venerdì 26 agosto 2011

GOLD - CAPITOLO N. 242

Capitolo n. 242 - gold


Le ore sembravano non trascorrere mai.
Colin era arrivato da solo, con il fiatone, ma appena vide Jared perse un battito.
Lo strinse così forte da piegargli le costole, sotto al maglioncino di cotone nero, sopra a dei jeans scoloriti, che lo facevano sembrare ancora più magro.
“Colin … dov’eri … non lasciarmi, non lasciarmi …” – disse sommessamente, accasciandosi sul divanetto della sala d’attesa.
Meliti era fuori sul ballatoio a fumarsi un sigaro, fissando il vuoto e sentendosi come perduto, al pensiero che Geffen potesse non farcela.
Pamela stava inveendo in spagnolo con un medico di passaggio, perché nessuno li aggiornava, trattenuta da Xavier e Phil, preoccupati per la salute del bimbo, ma lei era una vera furia.
Chris cullava Kevin, che non parlava più ormai.
Ogni tanto sembrava perdere i sensi per la tensione, ma poi si rianimava al primo rumore, senza alcun risultato, perché il resto del mondo, in quell’ospedale, sembrava andare avanti senza curarsi del suo stato d’animo.
Kurt e Brandon si prodigavano per tutti e così facevano Shannon ed Owen, rientrati frettolosamente da un breve viaggio in Messico.
I figli di Glam erano accorsi e persino Richard era montato sul primo volo disponibile.
Voleva dire al suo vecchio, che sarebbe diventato nonno per la seconda volta ed era il più straziato, soprattutto nel vedere quanto Kevin soffrisse: gli voleva molto bene e gli era grato per avere reso il padre un uomo migliore.
Le madri erano assenti, ma venivano informate, nonostante non avessero mantenuto buoni rapporti con l’ex marito.


Ormai albeggiava e fu in un sussulto generale, che i presenti si svegliarono.
Il cardiochirurgo si palesò a loro, con il camice macchiato di sangue.
L’aria stravolta.
Due equipe si erano alternate, ma lui era stato sempre presente.
Si tolse mascherina e cuffia, asciugandosi il sudore: “Accidenti che nottata, come state?” – chiese con un mezzo sorriso, che sembrò rassicurante.
“Come sta dad … Glam …?”
“Abbiamo preso una bella cantonata …”
“Co-cosa? Cosa sta dicendo …?” – chiese Jared avvicinandosi, l’aria nevrastenica di chi è arrivato al limite e sta per scoppiare.
“Era un piccolo, schifosissimo tumore, nascosto dietro al tessuto cardiaco. Non lo abbiamo visto durante gli esami, ma per fortuna non vi ci si è attaccato il bastardo … Lo abbiamo rimosso completamente, ora faremo la biopsia e se fosse maligno, per precauzione, sottoporremo il paziente ad un breve ciclo di chemio, diversamente, la zona è pulita ed anche il sangue trarrà giovamento da una terapia di nuova generazione, lo sapremo presto …”
Kevin lo prese per i polsi, lo sguardo allucinato e commosso: “Grazie … io … io la ringrazio, anche a nome del nostro bambino …” – e fece per alzarsi, ma ci mancò poco che crollasse.
Colin lo sostenne, nell’entusiasmo generale di chi era rimasto.
Antonio aveva accompagnato a casa Pamela, mentre le gemelle erano lì, con i loro fratelli, in una comunione di gioia sconosciuta sino a quel momento.
Abbracci e lacrime si mescolarono, così le risa isteriche e liberatorie, tra Kevin, Jared e Xavier, il quale blaterava in spagnolo una serie di esclamazioni colorite.
Il dottore si dileguò con un “Vado a sbronzarmi … ci vediamo in serata.”
L’aria che entrò dalla finestra, spalancata da Brandon era frizzante, in quel nuovo giorno a Los Angeles.


