venerdì 23 dicembre 2011

SUNRISE - CAPITOLO N. 5

Capitolo n. 5 - sunrise


§ Make love your go §
Jared rileggeva quell tatuaggio, che aveva fatto insieme a Colin tempo prima, sorridendo.
Era in biblioteca, affacciato al balcone, ammirava le prime luci della notte di Los Angeles.
“Ehi straniero, vieni qui …”
La voce di Farrell era roca ed il profumo del suo dopobarba qualcosa che sconvolgeva qualcosa al centro del petto di Jared, che si ritrovò ben presto tra le sue ali, con le mani appoggiate alla vetrata, che rifletteva il suo viso, mentre Colin alle sue spalle lo spogliava e cingeva, accarezzandolo dappertutto.
Erano nudi e bellissimi, il viaggio non aveva influito sulle reciproche energie, che in febbrili sequenze si sprigionarono, fuori e dentro di loro.
“Dimmi cosa vuoi da me Jared … dimmelo ti prego …” – gemette l’irlandese, mentre il suo sesso si era scavato un varco, salendo con spinte maestose nel profondo del compagno, che si sentiva perduto ed amato, come non mai, in quella posizione, dalla quale non doveva muoversi, per ordine dell’altro, seducente e dilagante.
“Toccami … Toccami Colin …”
“Dove … qui?” – e gli tormentò i capezzoli, facendolo ansimare – “Dio …! Sì … no … Cole …” – “Qui allora?” – e brandendo l’erezione di Jared, coordinò i rispettivi ritmi, con forza e determinazione, sino ad un orgasmo sublime.

Crollarono appagati, stringendosi e baciandosi lacrime e sudore, felici.
“Ogni tanto Jay una bella scopata fa bene anche a noi …”
“Effettivamente …” – e rise, trovando il suo uomo spregiudicato dopo anni.
“Pannolini, pappe … sì, insomma, ora anche i gemelli, io adoro i nostri figli, ma direi che ci meritiamo questo Jay … ed altro.” – e riprendendo fiato, prese a baciarlo nel collo, eccitandolo nuovamente.
“Cole … po-potresti …” – e lo spinse dolcemente per la nuca tra le sue gambe – “E devi chiedermelo amore …?” – disse estasiato dal momento, accontentandolo come meritava.


Robert si svegliò di soprassalto.
Il suo palmo sinistro era gelido, come il posto vuoto accanto a lui.
“Jude …?” – mormorò, in preda ad un panico improvviso.
Scattò in ginocchio sul materasso e poi in piedi, indossando nervosamente i pantaloni del pigiama.
Le sue palpebre erano appiccicose e tremolanti, umide e pungenti, dopo alcuni secondi.
La stanza era deserta, anche il bagno, dove si sporse a controllare.
Un istante, che gli apparve come un’eternità soffocante, poi un suono – “Papi …” – una risatina, dal baby control.
Downey aggrottò la fronte, il respiro mozzato.
Si voltò, al rumore di passi conosciuti.
“Buongiorno, sono sceso a … Rob …? Cos’hai?”
Probabilmente il volto sfigurato dell’americano, stava facendo la stessa impressione a Jude, che si bloccò preoccupato, così come allo stesso Downey, che si guardava riflesso in uno specchio, dietro all’inglese.
“Vi ho preso le crostate, ai frutti di bosco per te ed all’albicocca per Camy …” – aggiunse, comprendendo l’equivoco, che aveva investito Robert come un’onda anomala e cattiva.
Il moro si scosse da quello stato catatonico, abbracciandolo con una veemenza disperata.
“Jude …”
“Sono qui piccolo …”
“Jude …” – e lo attanagliava maggiormente, come se l’angoscia di averlo perduto stesse salendo in lui, dopo avere azzerato le sue sicurezze e quella posizione ferma e decisa su cosa fosse meglio per la loro famiglia.
“Sono niente senza di te Jude …”
A quel punto Law gli afferrò gli zigomi, provando a calmarlo, visto che temeva gli venisse un collasso per la tensione: “Guardami … Guardami Rob!! Mi credi tanto pazzo da sparire ed abbandonarvi così su due piedi?” – ruggì con collera.
“No … no … ma avresti avuto le tue ragioni … dopo che … dopo …” – e singhiozzando, cercò il suo rinnovato abbraccio, che Jude non gli avrebbe mai negato – “Io ti adoro Rob ed adoro la bimba che abbiamo concepito con il nostro amore … è stato un traguardo stupendo ed io non vi rinuncerei per nulla al mondo, né per gli amici, né per il lavoro o qualunque altro ostacolo, che supereremo insieme … uniti più di prima.” – e lo baciò con vigore, innamorato sino all’ultima goccia del proprio sangue, che riprese a scorrere caldo nelle vene di entrambi.


Quando Jamie varcò la soglia del loro appartamento, ringraziò chiunque dal cielo lo avesse aiutato a concludere quella giornata di terapie.
Foster aveva spiegato sia a lui che ad un Marc pensieroso, quanto sarebbe stata pesante quella settimana.
“Vedrai che i risultati saranno notevoli Jamie, dalle prossime analisi potresti già risultare, come dici tu? Innocuo …” – e rise.
“Cioè … non contagioso?!”
“Infatti. Il tuo organismo si è dimostrato estremamente ricettivo ai protocolli precedenti, quindi ho fondate speranze che saranno sufficienti poche sedute, anche se gli effetti collaterali sono sgradevoli. Dissenteria e disidratazione: è per questo che Fabian ti seguirà a domicilio, per delle fleboclisi di sostegno.”
“Capisco … Marc …?”
“Sì tesoro, sono qui.” – e gli posò un bacio dei suoi, pervasi di tenerezza, sulla tempia sinistra.
“Cosa ne dici?”
“Dico che dovresti provarci, ma se non fossi convinto …”
“Io voglio guarire.” – replicò con piglio solido, come faceva nella danza.
Il sacrificio, questa la regola di base, per giungere allo scopo.
A qualsiasi costo.

Ora, imprecando sulla tazza in stile moderno ed ergonomico, Jamie aveva di sé una percezione sgradevole, fatta di debolezza e terrore.
Hopper chiese a Fabian di non intervenire, se non necessario, visto che voleva occuparsi direttamente di Jamie, senza intrusioni, anche se professionali e generose.
Il bagno di servizio aveva un lavamani in stile barocco, i sanitari bianchi e due gradini sotto un piatto doccia ampio per due.
Il ballerino vi si era come rintanato, nell’assurda idea di celare il proprio sconforto a chi lo seguiva in quegli attimi disgustosi.
Marc appoggiò i palmi caldi sulle ginocchia di Jamie, che ne strinse i polsi.
“Mi … mi faccio schifo, perché stai qui? Vattene …” – protestò debolmente.
“Stai zitto.” – replicò l’altro con un sorriso.
“Sai … sembra di scaricare acido … certo lo sapevo, però … viverlo …”
“Ho comprato i prodotti consigliati dal medico, ti preparo un bagno ristoratore.” – e si spostò verso il bidet.
“Mi ci metti anche la crema, come ad un neonato?” – e nel dirlo Jamie ridacchiò, inghiottendo un misto di desolazione e rabbia.
“Certo.” – ribattè calmo Hopper, mostrandogli un tubetto verde – “Visto? Sono pronto a tutto.”
“Lo vedo Marc … grazie …”
“Coraggio Jamie, supereremo anche questa.” – e gli diede un lungo bacio, mentre lo lavava con cura, per poi medicarlo, senza mai tradire il proprio smarrimento nel vederlo così inerme ed in balia di un’esistenza così ingiustamente difficile.

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