Capitolo n. 109 - zen
Lula si tolse i
sandali, infilandosi veloce dalla parte del letto, dove Kevin gli aveva fatto
spazio.
“Qui non hai la bua,
vero papi?” – chiese dolce, appendendosi a lui, che lo strinse più forte che
poteva.
Geffen vegliava su di
loro, oltre la vetrata, alla quale si affacciò dopo qualche esitazione anche
Tim.
“Tesoro coraggio,
hanno bisogno di te” – e gli diede una carezza sulla schiena.
Il giovane annuì.
“E tu Glam …?”
“Io ho da fare. Ci
vediamo qui domani mattina.”
L’avvocato li guardò
riunirsi in un abbraccio caloroso, fatto di baci e di lacrime, che soldino si
affrettò ad asciugare, confortando entrambi con il suo sorriso.
Il temporale sorprese
Colin e Jared mentre percorrevano la super strada per raggiungere al più presto
l’ospedale.
Una telefonata di
Steve li aveva tranquillizzati sulle condizioni di Kevin, ma questa ennesima
sventura accaduta all’ex di Geffen, aveva procurato loro un profondo senso di
smarrimento e sconforto.
“Non doveva succedere
Cole …”
“Sì, dopo New York …”
– disse con il respiro mozzato.
Quell’evento era
collegato a quanto accaduto tra lui e Jared ad Haiti: un filo rosso di violenza
ed abusi, che sembrava non avere fine.
Leto deglutì a vuoto,
capendo il disagio del consorte, ma una parte di sé continuava ad urlargli che
lui era la vittima, come Kevin e non Colin.
Quel Colin, che non
esisteva più: se lo augurava da quando era rientrato alla End House con Isotta,
lasciando al proprio destino un Geffen sopraffatto dalle scelte degli altri.
Matt non riusciva
neppure a comprendere dove fosse e quanto tempo era trascorso da quando Geffen
gli era entrato dentro, opprimendolo con la sua corporatura massiccia, mentre
lui, tra farmaci ed inappetenza, era dimagrito ulteriormente.
Gli stava sopra,
baciandolo e scuotendolo, attraverso colpi sempre più incessanti.
“Gl … Glam …” –
gemette, nascondendo il viso nel collo di lui, che pretese la sua bocca, per
baciarla, forsennatamente.
Il giovane gridò, ma
nessuno poteva sentirlo, anche se erano esclamazioni di piacere spasmodico.
I fianchi di Matt
vibrarono, quando il corpo di Glam lo abbandonò, senza molta delicatezza.
Il ragazzo di
contorse quasi in posizione fetale, poi si rannicchiò nell’abbraccio dell’altro,
che gli baciò le tempie.
“Scusa …” – mormorò assorto.
“Sto … sto ancora
venendo” – ansimò Matt.
L’orgasmo procuratogli
dall’amante lo stava come divorando, mentre con la mano Geffen lo toccava
sfacciatamente.
Kevin appena lo vide
gli tese le braccia.
Jared volò da lui, stringendolo
a sé con accortezza, per poi cullarlo, mentre entrambi venivano sopraffatti
dall’emozione.
Tim li aveva
incrociati nel corridoio, mentre accompagnava Lula a prendere una merendina,
nell’attesa di Vassily, che lo avrebbe riportato a Palm Springs.
Lui, invece, si
sarebbe trattenuto sino all’alba.
“Andrà tutto bene
Kevin … Cosa posso fare per aiutarti?” – gli chiese tremando, il leader dei
Mars.
“Portare indietro il
tempo … L’ho chiesto anche a daddy …”
“Non oso immaginare
la sua reazione”
“Era furente, ho
paura faccia qualcosa … Potresti parlarci … insieme a Colin” – chiese angosciato.
“Sì … Sì appena lo
vedremo …”
Farrell si palesò, lo
sguardo lucido; aveva ascoltato la supplica di Kevin e lo rassicurò,
accogliendolo sul petto, facendo spazio anche a Jared, che lo ringraziò
tacitamente, accarezzandolo con i suoi zaffiri innamorati, in cui l’irlandese riuscì
a specchiarsi, come sollevato dalla sua conferma di perdono.
Il ghiaccio tintinnò
nel terzo bicchiere, dove Glam si versò del whisky d’annata.
“Quella roba ti
ucciderà …”
La voce di Downey era
flebile, ma i suoi quarzi estremamente vividi, di quel rimprovero, anche se
nulla avrebbe mai cancellato da essi una sconfinata dolcezza, quando si
rivolgeva a Geffen, come in quell’istante.
Lui ridacchiò, in
preda ad un’alienazione molesta.
“Ciao vecchio mio, ancora
alzato?”
“Sì, come vedi …” – e
si appoggiò al bancone del living, più per trovare un punto di appoggio,
avvertendo le forze oscillare nei suoi muscoli inariditi.
