giovedì 23 maggio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 119


Capitolo n. 119  -  zen


“Le hai tenute oppure lasciate andare nel Mediterraneo?”
Downey glielo domandò a mezza voce, con la stessa serenità, di cui era fatta la carezza, che accompagnò le sue parole, posata sullo zigomo destro di Geffen.
L’avvocato prese un respiro, dando le spalle alla tavolata, dove gli altri, ormai erano alticci, dopo i primi istanti di imbarazzo, che un desco imbandito può risolvere meglio di mille discorsi.

Lui e l’attore erano ad una distanza di sicurezza, sul bordo del patio, al quale Geffen era appoggiato, coprendo con la sua figura massiccia, quella più esile dell’uomo, di cui era ancora terribilmente innamorato.
“No Robert, sono in valigia …”
“Mi dispiace” – e si guardò l’anulare.
“E’ … bellissima, la tua nuova fede intendo”
“Jude mi ha stupito … ancora una volta” – sorrise.
“Sì, è evidente” – e si voltò, come a controllare se qualcuno li stesse osservando.
“Guarda me, Glam …” – e gli prese il polso sinistro, intrecciando poi le loro dita.
“Rob …”
“Tu sei stato così generoso con me, con noi … Avresti potuto mandare Jude in galera, meno di un anno fa”
“Non avrei mai portato via un padre a sua figlia” – replicò istintivo – “A vostra figlia”
Downey sorrise mesto – “Camilla è ciò che ci ha sempre separati, vero Glam? Se lei non ci fosse stata …”
“Ti avrei portato via con me, anche se tu non avessi voluto, il mio amore sarebbe bastato per entrambi, potevi anche odiarmi Robert, non mi sarei fermato, mai senza averti!” – urlò piano, con la foga, che lo contraddistingueva.
“Come avrei potuto odiarti … E, soprattutto, non amarti … amore” – sgranò i suoi quarzi, ormai liquidi e tremanti, come il resto di lui.
“Quel che resta di noi, Robert, l’ho consegnato ai sogni, alle fantasie, che mi consumano o mi fanno compagnia, a seconda dell’umore, sai?”


Jared fece un altro brindisi.
Jude ciondolò sino in casa, per controllare Camilla, ormai addormentata, poi tornò al proprio posto, sbirciando Robert, che si era seduto sopra al muretto di cinta, con Glam al proprio fianco.
Conversavano tranquillamente.

“Allora ti unisci a noi? A questa vacanza!”
“Jared bevi un po’ d’acqua, dai” – disse Colin, provando a farlo ragionare, ma lui ridacchiò, sgusciando via da lui.
“Ok alla nostra salute!” – esclamò Law, facendo l’occhiolino a Farrell, come ad invitarlo tacitamente a lasciare in pace il marito.
“Ecco bravo … UK buddy … Buddy significa … amico intimo … sì, insomma, tu lo sei per Cole, giusto?” – e barcollò sino ad una delle colonne in legno, ricoperta di edera.
L’irlandese lo raggiunse – “Che ne dici di tornare in albergo Jay?”
“No … no ho fatto una domanda a Jude” – miagolò – “Anche Rob è intimo di Glam, vedi come flirtano … A voi capita mai?” – e si piegò, strofinandosi la faccia arrossata e madida.
“Rob è al mondo anche grazie a lui” – rispose quieto.
“Oh sì … sì … giusto!” – inveii, crollando sul selciato.

Geffen si palesò, finalmente.
“Jared hai esagerato, te lo avevo spiegato quanto desse alla testa questo Crete” – provò a scherzare, ma Leto attirò a sé Colin, scalciando in direzione di Glam, che evitò quel gesto inconsueto per un soffio.
“Cazzo Jay piantala!” – sbottò Farrell, prendendolo di peso, per andarsene, scusandosi.
Il frontman dei Mars si rifugiò nel suo collo, singhiozzando – “Non mi sento bene, Cole … scusami …”
“Andiamo in bagno, avanti …” – disse Glam, invitandoli ad entrare in casa.

Robert rinunciò a quel nettare, per via dei farmaci, ma avrebbe preferito essere ubriaco fradicio, per non assistere a quel massacro.
“Dovremmo ripartire, sai Jude? Magari andiamo a Londra, dai tuoi figli”
“Perché Rob?”
“Glam merita rispetto, verso la sua scelta di metabolizzare lo stress di questo ultimo periodo in solitudine o comunque distante da noi … Noi tutti, insomma” – disse fissandolo.
“Sono il primo a riconoscere l’inadeguatezza della nostra presenza, ma lui, a dire il vero, non mi sembrava così dispiaciuto quando ha beccato me e Colin proprio dietro a quel cespuglio” – e sorrise.
Downey inarcò un sopracciglio – “Questa situazione è … ridicola” – disse come svuotato.
“Sei stanco tesoro …?”
“Ho l’emicrania … vorrei stendermi”
“Sì, ho visto un divano, sembra comodo”


Leto diede di stomaco.
Colin non lo lasciò un attimo, mentre Glam preparava il letto, dove li avrebbe ospitati.
Erano al secondo piano di quel villino immerso nel verde di ulivi lussureggianti.
Dalle finestre si vedeva il mare, increspato di un luccichio, rimandato dalla luce di una luna piena incantevole.

