Capitolo n. 112 - zen
“A volte penso al
modo in cui tu stai accettando i miei sentimenti per Glam e … e per te … Ci
penso a come vanno le cose, penso di continuo e poi non riesco bene a
connettere Jude, mi sento sfinito ed è come impazzire …”
Downey lo disse nel
buio della prima sera.
Si erano coricati
presto, dopo avere mangiato una mega pizza con Camilla, la più felice nel
tornare a casa, anche se adorava rimanere con zio Geffen.
Si tenevano per mano,
scrutando entrambi il soffitto, nel riverbero di alcune lampade a forma di
sfera, che mutavano colore a seconda della temperatura nella stanza.
Ora erano azzurro
cielo.
Law si morse il
labbro inferiore, sorridendo poi – “Le cose di cui parli, cambiano, è evidente …”
“La malattia sana le
ferite sentimentali? Risolve i problemi di coppia …?”
“Forse … Anzi no,
Rob, di certo è così”
“E’ … strano. Ed è
come mi sento io, quando parlo con voi, con ognuno di voi”
“Come prima in auto,
nel parcheggio dell’ospedale? Vi ho sentiti in imbarazzo, dopo essere saliti a
bordo, con Cami”
“Parlavamo d’altro …
Di Kevin”
“Ah ecco” – e si girò
sul fianco, andando poi a posare la testa pesante, sul torace di Robert, che lo
avvolse con cura.
“Io … io ecco vorrei …”
“Sì Robert. Anch’io.”
Jim impiattò le uova
alla Bismark, decorandole con un ravanello tagliato con uno degli utensili,
dono di nozze delle sue infermiere.
Hugh posò il
giornale, sistemando la sedia.
Era molto tardi,
quindi avevano deciso per una cena frugale.
“E questo? E’ l’occhio
di Circe?” – chiese divertito.
“Che razza di
paragone ti stai inventando?” – Mason rise, accomodandosi e passando l’insalata
al marito.
“Mangiamo come le
capre!”
“Come mai brontoli …?
Credevo ti piacesse” – si crucciò spalancando gli occhioni a cucciolo.
Hugh si sentì perso.
Spinse da parte i
piatti e le stoviglie, arrampicandosi sul tavolo e abbracciando Jim, per
baciarlo con foga.
Quasi si ammazzò durante
quella manovra, cadendo con lui tra la sedia ed il carrello porta vivande, ma
non si diede per vinto, spogliando, anzi strappando i vestiti di dosso al
consorte, che si sentì pervadere da una voglia di lui altrettanto evidente.
Il pasto rimase
intatto, mentre sussulti e grida salivano dal pavimento in legno, dove i due
stavano consumando un amplesso febbrile ed eccitante.
Le loro grida di
piacere si mescolarono agli spot in onda durante la partita di baseball, che
non avrebbero guardato, fortunatamente ad un volume piuttosto alto.
I vicini, comunque,
erano al lavoro oppure sordi.
A loro non sarebbe
importato alcun rimprovero, anche perché si sentivano in cima al mondo, mentre
si baciavano teneramente, senza smettere di toccarsi, nonostante fossero già
venuti copiosi almeno un paio di volte.
Erano felici e
distanti anni luce da quegli aggrovigliati rapporti, dove i nuovi amici non
riuscivano quasi mai a districarsi, senza farsi male.
Avevano avuto un mare
di problemi, ma ora sembrava funzionate tutto tra Jim e Hugh: anche l’idea di
una probabile adozione; non restava che affrontare l’argomento.
Presto o tardi.
“Ma che diavolo …”
Geffen posteggiò,
respirando quelle parole nello stupore di vederlo lì, accartocciato sul muretto
antistante la villa di Palm Springs.
“Tom …!? Perché non
ti sei fatto aprire, c’è Lula con Vas e Peter”
“Ciao Glam … No,
scusa, prima volevo parlarti … Chiederti un favore” – disse tremando, inzuppato
di pioggia.
“Dio prenderai un
malanno, entriamo, dai” – lo esortò, digitando il codice di accesso a quella
residenza incantevole.
Soldino corse a
prendere dei vestiti puliti e degli asciugamani.
