lunedì 29 settembre 2014

LIFE - CAPITOLO N. 28

Capitolo n. 28 – life



Le loro dita si intrecciarono, tra le coperte, su quel divano, all’interno delle scuderie, dove si erano rifugiati, correndo e ridendo sotto la pioggia battente.

Glam non aveva mai smesso di baciarlo, dilatandolo delicatamente, posizionato tra le sue gambe, finché non si decise a varcare la soglia di muscoli vibranti, che Robert gli donava per l’ennesima volta.

La migliore, per entrambi.

Il reciproco divenire, si fuse a gemiti e lacrime liberatorie.

Un unico sorriso, adesso, sembrava suggellare l’unione, che tanto avevano sognato di ufficializzare.

“Sabato ti impalmerò” – gli sussurrò Geffen, un po’ dispettoso, ma estremamente commosso, rannicchiandosi sul suo cuore.

Lui, così possente e solido, si sentiva un nulla senza il suo Robert, da tanto, troppo tempo.

Adesso riaverlo a sé, convinto di loro e pronto ad avere un futuro insieme, lo elettrizzava e confondeva di gioia ed aspettative.

“Vorrei una cerimonia sobria, Glam, con i nostri amici, qualche parente, i nostri figli …” – accennò l’attore, fissando il soffitto di travi e tavelle.

“I nostri figli …” – si sollevò lento, ispirato ad ammirarlo – “Peter …”

“Già, Pepe” – Downey arrise solare al suo nome ed al pensiero dei momenti, che già avevano condiviso, lui ed il bimbo, a Palm Springs.

“Il nostro bambino, Rob” – ed i suoi turchesi ebbero un tremito.


La parabola di ricordi lo investì, dalla scogliera, ad Haiti, dove perse Lula, mentre in precedenza l’idea di un’adozione, da portare a termine con Robert, sembrò alla coppia così bella, quanto irrealizzabile: Geffen perse un battito.

Era destino.
Lasciarsi, morire ed impazzire dal dolore per soldino, poi ritrovarsi, senza un domani, per la malattia di Glam stesso, fino ad un miracolo insperato, ottenuto a caro prezzo.

Da qualche parte, in quella notte, nel cielo riconquistato dalle stelle, dopo il temporale, ormai lontano da Los Angeles, lo sguardo amorevole di Lula doveva essersi per forza posato su di loro, benedicendo il legame, ormai radicato in certezze inespugnabili, tra Glam e Robert.

Ne erano certi, come non mai.




“Papà Glam e zio Robert staranno bene, vero?” – domandò Peter, spalancando i suoi fanali zaffiro, su quelli di Jared, che lo teneva in braccio, amorevole.

Erano sul divano, a guardarsi dei cartoni.
Isotta si era assopita sul petto di Colin, ugualmente assonnato e quasi nel mondo dei sogni.

“Certo amore, stanno benissimo, te lo garantisco” – lo rassicurò il cantante.

Pepe corse alla finestra, poi tornò veloce da lui, perché scalzo e già in pigiama.

Si rannicchiò sul cuore di Leto, che lo avvolse nella sua stessa, ampia, coperta di pile.

“Sei comodo, piccolo?”

“Sì … Ma papi torna presto, vero?”

“Lo adori e posso capirti, Peter, ma qui sei al sicuro: appena smette di piovere, vedrai che arriverà qui con zio Rob e tante belle novità” – sorrise.

“Ah va bene, sì, sì” – ed accennò un sorriso, non del tutto tranquillo.

Era così legato a Geffen, da confermare la simbiosi, che univa a suo tempo Lula all’avvocato.

Dei rumori li distrassero.

“Papà!!”

Peter si precipitò da lui, balzando fuori dalle coltri tiepide, come un folletto scatenato.

Volò tra le ali di Geffen, che lo fece roteare, così come aveva fatto con Robert, poche ore prima.

“Angelo mio, eccoci qui … Vieni, dovrei dirti una cosa …”

“Sì, zio Jay mi ha spiegato che ci sono delle … novità!” – e rise, allungando la manina destra verso Downey, che lo accompagnò felice al primo divano libero da giocattoli e play station.

“Grazie Jared per avere avuto cura della nostra peste …” – Geffen si rivolse sereno al leader dei Mars, che annuì.

“E’ un vero tesoro … Ed ora avrai due papà, sai Pepe?” – e strizzò un occhiolino complice, in direzione del bimbo, che si grattò la testolina.

“Tu e zio Robert vi … Vi sposate!?” – domandò estatico.

“A quanto pare sì Peter … Zio Rob me lo ha chiesto ed io ho risposto di sì … Ho fatto bene?” – scherzò amorevole.

Pepe diede un bacio sulla guancia di Downey, che avvampò.

“Sicuramente sì, papà” – ed unì le loro mani, in un intreccio armonioso.

Farrell prese una bottiglia di champagne, dopo avere portato a nanna Isotta.

“Dobbiamo brindare, che ne dite?”

Anche Tomo e Shan, tornati nel salone, si unirono all’alzata dei calici, congratulandosi, sinceri e limpidi.

“Vi auguro ogni bene …” – disse lieve Jared – “… Peccato io non possa bere alcolici … Me la dareste un po’ d’acqua?” – rise appena.

Shannon gli passò una Evian e Jared fu pronto, come il resto degli amici, a sancire quel cambiamento così radicale, non solo per i futuri sposi.




Mark aggrottò la fronte, appiccicando il palmare all’orecchio sinistro.

