Capitolo n. 123 - zen
Il sapore della
coperta era un misto tra il borotalco e l’olio all’eucalipto.
Disgustoso.
Tom, però, l'avrebbe
strappata a morsi, mentre Chris lo stava facendo venire per la terza volta.
Od era la quarta?
Il tenente gli aveva chiesto
di mangiare giusto un hamburger insieme, dopo giorni di cibi pronti, scaldati
nel micro onde del loro appartamento e consumati in perfetta solitudine, come
un cane bastonato.
Tom era stato
ospitato a villa Meliti, per lavoro: l’odiosa cervicale di Carmela traeva
giovamento dallo shiatsu effettuato dal terapista, mentre quest’ultimo godeva
della cucina della moglie di Antonio, molto gentile e cordiale, nel giocare a
carte insieme a lui ogni sera.
Senza trascurare
l’assegno esorbitante, che l’uomo gli aveva staccato, estremamente grato per il
sorriso ritrovato dalla moglie, grazie all’intervento di Tom.
Iniziarono a
baciarsi, inebriati da una frase inaspettata pronunciata da Chris.
“Concepiamo il nostro
bambino, Tommy … Lo voglio assolutamente”
Una parte di Tom
voleva eccepire su quel concetto, ma l’anatomia non importavano a nessuno dei
due: il loro progetto, finalizzato all’adozione, aveva lo stesso peso, la
medesima intensità.
Se non maggiore.
L’essenziale era
crederci.
Avevano fatto
l’amore.
Poi scopato.
Rifatto l’amore.
Ora stavano di nuovo
scopando, oscenamente complici, Chris tra le cosce di Tom, riverso sul lettino
dei massaggi, la bocca spalancata in ricerca di ossigeno, ormai bruciato e
divorato dai rispettivi ansiti, mentre se lo sentiva entrare ed uscire, senza
alcun freno, forte di una virilità inaudita, peculiarità esclusiva del
poliziotto, che gli aveva cambiato l’esistenza.
Qualche flash
chiazzava il buio.
La discesa alla
piazzetta di Lasysos, delineata da muretti in pietra, sui quali si riunivano
drappelli di adolescenti, si animava di qualche commento e pochi scatti, al
passaggio di Colin.
Lui guardava fisso davanti
a sé, le mani in tasca, la testa vuota.
Una ragazza gli
chiese un autografo e di fare una foto.
Quella che gli
mostrò, raffigurava l’attore con Jared, sul set di Stone.
“L’ho visto un sacco
di volte, è un film bellissimo” – esordì lei, che forse aveva vent’anni ed a
Farrell sembrò incredibile come le potesse interessare ancora, dopo tutto quel
tempo.
Dopo quell’eternità.
“E’ stato l’errore più
grossolano della mia vita, accettare quella parte.” – la freddò.
Poi fuggì via, verso
i vicoli, con l’impellenza di vomitare anche l’anima.
Aveva detto una
cazzata, dettata dalla rabbia, pensò.
Gli bruciò poi, tra i
pensieri, un termine ben diverso: abominio.
“Anche tu non riesci
a dormire Glam …?”
Downey glielo chiese,
raggomitolato contro il corpo massiccio di Geffen, dandogli la schiena.
L’avvocato posò un
bacio sulla nuca dell’attore, respirandogli nel collo la propria angoscia – “Sono
frastornato Rob … Così felice di averti qui”
“Però?” – lo
interruppe, girandosi, intrecciandosi a lui, con gambe e braccia, completamente
nudi.
Glam sorrise, in
quella rifrazione d’argento e turchese, come i suoi occhi lucidi.
“Però l’ho desiderato
talmente tanto questo momento di noi, Robert, che ora non riesco a crederci:
forse è banale come spiegazione, ma non so dartene di migliori, sai?” – ed
inspirò, stringendolo caldo a sé, per togliergli ogni male terreno.
Fu questa la
riflessione di Downey, nel totale abbandonarsi ai suoi baci, adesso.
Vassily si immerse
nel Mediterraneo, mentre Peter alimentava il fuoco, acceso poco distante dalla
loro tenda.
Quella notte l’avrebbero
trascorsa così, ricordando i tempi dell’addestramento nei marines sovietici.
Certo l’atmosfera era
ben diversa e faceva un freddo allucinante, mentre l’isola di Rodi era un
autentico paradiso.
“Ehi mi lasci solo?!”
– esclamò gesticolando, in direzione del biondo, che si tuffò immediato.
Vassily lo raccolse,
come se non pesasse nulla, nonostante anche Peter avesse una corporatura
notevole, ma mai quanto il compagno, che iniziò a baciarlo con molta tenerezza.
“Siete carini, un
sacco!”
La frase era un
biascichio contorto ed inquinato dalla vodka, che Jared si era scolato in un
bar, appena fuori il villaggio.
Aveva poi guidato
sino a lì, con l’auto noleggiata da Colin, “scomparso nelle tenebre …”, spiegò
ai body guard, preoccupati per il suo stato pietoso.
Jared piangeva ed
imprecava alla luna, insultando sé stesso e gli spettri immaginari, con i quali
combatteva, a pugni e calci, che andavano a vuoto, nell’aria fresca dell’imbrunire.
Vass se lo caricò
sulle spalle, sedando le sue proteste, assai inutili per farlo desistere da
quel salvataggio inevitabile.
“Peter rientriamo”
“E qui …?” – replicò deluso.
“Butta della sabbia
su quei tizzoni, non vorrei che qualche coglione si facesse male … Poi semmai
scendiamo di nuovo, ok?” – propose calmo.
“Ok …”
“Scu scusami Peter …”
– singhiozzò Leto, ma nessuno lo rimproverò oltre.
