Capitolo n. 28 – life
Le loro dita si
intrecciarono, tra le coperte, su quel divano, all’interno delle scuderie, dove
si erano rifugiati, correndo e ridendo sotto la pioggia battente.
Glam non aveva mai
smesso di baciarlo, dilatandolo delicatamente, posizionato tra le sue gambe,
finché non si decise a varcare la soglia di muscoli vibranti, che Robert gli
donava per l’ennesima volta.
La migliore, per
entrambi.
Il reciproco
divenire, si fuse a gemiti e lacrime liberatorie.
Un unico sorriso,
adesso, sembrava suggellare l’unione, che tanto avevano sognato di
ufficializzare.
“Sabato ti impalmerò”
– gli sussurrò Geffen, un po’ dispettoso, ma estremamente commosso,
rannicchiandosi sul suo cuore.
Lui, così possente e
solido, si sentiva un nulla senza il suo Robert,
da tanto, troppo tempo.
Adesso riaverlo a sé,
convinto di loro e pronto ad avere un futuro insieme, lo elettrizzava e
confondeva di gioia ed aspettative.
“Vorrei una cerimonia
sobria, Glam, con i nostri amici, qualche parente, i nostri figli …” – accennò
l’attore, fissando il soffitto di travi e tavelle.
“I nostri figli …” –
si sollevò lento, ispirato ad ammirarlo – “Peter …”
“Già, Pepe” – Downey
arrise solare al suo nome ed al pensiero dei momenti, che già avevano
condiviso, lui ed il bimbo, a Palm Springs.
“Il nostro bambino,
Rob” – ed i suoi turchesi ebbero un tremito.
La parabola di
ricordi lo investì, dalla scogliera, ad Haiti, dove perse Lula, mentre in
precedenza l’idea di un’adozione, da portare a termine con Robert, sembrò alla
coppia così bella, quanto irrealizzabile: Geffen perse un battito.
Era destino.
Lasciarsi, morire ed
impazzire dal dolore per soldino, poi ritrovarsi, senza un domani, per la
malattia di Glam stesso, fino ad un miracolo insperato, ottenuto a caro prezzo.
Da qualche parte, in
quella notte, nel cielo riconquistato dalle stelle, dopo il temporale, ormai
lontano da Los Angeles, lo sguardo amorevole di Lula doveva essersi per forza
posato su di loro, benedicendo il legame, ormai radicato in certezze
inespugnabili, tra Glam e Robert.
Ne erano certi, come
non mai.
“Papà Glam e zio
Robert staranno bene, vero?” – domandò Peter, spalancando i suoi fanali
zaffiro, su quelli di Jared, che lo teneva in braccio, amorevole.
Erano sul divano, a
guardarsi dei cartoni.
Isotta si era
assopita sul petto di Colin, ugualmente assonnato e quasi nel mondo dei sogni.
“Certo amore, stanno
benissimo, te lo garantisco” – lo rassicurò il cantante.
Pepe corse alla
finestra, poi tornò veloce da lui, perché scalzo e già in pigiama.
Si rannicchiò sul
cuore di Leto, che lo avvolse nella sua stessa, ampia, coperta di pile.
“Sei comodo,
piccolo?”
“Sì … Ma papi torna
presto, vero?”
“Lo adori e posso
capirti, Peter, ma qui sei al sicuro: appena smette di piovere, vedrai che
arriverà qui con zio Rob e tante belle novità” – sorrise.
“Ah va bene, sì, sì”
– ed accennò un sorriso, non del tutto tranquillo.
Era così legato a
Geffen, da confermare la simbiosi, che univa a suo tempo Lula all’avvocato.
Dei rumori li
distrassero.
“Papà!!”
Peter si precipitò da
lui, balzando fuori dalle coltri tiepide, come un folletto scatenato.
Volò tra le ali di
Geffen, che lo fece roteare, così come aveva fatto con Robert, poche ore prima.
“Angelo mio, eccoci
qui … Vieni, dovrei dirti una cosa …”
“Sì, zio Jay mi ha
spiegato che ci sono delle … novità!” – e rise, allungando la manina destra
verso Downey, che lo accompagnò felice al primo divano libero da giocattoli e
play station.
“Grazie Jared per
avere avuto cura della nostra peste …” – Geffen si rivolse sereno al leader dei
Mars, che annuì.
“E’ un vero tesoro …
Ed ora avrai due papà, sai Pepe?” – e strizzò un occhiolino complice, in
direzione del bimbo, che si grattò la testolina.
“Tu e zio Robert vi …
Vi sposate!?” – domandò estatico.
“A quanto pare sì
Peter … Zio Rob me lo ha chiesto ed io ho risposto di sì … Ho fatto bene?” –
scherzò amorevole.
Pepe diede un bacio
sulla guancia di Downey, che avvampò.
“Sicuramente sì,
papà” – ed unì le loro mani, in un intreccio armonioso.
Farrell prese una
bottiglia di champagne, dopo avere portato a nanna Isotta.
“Dobbiamo brindare,
che ne dite?”
Anche Tomo e Shan,
tornati nel salone, si unirono all’alzata dei calici, congratulandosi, sinceri
e limpidi.
“Vi auguro ogni bene
…” – disse lieve Jared – “… Peccato io non possa bere alcolici … Me la dareste
un po’ d’acqua?” – rise appena.
Shannon gli passò una
Evian e Jared fu pronto, come il resto degli amici, a sancire quel cambiamento
così radicale, non solo per i futuri sposi.
Mark aggrottò la
fronte, appiccicando il palmare all’orecchio sinistro.