“Faccio una doccia … Jared i cambi per daddy sono nel cassettone, li avevo già preparati e poi c’è un borsone nella camera armadio, è rosso o marrone, non ricordo … c’è il resto della roba … grazie.”
Erano tornati all’attico per recuperare il necessario alla degenza di Glam.
“Vuoi che ti prepari qualcosa da mangiare Kevin?”
“No … non lo so … sono così felice e … stanchissimo …”
“Siamo tutti provati, ma ci riposeremo domani o dopo …” – e sorrise, andando verso le ante scorrevoli, aprendole per cercare quanto gli aveva detto il compagno di Geffen.
“Sì … hanno detto che non si sveglierà subito … coma indotto …”
“Come hanno fatto con Colin, ma vedrai che farà un sacco di sogni e poi ce li racconta.”
“Sarà così … certo … mi lavo e torno, se vuoi usare l’altro bagno Jared fai pure …”
“Non me lo faccio ripetere, sono sudato come un caprone … cavoli …” – e canticchiando andò dall’altra parte dell’appartamento.
Quando tornò da Kevin lo trovò sul letto, in accappatoio, com’era lui – “Ho messo i miei stracci in lavatrice, mi presti qualcosa?”
“Serviti pure … chiudo gli occhi solo due secondi …”
“Facciamo che io torno in ospedale e tu rimani e riprendi le forze, ti mando qualcuno se non vuoi stare solo …” – propose, sedendosi sul bordo ed accarezzandogli i capelli.
Kevin si tirò su lentamente, posando il capo sulla spalla di Jared, liberando le ultime lacrime di tensione – “Se la caverà … vero?”
“Sì … lui è il tuo daddy, è … il nostro mondo …” – e lo avvolse, per poi tornare a guardarlo – “Andrà tutto bene Kevin …” – e sorrise mesto, colmo di paura.
Si strinsero in un ulteriore abbraccio, mentre i singhiozzi del bassista andavano a spegnersi – “Gli darei la mia vita Jared … gli darei tutto di me, per riportarlo a casa …”
“So che lo faresti, nessuno ha saputo amarlo come te …”
“Neppure … neppure tu?” – domandò con un’espressione quasi estatica, perdendosi nelle iridi di cobalto di Jared.
Il cantante scosse di poco il viso, come imbarazzato.
Kevin si sporse, baciandolo, dapprima a scatti, come se le loro labbra scottassero e poi con un contatto pieno ed immenso.
“Ke-kevin … cosa stai …” – protestò a bassa voce, come se il fiato gli venisse meno per lo stupore.

Fu sconvolgente il lambire la pelle l’uno dell’altro, avvinghiati in un intreccio di saliva e lingue, che combattevano, come i loro sessi, turgidi e prestanti: senza mai smettere di fissarsi, si distaccarono quel minimo per masturbarsi a vicenda, sconvolti per quanto fosse piacevole, poi Kevin capovolse la posizione, mettendo Jared sotto ed iniziando a baciarlo ovunque, fino a succhiare e pompare il suo membro già bagnato.
Deglutendo ed ansimando, si posizionò meglio, gemendo nel strofinarne la punta lungo la propria fessura, aiutato da Jared, che non vedeva l’ora di impalarlo, come se il suo spirito si fosse dilaniato in quel desiderio di lui inatteso.
C’era sempre del gel in qualche anfratto della spalliera, così Kevin se ne servì per preparare Jared, ricambiato dalle dita di lui, che si insinuarono decise, facendolo urlare.
“Sono pronto … Jay … prendimi, avanti …!” – sembrò protestare.
Fu bruciante ed assoluto, salire in lui e poi ridiscendere.
Kevin si muoveva benissimo, era esperto e Jared stava impazzendo: non aveva mai tratto tanto piacere da quella posizione come con lui.
I colpi di reni si susseguivano, finchè Jared lo portò sotto, aprendolo maggiormente e scopandolo a pieno.
I loro busti si incollarono, erano così saldi l’uno all’altro da sentirsi spezzare entrambi nel mezzo, fino ad esplodere.
Fu un orgasmo lacerante ed all’unisono, perché Kevin era talmente eccitato da non avere bisogno di altri stimoli.
Sporcò il ventre di Jared, pervaso da contrazioni e spasmi, che lo fecero tremare a lungo, dopo che uscì da Kevin, urlando e piangendo.
Ripresero a baciarsi con calma, assaporandosi ancora, toccandosi e leccandosi, così appagati da rilassarsi e dormire per qualche minuto appena, ma profondamente.


Si misero due tute uguali e delle infradito, nel silenzio della camera, dove c’era di nuovo un ordine statico.
Kevin aveva cambiato le lenzuola, serafico e concentrato in mille pensieri, così Jared aveva riunito la biancheria per Glam, insieme a delle foto di Lula: “Gli darà gioia vederle, quando …” – “Sì, sarà così Jared.” – e lo guardò sereno.
“Kevin ascolta …”
“Anche se è successo … non è mai successo … ok?” – esordì, con aria smarrita, ma senza alcuna pretesa che Jared lo assecondasse, era come se gli stesse dando un semplice consiglio.
Jared annuì, prendendo le chiavi dell’auto ed il cellulare, lasciati sul comodino – “Ok … andiamo, è tardi.”



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