venerdì 26 agosto 2011

GOLD - CAPITOLO N. 241

Capitolo n. 241 - gold

Pov Glam Geffen

La mia vita è come questo viale alberato, che ora sto percorrendo stringendo l’anima di una signorina rossa, che ha un cuore fatto di rombi, poco inclini ad andare al rallentatore, come adesso.
Lei era simbiotica con il mio modo di essere, la mia Ferrari, di tutti i colori possibili, come le scelte che ho accumulato, sbagliate o giuste non importa.
Anzi, no, importa eccome, ma vorrei non essere così severo, in questo preciso istante, in cui vado cercando la risposta che manca in fondo alla pagina.
Vorrei sapere se ce ne saranno altre, solo un dettaglio, ne ho viste di peggio, di giornate o di prove?
Su Glam rispondi …
Voglio solo guardare all’amore oggi.
A quello che non ho fatto con Kevin e neppure con Jared, a quello che farei con Syria, se fosse qui, perché oggi mi va così, magari fuori giri, come sta andando il motore, protestando e tossendo, proprio lo stesso che capita a me da alcune mattine, al risveglio.
Mi sento stanco.
Sento il profumo di Jared, in un fazzoletto che tengo in tasca dal nostro ultimo incontro: glielo avevo prestato per asciugarsi il pianto e lì è rimasto.
Sono macchie dilatate e screziate, sono l’essenza di ciò che abbiamo vissuto o non vissuto, con troppo dolore e … e paura.
Il sorriso di Kevin mi accompagna, gli occhi di Lula mi inteneriscono e … Dio mi sono innamorato di lui dal primo sguardo, adorando ogni cosa facesse … E’ il figlio che amo di più, non mi pesa ammetterlo, è lui che mi ha scelto, è lui che mi ha insegnato molto, è il dono migliore che mi sono potuto concedere …
Lula che si lamenta, perché la mia barba punge, ma non si stacca dalla guancia, mangia la sua pizza e mi imbratta la camicia ed io lo amo … lo amo così tanto.
Devo fermarmi, la vista si annebbia per la commozione e vorrei respirare a fondo, riprendere il controllo, ma ormai anche questo è andato.
So soltanto una cosa: non ho mai meritato tutto l’amore che mi è stato dato. §

I cancelli di villa Meliti si aprirono e Geffen parcheggiò.
Da una finestra centrale Xavier gli fece un cenno divertito.
“E’ arrivato Pam! Andiamo?”
“Certo nino, ci si vede gente!” – e scesero.
Si salutarono calorosamente.
“Ehi maldido, come mai questa voglia di scortarci a fare l’ecografia?” – domandò allegra la donna, accomodandosi in auto.
“Semplice curiosità … ciao Xavier come stai? E Phil?”
“Phil ti saluta, stiamo tutti bene … permesso … vado dietro! Ma non era meglio l’hammer? Ahahahh”
“Tanto sei piccolo, stai dappertutto!” – replicò ridendo.
“Lo senti Pam, mi prende in giro! Il nostro guapito sarà una stanga! Tiè!”
“Sapete che è un maschietto …?” – disse emozionato Glam, rivolgendosi a Pamela.
“Non sappiamo ancora nada! Se stai appresso ai ragionamenti del cico, ti perdi Geffen! Si va?”
“Si va.” – ed ingranò la prima, dopo avere inforcato gli occhiali da sole.


