domenica 5 maggio 2013

ZEN - CAPITOLO N. 104


Capitolo n. 104  -  zen


La stanza in fondo al corridoio della mansarda non aveva la cupola in vetro, come quella in cui Robert aveva dormito insieme a Glam, durante la loro breve relazione.
C’era un soffitto a cassettoni in legno avorio, molto particolare, di ispirazione indiana.

“Bello qui … Non proprio in stile marinaro” – Jude sorrise, varcando la soglia con il marito, che aveva chiesto di ritirarsi presto, dopo una cena leggera.
“Scusami … ho un sonno”
“Non preoccuparti Rob, anche se la compagnia era simpatica, tu vieni prima di tutto, lo sai” – e gli diede un bacio, restando nella penombra, intervallata dai fasci di luce, provenienti dal solarium, dove potenti lampade alogene illuminavano il giardino intorno all’abitazione di Palm Springs

“A Camilla ci pensa Pam?”
“Sì Rob … Non me l’aspettavo, qui con noi, intendo” – disse aiutandolo a spogliarsi.
“Ha in grembo il  bimbo di Glam e lui è molto premuroso, lo abbiamo visto” – replicò dolce.
“Sì, domani hanno la prima ecografia, erano emozionati, li posso capire”
Downey arricciò il naso, ma poi valutò logico il ragionamento di Jude, padre quanto lui, di alcuni figli naturali.
“Lula accoglie sempre con gioia ciò che riguarda il padre … Cioè anche le notizie più delicate o … scabrose, non mi riferisco a questa, ovviamente Robert”
“Soldino ci insegna ad accettare il corso della vita, ho questa impressione …” – ribatté assorto, sistemandosi tra i cuscini, in mezzo al letto in mogano.
“Già … l’amore che scivola, che ci accompagna, che ci sfiora o ci rapisce … L’amore e basta, fatto di serenità e non di possesso, gelosie, egoismi … Che sia quello migliore?” – domandò affascinato Law, ormai nudo ed allacciato al suo uomo, ancora in boxer.
Downey lo baciò tra i capelli radi, con tenerezza – “Un amore tranquillo, senza intoppi? ...”
“Non direi … Un amore fatto di intense emozioni, dove la felicità deriva realmente nel vedere chi si ama realizzato, anche non per merito nostro …” – spiegò quasi con timidezza.
Rob sorrise, scivolando di poco, per guardarlo.
“Siamo saliti così in alto, Jude, dopo essere caduti tanto in basso?”
“Forse … Ed è merito tuo, tesoro”
“Non lo so, non penso che”
Law lo stoppò, con un bacio carico di ciò che sentiva salirgli dal cuore, senza più esitazioni.


Preston si spingeva talmente intenso in lui, che Denny lo percepiva ovunque, dall’addome, alla gola, dove i singulti del medico sembravano precipitare, mentre le loro bocche non riuscivano più a staccarsi, durante quell’amplesso in auto.
Erano scomodi, sull’utilitaria di McIntyre eppure era così pulito ed autentico, ciò che avveniva tra loro, da quando avevano deciso di provarci.
Tanto diversi eppure tanto simili, anche nella caparbietà di non rinunciare all’amore.

Ora, guardavano le stelle, dal tettuccio apribile e mezzo scassato.
“I tuoi lo sanno, Preston?” – chiese improvviso il giovane avvocato, passandogli una sigaretta, già fumata per metà.
“Cosa?”
“Che sei gay”
“Sì, certo, lo sa praticamente chiunque con cui ho a che fare, mai nascosto nulla”
“Anche i tuoi pazienti?” – e lo scrutò, girandosi sul fianco e dando una ginocchiata alla leva del cambio.
“Ehi sta attento” – Preston rise leggero.
“Poi ci sei tu che mi curi, vero?”
“Sì amore”
Lo disse senza forzature, come se fosse la maniera più naturale di interagire con Denny, che arrise a quella purezza, come incantato.

“C’è ancora lo spauracchio dell’Aids, lo ammetto, anche se è uno sbaglio, ciò nonostante evito di aprirmi con gli sconosciuti, prima mi riferivo ad amici, colleghi e famiglia … E poi non è che dopo averti fatto l’anamnesi, me ne esco con a proposito, io sono omosessuale, sa?
“Sì ovvio … Gli studi legali sono pieni zeppi di omofobi”
“Lo immagino, è una casta molto gretta, mi spiace pensarla così”
“Hai ragione Preston, chi meglio di me può dirlo? Ho faticato parecchio per integrarmi e con Geffen non è stata una passeggiata”
“Niente … favoritismi?”
“A che titolo?”
“Credevo che … Ok, ho fatto una gaffe, sorry Denny”
“In effetti è successo, ma ormai ero affermato e poi niente di serio” – arrossì.
McIntyre a propria volta si voltò, speculare a lui.
“Eppure quando Glam si rivolge a te, non riesci ad essere … algido e distaccato”
“Come potrei? Ho sofferto da cani per quell’attentato, se non gli avessi dato retta neppure mi sarei trovato in quell’inferno, poi lui mi ha assistito, ma non per amore, semmai per i sensi di colpa, senza contare che fuggiva dai suoi casini”
“Mi piace quando sei obiettivo” – sorrise, dandogli un bacio caldo.
Denny tremò.
Prese fiato, prima di rivelargli il proprio pensiero – “Sai quelli prima di te, Preston, mi hanno deluso, amareggiato … Tu, però, se dovessi usarmi o ferirmi, mi spezzeresti davvero il cuore …”
L’oncologo gli sfiorò gli zigomi, con le dita della mano sinistra, poi lo baciò nel collo, facendolo trasalire di piacere ed eccitandolo nuovamente – “Perché dovrei farlo …?” – chiese roco.
“Era solo … un’ipotesi” – balbettò inerme.
Denny non si era mai sentito così vulnerabile.
“Preferisco dimostrare con i fatti, più che con le parole, ciò che sento per chi amo, Denny” – disse sospirando, rialzandosi per vestirsi.
“Andiamo già via?”
“Sono di turno piccolo …”
“Ecco chi è il tuo amante, il lavoro” – sbottò simpatico.
Preston rise con lui – “In effetti … Spero non diventi mai un problema, tra noi”
“Lo spero anch’io …”


