giovedì 4 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 10

Capitolo n. 10 – life



Il suo alito un tempo sapeva di gomma da masticare oppure succo ai frutti esotici, che, insieme, bevevano ad ogni risveglio, quando Kevin gli portava la colazione a letto.

Il letto era lo stesso, il corpo di Kevin anche, il suo respiro, invece, così diverso, ora, così alcolico, invadente, come i suoi fianchi più robusti, seppure virili.
Era quanto di meno gradevole Tim potesse desiderare addosso.

Ed era così, che se lo sentiva, per il resto della giornata, dovunque andasse, come il ricordo pesante delle ore precedenti un’alba, in una sequenza snervante, che andava a ripetersi ormai da diversi mesi.

Grigia, torbida, contro un sole accecante come quel mattino di luglio inoltrato.

Tim ce l’aveva negli occhi liquidi di cenere e schegge d’argento, i suoi occhi così belli, che avevano fatto innamorare Kevin.

Forse non abbastanza.

“Esci già? Non avete ancora finito con questi aggiornamenti?” – domandò brusco il bassista, irrompendo in cucina.

Era incerto sulle gambe, odioso e trasandato: un fantasma, rispetto all’uomo, che Tim aveva conosciuto e sposato.

“Abbiamo quasi finito, da lunedì vacanza” – rispose frettoloso il giovane, provando a guadagnare l’uscita.

“Ehi, ehi, quanta fretta! Nemmeno un bacio di arrivederci?” – e ridacchiò, dondolando contro lo stipite.

Tim posò le labbra sulla guancia sinistra del consorte, veloce e gelido, ma questi lo trattenne brusco e prepotente, schiacciandolo contro al muro.

“Sono in ritardo Kevin, mi stanno aspettando, vuoi smetterla, per favore?!”

“Sì … Ti credo, sai? Sulla parola … E come si chiama, chi ti sta aspettando?” – ringhiò, incollando le rispettive fronti, mentre lo fissava allucinato dalla vodka.

Tim raccolse le forze e lo spintonò deciso sul pavimento, dove Kevin andò a rannicchiarsi, dopo avere inveito qualcosa di incomprensibile.

Ormai il ragazzo era lontano, per ascoltarlo e poi sembrava non importargli più niente.



“Ehi Robert, che ci fai qui tutto solo?”

Tom lo salutò portandogli un caffè sulla spiaggia.

“Ciao … Sei arrivato da molto?” – lo salutò l’attore, alzandosi dalla sabbia tiepida, dopo alcuni esercizi di yoga, un’abitudine quotidiana, che non era comunque servita a rilassarlo.

“No, avevo appuntamento con Glam per una terapia alla cervicale, ma temo se ne sia dimenticato” – spiegò gentile, porgendogli la brodaglia di Vas.

“Questa è orrenda, lo sai? Una pozione da esercito russo” – sorrise a metà, dirigendosi alla caletta.

“Mi sa di sì, me la sono sciroppata per circa sei mesi, durante il recupero del nostro avvocato preferito” – disse arrossendo un minimo.

Era la persona più sensibile, Downey avesse mai conosciuto in quella città di pazzi.

“Glam purtroppo aveva da fare in città … Per una cosa … particolare”

“Sì … Ok … Comunque sono felice che avete ripreso un dialogo”

“Non è solo questo Tommy”

“Va bene, ma non mi riguarda” – mormorò imbarazzato, abbassando lo sguardo.

“Non farti problemi, con Jude non è mai stato semplice, figurarsi dopo lo scorso Natale … E poi Lula …”

“Una storia assurda, ma Glam aveva agito in buona fede, ne sono certo”

“Ne parlavate spesso?”

“No, affatto: lui non diceva mai nulla, soffriva in silenzio, mentre, almeno fisicamente, tornava quello di prima … Tranne in un’occasione”

“Davvero … Quale, se non sono indiscreto Tom?”

“Un giorno mi confessò quanto lo annientasse il pensiero di avere fatto del male a Kevin, ancora una volta … Insomma lui voleva proteggerlo dalla verità su Lula, ma al tempo stesso sapeva che era sbagliato … Terribilmente sbagliato”

“Kevin è quasi impazzito”

“Lo so Robert, del resto ho accompagnato io Glam alla Foster, quando Kevin era ricoverato lì con l’esaurimento e la depressione … Sì, insomma, lo feci entrare con la scusa che fosse un collega, perché io ci andavo per la riabilitazione di altri pazienti” – e sorrise innocente.

“Voleva vederlo?”

“Era davvero in ansia …”

“E’ comprensibile, Kevin lo ha sempre assistito amorevole, anche prima dell’ultimo cancro”

“Glam adora Kevin, non ha mai smesso di dirlo, specialmente al suo ex … E’ quanto mi raccontò, mentre tornavamo in auto …”

Downey annuì, mordendosi le labbra.

“Siamo … Siamo di nuovo tutti in gioco … Io, Jay … Presto anche Kevin, non ho dubbi … Ci ha ripresi a sé, in un modo o nell’altro …”

“Tu sei tornato da lui, Rob?”

“Sì”

“E cosa ti aspetti, se non sono invadente?”

“Io … Io, ecco, volevo solo che mi perdonasse … Perché non si abbandonano le persone care come abbiamo fatto noi, con lui, spalleggiando Kevin, che non ha voluto ascoltarci e si è attaccato alla bottiglia, per finire in rehab, inevitabilmente”

“Come se aveste sprecato il vostro sacrificio?”

