Di Lui Oltre Guardai - ONE SHOT
Uno strano esperimento dalla mente contorta dell’autrice di Gold, dove si muoveranno gli stessi protagonisti, più o meno, negli stessi ruoli: non tutti, appunto, ma comunque sempre ognuno di loro intorno a Jared, che non sarà Leto in questa one shot, bensì Jared, un ragazzo di 25 anni che …
Jared si prostituiva: nessun altro lavoro, dove potesse usare il proprio corpo, riusciva a rendergli tanto.
Aveva interrotto gli studi, una disgrazia familiare l’aveva lasciato solo al mondo: il fratello maggiore, Shannon, era impazzito: realizzatosi come venditore d’auto, si era riempito di debiti, casini ed eroina.
Aveva sballato così tanto, che una notte di agosto, in una Los Angeles soffocante ed afosa, aveva sparato ai genitori, risparmiando solo Jared, lo amava troppo, ma non sé stesso, finendosi, dopo avere rivolto la canna del fucile sul suo cervello esaurito.
Jared finì in una casa famiglia, aveva vent’anni ed era sotto shock.
Iniziò ad impasticcarsi, ma, prima di degenerare, incontrò uno psicologo, che nascondeva molti segreti.
Il suo nome era Brandon Cody, che, con la scusa della propria professione, sosteneva gratuitamente ragazzi come Jared, avviandoli, però, alla prostituzione.
Nella sua cerchia di protetti c’era anche Kurt: se lo era portato in casa, un fortunato, pensò Jared, che arrivò dopo di lui.
Lavorò sodo, piegandosi a qualunque richiesta volgare, rivoltagli da una serie di clienti, che lui chiamava “affezionati”: il suo impegno gli valse una cospicua somma, con cui si comprò un mini appartamento, in un quartiere rispettabile della città.
Era in uno stabile abitato solo da liberi professionisti e donne single.
Al piano terreno c’era una palestra, ma lì tutti lo conoscevano solo di vista: non dava confidenza a nessuno, nel terrore che scoprissero la sua reale attività.
Ad un unico tizio, che incontrava spesso in ascensore, aveva raccontato di occuparsi di traduzioni: Jared infatti conosceva perfettamente il Francese ed il Tedesco, grazie ai nonni, così quel tale gli procurò un lavoro part time, per la propria ditta.
Jared ne fu gratificato, poteva svolgere quel compito da casa, al pc, trasmettendo i testi di cataloghi e listini prezzi via email.
Innocuo, anche se non proprio redditizio: era una piacevole distrazione.
Tra gli affezionati, da un paio d’anni c’era un avvocato, Glam Geffen, cinquantenne, da sapere prendere con le molle; irascibile e prepotente, ma con Jared era diverso.
Da sei mesi, con enorme stupore di Jared, anche un attore famoso, che proprio Geffen gli fece conoscere – “Ti tratterà bene, si chiama Farrell, lo conosci?”
Il ragazzo finì il frullato e sorrise – “Sì … ho visto un paio dei suoi film, direi che è molto … fico.”
Glam scoppiò a ridere – “Sì ma non innamorartene! E ricordati che è un drogato.”
Jared arricciò il naso, beandosi della gelosia del “suo” migliore cliente.
Si recava dagli “affezionati” sempre e solo a domicilio.
Nessuno sapeva dove abitasse.
Alcuni lo ricevevano in casa, altri in albergo.
Posti puliti, se non addirittura lussuosi.
Jared era un meraviglioso ragazzo, nel corpo e nel viso, da fare perdere la testa.
Eppure non si apriva, raccontando il passato, se non con Geffen, che ad ogni compleanno, il 26 dicembre, lo portava a mangiare una pizza, regalandogli una giornata di normalità.
Per il resto, anche lui, era molto esigente a letto ed a volte opprimente, con il senso di possesso, che Glam gli imponeva.
Quel pomeriggio Jared incontrò un commerciante di legname, certo Dexter di Chicago, quarantenne, bruttino ed insulso, ma sessualmente molto bravo.
Ad alcuni clienti, piaceva farsi Jared anche sporco di altri.
Ad altri no, specialmente a Geffen: in quel caso cambiò idea.
