Capitolo n. 7 - sunrise
“Puzzo come una capra Marc …”
“Hai sfebbrato, ora ti ci vuole un bel bagno caldo, te lo preparo, resta qui …”
“Ok … Hanno suonato, chi sarà?”
“Una sorpresa cucciolo.” – e dopo avergli dato un bacio, Hopper si avviò verso l’ingresso.
“Non muoverti.”
La voce di Jude era suadente, in quelle prime luci dell’alba.
Robert stava cercando una bibita in frigorifero e rimase immobile, con lo sportello aperto ed il fascio dorato proveniente dall’interno, che accarezzava il profilo del suo corpo, al quale si unì presto anche il tocco del compagno.
Ancora nudi, dopo una doccia veloce, erano abituati a fare l’amore prima che Camilla si svegliasse, reclamando la sua colazione, ma il caldo li aveva fatti desistere, finchè rimasero a letto, ma la frescura di quell’elettrodomestico sembrava l’ideale per ripensarci.
Jude lo avvolse da dietro, scorrendo le dita sino ai polsi di Robert, per poi artigliarli, piegandolo leggermente in avanti – “Non dire niente … penso a tutto io …” – gli sussurrò il biondo nel collo, obbligandolo in quella posizione.
Downey era devastato da brividi ed un senso del desiderio mescolato a quello più prepotente di abbandonarsi alle scabrose attenzioni di Jude, che lo stava leccando e mordendo piano sulla schiena, percorrendo la spina dorsale con un’avidità piacevole ed umida.
Finchè non si fermò in ginocchio: fu sublime accettarlo tanto invadente, dapprima con la lingua, poi le dita intrise di melassa, fatta scendere copiosamente da una bottiglietta in plastica, che Jude aveva recuperato nel cassetto in basso, dopo avere rovistato come un bimbo curioso, non solo tra le cosce di Robert.
L’americano avrebbe voluto urlare per la gioia di sentirsi suo in quel modo, nonostante fossero trascorsi tanti anni: nulla si era logorato, semmai il meglio dei loro amplessi stava ancora bruciando vivido, trasmettendo ad entrambi un auspicio di concreta eternità.
Jude si rialzò, pronto a penetrarlo: richiuse quella varco refrigerante e fece voltare Robert, per baciarlo con intensità.
“Prendimi Jude … non … non riesco più a …”
“A fare cosa?” – gli domandò spingendolo bruscamente sul tavolo della cucina.
“Jude …” – ansimò, inarcandosi, quando l’altro gli aprì le gambe oscenamente.
“Lo so quello che vuoi, me lo hai insegnato così bene Rob … così … vedi?!” – ed in un ruggito sembrò divorare le sue carni, spingendosi in lui largo e duro, fino a farlo gridare senza freni.
Il ripiano era massiccio ed estremamente liscio: Robert ci ondeggiava sopra, senza opporre alcuna resistenza: in quell’attimo ebbe la netta sensazione che si sarebbe lasciato fare qualsiasi cosa.
La sua libido stava arrivando a dei livelli di guardia, era come ad un passo dall’esplodere, il plesso solare avvinghiato in una morsa bollente, l’addome contratto, nel ricevere quel sesso capace ed instancabile: il sudore rendeva il rapporto lascivo e sporco, ma i baci di Jude divennero improvvisamente dolci.
Prese in braccio Robert, senza disunirsi da lui, portandolo sul divano ed accomodandolo come un bimbo spaventato da un temporale di emozioni.
Ricominciò a muoversi, accarezzandogli le tempie con il mento sbarbato e morbido, posando altri baci, ripetendogli quanto lo amasse.
Con altrettanta delicatezza cominciò a toccarlo, soffermandosi sulla punta del suo membro, sfiorandola poi con il pollice e l’indice, dispettosamente, ma sapendo che lo avrebbe fatto impazzire.
Vennero insieme, soggiogati da un orgasmo colmo del loro amore, che non avrebbe mai conosciuto una fine, ne erano certi.
“LIONATO: Non c'era il conte Giovanni a cena?
ANTONIO: Non l'ho visto.
BEATRICE: Che faccia acida che ha! non lo posso guardare che non mi vengano i bruciori di stomaco per un'ora.
ERO: Ha un carattere assai malinconico.
BEATRICE: Sarebbe un uomo eccellente chi fosse fatto mezzo di lui e mezzo del signor Benedetto, ma uno e troppo come una statua e non dice niente, l'altro e troppo un cocco di mamma che non fa che ciarlare.”
Jamie e Marc scoppiarono a ridere, mentre Kurt, seduto sul tappeto a fianco della vasca, dove il ballerino era immerso, chiuse il libro, sorridendo a propria volta – “Adoro Molto rumore per nulla … Te lo lascio se vuoi.”
“Grazie … lo leggerò in vacanza …”
Hopper annuì, frizionandogli la nuca e baciandolo tra i capelli, accovacciato dalla parte opposta a quella di Kurt, che aprì una birra – “Salute! Sicuri di non volerne una ragazzi?”
