Capitolo n. 108 - zen
Geffen aprì il
cofanetto azzurro, che teneva in cassaforte, tra documenti, contanti ed una
pistola, con una lentezza spasmodica.
Seduto alla sua
scrivania, nella pace dello studio, al secondo piano della villa in Palm
Springs, voleva sviscerare quella malinconia all’osso, per poi riprendersi la
propria vita ed andare avanti.
Od almeno provarci.
C’era la triad, c’erano
delle foto, poi una video camera, con le riprese di un concerto dei Mars.
L’avvocato stoppò il
video su di un fotogramma di Leto, immerso nell’interpretazione di un vecchio
brano.
Era bellissimo.
Qualcuno bussò.
Era Tim.
“Ciao Glam … Ti
disturbo?” – chiese educato.
“No, affatto, entra
pure … Hai bisogno?”
“Vassilly sta
preparando la cena e voleva sapere se mangiavi la pasta …”
“Cucinata da un
russo?” – rise piano.
“In effetti c’è uno
strano odore” – e fece una smorfia buffa.
“Non saprei, Kevin
che dice?”
“Non c’è, è andato al
centro commerciale, voleva comprare dei vestiti ai bimbi, qualche regalo …”
“Ok …”
“Tu stai bene?”
“Chiedime domani Tim”
– e, dopo avere richiuso quello scrigno di ricordi scomodi, si alzò, per
scendere insieme a lui.
Un rumore
indecifrabile attirò la loro attenzione.
“Che diavolo era Tim?”
“Sembravano vetri
rotti … Da sopra”
“Dov’è Lula?”
“E’ in mansarda a
giocare con Violet”
La bambina, però, era
in giardin: riuscirono a vederla dalle vetrate, mentre salivano velocemente.
Ancora un tonfo, come
se qualcuno chiudesse una finestra.
Infine un pianto,
come una cantilena.
Era Lula.
“Tesoro che succede?!”
Geffen si precipitò
da lui, vedendolo come in trance, nell’angolo più distante dalla porta.
Soldino ciondolava,
ripetendo in lacrime delle parole senza senso.
“Papà …”
“Sono qui amore, guardami!”
– e lo afferrò per le braccia, ma lui fissava il vuoto.
“Papake … no … NO!!!”
Tim prese il
cellulare dalla tasca dei jeans e compose il numero di Kevin tremando.
“Suona … Non … Non
risponde …”
Glam prese in braccio
Lula, che sembrava come svenuto, chiedendo al giovane di inserire l’altoparlante.
Gli squilli
terminarono con l’attivazione della segreteria.
“Riprova!”
“Ok … Ok fatto …”
Un clic sembrò
rassicurarli, ma non era la voce di Kevin.
“Sì, pronto, chi è?”
Glam guardò Tim, non
riconoscendo quel tono adulto e secco.
“Sono Glam … Glam
Geffen, il … Cioè stavo cercando Kevin, con chi sto parlando?!”
“Sono il sergente
Chever, della polizia”
Tim crollò su di una
poltrona, mentre Lula rinveniva.
“Dov’è il mio papà!!?”
– domandò disperato.
“E’ qui … C’è stata …
un’aggressione, ecco”
“Un’aggressione …
Come sta Kevin?”
“E’ vivo, siamo
arrivati in tempo, ora lo stanno visitando, è in ambulanza, credo lo portino in
ospedale per delle lastre, è stato percosso”
“Dove lo portano?! Mi
dia l’indirizzo, la prego …”
§ Lui ed io amiamo gli stessi prati verdi …
Gli
stessi tramonti.
E’
questo il nostro amore, nato tra due millenni e sopravvissuto fino ad oggi.
Sembra
un miracolo, ma, se è vero amore, ciò si spiega senza altre parole ed io
stringo questa certezza, tra le mie mani, il mio cuore l’ha assorbita, non
posso separarmene, così da te Colin …
Nemmeno
se lo volessi
Nemmeno
se il destino ce lo imponesse
Ti
amo, tuo Jared §
Farrell ripiegò il
biglietto, allegato al mazzo di orchidee e rose bianche, che il marito gli aveva
mandato, poco prima di cena.
“A … a volte noi due
non riusciamo a parlare come vorrei”
“Jay …?”
Era lì, che lo spiava, mentre l’irlandese leggeva
assorto, come incantato, quelle poche righe.
“Quindi ho creduto
bene di scriverti, come succedeva durante i primi mesi del nostro … travagliato
rapporto” – sorrise.
Colin provò ad
avvicinarsi, ma Jared gli impose le mani.
“No tesoro, rimani lì,
perché l’odore della tua pelle, il calore, che mi trasmetti, mi fa perdere la
ragione, lo sai e voglio … Io devo terminare il mio discorso …”
“Ok lo farò” –
sorrise anche lui, un po’ tirato.
“Ti ringrazio Cole.
Oggi, dal nonno, ti ho detto una cosa assolutamente dettata dalla rabbia e
totalmente falsa: non mi sono mai pentito per averti assistito durante la
dipendenza o la malattia, in nessun caso, proprio mai: vivevo per ciò che stavo
facendo, contro il parere di molti, che ti disprezzavano, ti denigravano. Con
questo non voglio definirmi migliore di loro, perché spesso è la paura di chi
non si conosce a frenarci … Io, invece, ti conoscevo più di me stesso.”
