Capitolo n. 238 - gold
Robert era sveglio ormai da venti minuti, ma rimaneva nell’assoluto silenzio, stretto a Jude, che alle sue spalle stava dormendo profondamente, la bocca leggermente schiusa sulla spalla destra del compagno, che non voleva disturbarlo, neppure con i suoi pensieri.
Un’unica domanda si rincorreva nella sua mente provata: perché non era bastato al suo Jude.
Suo Jude: ne era pienamente consapevole e per la prima volta provò una paura ancestrale, per avere rischiato di perderlo, magari per un gesto terribile, sentendosi abbandonato dal fulcro della sua vita, quel Robert Downey Junior, di cui si era innamorato dal primo istante, non smetteva mai di ripeterlo a chiunque.
Sentiva il calore umido di Jude scendere ancora lento dentro di sé, così da renderlo pronto ad un amplesso mattutino, che non tardò a concretizzarsi, appena l’attore inglese colse i primi raggi di sole fendere la cortina di quel broccato, oggetto dei suoi studi serali, nel seguirne i ghirigori, in uno stato catatonico, provocato dal gin o dalla vodka.
Lo pervase, con un’unica spinta, sussurrandogli un buongiorno estatico – “Rob … ti amo … grazie per essere tornato … grazie …” – e con le dita gli sfiorò il mento, girandolo a sé, per baciarlo con gioia.
Robert era felice e disperato, confuso da quella situazione, nella quale avrebbe voluto urlargli il suo livore, chiedere spiegazioni, approfondire, ma l’unica cosa che riusciva a fare era corrispondere a pieno quella cavalcata verso un orgasmo, che lo dilaniò.
Quando suonarono, Jude si precipitò ad aprire.
“Camilla … papà è tornato, vieni!” – ed arrise a Jared e Colin, che gli avevano riportato la figlia.
Sparse baci sulle sue guanciotte paffute, per poi ringraziare gli amici, per quanto avessero fatto, soprattutto per Robert.
“E’ sotto la doccia … ora preparo la colazione, volete fermarvi, così lo salutate?”
“No Jude … avrete molte cose da dirvi …” – abbozzò Colin, accennando un sorriso, mentre Jared faceva il solletico alla bimba.
Se ne andarono, entrambi con la convinzione tacita, che Jude fosse troppo ottimista sul fatto che Downey avesse già dimenticato il torto subito.
“Robert era davvero fuori di sé e non posso credere che abbia già superato un simile trauma, sai Jay?”
Erano rimontati in auto, avviandosi alla End House.
“Devi però considerare che il loro legame ha qualcosa di veramente speciale ed unico Cole, io ho piena fiducia invece … Robert è pazzo d’amore per il suo Judsie.” – e sorrise sereno, imboccando il viale di casa.
“Tesoro adesso devo andare agli studios … ah ecco Justin.”
“Ma … avrei voluto scortarti io per il primo giorno di lavoro …” – disse mesto, senza sapere nascondere la propria delusione.
“Scusami … Jared non volevo offenderti, sapevo che dovevi accompagnare le bimbe a danza stamattina …” – si giustificò scendendo velocemente, visto che era in ritardo.
“Non preoccuparti era solo per … ok, non fa nulla, già mi manchi …” – e lo baciò intensamente.
Justin rimase alla guida, sistemando dei cd, mentre parlava via blu tooth a Brian, che stava andando in palestra ad allenarsi.
Rideva, nel prendersi gioco di lui, che si lamentava di qualche chilo accumulato a forza di mangiare schifezze a Los Angeles.
“Comunque oggi ti accompagno io a fare la tac Colin …” – disse, assumendo un broncio simpatico.
“Ovviamente … non voglio nessuno altro nella mia vita Jared e tu lo sai, vero?” – e con un ultimo sorriso, gli stampò l’ennesimo bacio, ma sulla fronte, salutandolo.
Prese posto sulla berlina di Justin, salutandolo calorosamente.
Jared provò un fastidio, che mise immediatamente a dormire in qualche angolo del suo cuore, visto che aveva piena fiducia nel proprio uomo.
Farrell indossò il camice sterile e si preparò ad entrare nell’ambulatorio, per sottoporsi a quell’esame diventato periodico.
Si accomodarono su di una panca scomoda, accoccolandosi l’uno nell’altro, ancora per alcuni istanti, fronte contro fronte, respirandosi – “Andrà tutto bene cucciolo … ultimamente la tua memoria è perfetta ed i farmaci non ti infastidiscono, giusto?”
“Sì Jared … giusto … baciami … baciami adesso.”
L’infermiera li interruppe con un lieve tossire.
“Ops … ci scusi …” – disse Jared sorridendo.
“Nessun problema signor Leto … ci vorranno venti minuti, se vuole prendersi qualcosa nella saletta …”
“Sì, lo farò, a dopo amore, fai il bravo.”
“Un giovane lupetto … vabbè giovane ahahahah”
Il cantante dei Mars odiava quelle attese, ma in vero era solo soffocato dall’ansia per l’esito di quell’analisi.