“No Tommy … No, penso che lo shock abbia riguardato ognuno di noi, portandoci a scelte avventate … E Kevin meritava la nostra massima attenzione, sia chiaro”

“Per me potete recuperare ed andare avanti”

Downey prese un lungo respiro.

“E Luna, come sta la vostra bimba?”

“Una meraviglia” – Hiddleston si illuminò, estraendo lo smart tablet dalla tasca della casacca avorio.

Lo accese scorrendo la cartella immagini.

“Eccola qui, guarda come è cresciuta …”

“Stupenda … Come i suoi genitori”

Arrivò in sequenza anche uno scatto della piccola, tra Chris e Jude, con Camilla e Diamond.

Tom ebbe un’esitazione – “Vanno così d’accordo … Le vostre principesse con la nostra cucciola”

“Sì …” – e nel sussurrarlo, Robert sfiorò lo schermo – “Jude era felice, qui con loro”

“E’ un papà in gamba, come lo sei tu Rob …”

“Lui e Chris sono biondi uguali …” – Downey accennò una risata, rotta dalla commozione – “… Insomma, uguali … e poi il fisico … Se io avessi una relazione con il tenente, mi sotterrerebbe temo”

Risero insieme.

“Basta rimanergli sopra, per quanto possibile” – la battuta di Tom, stupì anche lui.

Risero più forte.



Kevin restò inginocchiato, anche quando vide, con la coda dell’occhio, qualcuno posare un mazzo di calle arancio, accanto alle sue.

“I suoi fiori preferiti …”

“No, erano i girasoli daddy …” – e tirò su dal naso – “Ma non ne ho trovati”

“Nemmeno io” – e gli si affiancò.

Il viaggio per la Svizzera era stato rimandato al pomeriggio, a causa di una tempesta sull’Atlantico, che aveva fatto cancellare i voli dal Lax, dalla sera precedente.


“Oggi sarebbe stato il suo compleanno” – proseguì Geffen, compostamente – “Anche se non abbiamo mai saputo quale fosse la data esatta”

“Lula diceva che doveva essere festeggiato in un giorno di sole, così scelse luglio” – sorrise, asciugandosi le lacrime, con la manica del pullover in cotone nero.

“E cambiava ogni anno … Di giorni ne ha trentuno ed io ne cambio sempre uno! Canticchiava quando era pronto …”

“E noi a correre a prendergli regali e la torta” – Kevin si strinse le braccia sul petto, come se avesse freddo.

Geffen lo avvolse con delicatezza e la paura di essere respinto ed insultato, per l’ennesima volta; ma non poteva accadere lì, sulla tomba del loro bambino.

Kevin si guardò in giro.

“E’ … è bellissimo qui … Sono felice che tu … che tu lo abbia portato qui, ma senza costruire un altro sepolcro … quei marmi, quei cancelletti in ferro battuto nero, così macabri …” – disse confuso ed assorto.

“Sono contento che tu ne sia felice, tesoro …” – disse piano, scrutandone il profilo.

“E’ quanto hai sempre voluto, vero Glam?” – domandò improvviso e debole, guardandolo fisso ed esigente.



Vincent andò a svegliarlo con dei croissant al cioccolato, che Louis adorava.

Il francese aveva dormito in una delle camere degli ospiti, mentre Boo si era assopito in quella padronale, dopo una lunga chiacchierata di mezzanotte, non senza mangiare gli spaghetti cucinati da Lux, che riuscì a consumarne una discreta porzione, ritrovandosi in buona compagnia.

“Tè o caffè, mon petit?”

“Entrambi … Prima una tazzina di nero bollente” – sorrise, stropicciandosi le palpebre, per poi stiracchiarsi come un gatto.

“Hai chiamato Harry?” – domandò lieve l’uomo.

“No, ma gli ho mandato un sms, sa dove mi trovo”

“Spero non fraintenda” 

Louis lo scrutò, sorseggiando il suo espresso e rivelando il corpo nudo e dorato, tra le lenzuola candide.

“Lo fanno tutti, da sempre, mi sembrava di avertelo detto, ieri sera …”

“Ci siamo detti molte cose mon petit, tranne una: cosa ti lega a Zayn” – e sorrise affettuoso, scompigliandogli i capelli.

“Lui non mi fa incazzare … Non più almeno, come quando stavate insieme, però poi credevo di averci messo una pietra sopra”

“A cosa?”

“A noi Vincent” – e sospirò, alzandosi svelto – “Vado a farmi una doccia.”

“Smettila di provocarmi, Louis, te lo chiedo solo una volta, ok?”

Tomlinson si coprì con un gesto rapido, recuperando un telo.

“Scusami Vincent” – replicò, come impaurito – “E’ che … che non posso o non voglio credere alla disgrazia che ti è capitata”

I suoi cieli lucidi, erano così sinceri, da annientare ogni frustrazione in Lux, che lo raggiunse, per stringerlo a sé, ma come un padre.

“No, scusami tu, mon petit … Ed impara a volerti bene, quanto te ne voglio io … Ed Harry, naturalmente”

“Naturalmente” – inspirò amaro, prima di sparire oltre la soglia, senza più girarsi indietro.








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