“No, devo andare in aula …”
“Ed io ho preso delle medicine incompatibili con l’alcol … mi dispiace.”
“Ti senti meglio, vero?” – chiese fiducioso.
Jamie sorrise – “Sì, la tua presenza poi è divertente Kurt … vero Marc?”
“Sì, ti lascio in ottime mani. Grazie Kurt, ci vediamo a cena con Brandon, qui alle otto, ok?”
“Ok, Jamie ed io cucineremo, siete avvisati!”
“Non mi spavento per così poco ahahahah Aspetta amore, prendo l’accappatoio.”
“Lascia Marc, ci penso io … ecco, vado a fare una telefonata, poi ti asciugo la criniera se vuoi …”
“Certo … wow che trattamento da vip.” – e rise allegro, sollevandosi con l’aiuto di Marc, per via della debolezza non ancora superata completamente.
“Questo è quanto Jared … Ne vuoi ancora?”
“No Glam, basta gelato per oggi … ti va di camminare, Shannon mi aspetta in spiaggia con gli altri … se vuoi unirti a noi, bagni e grigliata, come da tradizione.” – e nel dirlo buttò lo sguardo altrove, per evitare quello indagatore, ma depresso di Geffen.
“Mi vedo con Marc, per lavoro, sarà per la prossima volta, grazie comunque.”
“Senti per il discorso di Kevin … cioè io non riesco a capire del tutto la sua personalità, è probabile che Foster gli dia qualche risposta, che a noi manca Glam.”
“Sinceramente è una crisi a singhiozzo la nostra. Ci siamo chiariti su di te o meglio su quel maledetto giorno e non voglio ricordarlo assolutamente, ma il problema nasceva da lì e dalla nostra superficialità, mia e di Kevin intendo, nei tuoi confronti Jared.” – affermò risoluto.
“Voi non siete responsabili dei miei errori idioti … Non mi avete costretto e con te … sono stato io a cercarti … avevo bisogno di te Glam, non avevo alternative, solo che ho scelto il momento sbagliato … lo avevamo rimandato ad oltranza, ma anche di questo è opportuno non parlarne più … se sei d’accordo.” – chiese timido.
“Tu e Colin almeno siete tornati a … sì insomma …”
“Stai male per questo?”
“No … sai che voglio il tuo bene, non sarà mai il contrario.”
“Grazie Glam … e, credimi, auspico lo stesso per voi due, sai che è importante …”
“E’ necessario, giusto?” – disse sommesso, azionando il telecomando a distanza della sua Ferrari.
Jared la scrutò: era nuova fiammante, in un rosso acceso.
“Glam secondo te, se cambiassimo i dettagli, potremmo non ricadere nei ricordi in continuazione? …”
“Come scusa?”
“Nulla, vaneggio, è il sole californiano …”
“No, è la tua adorabile follia. Sono frastornato da queste settimane da alta marea, con Kevin, forse dovrei fare un viaggio in solitudine o con Lula.”
“Vuoi evitare Kevin? Starai scherzando, spero!”
“Affatto … non credere che funzionare a letto serva a risolvere i suoi disagi e poi resto convinto che lui mi asseconderebbe anche se mi odiasse.”
“Lui fa l’amore con te perché ti vuole e ci crede, accidenti! Non essere stronzo Glam!”
“Kevin ha fatto l’amore con un sacco di gente, nonostante mi avesse giurato fedeltà assoluta.” – replicò astioso.
“E’ questo … è questo l’amore che nutri per chi ti ha sempre aspettato? …” – ribattè deluso.
“Perché lo difendi, cazzo?!! Un tempo tu avresti … Lasciamo perdere!” – ed accese il motore, sgommando via rabbioso e sconfitto.
Tomo stava eseguendo un pezzo acustico.
Chris si era perso nel negozio di dischi, per cercare dei vecchi cd, dai quali trarre delle cover.
Il teatro era deserto o quasi.
“Ehi, mi scusi! Sto cercando la band od il responsabile!”
“Salve … io sono il chitarrista, gli altri arriveranno … lei chi è scusi?”
“Studio Geffen, mi chiamo Denny … piacere di conoscerla.” – e si avvicinò con una valigetta ed un fascicolo.
“Ah è per il contratto con la fondazione …?”
“Infatti. Come suona bene …”
“Mi chiamo Tomo, ciao Denny … potresti darmi del tu?”
“Certo … allora nessuno puo’ firmare queste carte, ho una certa fretta …”
“Glam non aveva tempo?”
“Non conosco gli impegni del capo …” disse perplesso, prendendo uno sgabello.
“Dovrai aspettare. Intanto continuo le prove …”
“Strimpello anch’io …”
“Davvero? Prendi uno strumento allora.”
“No, mi vergogno, tu sei un professionista …” – disse paonazzo.
“Ma figurati … ok, conosci qualcosa dei Mars?”
“Sì … se hai uno spartito sarebbe meglio …” – e rise.
Tomo gliene passò uno a caso ed iniziarono la loro sessione, fissandosi di tanto in tanto, incuriositi reciprocamente.
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