Robert lo voleva a tutti i costi.
Riprendersi ogni frammento del loro passato, di ciò che avevano condiviso, lui e Jude, anche se non era la prima volta, quando fecero l’amore, però fu, in assoluto, la migliore.
In precedenza certe cose accaddero per necessità o, peggio, per pura violenza, come quella subita in carcere da Downey, quando le attenzioni di un uomo, non erano più indispensabili per procurarsi la droga, ma semplicemente un abuso gretto e spietato.
Jude visse il medesimo, bieco, atto vandalico, da parte di alcuni studenti, un ricordo sbiaditosi nel tempo, per fortuna.
Erano successe tante cose belle, nel suo percorso, dopo, e poi arrivò Robert, con la sua spavalda ed affascinante voglia di rivalsa, pienamente riuscita, anche grazie all’inglese, di cui si innamorò perdutamente.

Cavalcarlo, tenendosi alla spalliera massiccia e scura, fu per Robert l’ennesima rivincita, ma la malattia era subdola, cattiva.
I suoi muscoli dolevano, anche in punti, che mai gli avevano dato noia.
Ancora pochi movimenti ed anche ciò che aveva dentro, iniziò a fargli male, un male insopportabile: provò a resistere, a proseguire, guardando Jude, che trasudava estasi e gratitudine.
Robert si piegò a baciarlo, ma non vi era nulla di sensuale, anzi, ad entrambi sembrò una spiga di grano, che si fletteva nel vento, oppressa da una forza devastante e maligna.
L’attore scoppiò in lacrime e Law si spaventò.
“Tesoro …!”
Uscì piano da lui, ma fu tremendo e lacerante, nonostante la cura con cui Jude lo fece, capendo immediatamente la ragione delle espressioni, che stavano segnando dolorosamente il viso del compagno.

“Mio Dio …” – gemette Robert, accasciandosi di lato.
Law lo avvolse amorevole – “Vuoi che chiami qualcuno? Mason oppure”
“No … No, rimani qui … Ho solo bisogno di … respirare e di te, Jude … Mi dispiace, mi dispiace così tanto” – singhiozzò con pudore, come se si vergognasse persino di esistere.
Quel mondo rigettava i suoi desideri, le sue aspirazioni, la sua rinascita.

“Io sono qui Robert … E ti amo da impazzire” – lo strinse maggiormente, vedendo che si stava rilassando a poco a poco.
“Ho … ho freddo”
“Prendo una coperta, torno subito cucciolo”

Jude si precipitò nel corridoio, dove aveva notato un cassettone per la biancheria e fortunatamente trovò ciò che stava cercando.
Tornò da Robert, trovandolo assopito ed avvinghiato al cuscino.
Si rannicchiò, aderendo al suo corpo gracile, sotto quella coltre e non si sarebbe mosso, anche se faceva un caldo quasi torrido; spense infatti anche il condizionatore.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui: se lo ripeteva di continuo, come un mantra, al quale aggrapparsi nei momenti più duri, proprio come quello attuale.



Colin si avvicinò ai gazebo, portando una bottiglia di champagne ghiacciato.
Geffen quando lo vide, rimase interdetto.

“Ciao … Benvenuto, non sapevo che saresti passato”
“Spero di non disturbare” – replicò esitante l’irlandese.
“Affatto, mi fa piacere vederti: come sta Jared?”
“Rimane in ospedale, per stanotte”
“Come mai?” – chiese preoccupato Glam.
“Jim gli ha somministrato un sedativo, ha avuto una crisi di panico, ma l’abbiamo risolta subito, anche grazie a Tom”

Kevin li raggiunse, capendo che c’era qualche problema.
Farrell gli fece la stessa cronaca dei fatti, andandosi poi ad accomodare con loro, sopra a dei materassini, piazzati intorno ad una tavola ancora imbandita.

“Hai appetito?” – domandò Pamela e Colin annuì.
“Vuoi un po’ della mia paella?”
“Sì, grazie Pam … Come stai?”
“Bene, domani facciamo il primo monitoraggio a questo guapito, come direbbe Xavier”
Farrell sorrise partecipe: l’arrivo di un bimbo lo coinvolgeva costantemente a livello emotivo.
Tim gli versò da bere, mentre Vassily e Peter, facevano giocare Drake, Lula e Camilla.

“Tornare alla End House, senza Jared, stasera … Mi è sembrato così penoso” – disse costernato.

Kevin gli massaggiò la schiena, con affetto – “Noi siamo una famiglia … sgangherata fin che vuoi, ma nessuno potrà mai disgregarci”
Colin tirò su dal naso, commuovendosi – “I bambini cercano sempre Jay, lui è capace di sedare qualunque pianto o capriccio … E’ un papà fantastico”

Le sue riflessioni andavano a ruota libera, mentre gli amici lo ascoltavano attenti ed alleviavano la sua malinconia, in un silenzio colmo di significati, dove la voce di Farrell sembrava disegnare arabeschi vividi, della stessa consistenza dei sogni eppure così concreti, così unici.





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