“Io capisco il suo discorso, dottor Houser, però anche lei deve comprendere le mie ragioni, inerenti il signor Miller, dopo quanto accaduto a Parigi”

Il suo tono era estremamente serio e quella telefonata aveva interrotto la colazione, che Ruffalo stava apprezzando con il suo Niall, piuttosto pensieroso, ma rimasto in terrazza, per non turbare il compagno.

L’infermiere fece alcune pause, tra un monosillabo e l’altro, poi chiuse con un semplice – “Ci rivediamo venerdì, farò un passo in clinica, ma sarà l’ultima volta che mi vedrete, ok? Buona giornata.”

“Tesoro tutto bene?”

“Ehi piccolo … Hai ascoltato?”

“Più o meno … Ho capito che parlavi di Matt, ci sono problemi?” – domandò esitante, senza fare un passo.

Ci pensò Mark ad annullare la distanza tra loro, stringendolo forte.

“Lo staff di questo Houser, il nuovo primario alla Mayer, sta modificando il protocollo di psicofarmaci somministrati a Matt in effetti …”

“Una cura più pesante?”

“No, l’esatto contrario Niall: Matt è più lucido, chiede del sottoscritto ed ha dato in escandescenze un paio di volte … Houser ha proposto un incontro con lo psicologo, che segue ogni giorno il suo caso, per trovare una linea di dialogo e spiegare che tra di noi è finita”

“Per sempre, vero?”

“Sì cucciolo … E tu sai che è così”

Si baciarono, tremando.




Louis ondeggiò stremato, un’ultima volta, prima di ricadere sul busto di Harry, inarcatosi per essergli venuto di nuovo dentro, impalandolo vorace e totalizzante.

In quella dimensione di sesso, loro sapevano ritrovarsi, come nessuno, quando ogni cosa andava terribilmente storta.

Lo studio legale di Styles non decollava, il lavoro di Louis al ristorante, appena intrapreso, era faticoso e carente di prospettive.

L’unica certezza era sapersi al riparo da tracolli economici, grazie al denaro ed ai diamanti, che Louis aveva ricevuto in dono da Lux: un patrimonio conservato in una cassetta di sicurezza, da utilizzare in caso di carestia personale, ormai prossima.

Geffen, inoltre, non aveva mai smesso di fare accreditate sul conto dell’ufficio di Harry, ingenti somme, giustificandole come consulenze esterne, che il giovane mai aveva espletato, perché scarsamente richieste.

I costi di gestione e le cauzioni versate a fondo perduto, però, dissanguavano il saldo bancario, costantemente attivo, per esclusivo merito di Glam.

Gli assistiti di Styles erano per lo più disoccupati o squattrinati cronici, caduti persino in truffe, per eccesso di ingenuità.

Un corollario di personaggi, che giusto Horan sapeva gestire ed accogliere, con gentilezza e spirito creativo, ascoltando le loro storie, preparando una scheda introduttiva, da sottoporre poi al suo boss, che un po’ gli mancava.

Era reciproco.


“Da quando fumi?” – chiese brusco Louis, tornando dal bagno, dove aveva fatto una doccia ed indossato un maglione sul corpo nudo.

Era bellissimo, con quell’accenno di barba ed i capelli folti e scompigliati, sul volto ancora arrossato.

“Una ogni tanto … E’ per lo stress … Saremmo in bolletta se non fosse per i nostri mecenate, sai? A me pesa questa cosa, Boo” – replicò scostante.

Niente coccole.
Una tortura.

Una situazione da adulti, che andava stretta soprattutto a Louis.

Styles si era abituato a fare ragionamenti complessi già a sei o sette anni, ma per lui era stato diverso.
La sua, anche se non in senso assoluto, era stata un’infanzia comune.
Quasi banale.

A scuola, Tomlinson, se la cavava spesso per il suo bel sorrisino malizioso.

Da adolescente, poi, aveva strappato ottimi voti al diploma, dopo essersi fatto palpeggiare dal presidente della commissione interna, nei bagni dell’istituto.

Memorie scomode, che ogni tanto gli balenavano in mente, come saette.

Si spogliò di nuovo, tornando tra le braccia del marito, che aveva già spento la propria Malboro, dopo appena tre tiri.

“Se vuoi smetto … Tanto non ho molti soldi per le sigarette” – sorrise sconsolato.

“L’essenziale è che ci siano per la bimba, per ogni sua esigenza … E poi Vincent non ci abbandonerà mai”

“Senza contare tuo padre, quello vero, ma anche tuo fratello” – puntualizzò acido Haz.

“Non farla tanto lunga” – protestò Boo – “… Pensi che non ti abbia visto a sbavare per quel biondino arrivista, in quel locale, dove abbiamo conosciuto il suo facoltoso amante? Quindi lascia perdere questa forma di gelosia inutile per Lux!” – e gli diede la schiena, girandosi brusco verso il comodino.

Styles spense le luci – “Vado a controllare Petra …” – sbuffò teso, allontanandosi in punta di piedi.

Louis stritolò il cuscino, nascondendoci il proprio ennesimo pianto.

Il suo cellulare vibrò, nella tasca dei jeans, dimenticati sul parquet: il ragazzo lo recuperò, guardando veloce quel messaggio inatteso.

Era di Lux.

§ Ciao mon petit, scusa l’ora, ma mi sono deciso di venirci in spiaggia, domani, per il party del nonno, a patto che ci siate anche voi e la cucciola … Che ne pensi? Grazie di preoccuparti per me, per gli sms di buongiorno, per tutto Louis … Mi manchi … A presto, spero, ti abbraccio. Tuo Vincent. §








Nessun commento:

Posta un commento