Stravedeva per Tom,
che aveva aiutato il suo papà a camminare di nuovo, dopo l’incidente sulla
scogliera.
“Hai fame?” – chiese vivace,
mentre saliva sulle ginocchia di Geffen, che non esitò a coccolarlo amorevole.
“No piccolo … Cioè sì
… un pochino”
“Dico a Vassily di
prepararti uno dei suo russian sandwich!” – esclamò, precipitandosi in cucina,
dove il body guard stava già mettendo sul fuoco una teiera rossa fiammante,
come le gote di Tom.
“Ok, sei scappato da
Los Angeles?” – chiese simpatico Glam, fissandolo.
“Più o meno …”
“Chris sa che sei
qui?”
“No, può raggiungermi
solo in reparto, negli orari che gli ho lasciato … Lui dovrà rispettare questa
mia semplice condizione, nelle prossime due settimane, se vuole fare un passo
avanti. Io non torno indietro Glam.”
“Ok piccolo … Adesso
mangia questa delizia: salmone, caviale, insalata e maionese, con”
“Molto limone!!” – si
intromise Lula, passando il panino a Tom, che lo mangiò volentieri.
“Andiamo a nanna
soldino”
“Sì, domani arriva
papake vero?”
“Sì angelo mio, con
Tim, sei contento?”
“Sììì … Gli voglio
tanto bene”
“E lui a te, saluta
zio Tom”
Lula gli mandò un
bacio con la manina, mentre stava aggrappato al padre, ormai in piedi – “Puoi
sistemarti al primo piano, prima stanza a destra Tom … Noi siamo in mansarda.”
“Ti ringrazio …
Dormite bene …”
“Anche tu, ciao.”
“Chris ma sei
impazzito? Siamo cinquanta chilometri fuori dalla nostra zona”
“Stai un po’ zitto
Clever, sapevo che veniva qui, cazzo!”
“Ma qui dove??!”
Il collega di Chris
era nervoso e temeva una lavata di testa da parte del capo della polizia, se
solo avesse saputo di quel pedinamento fuori programma.
“Quella è l’abitazione
di Glam Geffen”
“Geffen, quel
Geffen?? Hai saputo di O’Connor?”
“Cosa dovrei sapere?”
– e lo guardò di sbieco.
“E’ arrivato in
carcere piuttosto malconcio e nessuno ha saputo spiegarne il motivo, visto che
dall’aula era uscito tutto intero.”
“Sai cosa mi frega di
quel topo di fogna!”
“Pare sia stato il
tuo amico Geffen a dargli una … ripassata”
“Affari suoi: ci sono
testimoni, prove?”
“No Chris … So che l’ex
di questo Geffen era stato stuprato ed immagino il suo stato d’animo, del resto
accadesse a mio figlia …”
“Sì … Io comunque non
ho fatto niente del genere al mio Tom” – disse più mesto.
Con Clever non aveva
segreti.
“Lo so Chris. E’ una
crisi passeggera, dovete chiarirvi, andare in terapia insieme, come feci io con
Sara …”
Chris rise sconsolato
– “Da tua moglie hai divorziato, però”
“Dettagli” – e rise,
dando una pacca al partner – “Su andiamo, Tom è al sicuro, ho visto le guardie
di Geffen, sembrano due armadi”
“Vassily e Peter, sì,
sono brave persone, di famiglia … E forse Tom vorrebbe farne parte, entrando
dall’ingresso principale”
“In che modo?”
“Glam, ovvio, hanno
già un legame particolare”
“Cosa ti inventi,
scemo?!” – sbottò, sapendo bene quanto Tom lo amasse.
Chris stritolò il
volante – “Sedurrebbe anche un paracarro quel bastardo …”
“Buon per lui … Ora,
però andiamo, ricomincia a piovere. Coraggio Chris”
“Ok … Ma non finisce
qui. All’alba ritorno a riprendermi ciò che mi appartiene”
“Dunque sei proprio
un coglione!”
“Clever io lo amo da
morire!” – esclamò disperato.
“Tom merita la tua
fiducia: lo perderai se non gli dimostrerai comprensione e pazienza, sappilo.”
Jude gli baciò la
tempia sinistra, sistemandosi meglio tra le gambe di Robert, facendo in modo di
non pesargli.
