Capitolo n. 120 - zen
“Tenevo sempre in
tasca dei sassolini … Li lanciavo nello stagno, tornando a casa la sera, dopo
una giornata al porto, dove scaricavo casse di pesce, mi improvvisavo mozzo,
insomma facevo quelle cose tipiche, di chi vuole racimolare una cifra e realizzare
un sogno”
Clint era assorto,
nel narrare quel ricordo lontano.
Geffen sorrise,
rovistando tra le sue esche tecnologiche,
fosforescenti e colorate.
“Io preferisco quelle
… classiche” – l’anziano ridacchiò, aprendosi una birra.
“Ehi vecchio, sono le otto di mattina”
“E allora? Ne avevo
voglia dalle sette, ma la tua cucina era invasa da … estranei … e non solo, ho
incontrato un barbone, che ciondolava alla ricerca di una toilette”
Glam scoppiò a ridere
– “Era Jared … In effetti, la sbornia di Crete l’ha ridotto uno straccio”
“Ma non dovevi
restare qui da solo, straniero?”
“Mi perseguitano …
che vuoi che ti dica?”
“Che sarai felice,
tra … diciamo … venti secondi, Glam” – ed ammiccò, guardando poi oltre le
spalle dell’avvocato, seduto accanto a lui sopra gli scogli della caletta.
“Non capisco, cosa …?”
“Papà!!”
La voce di Lula era
squillante, così la sua corsetta vivace, giù per la stradina, che portava a
quell’angolo di paradiso incontaminato.
“Soldino … Mio Dio,
Lula!!”
Si ritrovarono a metà
strada, volando l’uno nelle braccia dell’altro.
Geffen lo sollevò,
come un aeroplano, facendolo roteare, come accadeva con Vassily, che sbucò all’orizzonte,
seguito da Peter e qualche bagaglio.
Salutarono il loro
capo e raggiunsero lo sconosciuto, che li stava squadrando un po’ diffidente.
“E voi sareste …?”
“I body guard di Lula”
– spiegò diretto Vas.
“Loro sono gli zii
sovietici del mio cucciolo, fanno parte della nostra famiglia Clint” – chiarì Geffen,
bisbigliandogli poi – “E sono una coppia, non fare gaffe”
“Ok gente … E tu sei
l’amore di papà, vero?”
“E tu zio Clint!”
“Accidenti, promosso
sul campo, piacere di conoscerti” – e gli diede la mano, che il bimbo strinse,
per poi sporgersi, ancora sul petto del padre, per schioccare un bacio sulla
guancia raggrinzita di Clint, che arrossì emozionato.
“E papà Kevin, amore?”
“E’ andato alle
Hawaii con zio Tim! Ti chiamano tra qualche ora …”
“Perfetto” – Geffen provò
sollievo, anche se mescolato ad un velo di malinconia, che non diede a vedere, nonostante
per Lula non avesse segreti.
“Voglio morire …”
Jared mugugnò,
nascondendosi sotto i cuscini e suscitando l’ilarità di Colin, seduto sul
bordo, con un vassoio per la colazione, rimasto intatto.
“Devi mangiare
qualcosa tesoro …”
“No, che poi vomito”
“Prova con dello
yogurt … Oppure tè con questi biscotti al miele”
“Al … miele?” – e sbirciò
infantile, prendendone uno.
“Non fare briciole,
Jay”
“Mica penserai che ci
dormiremo ancora qui?” – sorrise, ma il suo tono era triste.
“Chi può saperlo …” –
sospirò, assaggiando poi una macedonia invitante.
“Forse potevamo
accompagnare Lula … Mi manca quella birba …”
“La nostra birba, Tim,
è anche tua, non dimenticarlo” – e dopo essersi allacciato la cintura, per l’imminente
atterraggio, Kevin gli diede un lungo bacio.
“Grazie … per tutto” –
replicò in crisi di ossigeno il giovane, chinando il capo verso la spalla del
bassista.
“Abbiamo fatto la
cosa giusta, Lula è con il suo papà, per le vacanze, del resto siamo divorziati
e l’affido è condiviso: un po’ insieme a Glam ed un po’ insieme a noi” –
mormorò con serenità, abbracciando stretto Tim, ormai commosso.