“Glam sono stato con …”
“Non me ne frega un cazzo!! Vieni alla villa subito!” – tuonò inaspettatamente.
Era un’abitazione sulla scogliera, lontana dal caos del centro, dove l’avvocato aveva studio e casa, abitata da marmocchi petulanti ed una moglie, la terza, che lo vedeva pochissimo.
Jared aveva le chiavi; entrò titubante, trovando l’uomo in uno stato pietoso.
“Ciao scricciolo …” – ridacchiò, stravaccato sul divano, la bottiglia di gin vuota a metà, l’aria triste e piangente.
“Ciao Glam … ma sei ubriaco …”
“Come se fosse la prima volta che mi vedi brillo, cazzo!!”
Geffen non era un tipo volgare, anche se non lo si poteva classificare come un damerino: la sua professione esigeva aggressività e spietatezza, però con Jared sapeva persino essere dolce, di rado, ovvio, come se si vergognasse di quel suo lato gentile e paterno.
Jared ne aveva bisogno e non sapeva in chi altro cercare quelle sensazioni.
“Cosa ti è successo Glam …?” – domandò timoroso.
“Nulla di cui ti possa fregare un cazzo!”
“Posso fare qualcosa per … per aiutarti?” – e nel dirlo soffocò un nodo nella gola, che lo stava tormentando.
Si era legato troppo a lui, se ne rese conto in quell’istante sgradevole.
“Aiutarmi?? Ma chi ti ha dato il permesso di prenderti tanta confidenza, eh?” – biascicò alzandosi.
Jared indietreggiò, notando sulla mensola, dove solitamente ritirava la sua paga, una mazzetta di soldi: “Che … che cavolo sono questi?”
“Tremila dollari! Se non ti fidi, contali … ti voglio qui fino a domani pomeriggio almeno!”
“Glam … non sono necessari, se hai … sì insomma, non devi pagarmi …” – ed i suoi occhi blu si tinsero di un pianto, infastidendo maggiormente Geffen.
“Fammi una sega! Ecco cosa devi fare, ti pago per questo!”
Jared deglutì a vuoto – “Glam … io me ne vado …”
“Tu non vai da nessuna parte!!” – ed afferrandolo, si sbilanciò, cadendo rovinosamente sul tappeto nell’ingresso.
Iniziò a singhiozzare, piegato e vinto dalle proprie devastanti emozioni: Jared si chinò, cullandolo quasi – “Calmati … calmati adesso e raccontami cosa ti è successo … per favore Glam … io … io ti voglio bene …” – e balbettò sulle ultime parole.
Geffen lo fissò, di uno sguardo azzurro cielo, ritraendosi poi ed estrarre il palmare dalla tasca dei pantaloni.
Selezionò un’immagine e la mostrò a Jared: “Si chiama Jack. E’ … è un tirocinante del mio studio, arrivato da poco.”
Era il ragazzo più bello che Jared avesse mai visto, dopo quello riflesso nello specchio del suo bagno ogni mattino.
Anche migliore di lui, pensò, visto che aveva una laurea ed uno splendido futuro nello studio di Glam.
“Capisco …”
“Cosa capisci, Jared?”
“Non … non lo so allora, non lo capisco, non sono intelligente come voi, presumo, ti sei preso una cotta, ecco cosa mi sembra, cazzo!” – e si alzò bruscamente.
Glam tossì e lui gli portò dell’acqua – “Ti preparo un caffè …?”
“No grazie, ma ti ho mai detto che sei uno stupido, Jared??”
“Assolutamente … allora … avevo ragione?”
“Sì. E … e stamattina ho provato a dirglielo.”
“Ecco perché sei sparito da due settimane Glam …” – e sorrise amaro.
“Ti sono mancato?” – chiese, con tono assente.
“Lascia stare … Se sei ridotto da schifo, presumo ti abbia respinto.”
“Non proprio … no, vedi, a lui piacciono gli uomini, ma mi ha detto niente sesso con il capo, né con uno sposato …”
“Insomma non hai speranze … mi dispiace …”
“E’ un dannato bugiardo, invece!!” – esclamò, tornandosene nel living, ma questa volta sulla poltrona centrale.
“Cosa intendi Glam?”