Vassily bussò piano.
Geffen era ancora
sveglio: guardava Robert dormire.
Era bellissimo.
Si separò lento da
lui, indossando delle braghe ed una t-shirt, schiudendo la porta, con l’idea si
trattasse di Lula.
“Capo abbia pazienza …”
“Vass … Che succede?”
“C’è un naufrago in
cucina” – scherzò.
“Eh …?”
“Si tratta di Jared:
temo abbiano litigato, lui e Colin …”
Lula prese la tazza
con il nome di Jared.
Le aveva dipinte
prima di coricarsi.
“Questa è tua zio …
Il mio caffè ti farà rinascere!” – sorrise, porgendogliela, non senza scrutarlo
turbato.
Leto lo guardò,
scompigliandogli i capelli e notando che accanto al proprio nome, il bimbo
aveva disegnato anche una triad azzurra.
“Sei … un amore …” –
e lo strinse forte, ricominciando a piangere.
“Zio vedrai che tutto
si sistema … Papà lo dice sempre”
“Vo volevo solo lui
fosse felice … invece ho sbagliato ogni cosa … ogni scelta …” – balbettò,
stravolto.
Lula gli diede una
delle sue carezze a mano aperte, sforzandosi di mostrarsi sereno.
“Se almeno io fossi
riuscito a non … a non deluderlo … Ho perduto gli amori più grandi della mia
vita … e sono così arrabbiato Lula …”
“Anche con zio
Robert?”
“Temo di sì … E’ un
discorso … complicato …”
“Io lo capisco, sai?
Tu credi che lui abbia avuto il privilegio di essere amato da zio Jude e da
papà, perché malato …”
“E’ una
considerazione cattiva, ma l’ho fatta Lula … Sei talmente sensibile”
“E’ accaduto perché ti
senti abbandonato, però zio Colin e papà sapranno perdonare questa leggerezza …
Sei ferito e nessuno riuscirà a guarirti, ne sei convinto, ma sbagli”
“Sto pagando per la
mia arroganza”
“No Jared”
“Glam …”
“Ciao papà!”
“Soldino sei stato fantastico
con zio Jared, ma ora vorrei parlare un po’ con lui, torna a nanna, ok?” – gli chiese
amorevole.
“Okkei, torno da
Brady, ma sul tavolo c’è la mia brodaglia, anche per te!” – e rise, fuggendo
via, dopo avere dato un bacio al cantante.
“Hai … hai ascoltato,
Glam?”
“Sì, eravate …
incantevoli.”
“Già … Lula senza
dubbio, però io mi sento uno schifo” – ribatté depresso.
“Dov’è Colin?”
“Non ne ho idea …
Forse a sbronzarsi come me, ma non è più quel tipo di stronzo, mentre io sono
fermo al palo, da quando avevo sedici anni, a quanto pare”
“E gli adulti avevano
disatteso le tue aspettative, giusto?” – gli domandò pacato, sedendosi al suo
fianco.
“Sì … Tu sai tutto di
me” – tirò su dal naso.
Geffen sospirò – “Ho
imparato ad avere pazienza, ad aspettare, grazie a te, sai? Era incredibile, ma
avevi cambiato la mia indole”
“Credo relativamente
a queste cose”
“No, anzi … Proprio perché
a mia volta ero amareggiato e ce l’avevo con il mondo intero, tutto mi era
dovuto e me lo prendevo, senza attendere, senza lasciare alternative a chiunque
entrasse in contatto con il sottoscritto, nei sentimenti, negli affari …
Prendere o lasciare, era diventato un motto, una … regola.”
“Usando un termine
orrendo, ti avrei addomesticato, con i miei capricci?”
“Non lo erano … Le
chiamerei esigenze, spesso legittime Jared” – lo guardò.
“Clint direbbe, muovi il culo ragazzo e smettila di
lagnarti! Giusto Glam?”
Geffen rise – “Per
averlo incontrato per poco, lo conosci bene il vecchio”
“Abbastanza …”
“Non avrebbe torto,
però certi traumi non li superi da solo e se avviene, le conseguenze talvolta
sono pessime.”
“Tu sei andato oltre
tuo padre, che ti pestava Glam, non sei diventato il peso di nessuno, quanto me”
“Puoi sminuirti
finché vuoi, ma la verità è che hai tolto dalla merda Colin e chissà quanti
altri amici hai salvato, vero Jared?” – bissò severo.
Leto fissò il vuoto,
avanti a sé – “Ma non ho salvato me stesso … Pensavo funzionasse, ma non c’era
mai un sollievo concreto, risolutivo …” – rivelò emozionato.
“L’hai mai provato,
Jared? In qualche modo?”
“Sì … Con te Glam … L’ho
sempre saputo, ma ho preferito restare insieme a Colin, seppure ti amassi e lui
… Lui mi ha riconquistato, giorno dopo giorno, facendomi sentire speciale …
semplicemente adorato … Eppure non bastava, se puntualmente languivo per te …
Un perfetto idiota, a mettermi poi in competizione con Robert” – e deglutì a
vuoto.
“Non penso si tratti
di questo …”
Jared lo puntò - “Tu lo ami? Sei felice per quanto ha deciso
Jude?”
Geffen ebbe un’esitazione.
“Come … Come dicevo a
Rob, sono confuso per … per la gioia”
“Ok … In fondo sei
persino credibile” – si alzò, rimettendo il giubbotto di jeans sgualcito, come
il suo aspetto, come il suo cuore.
“Senti Jared, cerchiamo
Colin e”
Un suono lo
interruppe.
Era il cellulare di
Leto.
“Non serve, è lui. Sì,
pronto”
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