La dottoressa accese il monitor, distribuì il gel ed iniziò l’esame.
“L’ultima volta che …” – accennò Glam, ricordando Syria, ma poi si interruppe assorto.
Pamela gli diede la mano e lui la baciò sul palmo, chiudendo le palpebre stanche.
Dall’altra parte c’era Xavier, che provava un certo disagio, nel carpire che qualcosa non andasse in Geffen: nessuno sapeva delle sue condizioni di salute, a parte i pochi, che erano stati informati da Jared.
“Tutto a posto, volete sentire il battito?”
I presenti annuirono, guardandosi l’un l’altro.
Quel suono arrivò nitido: Xavier e Pam lo assimilarono come un buon auspicio verso il futuro, ma a Glam sembrò come una sentenza di condanna.
Ciò nonostante arrise alla gioia degli altri due, fissando poi Pamela.
“Ti ho sempre amata … sei una donna in gamba, forte e genuina, l’unica che ha saputo tenermi testa … Mi hai reso felice ed io non ho mai fatto nulla per essertene grato.” – mormorò convinto, ma pacatamente.
“Glam …?! Ma tu mi hai dato due magnifiche figlie …” – ribattè quasi imbarazzata.
“No, tu le hai donate a me … grazie Pam.” – e le diede un profondo bacio tra i capelli ed uno più leggero sulle labbra.
Xavier rimase immobile.
“Devo andare … vi chiamo un taxi, scusatemi …” – ed uscì con calma.
Il giovane lo rincorse nel corridoio – “Ehi aspetta … Glam!!”
“Che c’è Xavier?”
“Ma … che ti succede?? Non sono stupido … cosa …”
“Nulla. Stai tranquillo ed abbi cura di quella bella signora, mi raccomando.”
“Certo … sicuro di sentirti bene?”
“Mai stato meglio …” – ed inspirò, sforzandosi di sorridere, mentre gli scompigliava le ciocche brune, prima di sparire nell’ascensore.


Justin si fermò sotto ad un ponte.
Quel temporale arrivò furioso ed improvviso.
“Accidenti Colin … lassù qualcuno è agitato.” – e si rannicchiò al posto di guida, prendendo il tablet, per scorrere gli ultimi file inseriti.
Farrell sbuffò – “Pochi minuti e potremo ripartire … Come sta Brian?”
“Dorme fino a tardi, gli ho detto di cercarsi un lavoro e che non puo’ vivere di rendita, ma è così dolce con me … ed attento e … un sacco di altre cose belle.” – e rise solare.
“Cosa guardi?”
“Delle foto e dei disegni trasferiti dal mio portatile …”
Colin mise il braccio dietro al poggiatesta di Justin e si avvicinò, sentendo un profumo di shampoo, che conosceva.
Il grafico parlava di qualcosa, ma lui non ascoltava minimamente.
Nella sua mente si accavallarono le immagini di loro due, che facevano l’amore.
Colin perse un paio di respiri e poi deglutì a vuoto.
“Ehi, ma dove sei?” – gli chiese Justin, inarcando le sopracciglia.
Farrell venne scosso da un brivido e si spostò contro lo sportello – “Sono qui … sono qui Justin. E … cosa dicevamo?”
“Ti stavo raccontando dei biscotti che Brian prepara, orrendi, ma io gli dico che sono squisiti … una sciocchezza.”
“No, è importante, così come lo è che ti tratti bene.” – e sorrise.
“Anche troppo, mi distrugge …” – ed arrossì, in quel modo che Colin vedeva solo in lui.
“Con Jared facciamo spesso l’amore, perché …” – poi rise piano – “Lo so, chissà quanti mi darebbero del pazzo, ma quando cerchiamo di avere un altro bambino, nella nostra famiglia, è come se ci impegnassimo a concepirlo, capisci?”
“Sì, perfettamente …”
“Comunque valutavo diverse ipotesi … Pensavo all’utero in affitto, ma non mi va … Jared non ne sa nulla, così come non sa che vorrei averlo in modo classico, anzi, vorrei conoscere due donne che …”
“Ma cosa dici Colin??!”
“Sì insomma, sia lui che io … com’è successo con Syria, anzi, senza nessun coinvolgimento, perché come ha fatto Kurt non mi convince e …”
“A Brian lo ammazzerei se mi proponesse una cosa del genere!” – esclamò contrariato.
“Non è poi così assurdo o grave o …”
“No! Nonono Colin, è orrendo!! Scusa, ma io sono un gay vero, tu invece …” – e lo scrutò.
Scoppiarono poi a ridere – “Cazzo, ma che stronzata che ho detto ahahahhah!”
Le ultime gocce di pioggia erano cadute, potevano ripartire.