Avrebbe fatto il
doppio della fatica, ma non gli importava: era Robert quello che doveva stare
bene, che doveva tornare a godere della loro capacità di fare l’amore in
maniera unica, in un misto di dolcezza e passione spregiudicate.
Downey si ossigenò,
accogliendolo con un sorriso, baciandolo nel collo, mentre le sue mani
sfioravano la schiena di Law, scendendo poi ai suoi fianchi, che delicatamente
si stavano insinuando tra i suoi.
“Va tutto bene Rob …
ti amo tanto …” – gli respirò nella bocca, baciandola poi con la propria,
unendola in una fusione caldissima ed intensa.
Il corpo esile di
Robert giaceva tra cuscini e lenzuola candide, nella posizione più comoda
possibile: il sentore di un gel fresco, dal profumo sconosciuto, lo distrasse
da quel bacio prolungato e sconvolgente.
Le dita di Jude
iniziarono a lubrificarlo, con metodo, ma anche il logico timore che qualcosa
andasse storto.
I timori dell’inglese
scomparvero, appena iniziò a spingersi in Robert, ansante, ma di pura lascivia.
Inclinandosi di poco,
infilò le mani dietro ai glutei del marito, sollevandoli, per agevolare quella
piacevole invasione.
Downey si allacciò a
lui, abbandonandosi completamente alla sua esperienza, senza pensare alle fitte
ed alle contrazioni, che avrebbero potuto rovinare tutto da un momento all’altro.
Si sbagliava: ne
sorrise, prima nella mente, poi sul volto madido e raggiante, nell’ammirare il
compagno, che con altrettanta gioia lo stava guardando, ripetendogli quanto lo
amasse.
“Jude … io … ti sento
così tanto …” – poi un gemito più gutturale, legato al sopravvenire dell’orgasmo,
che dilagò da Robert, tra i loro addomi sinergici in un ritmo fluido e
perfetto.
Law lo cinturò
completamente, facendolo come levitare, sopra al loro giaciglio ormai intriso
dei reciproci umori, mentre lo riempiva di sé, al punto di traboccare da
Robert, investito da un’esplosione di erotismo totalizzante ed estremo.
Alla fine, fu come
planare, tra la terra ed il cielo, in una strana allucinazione, che colorò i sensi
di Downey, che pensò di avere sognato quel magnifico amplesso.
I suoi baci, le
carezze, il percepirlo uscire da lui lentamente, venendo ancora, mentre lambiva
la sua fessura ricettiva e grondante del seme di Jude, il suo Jude.
“Io ti amo Robert” –
gli sussurrò emozionato come non mai.
E fu come rivederlo,
in una memoria ricorrente, sulla pensilina di quella stazione in mezzo alla
campagna inglese, mentre il treno di allontanava, portando Robert lontano da
lui, che non l’avrebbe seguito per quelle riprese fuori Londra, mentre si
salutavano, sentendosi come perduti, perché già troppo dipendenti, già troppo
innamorati, dopo essersi conosciuti solo da pochi giorni.
“Jude … anima mia …”
“Sono qui … Voglio
sposarti di nuovo Robert” – e sporgendosi verso il comodino, prese un
cofanetto, che il marito non aveva notato.
“Jude …”
“Quale è la tua
risposta affermativa …?” – rise solare.
“Sì”
“Senza neppure vedere
l’anello?” – scherzò arrossendo per l’agitazione improvvisa, davanti al candore
di Downey.
“Certo, io mi fido di
te … e del buon gusto che hai dimostrato scegliendo me” – replicò affabile.
Ancora un bacio e poi
il contenuto di quello scrigno si rivelò in tutto il suo splendore.
Due fedi in
brillanti, dal taglio quadrato, per tutta la lunghezza di quelle vere, preziose
ed uniche, con incisi i loro nomi all’interno ed un per sempre, che palpitò nel cuore di Robert, di un’armonia
ritrovata e complice.
“Sono stupende Jude …”
Si guardarono,
stringendosi poi, senza indossarle subito: avrebbero atteso la cerimonia, in un
progetto ancora da definire, ma che già li coinvolgeva, come una ventata di
novità tanto liberatoria, quanto agognata.
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