Capitolo n. 104 - zen
La stanza in fondo al
corridoio della mansarda non aveva la cupola in vetro, come quella in cui Robert
aveva dormito insieme a Glam, durante la loro breve relazione.
C’era un soffitto a
cassettoni in legno avorio, molto particolare, di ispirazione indiana.
“Bello qui … Non
proprio in stile marinaro” – Jude sorrise, varcando la soglia con il marito,
che aveva chiesto di ritirarsi presto, dopo una cena leggera.
“Scusami … ho un
sonno”
“Non preoccuparti
Rob, anche se la compagnia era simpatica, tu vieni prima di tutto, lo sai” – e gli
diede un bacio, restando nella penombra, intervallata dai fasci di luce,
provenienti dal solarium, dove potenti lampade alogene illuminavano il giardino
intorno all’abitazione di Palm Springs
“A Camilla ci pensa
Pam?”
“Sì Rob … Non me l’aspettavo,
qui con noi, intendo” – disse aiutandolo a spogliarsi.
“Ha in grembo il bimbo di Glam e lui è molto premuroso, lo
abbiamo visto” – replicò dolce.
“Sì, domani hanno la
prima ecografia, erano emozionati, li posso capire”
Downey arricciò il
naso, ma poi valutò logico il ragionamento di Jude, padre quanto lui, di alcuni
figli naturali.
“Lula accoglie sempre
con gioia ciò che riguarda il padre … Cioè anche le notizie più delicate o …
scabrose, non mi riferisco a questa, ovviamente Robert”
“Soldino ci insegna
ad accettare il corso della vita, ho questa impressione …” – ribatté assorto,
sistemandosi tra i cuscini, in mezzo al letto in mogano.
“Già … l’amore che
scivola, che ci accompagna, che ci sfiora o ci rapisce … L’amore e basta, fatto
di serenità e non di possesso, gelosie, egoismi … Che sia quello migliore?” –
domandò affascinato Law, ormai nudo ed allacciato al suo uomo, ancora in boxer.
Downey lo baciò tra i
capelli radi, con tenerezza – “Un amore tranquillo, senza intoppi? ...”
“Non direi … Un amore
fatto di intense emozioni, dove la felicità deriva realmente nel vedere chi si
ama realizzato, anche non per merito nostro …” – spiegò quasi con timidezza.
Rob sorrise,
scivolando di poco, per guardarlo.
“Siamo saliti così in
alto, Jude, dopo essere caduti tanto in basso?”
“Forse … Ed è merito
tuo, tesoro”
“Non lo so, non penso
che”
Law lo stoppò, con un
bacio carico di ciò che sentiva salirgli dal cuore, senza più esitazioni.
Preston si spingeva
talmente intenso in lui, che Denny lo percepiva ovunque, dall’addome, alla
gola, dove i singulti del medico sembravano precipitare, mentre le loro bocche
non riuscivano più a staccarsi, durante quell’amplesso in auto.
Erano scomodi, sull’utilitaria
di McIntyre eppure era così pulito ed autentico, ciò che avveniva tra loro, da
quando avevano deciso di provarci.
Tanto diversi eppure
tanto simili, anche nella caparbietà di non rinunciare all’amore.
Ora, guardavano le
stelle, dal tettuccio apribile e mezzo scassato.
“I tuoi lo sanno,
Preston?” – chiese improvviso il giovane avvocato, passandogli una sigaretta,
già fumata per metà.
“Cosa?”
“Che sei gay”
“Sì, certo, lo sa
praticamente chiunque con cui ho a che fare, mai nascosto nulla”
“Anche i tuoi
pazienti?” – e lo scrutò, girandosi sul fianco e dando una ginocchiata alla
leva del cambio.
“Ehi sta attento” – Preston
rise leggero.
“Poi ci sei tu che mi
curi, vero?”
“Sì amore”
Lo disse senza
forzature, come se fosse la maniera più naturale di interagire con Denny, che
arrise a quella purezza, come incantato.
“C’è ancora lo
spauracchio dell’Aids, lo ammetto, anche se è uno sbaglio, ciò nonostante evito
di aprirmi con gli sconosciuti, prima mi riferivo ad amici, colleghi e famiglia
… E poi non è che dopo averti fatto l’anamnesi, me ne esco con a proposito, io sono omosessuale, sa?”
“Sì ovvio … Gli studi
legali sono pieni zeppi di omofobi”
“Lo immagino, è una
casta molto gretta, mi spiace pensarla così”
“Hai ragione Preston,
chi meglio di me può dirlo? Ho faticato parecchio per integrarmi e con Geffen
non è stata una passeggiata”
“Niente …
favoritismi?”
“A che titolo?”
“Credevo che … Ok, ho
fatto una gaffe, sorry Denny”
“In effetti è
successo, ma ormai ero affermato e poi niente di serio” – arrossì.
McIntyre a propria
volta si voltò, speculare a lui.
“Eppure quando Glam
si rivolge a te, non riesci ad essere … algido e distaccato”
“Come potrei? Ho
sofferto da cani per quell’attentato, se non gli avessi dato retta neppure mi
sarei trovato in quell’inferno, poi lui mi ha assistito, ma non per amore,
semmai per i sensi di colpa, senza contare che fuggiva dai suoi casini”
“Mi piace quando sei
obiettivo” – sorrise, dandogli un bacio caldo.