“L’ho seguito! Come … come un coglione e pensare che avrei potuto usare Sam, l’investigatore del mio ufficio … per i dipendenti è normale approfondire un po’, non sai mai chi ti capita … Ad ogni modo, l’ho fatto io e l’ho beccato con uno, giovane quanto lui, un certo Heath, fa il musicista, è sposato ed ha anche una figlia!”
“Ma non è il suo principale …” – replicò Jared ridacchiando, visto che Geffen sembrava essersi calmato.
“Infatti … sì, ma il punto è un altro: io sono un vecchio, ecco!!”
“Che cazzo dici?? Tu sei … un uomo splendido e …” – disse mordendosi il labbro inferiore, come a pentirsi di quella sua spontaneità.
Glam lo scrutò – “Impazzisco quando … quando fai così … con quella tua bocca disegnata e … vieni qui Jared, ti prego.”
Fece un respiro, poco convinto e si mise in ginocchio tra le sue gambe, un gesto ripetuto centinaia di volte e proprio in quella postazione, dalla quale spesso Geffen si faceva fare un lavoretto, mentre scolava birra e seguiva la partita di baseball in tv.
Le luci soffuse, solo una camicia Oxford addosso, aperta sul busto scolpito da ore di palestra, che ormai gli pesavano eccessivamente.
Eppure ci teneva ad essere in forma, desiderabile e preciso anche nei dettagli: aveva un abbonamento in una Spa, dove ogni mese passava almeno quattro giornate a curare i ritocchi, pensando anche a qualche iniezione di botulino, come suggeritagli da un suo assistito, chirurgo plastico, ma proprio con Jared ne rise parecchio.
Adesso era meno affascinante, sia il contorno, sia il suo “affezionato” preferito.
Lo fece venire, pompando e succhiando, i capelli arpionati in quelle mani grandi, che ogni tanto dispensavano carezze sul suo viso d’angelo, al quale mancava quel Glam, sostituito da un uomo deluso ed anche volgare in quel momento.
Jared finì per vomitare, dopo essersi chiuso in bagno, a piagnucolare come un sedicenne: Geffen lo rimproverò da dietro la porta, peggiorando la situazione.
A lui non restò altra alternativa, che filarsela dall’ampia finestra, sbloccando l’inferriata apribile sull’esterno, grazie ai codici di sicurezza, che Geffen gli aveva confidato.
Quando arrivò alla piazzola dei taxi, gli inviò un sms, dopo essere salito sul primo della colonna posteggiata - § Perdonami Glam, ma oggi mi ha fatto schifo … e non sai il male che … ok, tanto non sono niente, ma almeno ho una dignità. §
Quando il b.berry vibrò nel giubbotto, dopo cinque minuti, Jared ebbe un sobbalzo: era quasi arrivato a casa, ma quel messaggio non era di Glam, bensì di Farrell, che abitava a diversi isolati.
“Colin … aspetti, mi porti a Los Feliz, grazie.”
L’auto fece inversione e si diresse in quella zona di celebrità.
Jared suonò sul retro, come da istruzioni ricevute al loro primo appuntamento e Colin gli aprì andandogli incontro – “Ciao Jared … come stai?” – e lo strinse a sé.
Era un gesto curioso da parte sua, almeno quanto trovarlo sobrio e lucido.
Con estrema attenzione, avvolgendolo quasi, lo portò in casa – “Cosa mi racconti di bello?”
“Colin io … ho avuto una pessima giornata …”
“Lo vedo … sei sconvolto. Un …?”
“Sì un cliente, colpa sua, uno stronzo.”
“Ti ha fatto male?” – e gli sfiorò lo zigomo con le dita tremanti.
“No Colin, non fisicamente, ma … mi ha insultato, ecco … Non voglio più pensarci, mi offri da bere?” – e sorrise.
“Scusa Jared, ma il frigo bar è a secco, sono appena uscito dal mio terzo rehab … Sono … pulito …” – e sorrise impacciato.
“Cavoli fantastico … ma io volevo solo una coca cola …” – non era vero, ma Jared era contento di vederlo sano, anche se non sapeva per quanto.
“Te la prendo subito … diet coke, va bene lo stesso?”
“Ottima … grazie. Posso salire …?”
