il medico a Farrell, pieno di quesiti ed apprensivo come non mai, in quel frangente della loro esistenza, già segnata da una moltitudine di sofferenze, sia fisiche che psicologiche.

“Un nostro amico l’ha già fatto, l’anno passato …” – proseguì l’irlandese, sorridendo a Jared, al di là del vetro, già disteso e pronto a sopporsi alla terapia.

Shannon e Tomo erano al suo capezzale, imbacuccati in tute sterili, guanti, mascherina e cuffia.

“Il signor Geffen? E’ lui che ci ha raccomandato il caso di suo marito, ne avremo la massima cura, come con ogni nostro paziente, è risaputo” – lo specialista sorrise – “Se poi ci sostiene con cospicue donazioni, è anche meglio” – scherzò.

“Oh sì, ovvio che anche noi lo faremo”

“Non è indispensabile, non migliorerà o peggiorerà l’esito di questo percorso, vorrei fosse chiaro” – divenne più serio.

Colin annuì, arrossendo per la gaffe, poi andò a cambiarsi, per stare accanto al compagno, in palese insofferenza distante da lui.

E da Glam.




Tim scosse la testa, dopo avere letto l’e-mail del leader dei Mars, a fianco del consorte, alla scrivania della loro biblioteca.

“E’ terribile …” – mormorò Kevin.

“Aids, di tipo uno, io nemmeno sapevo ce ne fosse un secondo … Se penso a”

“Non pensarci amore” – e lo baciò intenso, ammutolendolo su quei ricordi sul passato di Tim, quando si prostituiva.

Poi si scrutarono.

“Lui ti è stato così vicino, quando eri alla Foster con l’esaurimento e la riabilitazione, dopo … dopo Lula ecco …”

“Non posso dimenticarlo, Jared si è sempre prodigato per ognuno di noi”

“E’ vero, anche con me” – Tim sorrise, ricordando i tempi di Steadman e la sua aggressione quasi fatale, ai danni dello studente.

“Vorrei raggiungerlo, anche se dovresti vedere anche questo messaggio, è di Glam … Mi parla del loro viaggio, ma anche di una persona, che tu ed io dovremmo conoscere, oggi, via webcam”

“Una persona? … Ha un nuovo amico?”

“Non ne ho idea, anzi, come ci ha confidato Jared, sembra che daddy abbia litigato malamente con Robert” – rivelò perplesso.

Tim sorrise di nuovo – “E’ bello sentirti chiamare Glam di nuovo in quel modo … Non ne sono geloso, anzi, mi sento sollevato, sai?”

Si baciarono ulteriormente, avvertendo il cicalino di Skype avvisarli di una chiamata in entrata.

Era Geffen.




Le loro dita si incrociarono, quelle di Jared glabre ed affusolate, tra quelle di Colin, imprigionate in guanti di lattice azzurro pallido.

Come la pelle di Leto, diafana e rasata.

“Adoravo la mia cornice di peli” – esordì un po’ infantile il cantante.

“Ricresceranno Jay ora stai calmo, ok?” – replicò dolce l’attore.

“Mi cadranno i capelli?”

“Non per questo, forse le cure successive, dovremmo parlarne con Mason”

“L’Aids non è un cancro … O forse sì?”

“In un certo senso sì … Lo hanno debellato curandolo in questo modo, da quel che ne so Jay”

“Il mio, non quello che ha ucciso Kirill” – bissò mesto.

“Ci riusciranno, sosterremo la ricerca, magari il mio prossimo ingaggio e poi un vostro disco, una raccolta di successi ed inediti, sarebbe bello, non trovi?”

“Sì Cole … Se ne avrò la forza, scriverò ancora qualche canzone … Prima o poi …” – e si addormentò.

Farrell piegò il capo, sulle loro mani salde in una morsa disperata e pianse.
Senza fare rumore.











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