“Avrete sonno … Porto del caffè per il nostro impiastro, datemi cinque minuti” – disse paterno, senza guardarli.
“Glam … Ti rompiamo sempre le palle …”
“No Colin, lascia perdere” – e diede un buffetto a Jared, ormai rannicchiatosi tra le lenzuola tinta limone.
“Mi dispiace … Non sarai più felice di avermi qui” – disse confuso il cantante.
Geffen non replicò, tornando al piano di sotto.


“Adesso che lo sai, cosa vuoi fare Kevin?”
“Tim vieni qui” – e gli tese le braccia.
Il giovane era in piedi contro la parete, nudo ed ancora gocciolante, dopo una doccia veloce.
Avrebbe voluto fare l’amore, si era preparato accuratamente, affinché il compagno non compisse sforzi inutili, per lubrificarlo e risalire in lui, seduto sopra le sue gambe, Tim se l’era immaginato già sotto i getti, quell’amplesso, eccitandosi come un quindicenne.
Nei suoi occhi, peraltro, l’innocenza e la delusione erano le stesse di un adolescente alla prima cotta.

“Lì, per cosa? Certo che volevo venirci, prima … E magari mentre mi scopi, pensi a Glam: sono stufo marcio di queste umiliazioni, sai?”
“Non lo farei mai …” – disse sedendosi sul bordo, prendendo fiato.
La sua respirazione non era ancora rientrata nella norma.
Tim se ne preoccupò immediato, ma si trattenne dall’avvicinarsi; non per molto.

“Tesoro io non voglio più deluderti”
“Questa l’ho già sentita” – ribatté sarcasticamente svilito.
“Merito il tuo disprezzo Tim?”
Il suo sguardo lo trafisse.
I ricordi dei giorni felici, dopo l’ultima riconciliazione, si affollarono nella sua mente.
“No Kevin …” – e gli si parò davanti, tanto da permettergli di appoggiare la fronte all’ombelico del giovane, mentre i suoi palmi gli cingevano i glutei magri e sodi.

Iniziò a tormentare quel minuscolo abisso, dai contorni perfetti, come ogni dettaglio in Tim, che gli accarezzava la nuca, contemplando i suoi gesti appassionati e devoti, schiudendo poi le proprie labbra e reclinando il capo all’indietro, in piena estasi.

“No non voglio …” – gemette balbettando, ma Kevin lo stava già accompagnando sopra di sé, vincendo le sue deboli reticenze.

“Dio … sei bagnato Tim … cosa …?” – gli sorrise, compiaciuto dalla sua iniziativa di rendergli tutto più semplice.
“Faccio ogni cosa per te Kevin … Io vivo per te …” – disse  quasi aspro ed in lacrime, mentre si lasciava impalare senza difficoltà.
Il bassista si contrasse, ansimando per quella fatica minima, che gli donò da subito un piacere assurdo.
Il dolore, invece, che ingabbiava l’addome di Tim, nasceva dall’impotenza nei riguardi di un legame, quello tra Kevin e Glam, che sembrava essersi riconsoli dato minaccioso.

Il ragazzo si piegò in avanti, baciando l’amante con irruenza, mentre lo cavalcava esperto e sinuoso.
Kevin con un movimento rapido e deciso, lo capovolse, portandolo sotto ed aprendogli le gambe, riprese a muoversi dentro di lui con una lentezza spasmodica, inclinandosi di lato, a fasi alterne, per toccare Tim in ogni sua fibra pulsante.

Le sue falangi sottili sfogarono i loro spasmi nelle coltri madide ed arruffate, come i suoi capelli scuri, scapigliati sino agli zigomi vibranti di un orgasmo imminente.

“Ke Kevin!!”
“Vieni amore mio … toccati … sei tutto ciò che voglio … sei la mia felicità Tim” – rivelò sincero.
Si guardarono, poi Kevin, senza smorzare le sue spinte divenute più vigorose, lo afferrò per le spalle, portandoselo contro il busto ed incurante delle fitte, che gli tormentavano le costole, si svuotò in lui, facendolo gridare e piangere, come non mai.


Geffen posò le tazze sul comodino.
“Si è addormentato …?” – domandò lieve, rivolgendosi a Colin, che teneva sul petto un Jared pallido e minuscolo, nella sua posizione fetale.
Farrell annuì, ringraziandolo con i suoi pozzi di pece.
“A domani, riposatevi …”

Scese, vedendo che Jude stava dormendo allacciato a Robert, sul sofà della sala.
“Zio Glam …”
“Ehi principessa …”
“Posso fare la nanna qui?”
“Certo Camilla …” – sorrise, dandole poi un bacio sulla testolina.
Le rimboccò la coperta, che Clint gli aveva regalato, confezionata dalla sua donna.

Passò quindi accanto ai genitori di quella cucciola adorabile, nella penombra della stanza, sentendosi prendere il polso.
“Rob …?”
“Buonanotte Glam …” – mormorò intenso.
“Buonanotte” – gli sorrise nel buio, poi scivolò via.









Nessun commento:

Posta un commento