Capitolo n. 10 – life
Il suo alito un tempo
sapeva di gomma da masticare oppure succo ai frutti esotici, che, insieme,
bevevano ad ogni risveglio, quando Kevin gli portava la colazione a letto.
Il letto era lo
stesso, il corpo di Kevin anche, il suo respiro, invece, così diverso, ora, così
alcolico, invadente, come i suoi fianchi più robusti, seppure virili.
Era quanto di meno
gradevole Tim potesse desiderare addosso.
Ed era così, che se
lo sentiva, per il resto della giornata, dovunque andasse, come il ricordo
pesante delle ore precedenti un’alba, in una sequenza snervante, che andava a
ripetersi ormai da diversi mesi.
Grigia, torbida,
contro un sole accecante come quel mattino di luglio inoltrato.
Tim ce l’aveva negli
occhi liquidi di cenere e schegge d’argento, i suoi occhi così belli, che
avevano fatto innamorare Kevin.
Forse non abbastanza.
“Esci già? Non avete
ancora finito con questi aggiornamenti?” – domandò brusco il bassista,
irrompendo in cucina.
Era incerto sulle
gambe, odioso e trasandato: un fantasma, rispetto all’uomo, che Tim aveva
conosciuto e sposato.
“Abbiamo quasi
finito, da lunedì vacanza” – rispose frettoloso il giovane, provando a
guadagnare l’uscita.
“Ehi, ehi, quanta
fretta! Nemmeno un bacio di arrivederci?” – e ridacchiò, dondolando contro lo stipite.
Tim posò le labbra
sulla guancia sinistra del consorte, veloce e gelido, ma questi lo trattenne
brusco e prepotente, schiacciandolo contro al muro.
“Sono in ritardo
Kevin, mi stanno aspettando, vuoi smetterla, per favore?!”
“Sì … Ti credo, sai?
Sulla parola … E come si chiama, chi ti sta aspettando?” – ringhiò, incollando
le rispettive fronti, mentre lo fissava allucinato dalla vodka.
Tim raccolse le forze
e lo spintonò deciso sul pavimento, dove Kevin andò a rannicchiarsi, dopo avere
inveito qualcosa di incomprensibile.
Ormai il ragazzo era
lontano, per ascoltarlo e poi sembrava non importargli più niente.
“Ehi Robert, che ci
fai qui tutto solo?”
Tom lo salutò
portandogli un caffè sulla spiaggia.
“Ciao … Sei arrivato
da molto?” – lo salutò l’attore, alzandosi dalla sabbia tiepida, dopo alcuni
esercizi di yoga, un’abitudine quotidiana, che non era comunque servita a
rilassarlo.
“No, avevo
appuntamento con Glam per una terapia alla cervicale, ma temo se ne sia
dimenticato” – spiegò gentile, porgendogli la brodaglia di Vas.
“Questa è orrenda, lo
sai? Una pozione da esercito russo” – sorrise a metà, dirigendosi alla caletta.
“Mi sa di sì, me la
sono sciroppata per circa sei mesi, durante il recupero del nostro avvocato
preferito” – disse arrossendo un minimo.
Era la persona più
sensibile, Downey avesse mai conosciuto in quella città di pazzi.
“Glam purtroppo aveva
da fare in città … Per una cosa … particolare”
“Sì … Ok … Comunque
sono felice che avete ripreso un dialogo”
“Non è solo questo
Tommy”
“Va bene, ma non mi
riguarda” – mormorò imbarazzato, abbassando lo sguardo.
“Non farti problemi,
con Jude non è mai stato semplice, figurarsi dopo lo scorso Natale … E poi Lula
…”
“Una storia assurda,
ma Glam aveva agito in buona fede, ne sono certo”
“Ne parlavate
spesso?”
“No, affatto: lui non
diceva mai nulla, soffriva in silenzio, mentre, almeno fisicamente, tornava
quello di prima … Tranne in un’occasione”
“Davvero … Quale, se
non sono indiscreto Tom?”
“Un giorno mi
confessò quanto lo annientasse il pensiero di avere fatto del male a Kevin,
ancora una volta … Insomma lui voleva proteggerlo dalla verità su Lula, ma al
tempo stesso sapeva che era sbagliato … Terribilmente sbagliato”
“Kevin è quasi
impazzito”
“Lo so Robert, del
resto ho accompagnato io Glam alla Foster, quando Kevin era ricoverato lì con
l’esaurimento e la depressione … Sì, insomma, lo feci entrare con la scusa che
fosse un collega, perché io ci andavo per la riabilitazione di altri pazienti”
– e sorrise innocente.
“Voleva vederlo?”
“Era davvero in ansia
…”
“E’ comprensibile,
Kevin lo ha sempre assistito amorevole, anche prima dell’ultimo cancro”
“Glam adora Kevin,
non ha mai smesso di dirlo, specialmente al suo ex … E’ quanto mi raccontò,
mentre tornavamo in auto …”
Downey annuì,
mordendosi le labbra.
“Siamo … Siamo di
nuovo tutti in gioco … Io, Jay … Presto anche Kevin, non ho dubbi … Ci ha
ripresi a sé, in un modo o nell’altro …”
“Tu sei tornato da
lui, Rob?”
“Sì”
“E cosa ti aspetti,
se non sono invadente?”
“Io … Io, ecco,
volevo solo che mi perdonasse … Perché non si abbandonano le persone care come
abbiamo fatto noi, con lui, spalleggiando Kevin, che non ha voluto ascoltarci e
si è attaccato alla bottiglia, per finire in rehab, inevitabilmente”
“Come se aveste
sprecato il vostro sacrificio?”