“Tu ed io siamo stati
un unico persona Jay, così tante volte da perderne il conto. So che non hai mai
pensato a quello che hai detto, certo ci ho riflettuto e … e mi sono sentito
ferito …”
“Ti chiedo scusa e so
che anche questo è accaduto così tante volte da suonare … scontato”
“No, questo mai Jared”
– protestò, per poi azzerare la distanza ed avvolgerlo, baciandolo, senza più
volerlo realmente ascoltare.
L’ufficiale stava
registrando il suo rapporto su di un palmare apposito, secondo la procedura
standard.
Chris aveva
incrociato Geffen e Tim nei corridoi del reparto di traumatologia, scortandoli
poi sino ad una saletta, adiacente a quella in cui i colleghi stavano
ricostruendo i fatti, per poi trasmetterli telematicamente alla centrale.
“Aspettiamo qui Glam …
Il responsabile arriva tra poco.”
“Ok … Come stai?” –
disse rivolgendosi a Tim, ammutolitosi durante l’intero tragitto fino a
destinazione.
“Non lo so … Io
vorrei sapere cosa gli hanno fatto” – replicò angosciato.
“Lo scopriremo presto
…”
“Durante la fine
turno …” – ridacchiò – “Anziché andarcene a bere un aperitivo da Sharon” – poi riaccese
il microfono – “Abbiamo effettuato un ultimo giro nel parcheggio sotterraneo
del Gates, sorprendendo i due soggetti mentre …” – spense nuovamente ed il suo
partner rise più forte – “Che ti prende Balty?”
“E come posso dire
che quel finocchio voleva farsi fare un servizio di bocca dal biondino ridotto
in ginocchio dal compare dell’altro?” – sogghignò anche lui.
Geffen fissò Chris,
impietrito quanto lui da quel dialogo volgare e cattivo.
Spalancò poi le
porte, senza che il tenente riuscisse a fermarlo.
I due sobbalzarono
per la sorpresa.
“Ripetilo” – sibilò Glam.
“E lei chi è?!” –
esclamò Chever.
Il socio lo
riconobbe, al contrario di lui.
“Non lo vedi, è
Geffen … Il legale dei divi di Hollywood” – spiegò serio.
“Su avanti, fallo!” –
inveii, mentre Chris si frapponeva tra loro.
“Tenente non sapevo
che lei fosse qui …”
“Volevi forse dire,
quel finocchio del tenente” – ringhiò Chris, sbattendolo al muro.
“Mi lasci!!”
“Se preferisci ti
lascio a lui: il biondino, come l’hai definito tu, è il padre del suo bambino,
era sposato con il signor Geffen e, credimi, per molto meno, gente più in gamba
di te, ha passato un mare di guai, dopo averlo fatto incazzare! Ed ora è
incazzato nero, sappilo!”
“Se volete fare a
botte, questo non è né il luogo e tanto meno il momento.”
Inaspettatamente
vennero interrotti dal dottor Laurie.
“Hugh …”
“Glam se vuoi
seguirmi, insieme a Tim, così parliamo un po’, ok?” – propose calmo.
Geffen annuì
sconvolto.
“Kevin si trova qui
per quattro costole incrinate. Per il resto solo un grosso spavento, visto che
quella coppia di coglioni omofobi ha impedito qualsiasi ulteriore abuso. La sua
esperienza pregressa, però, non aiuta …”
“Ringrazio Dio … Quei
bastardi sono fuggiti?”
“Non lo sai? Sono
stati arrestati.”
“Tim vai tu per primo”
– disse dolce Geffen.
“No … No, credo sia
meglio vada tu” – disse strangolato dalle lacrime.
“Resto qui con Tim e
facciamo ancora un minimo di conversazione, ok?” – propose Hugh.
“Sì, preferisco così …
Non so cosa dirgli …”
“Gli dovrai stare
vicino, Kevin ti adora … Ok, a fra poco.”
Colin gli indicò una
stella, la più luminosa della
costellazione.
“Lì andremo noi, Jay”
Erano distesi sul
prato, nella zona dei roseti, nel lato nord del parco della End House.
“Come fai a saperlo
Cole?” – domandò sereno.
“L’ho sognato … Ed
era talmente reale … Adesso baciami” – e ridendo lo stritolò tra i suoi
bicipiti muscolosi.
La vibrazione del
cellulare li interruppe.
“Odio la tecnologia”
“E come facciamo ad
andare lassù senza, me lo dici Colin?” – sorrise, chiedendo chi fosse.
“E’ Jude … Sì,
pronto?”
Ne seguì una pausa strana.
“Sì … ho capito” –
Farrell balbettò.
“Colin cosa …”
“Si tratta di Kevin” –
disse dopo avere riattaccato.
“Daddy …”
“Tesoro sono qui …
Perdonami non volevo svegliarti”
Geffen gli spostò le
ciocche sudate dal viso arrossato: Kevin cercò immediatamente le sue dita,
intrecciandole alle proprie.
Dalle sue iridi
scesero due lacrime, che l’uomo si affrettò ad asciugargli.
“Fa … fa tanto male?”
“Quando respiro daddy
…”
Ripeteva quel termine
come se vi si potesse rifugiare, salvandosi dall’incubo orrendo, che
attanagliava la sua anima.
Glam lo raccolse – “Angelo
mio … Se solo potessi …”
“Volevano che io …” –
singhiozzò.
“Kevin mi è stato
detto … Ti renderò giustizia, non avere dubbi”
“Vorrei mandare
indietro il tempo daddy … Come può essere accaduto di nuovo … com’è possibile?”
“Ed io vorrei darti
le risposte di cui hai bisogno, ma non ne sono in grado … Mi dispiace … Mi
dispiace da morire tesoro …”
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