Passeggiò annoiato per i corridoi, ritrovandosi al reparto di cardiologia.
Si fermò istintivamente davanti ad una porta massiccia, ma con due oblò nel mezzo, che consentivano di vedere chi si muovesse all’interno.
Ebbe un attimo di stupore, quando vide steso su di un lettino Geffen, con la stessa casacca verdina, che avevano fatto indossare a Colin, gli occhi chiusi.
La sorpresa si trasformò dopo poco in angoscia, nel vederlo immobile, tornando con la memoria a quando cercavano di rianimarlo, dopo che Coleman gli aveva sparato a morte o almeno così gli avevano fatto credere quelli del Federal Bureau.
“Glam …” – sussurrò, facendo cadere il bicchiere con il tè, che aveva preso al distributore.
Un attimo dopo apparve una bella assistente, con il carrello dell’ecocardiografo: Geffen spalancò le palpebre, ridendo insieme alla ragazza, che gli stava sistemando i sensori, dicendole che si era talmente rilassato da “abbioccarsi come un muflone!”
Le ante si spalancarono, attivate a distanza dal medico che avrebbe visitato Geffen, che si accorse di Jared, salutandolo – “E tu cosa ci fai qui?” – chiese in modo simpatico.
“Io … Io ero qui a … a preoccuparmi come un matto e tu fai il lumacone con la signorina!!”
Ci mancava poco che digrignasse i denti, battendo i piedi sul pavimento lucido e perfetto.
“Jared … ma cosa dici? Ahahhaha”
Il dottore richiuse, pregando Jared si aspettare nella stanza accanto, ma lui sparì, mandando un sms a Glam, dove gli spiegava come mai si trovava in ospedale.
Colin aveva appena finito.
“Si sta rivestendo, tutto a posto Jared, anche il resto del quadro clinico è soddisfacente, ma mi raccomando la terapia e per il lavoro, ho precisato anche a lui di moderare gli impegni.” – disse il neurochirurgo, che aveva operato Farrell.
L’attore giunse in quell’istante e Jared lo aggiornò, abbracciandolo, sollevato da un peso.
“A proposito, sai chi c’è nell’altra ala? Glam a fare qualcosa per il cuore …” – disse, dirigendosi agli ascensori per i parcheggi sotterranei.
“Vuoi aspettarlo Jared?” – domandò tranquillo Colin.
“No, gli ho chiesto con un messaggio di farci sapere … Kevin mi ha detto che deve curare la pressione alta …”
“E’ il nostro incubo …”
“Cosa Colin?”
“La pressione, non mi sento dire altro … meno male che posso ancora fare l’amore quanto voglio con il mio bellissimo ragazzo di Bossier City …” – e mise le sicure, lanciando un’occhiata esaustiva a Jared, che stava armeggiando con la cintura di sicurezza.
“Cole …” – “Jay …” – e si scambiarono un cenno d’intesa, che non lasciava spazio ad altre parole.
Robert cambiò Camilla, posizionandola poi nel suo seggiolino, sul quale di solito mangiava.
“Ho quasi fatto … una cena di carote frullate e crema di … pollo?”
“Sì Jude … a lei piace, vero cucciolina?” – e la cosparse di carezzine affettuose e baci lievi sulle manine, con cui lei pizzicava divertita il suo papà.
“Ci pensi tu Rob?”
“Certo … noi cosa prepariamo?” – chiese distrattamente.
“Bistecche e patatine …? Oppure ordino dal cinese … o da Gilda, fettuccine? Quello che preferisci amore …” – e gli sfiorò i fianchi, suscitando in Downey un singulto nel deglutire – “A me va bene tutto, fai tu.” – disse come lievemente seccato.
Jude si ritrasse, intimorito.
“Ok … sì, ci penso io … apparecchio intanto …”
Robert sospirò, trattenendo le lacrime, che Jude provò ad ignorare, per non innescare un confronto davanti alla figlia.
“Senti Rob … dopo che hai messo la nostra Camy a nanna …”
Downey lo guardò finalmente, scaricando in quel gesto tutta la tensione che provava, seppure tacendo le cose che presto o tardi si sarebbero dovuti dire.
“Vorrei solo parlare un po’ tesoro … ne abbiamo bisogno Robert …”
Nei suoi opali argentei, abitava la frustrazione per essersi stupidamente ingannato, nel sopravvalutare quella loro riconciliazione insperata.
Downey annuì, porgendo da bere alla loro bambina.
Kevin arrivò allo studio legale con in braccio Lula, che aveva una vistosa fasciatura sul ginocchio.
Appena lo vide, Glam sbiancò, correndo loro incontro – “Amore mio … amore cosa ti è successo?!” – chiese prendendolo subito a sé, per ricoprirlo di attenzioni.
“Nulla di grave, stava usando i pattini con Josh e non si è messo le protezioni …”
“Ma il casco sì papà!” – esclamò, per poi rintanarsi nuovamente nel collo solido di Geffen, che diede un bacio a Kevin, rimasto per tutto il tempo pacato nel riferire l’incidente della loro peste.