Lula finì tutto il cibo nel suo piatto, come al solito.
“Bravo cucciolo, sei un bimbo straordinario …” – disse Glam accarezzandogli la testolina.
“E voi due i miei super papà!” – e rise, andando in braccio a Geffen.
Kevin si alzò subito per prenderlo, con delicatezza – “Non stancare papà, Lula …”
“No lascia … grazie amore, ce la faccio. Vado a stendermi, oggi non ho appuntamenti.”
Aveva consumato un pranzo leggero, come da prescrizione pre operatoria.
Era necessario depurare l’organismo e poteva farlo comodamente da casa, seppure non avesse ancora fissato una data precisa per l’intervento.
“Fai il sonnellino con me peste?”
“Sì papi … mi racconti la favola?”
“Certo … Kevin vieni anche tu?”
“Metto i piatti in lavastoviglie e vi raggiungo daddy.” – disse dandogli le spalle, gli occhi colmi di lacrime.
Lui aveva sensazioni negative, vedeva dei cambiamenti in Glam e la sua ansia cresceva.


Jared si era assopito sulla poltrona, in sala di registrazione.
Aveva ricevuto dei brani da alcuni gruppi emergenti e stava vagliandone alcuni, ma la notte in bianco si faceva sentire, così come la vibrazione del cellulare, che interruppe il suo sonno agitato.
Era Kevin.
Scambiarono poche battute, mentre stava già avviandosi velocemente al piano di sopra per chiamare Kurt e Brandon, in visita alla End House: “Veniamo subito!” – disse con la voce frammentata, come il suo animo.


Tomo fu il primo ad arrivare, con Chris.
“Grazie … Lula è nella sua camera, con il cambio per … per domani …” – stava tremando ed il cantante dei Red Close lo strinse.
“Io resto con lui Tomo …”
“Nessun problema, vado a casa ed aspetto vostre notizie, mi raccomando …” – e con in braccio il fratellino di Josh, ancora intontito, tornò verso le scale, dalle quali stavano salendo gli altri.
Jared entrò, sentendo delle voci sconosciute.
“Kevin …”
“Non … non respirava bene … io ho chiamato il suo medico … e c’è anche il chirurgo … dice che … dice che …”
“Presto Kurt, prendi dell’acqua! Kevin sediamoci, respira … Jared togli quella roba dal divano, così si corica meglio, grazie!” – Brandon dava ordini precisi, la cosa migliore in una tale confusione.
Aprì la valigetta, cercando un sedativo da iniettare al giovane, che però lo rifiutò.
Suonarono alla porta e Chris andò ad aprire, ritrovandosi di fronte i barellieri con una lettiga.
Li aveva chiamati il cardiologo, che piombò nel living sollecitandoli: “Da questa parte! Una salina e monitoraggio completo!” – poi si girò verso Kevin, senza nascondere il proprio disappunto – “Non capisco, non doveva peggiorare tanto velocemente … se lo avessi saputo, l’avremmo fatto ricoverare, mi dispiace.”
“Ma cosa succede!?” – chiese Jared, già fuori di sé per l’agitazione.
“Dobbiamo tagliare e vedere, nient’altro.” – e tornò da Geffen.
“Che … che modo è … Brandon, ma cosa ha detto …” – ed iniziò a piangere silenziosamente, prendendo sul petto Kevin, che stava vacillando come lui.
Quando videro passare gli infermieri, con un monitor portatile, appoggiato sulla coperta, sistemata su Glam, privo di sensi e con la mascherina per l’ossigeno, Kevin iniziò ad urlare, invocando il suo nome.
Jared ripiombò negli attimi in cui aveva seguito gli stessi movimenti, durante il malore di Colin ed anche lui sembrava protestare perché lo stavano portando via, anche se per salvarlo.
Brandon e Kurt li presero quasi di peso, arrivando all’auto con Chris, per andare in ospedale, dietro l’ambulanza.
L’aria sapeva di rugiada e cemento, il sole di fine aprile bucava le nuvole, che si stavano dissipando all’orizzonte: c’era una luce strana, che andava affievolendosi, come la vita dentro Glam, che si sentiva in pace, lontano dai suoni ovattati, che andavano svanendo, come in un sortilegio.



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