“Io capisco il suo
discorso, dottor Houser, però anche lei deve comprendere le mie ragioni,
inerenti il signor Miller, dopo quanto accaduto a Parigi”
Il suo tono era
estremamente serio e quella telefonata aveva interrotto la colazione, che Ruffalo
stava apprezzando con il suo Niall, piuttosto pensieroso, ma rimasto in
terrazza, per non turbare il compagno.
L’infermiere fece
alcune pause, tra un monosillabo e l’altro, poi chiuse con un semplice – “Ci
rivediamo venerdì, farò un passo in clinica, ma sarà l’ultima volta che mi
vedrete, ok? Buona giornata.”
“Tesoro tutto bene?”
“Ehi piccolo … Hai
ascoltato?”
“Più o meno … Ho
capito che parlavi di Matt, ci sono problemi?” – domandò esitante, senza fare
un passo.
Ci pensò Mark ad annullare
la distanza tra loro, stringendolo forte.
“Lo staff di questo
Houser, il nuovo primario alla Mayer, sta modificando il protocollo di
psicofarmaci somministrati a Matt in effetti …”
“Una cura più
pesante?”
“No, l’esatto
contrario Niall: Matt è più lucido, chiede del sottoscritto ed ha dato in
escandescenze un paio di volte … Houser ha proposto un incontro con lo
psicologo, che segue ogni giorno il suo caso, per trovare una linea di dialogo
e spiegare che tra di noi è finita”
“Per sempre, vero?”
“Sì cucciolo … E tu
sai che è così”
Si baciarono,
tremando.
Louis ondeggiò
stremato, un’ultima volta, prima di ricadere sul busto di Harry, inarcatosi per
essergli venuto di nuovo dentro, impalandolo vorace e totalizzante.
In quella dimensione
di sesso, loro sapevano ritrovarsi, come nessuno, quando ogni cosa andava
terribilmente storta.
Lo studio legale di
Styles non decollava, il lavoro di Louis al ristorante, appena intrapreso, era
faticoso e carente di prospettive.
L’unica certezza era
sapersi al riparo da tracolli economici, grazie al denaro ed ai diamanti, che
Louis aveva ricevuto in dono da Lux: un patrimonio conservato in una cassetta
di sicurezza, da utilizzare in caso di carestia personale, ormai prossima.
Geffen, inoltre, non
aveva mai smesso di fare accreditate sul conto dell’ufficio di Harry, ingenti
somme, giustificandole come consulenze esterne, che il giovane mai aveva
espletato, perché scarsamente richieste.
I costi di gestione e
le cauzioni versate a fondo perduto, però, dissanguavano il saldo bancario,
costantemente attivo, per esclusivo merito di Glam.
Gli assistiti di
Styles erano per lo più disoccupati o squattrinati cronici, caduti persino in
truffe, per eccesso di ingenuità.
Un corollario di
personaggi, che giusto Horan sapeva gestire ed accogliere, con gentilezza e
spirito creativo, ascoltando le loro storie, preparando una scheda
introduttiva, da sottoporre poi al suo boss, che un po’ gli mancava.
Era reciproco.
“Da quando fumi?” –
chiese brusco Louis, tornando dal bagno, dove aveva fatto una doccia ed
indossato un maglione sul corpo nudo.
Era bellissimo, con
quell’accenno di barba ed i capelli folti e scompigliati, sul volto ancora
arrossato.
“Una ogni tanto … E’
per lo stress … Saremmo in bolletta se non fosse per i nostri mecenate, sai? A
me pesa questa cosa, Boo” – replicò scostante.
Niente coccole.
Una tortura.
Una situazione da adulti, che andava stretta
soprattutto a Louis.
Styles si era
abituato a fare ragionamenti complessi già a sei o sette anni, ma per lui era
stato diverso.
La sua, anche se non
in senso assoluto, era stata un’infanzia comune.
Quasi
banale.
A scuola, Tomlinson,
se la cavava spesso per il suo bel sorrisino malizioso.
Da adolescente, poi,
aveva strappato ottimi voti al diploma, dopo essersi fatto palpeggiare dal
presidente della commissione interna, nei bagni dell’istituto.
Memorie scomode, che
ogni tanto gli balenavano in mente, come saette.
Si spogliò di nuovo,
tornando tra le braccia del marito, che aveva già spento la propria Malboro,
dopo appena tre tiri.
“Se vuoi smetto …
Tanto non ho molti soldi per le sigarette” – sorrise sconsolato.
“L’essenziale è che
ci siano per la bimba, per ogni sua esigenza … E poi Vincent non ci abbandonerà
mai”
“Senza contare tuo
padre, quello vero, ma anche tuo
fratello” – puntualizzò acido Haz.
“Non farla tanto
lunga” – protestò Boo – “… Pensi che non ti abbia visto a sbavare per quel
biondino arrivista, in quel locale, dove abbiamo conosciuto il suo facoltoso
amante? Quindi lascia perdere questa forma di gelosia inutile per Lux!” – e gli
diede la schiena, girandosi brusco verso il comodino.
Styles spense le luci
– “Vado a controllare Petra …” – sbuffò teso, allontanandosi in punta di piedi.
Louis stritolò il
cuscino, nascondendoci il proprio ennesimo pianto.
Il suo cellulare
vibrò, nella tasca dei jeans, dimenticati sul parquet: il ragazzo lo recuperò,
guardando veloce quel messaggio inatteso.
Era di Lux.
§
Ciao mon petit, scusa l’ora, ma mi sono deciso di venirci in spiaggia, domani,
per il party del nonno, a patto che ci siate anche voi e la cucciola … Che ne
pensi? Grazie di preoccuparti per me, per gli sms di buongiorno, per tutto
Louis … Mi manchi … A presto, spero, ti abbraccio. Tuo Vincent. §
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