Certo lui avrebbe
voluto insistere nell’indagare sull’improvviso cambio di rotta, nei sentimenti
dell’ex di Geffen, verso quest’ultimo, tornando all’equilibrio consolidatosi
prima dell’aggressione subita da Kevin.
Tim, però, preferì
non rovinare quel momento magico, rimandando valutazioni e confronti nei giorni
successivi, se ce ne fosse stato bisogno, augurandosi del contrario.
Robert preparò del
latte tiepido per Camilla.
Jude la stava
pettinando, dopo averla vestita, sotto il patio, dove la tavola era
apparecchiata per la colazione da ore.
“Vuoi della frutta,
Jude?”
“Sì, grazie … Guarda
che ho preparato del caffè”
“Orripilante come
sempre” – sogghignò Downey – “… Del resto hai visto mai un Inglese alle prese
con una moka …?”
“Cosa stai
brontolando?” – Law rise.
“Niente tesoro” –
esclamò, gesticolando poi buffo, per fare ridere la figlia.
Jude sospirò,
pensando che il marito fosse allegro.
In realtà l’americano
aveva dormito poco, tormentato dal pensiero di Geffen.
Era oltremodo
dispiaciuto per quanto apparissero arroganti ed egoisti, nella loro presenza lì,
invadendo quella privacy che l’avvocato aveva tentato di stabilire, senza
riuscirvi.
“Ecco qui … Di Colin
e Jared hai notizie?”
“Non pervenuti. E …
Glam?”
“Credo sia a pesca,
con quel signore, li ho visti andare verso la caletta dopo alba”
“Clint, giusto?”
“Sì Jude … Ad ogni
modo, dobbiamo togliere il disturbo, non credi?”
“Preferirei tornare a
Lasysos, ce ne stiamo nella nostra bella bicocca, con questa principessa, a cui
l’aria di mare fa bene e lo sai …”
“Ok, ok Jude, come
vuoi”
“Robert, non
incazzarti” – disse piano.
“Non lo sto facendo,
pensavo unicamente tu fossi d’accordo a non tormentare Glam, tutto qui!” –
sibilò amaro.
“Sai che anch’io gli
sono grato …” – replicò smarrito.
“Già … I miei
briganti … complici … Nel sopportare questo relitto” – ed una lacrima gli
sgorgò spontanea dall’iride sinistro.
“Tesoro …”
Jude lo avvolse,
mentre Camilla giocava seduta sul tappeto musicale, che la coppia si era
portata in auto, per farla giocare.
“Hai … Hai rispettato
il mio amore per Glam, dopo che ci siamo fatti a pezzi, Jude … Non so neppure
come tu ci sia riuscito”
“Dopo l’incidente? …
E non dovrei definirlo tale, bensì un tentato”
Downey lo baciò,
secco e senza dargli alternative.
Camilla rise
divertita, approvando le loro effusioni, come al solito.
La presero sulle
ginocchia, coccolandola un istante dopo.
Era il collante e l’armonia,
tra loro, come non mai.
Lula nuotò per circa
un’ora, anche appollaiato su di un salvagente, tinta arcobaleno.
Quindi fece le sue
corsette sulla battigia, giocando con Preston, l’husky di Rob e Jude, che la
coppia si era portata appresso, onde sedare i capricci di Cami, che non se ne
voleva separare mai.
“Ehi fagiolo,
vestiti, andiamo, devo preparare il pranzo!” – gli gridò Geffen.
Clint rise,
raccogliendo i suoi arnesi – “Ma non hai tutte quelle massaie tra i fornelli? Potrebbero
pensarci loro”
“Sèè figurati …
Quelli scroccano altro che …”
“Li hai abituati male
… o bene, a seconda dei punti di vista, Glam” – lo riprese, bonario.
Glam divenne serio,
di colpo.
“Poche settimane fa,
due balordi hanno aggredito Kevin. E’ accaduto a Los Angeles, nel parcheggio di
un centro commerciale e l’arrivo della polizia ha evitato il peggio: solo
cinque costole incrinate, ma volevano abusare di lui, già stuprato a New York,
all’epoca in cui suonava con la band ed io ero ad Haiti.”