“Sì, aspettami come al solito …”
Il solito era nudo, caldo, già lubrificato e disponibile.
Jared fece una smorfia, sentendosi per l’ennesima volta un oggetto.
Farrell era a dire poco imbranato quella notte.
Senza l’ausilio di farmaci ed alcol, sembrava agitarsi ad ogni tocco di Jared.
“Sei … incredibile … non ti avevo mai davvero visto …” – ansimò, mentre si muoveva tra le gambe magre, ma muscolose di Jared, penetrandolo a fondo.
“Sono sempre io … la tua puttana …” – gemette.
Un altro termine che Colin usava sovente, mentre lo sbatteva duro, ma non in quel caso: sembrò dargli fastidio, toccando un punto al centro del suo petto solido e facendolo traboccare con un – “Tu sei la cosa migliore che io abbia mai avuto Jay.”
C’era convinzione in quella sua uscita a sorpresa: era sincero.
Jared si sentì perso.
Si appese al collo di Colin, baciandolo convulsamente, come a ringraziarlo per quella dichiarazione, tanto splendida, quanto inconcludente: non potevano avere alcun futuro insieme, secondo lui.
“Così ti ha detto questo?? Dai Jared, non crederai a quel tossico? Ahahahah”
Kurt sapeva essere antipatico, soprattutto quando vedeva l’amico arrossire, nel parlare di Geffen ed ora pure di Farrell.
Stavano scopando da mezz’ora, un sano sesso, sudato e lascivo.
“Stai un po’ zitto stronzo!” – disse Jared, digrignando i denti, mentre lo stava montando alle spalle.
Kurt morse il cuscino, aprendosi anche di più e correndo verso di lui, che non voleva masturbarlo, come le altre volte.
“Ok provvedo da solo … sei tuo lo stronzo Jared!!” – ma poi rise, girando il volto, che Jared agganciò per un lungo bacio, mentre venivano.
Alla fine, lo spinello di rito, per rilassarsi, mentre si tiravano ancora un pochino le palle.
A modo loro si amavano.
Quando Jared trovò la Ferrari di Geffen sotto casa, ebbe un principio di infarto.
Lo vide scendere, elegantissimo, i ray ban a nascondere quelle iridi di ghiaccio – “Ciao scricciolo, pensavi di mantenere questo segreto a lungo con me?”
“Glam … no … no io … senti, se è per l’ultima volta …”
Il legale dei vip, si avvicinò ad un centimetro dal suo sembiante terrorizzato: “Un altro scherzetto del genere e ti faccio a pezzi, chiaro??!”
Lo cavalcò per più di mezz’ora: Geffen sembrava non volere godere mai, continuando ad impalarlo senza molta cura, pensando solo al proprio benessere, mentre Jared era ormai allo stremo.
Dalla sua fronte spaziosa, grondavano gocce di sudore, così come dai suoi occhi lacrime pungenti.
Le dita del ragazzo stavano ormai stritolando la testiera in ottone, nella sua testa unicamente la preghiera che Geffen lo colmasse di sperma ed improperi, se proprio ci teneva; non aveva mai smesso da quando varcarono la soglia del loro nascondiglio a Malibù.
Jared ricacciò quel “loro” in fondo al proprio animo marcio, visto che era un madornale abbaglio credere ad una simile circostanza.
La sua erezione si spense in fretta, specialmente perché Glam non ne ebbe alcuna cura, per poi dare il giusto epilogo a quell’accoppiamento selvaggio.
Jared si accasciò, tremando.
Geffen lo scostò a lato, con insofferenza.
“Mi … mi dai dell’acqua … per favore Glam.”
“Cristo quanto rompi! E’ sul tuo comodino, non la vedi somaro?”
Un altro termine, che in occasioni differenti era stato utilizzato scherzosamente, ma ora suonava impertinente ed ostile.
Jared si sollevò imprecando sotto voce.
“Cosa stai dicendo?”
“Sto … sto dicendo che se sei stufo di me, puoi anche trovartene un altro da maltrattare!!”
Geffen rimase immobile.
Scoppiò quindi a ridere sguaiatamente – “Non essere ridicolo! Chi ha un culetto sodo come il tuo?? Sembri una ragazzina …” – sibilò, ma dentro stava morendo.