“No Tommy … No, penso
che lo shock abbia riguardato ognuno di noi, portandoci a scelte avventate … E
Kevin meritava la nostra massima attenzione, sia chiaro”
“Per me potete
recuperare ed andare avanti”
Downey prese un lungo
respiro.
“E Luna, come sta la
vostra bimba?”
“Una meraviglia” –
Hiddleston si illuminò, estraendo lo smart tablet dalla tasca della casacca
avorio.
Lo accese scorrendo
la cartella immagini.
“Eccola qui, guarda
come è cresciuta …”
“Stupenda … Come i
suoi genitori”
Arrivò in sequenza
anche uno scatto della piccola, tra Chris e Jude, con Camilla e Diamond.
Tom ebbe
un’esitazione – “Vanno così d’accordo … Le vostre principesse con la nostra
cucciola”
“Sì …” – e nel sussurrarlo,
Robert sfiorò lo schermo – “Jude era felice, qui con loro”
“E’ un papà in gamba,
come lo sei tu Rob …”
“Lui e Chris sono
biondi uguali …” – Downey accennò una risata, rotta dalla commozione – “…
Insomma, uguali … e poi il fisico … Se io avessi una relazione con il tenente,
mi sotterrerebbe temo”
Risero insieme.
“Basta rimanergli
sopra, per quanto possibile” – la battuta di Tom, stupì anche lui.
Risero più forte.
Kevin restò
inginocchiato, anche quando vide, con la coda dell’occhio, qualcuno posare un
mazzo di calle arancio, accanto alle sue.
“I suoi fiori
preferiti …”
“No, erano i girasoli
daddy …” – e tirò su dal naso – “Ma non ne ho trovati”
“Nemmeno io” – e gli
si affiancò.
Il viaggio per la
Svizzera era stato rimandato al pomeriggio, a causa di una tempesta
sull’Atlantico, che aveva fatto cancellare i voli dal Lax, dalla sera
precedente.
“Oggi sarebbe stato
il suo compleanno” – proseguì Geffen, compostamente – “Anche se non abbiamo mai
saputo quale fosse la data esatta”
“Lula diceva che
doveva essere festeggiato in un giorno di sole, così scelse luglio” – sorrise,
asciugandosi le lacrime, con la manica del pullover in cotone nero.
“E cambiava ogni anno
… Di giorni ne ha trentuno ed io ne
cambio sempre uno! Canticchiava quando era pronto …”
“E noi a correre a
prendergli regali e la torta” – Kevin si strinse le braccia sul petto, come se
avesse freddo.
Geffen lo avvolse con
delicatezza e la paura di essere respinto ed insultato, per l’ennesima volta;
ma non poteva accadere lì, sulla tomba del loro bambino.
Kevin si guardò in
giro.
“E’ … è bellissimo
qui … Sono felice che tu … che tu lo abbia portato qui, ma senza costruire un
altro sepolcro … quei marmi, quei cancelletti in ferro battuto nero, così
macabri …” – disse confuso ed assorto.
“Sono contento che tu
ne sia felice, tesoro …” – disse piano, scrutandone il profilo.
“E’ quanto hai sempre
voluto, vero Glam?” – domandò improvviso e debole, guardandolo fisso ed
esigente.
Vincent andò a
svegliarlo con dei croissant al cioccolato, che Louis adorava.
Il francese aveva
dormito in una delle camere degli ospiti, mentre Boo si era assopito in quella
padronale, dopo una lunga chiacchierata di mezzanotte, non senza mangiare gli
spaghetti cucinati da Lux, che riuscì a consumarne una discreta porzione,
ritrovandosi in buona compagnia.
“Tè o caffè, mon
petit?”
“Entrambi … Prima una
tazzina di nero bollente” – sorrise, stropicciandosi le palpebre, per poi
stiracchiarsi come un gatto.
“Hai chiamato Harry?”
– domandò lieve l’uomo.
“No, ma gli ho
mandato un sms, sa dove mi trovo”
“Spero non
fraintenda”
Louis lo scrutò,
sorseggiando il suo espresso e rivelando il corpo nudo e dorato, tra le
lenzuola candide.
“Lo fanno tutti, da
sempre, mi sembrava di avertelo detto, ieri sera …”
“Ci siamo detti molte
cose mon petit, tranne una: cosa ti lega a Zayn” – e sorrise affettuoso,
scompigliandogli i capelli.
“Lui non mi fa
incazzare … Non più almeno, come quando stavate insieme, però poi credevo di
averci messo una pietra sopra”
“A cosa?”
“A noi Vincent” – e
sospirò, alzandosi svelto – “Vado a farmi una doccia.”
“Smettila di
provocarmi, Louis, te lo chiedo solo una volta, ok?”
Tomlinson si coprì
con un gesto rapido, recuperando un telo.
“Scusami Vincent” –
replicò, come impaurito – “E’ che … che non posso o non voglio credere alla
disgrazia che ti è capitata”
I suoi cieli lucidi,
erano così sinceri, da annientare ogni frustrazione in Lux, che lo raggiunse,
per stringerlo a sé, ma come un padre.
“No, scusami tu, mon
petit … Ed impara a volerti bene, quanto te ne voglio io … Ed Harry,
naturalmente”
“Naturalmente” –
inspirò amaro, prima di sparire oltre la soglia, senza più girarsi indietro.
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