Clint non fiatava,
ascoltandolo con attenzione.
“Così ho preso uno
dei due, quello che aveva messo in ginocchio il padre di mio figlio per farsi
fare tu sai cosa, dopo che l’avevano già processato e condannato: in tribunale
ho molti amici, non è stato difficile, anzi … E l’ho pestato a morte.”
“Sei … una continua
sorpresa, straniero” – ribatté
perplesso e colpito da quella sorta di confessione.
“Era per significarti
che non sempre sono così ingenuo e coglione: ciò nonostante, troppi degli
uomini, che ho amato, mi hanno fatto passare per tale.”
“E te ne sei venuto
via da quella vita un po’ stretta, giusto?”
“Si vede, però, che
non sono abbastanza furbo oppure sono proprio … sfigato” – rise, finalmente.
“Devo farmi una
doccia … puzzo come una capra”
Jared si alzò a
fatica, mentre Colin mandava e-mail alla End House, corredate di foto ed
aggiornamenti, su quel viaggio ricco di sorprese.
“Ok … ti aspetto qui
Jay” – replicò distrattamente l’irlandese, ma il corpo di Jared, privo del benché
minimo brandello di stoffa, si era incollato alla sua schiena, altrettanto
nuda, che ebbe un tremito, per l’intera lunghezza della spina dorsale.
“Sei sicuro Cole …?” –
bissò con voce più roca il cantante, facendo scorrere gli indici sulle scapole
del compagno, che scattò in piedi, come per un brivido smisurato ed
ingestibile.
Roteò verso di lui,
che spalancò i propri zaffiri, scagliandoli nei quarzi bruniti di Farrell, che
iniziò a slacciarsi i jeans, sotto ai quali, peraltro non indossava nulla.
La sua erezione
svettò già pronta a prendersi ciò che riteneva suo dal primo sguardo, che si
scambiò con Leto un’eternità prima.
“Vuoi che accada qui,
sul tappeto, contro il muro oppure nel box? A te la scelta, Jay” – e, brandendo
i suoi polsi, Colin glieli intrecciò dietro al dorso, già imperlato di sudore,
per il clima torrido.
In risposta, Jared
gli leccò le labbra, per poi assaggiarle meglio.
“Scendi … e prendilo
qui Jay” – gli bisbigliò, dilatando la sua bocca, con un bacio da togliergli il
fiato.
Leto annuì,
flettendosi, non senza segnare con una scia di saliva, il centro del busto di
Colin, sino al suo inguine, dove, senza esitare, inghiottì il suo membro, con
premura ed esperienza.
“Ja Jay … rallenta o …”
“O ti farò venire
subito, Cole?” – chiese sfacciato.
“Impertinente … e …
bellissimo” – gemette, sollevandolo di peso, per spostarsi nel bagno, dove si
rinchiuse a chiave, con il suo ragazzo di Bossier City.
La sottile parete in
cartongesso e legno, oltre la quale era stato ricavato quello spazio piuttosto
esiguo, ma riservato agli ospiti, iniziò a vibrare, sotto ai colpi di Farrell,
in preda ad una bramosia erotica incontenibile.
Jared ansimava ad
ogni spinta, completamente avvinghiato a lui, come se fosse un burattino senza possibilità
di decidere, ma non gli importava affatto.
Essere in balia del
furore di Colin, rimaneva uno dei lati più apprezzati della loro storia, senza
mai cedimenti o flessioni nel desiderio reciproco.
Verso l’epilogo, la
foga del moro si trasformò a poco a poco in qualcosa di più dolce e
consapevole.
Lui e Jared si guardarono,
mentre il piacere zampillava dai loro sessi, esitando esclusivamente nel
culmine, quando le rispettive palpebre vacillarono, devastate da una lussuria
estrema.
Si strinsero con
urgenza ed energia.
“Ti amo Jared …” –
sussurrò Colin, accasciandosi con il consorte addosso, come se fosse una
coltre, dalla quale non poteva e voleva staccarsi.
Si assopirono, mentre
i suoni del mare, attraversavano la finestrella a forma di oblò, aperta poco
oltre le loro figure, intrecciate in una perfezione assoluta e, all’apparenza, non
scalfibile.
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