“Ok seguitemi … Flora potresti portare un bicchiere di latte a Lula? Grazie … Tu prendi qualcosa Kevin?”
“Un caffè grazie … com’è andata in ospedale daddy?”
“Mi diranno qualcosa domani, hanno fatto anche i prelievi di sangue ed urine …”
“Ti hanno fatto la bua, papi?”
“No cucciolo, sono più dispiaciuto per questa tua ammaccatura …” – e sorrise, sistemandosi sul divano, tenendoli entrambi avvolti nel suo abbraccio protettivo.
“Si è addormentata …” – Robert chiuse la porta ed attivò il baby control.
Avevano mangiato svogliatamente, delle melanzane alla parmigiana, facilmente masticabili, nella totale assenza di dialogo, che sembrava rimbombare sulle pareti della loro cucina colorata.
“Siamo fortunati, Camilla è buona e fa continui progressi …” – disse Jude timidamente.
“Prego ogni giorno che non ci siano mai i problemi, che gli specialisti ci hanno anticipato, ma è pura utopia …” – e sospirò, sedendosi in poltrona, mentre Jude restava al centro del materasso.
Gli tese le mani – “Rob … potresti annullare questa distanza?”
“Preferisco rimanere qui Jude. Penso di riuscire a mantenere una maggiore lucidità …”
“Per … per farmi una predica, per dirmi quanto ti ho deluso e di come sono stato stronzo?” – il suo tono aveva un qualcosa di spietato, nonostante fosse dalla parte del torto.
“Sono amareggiato Jude … E nessuno potrebbe biasimarmi, ciò nonostante sono sicuro che in molti hanno provato pena per te, sai?, facendomi passare come il cattivo della situazione …”
“Ho fatto pena anche a te, Rob?” – domandò, inghiottendo un singhiozzo.
“Tu mi hai fatto schifo, dietro a quei vetri, mezzo nudo, con quella … con Sienna che ti si buttava addosso, scapigliati e stravolti, dopo avere fatto sesso, non c’erano dubbi … non mi hai dato uno straccio di dubbio!” – ed alzò la voce, stritolando i braccioli, liberando due lacrime pesanti, come il suo sguardo severo.
“Io non avrei mai voluto darti questo dispiacere Robert, te lo giuro su nostra figlia.” - replicò deciso.
“So quanto puo’ valere un’assicurazione del genere Jude, spero che tu non sia superficiale nel darmela adesso, tirando di mezzo Camilla.”
“Tu non hai più alcuna fiducia in me Rob …” – e si alzò.
“Resta lì Jude, non voglio che …” – “Non vuoi cosa??!! Che ti tocchi?? Che mi prostri per supplicarti di accettare le mie scuse?? Eh Robert di cosa hai paura?? Di ammettere che mi ami?? Ti fa schifo anche questo??!” – gli urlò, avvicinandosi.
A quell’esternazione, Jude ricevette in risposta un manrovescio da parte di Downey, che stava tremando per la rabbia.
Law rimase come impietrito: lasciò scivolare il rivolo di sangue, che fuoriuscì dal suo zigomo, dove l’anello di Robert aveva lasciato il segno del proprio passaggio.
“Jude …”
“Massacrami di botte se puo’ farti stare meglio, diventa l’uomo che non sei Robert e mi assumerò il peso anche di questo abominio … l’averti cambiato, tu, che sei da sempre la persona migliore che io conosca, un concentrato di bontà e devozione, di spirito di sacrificio e disponibilità … Io sono solo un mostro ed ho sporcato un angelo … so soltanto questo da quando te ne sei andato e mi vorrei fare a pezzi da solo, se già non lo fossi nel vederti ridotto così.” – e provò ad andarsene.
Downey lo inchiodò al muro, premendosi contro la sua schiena, afferrandogli i polsi, baciandogli la nuca, per poi voltarlo brutalmente, sbattendolo di nuovo sulla tappezzeria, affondando un bacio così profondo e violento, da arrivargli in gola.
Gli strappò gli abiti, denudandosi sommariamente, per poi sollevarlo per le cosce, con un impeto che Jude non ricordava, se non durante i primi tempi della loro burrascosa, ma straordinaria storia.
Si aggrappò alle sue spalle, sentendo altri morsi nel proprio collo e poi il sesso di Downey che lo trafiggeva, come quei gemiti straziati, che salivano dall’io più nascosto di Robert, per incontrare i suoi, che disperatamente invocavano il suo perdono.
Adesso un secondo rivolo di sangue traboccava da Jude, mescolato al seme, che Robert gli stava donando.
“Sono tuo … Jude io non posso esistere senza di te … di noi …” – e con un estremo colpo di reni, si svuotò completamente.
Persero quasi i sensi, sul parquet macchiato dal loro orgasmo, caldo ed accogliente, come il bacio che si scambiarono, ad occhi aperti, prima di addormentarsi.
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