“Hai uno splendido
marito … Vai da lui e lascia perdere questo stronzo” – biascicò, crollando in
poltrona.
“Dove sei stato?” –
domandò incerto.
“Da … Da Matt … Lui
scopa sempre con questo vecchio, non lo sapevi?” – e rise più fragoroso, per
poi spegnersi, fissando il vuoto.
L’attore inspirò,
finendogli davanti, in ginocchio tra le sue gambe, sulle quali appoggiò le
braccia nude.
Indossava un pigiama
a maniche corte e boxer, di colore nero.
“Hai freddo Rob?”
“Sì … Nel profondo …”
Geffen si sfilò la
maglia in filo pesante, restando a petto nudo, e la usò per coprire le spalle
di Downey, che preferì indossarla.
“Ti dispiace Glam …?”
“Affatto … Però ora
torna da Jude”
Il moro sorrise aspro
– “Siete diventati simbiotici … O semplicemente … alleati”
“Può darsi …” –
replicò senza alcun interesse alla sua argomentazione.
Era così penoso
resistere alla tentazione di baciarlo e rubarlo a quella notte, che sarebbe
stata molto lunga.
“Sono cosa, per voi,
arrivati a questo punto? Merce di scambio?” - sbottò esasperato.
“Robert …”
“Tu sfoghi i tuoi
biechi porci comodi in quello sciagurato e”
“Hanno aggredito
Kevin” – lo interruppe, consapevole che Downey non ne fosse a conoscenza.
Lo aveva deciso proprio
con Jude, di tacere, per non turbarlo.
“Kevin …?”
“Due balordi, l’hanno
picchiato ed avrebbero fatto anche di peggio, se non fosse arrivata la polizia”
“Glam nessuno ci ha
avvisati e”
“Lo so … E’ accaduto
in fretta, Lula ha avuto una delle sue percezioni e poi …” - si interruppe, vinto da una costernazione
evidente.
“Mi dispiace …”
“Ciò non giustifica
le mie azioni … I miei porci comodi” -
tirò su dal naso, sollevandosi e portandosi incollato a sé anche Robert.
Geffen sfiorò timido
le sue ossa, sopra la t-shirt.
I loro profili si
incastrarono, per respirarsi, per sentirsi, senza più dirsi niente.
“Glam ...”
“Se potessi alleviare
il tuo dolore …”
“Ci sono delle …
delle ore nella giornata, in cui non riesco neppure a pensare … sono così
stanco”
Le loro labbra,
mentre tentavano di consolarsi, collidevano, oltre la pelle, che aderiva ove
possibile.
Robert lo baciò, come
se da ciò dipendesse una sua ipotetica salvezza.
Quei cenci griffati,
che lo coprivano, piuttosto larghi, sembrarono polverizzarsi tra le mani grandi
di Geffen, che precipitò con lui tra il divano ed un tavolo basso di tek, dove
i bimbi avevano dimenticato giochi e disegni.
La figura di Robert
sembrò aggrovigliarsi a quella di Glam, che con un’occhiata distratta notò uno
schizzo elaborato da Camilla: lei in mezzo ai suoi papà, davanti all’oceano.
Ebbe come un crepitio
nel petto, sul quale Downey stava spargendo baci generosi, come se stesse
suggendo l’essenza di Glam, ormai sconvolto e non più disposto a proseguire
quell’approccio saturo di delusione, legata ad innumerevoli ragioni
accumulatesi nei mesi precedenti, dove nessuno era riuscito ad essere veramente
felice.
“E’ … è assurdo Rob” –
si lamentò, rivestendolo senza incertezze.
Downey era
altrettanto mortificato, come se fosse ripiombato in quella realtà, da cui
tentava inutilmente di fuggire, come una scheggia impazzita.
In quella casa c’era
anche Jude, due piani sopra, esausto per averlo seguito in ogni passo, lavato,
accudito, sorvegliando il suo sonno nervoso, nel pomeriggio, senza mai
dimenticarsi della loro Camilla, cercando di farla sorridere, quando la piccola
avvertiva i malumori dei genitori, incupendosi a propria volta, ma ad un
livello più ingestibile e faticoso per Law.
“La … La nostra
bambina … Jude … Mi … mi vergogno così tanto Glam … Mio Dio”
Le sue pulsazioni
accelerarono, ma il sorriso di Geffen lo tranquillizzò immediato – “Tutto ciò
che fai, Robert, non è in malafede, te lo assicuro. Il domani avrà una luce
migliore, non può essere diversamente”
Downey sembrò
illuminarsi di stupore – “Jude mi ha detto qualcosa di simile, stamattina …”
“Ti riporto da lui e
non come una merce di scambio, che sciocchezza … Sei la persona speciale, che
ha tirato fuori il buono, da me, da noi … Jude ed io non faremo mai abbastanza
per sdebitarci. Mai, Robert.”
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