Forse voleva farsi detestare, un’insulsa strategia dopo avere soppesato i sentimenti di Jared, ma in particolare i suoi per quella marchetta, anche se non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura.
Jared si alzò, rivestendosi lento – “Non sono una … ragazzina … sono un … povero stronzo che …” – ma si morse la lingua, riflettendo quella reticenza, appena ravisata nell’atteggiamento di Glam.
“Non ti ho detto che … che abbiamo finito.”
“Io ho finito con te Glam … mi dispiace, ma ho ancora la facoltà di scegliere da chi farmi scopare … o vuoi uccidermi?”
Fu come una pugnalata, quel ragionamento spietato: “Sei andato di testa? Quell’irlandese del cazzo ti ha fatto provare la merda che sniffa, forse??!”
“Quell’irlandese del cazzo è un uomo buono e ci tiene a me, hai capito bastardo!!?”
Se la prima risata era sguaiata, quella che Jared ascoltò in risposta alla propria affermazione, suonò addirittura crudele, mai quanto la frase successiva – “Senti, senti … si è forse innamorato …? Strano, ha appena annunciato il suo fidanzamento con una certa attrice polacca, una tipa niente male, è persino incinta … ad occhio e croce, non penso tu possa dargli tanto …”
Jared perse un battito, sgranando i fanali di zaffiro – “Incinta …”
“Cosa ti eri messo in testa, eh?? Sei un vero coglione!!” – e lo derise ulteriormente.
Jared fuggì da quella casa e, senza saperlo ancora, da quella vita.
Robert Downey Junior preparava un’ottima cioccolata calda.
Era il secondo b.day che Jared festeggiava con lui, dopo un Natale in famiglia, quella di Robert, appunto, a Boston, dove lo scrittore lo aveva presentato ai genitori, alla sorella ed ai nipoti.
Aveva quarantacinque anni, splendidamente portati, un divorzio archiviato ed un figlio, con cui Jared andava d’accordo, essendone coetaneo.
“Sveglia dormiglione … hai aperto il regalo?”
Jared gli gettò le braccia al collo, baciandolo ripetutamente.
Dal cassettone una foto sembrava spiarli da quando stavano insieme, ma Jared aveva preteso che restasse lì, come tutte le altre.
Erano di Jude, l’amore assoluto di Robert: per lui aveva mandato all’aria la propria esistenza, per quell’adorabile pittore inglese, biondo, gli occhi azzurri, che a soli trentacinque anni se ne andò per un male incurabile, dopo soli sei mesi di convivenza con Downey, che impazzì letteralmente.
Incontrare Jared fu la sua rinascita.
In quella Boston austera, Jared si era rifugiato, in fretta e furia, usando gli ulteriori risparmi accumulati con il suo mestiere proibito.
Aveva scelto la biblioteca, per consultare gli annunci economici e le prospettive di lavoro, ma si sentiva perso.
Robert sembrava lì apposta per salvarlo.
Furono totalmente sinceri e la loro relazione funzionò sin dai primi minuti.
C’era qualcosa di magico in quel loro rapporto, fatto di tutte le piccole e grandi cose, che necessitavano ai loro cuori, prima di ogni altra esigenza fisica o materiale.
Jared mise in vendita l’appartamento a Los Angeles e ne acquistò uno nuovo con Robert: i mesi volarono ed ora i baci dolcissimi di quell’uomo affascinante e buono, gli stavano colmando ogni spazio vuoto, che Jared pensava inaridito ed immeritevole d’amore puro.
“Ti amo Rob … ti amo da morire …”
“Anima mia … perché piangi ogni volta che …”
“Non è perché ho un anno in più …” – e si schernì, asciugandosi le lacrime nella manica del pigiama – “E’ per … per te, per noi … forse non valgo tanto affetto e rispetto … io non …”
Robert lo bloccò con un bacio da asfissia cronica, Jared la definiva in quel modo buffo, nutrendosi di un attaccamento completo al suo uomo.
“Non mi sazierò mai di guardarti Jared … ti amo.” – ed arrise solare.
Ogni sfumatura sapeva di eternità, quella che Jared aveva finalmente conquistata.
THE END
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