Denny tremò.
Prese fiato, prima di
rivelargli il proprio pensiero – “Sai quelli prima di te, Preston, mi hanno
deluso, amareggiato … Tu, però, se dovessi usarmi o ferirmi, mi spezzeresti
davvero il cuore …”
L’oncologo gli sfiorò
gli zigomi, con le dita della mano sinistra, poi lo baciò nel collo, facendolo
trasalire di piacere ed eccitandolo nuovamente – “Perché dovrei farlo …?” –
chiese roco.
“Era solo … un’ipotesi”
– balbettò inerme.
Denny non si era mai
sentito così vulnerabile.
“Preferisco
dimostrare con i fatti, più che con le parole, ciò che sento per chi amo, Denny”
– disse sospirando, rialzandosi per vestirsi.
“Andiamo già via?”
“Sono di turno
piccolo …”
“Ecco chi è il tuo
amante, il lavoro” – sbottò simpatico.
Preston rise con lui –
“In effetti … Spero non diventi mai un problema, tra noi”
“Lo spero anch’io …”
Robert lo voleva a
tutti i costi.
Riprendersi ogni
frammento del loro passato, di ciò che avevano condiviso, lui e Jude, anche se
non era la prima volta, quando fecero l’amore, però fu, in assoluto, la
migliore.
In precedenza certe
cose accaddero per necessità o, peggio, per pura violenza, come quella subita
in carcere da Downey, quando le attenzioni di un uomo, non erano più
indispensabili per procurarsi la droga, ma semplicemente un abuso gretto e
spietato.
Jude visse il
medesimo, bieco, atto vandalico, da parte di alcuni studenti, un ricordo
sbiaditosi nel tempo, per fortuna.
Erano successe tante
cose belle, nel suo percorso, dopo, e poi arrivò Robert, con la sua spavalda ed
affascinante voglia di rivalsa, pienamente riuscita, anche grazie all’inglese,
di cui si innamorò perdutamente.
Cavalcarlo, tenendosi
alla spalliera massiccia e scura, fu per Robert l’ennesima rivincita, ma la
malattia era subdola, cattiva.
I suoi muscoli
dolevano, anche in punti, che mai gli avevano dato noia.
Ancora pochi
movimenti ed anche ciò che aveva dentro, iniziò a fargli male, un male
insopportabile: provò a resistere, a proseguire, guardando Jude, che trasudava
estasi e gratitudine.
Robert si piegò a
baciarlo, ma non vi era nulla di sensuale, anzi, ad entrambi sembrò una spiga
di grano, che si fletteva nel vento, oppressa da una forza devastante e
maligna.
L’attore scoppiò in
lacrime e Law si spaventò.
“Tesoro …!”
Uscì piano da lui, ma
fu tremendo e lacerante, nonostante la cura con cui Jude lo fece, capendo
immediatamente la ragione delle espressioni, che stavano segnando dolorosamente
il viso del compagno.
“Mio Dio …” – gemette
Robert, accasciandosi di lato.
Law lo avvolse amorevole
– “Vuoi che chiami qualcuno? Mason oppure”
“No … No, rimani qui …
Ho solo bisogno di … respirare e di te, Jude … Mi dispiace, mi dispiace così
tanto” – singhiozzò con pudore, come se si vergognasse persino di esistere.
Quel mondo rigettava
i suoi desideri, le sue aspirazioni, la sua rinascita.
“Io sono qui Robert …
E ti amo da impazzire” – lo strinse maggiormente, vedendo che si stava
rilassando a poco a poco.
“Ho … ho freddo”
“Prendo una coperta,
torno subito cucciolo”
Jude si precipitò nel
corridoio, dove aveva notato un cassettone per la biancheria e fortunatamente
trovò ciò che stava cercando.
Tornò da Robert,
trovandolo assopito ed avvinghiato al cuscino.
Si rannicchiò,
aderendo al suo corpo gracile, sotto quella coltre e non si sarebbe mosso,
anche se faceva un caldo quasi torrido; spense infatti anche il condizionatore.
Avrebbe fatto
qualsiasi cosa per lui: se lo ripeteva di continuo, come un mantra, al quale
aggrapparsi nei momenti più duri, proprio come quello attuale.
Colin si avvicinò ai
gazebo, portando una bottiglia di champagne ghiacciato.
Geffen quando lo
vide, rimase interdetto.
“Ciao … Benvenuto,
non sapevo che saresti passato”
“Spero di non
disturbare” – replicò esitante l’irlandese.
“Affatto, mi fa
piacere vederti: come sta Jared?”
“Rimane in ospedale,
per stanotte”
“Come mai?” – chiese preoccupato
Glam.
“Jim gli ha
somministrato un sedativo, ha avuto una crisi di panico, ma l’abbiamo risolta
subito, anche grazie a Tom”
Kevin li raggiunse,
capendo che c’era qualche problema.
Farrell gli fece la
stessa cronaca dei fatti, andandosi poi ad accomodare con loro, sopra a dei
materassini, piazzati intorno ad una tavola ancora imbandita.
“Hai appetito?” –
domandò Pamela e Colin annuì.
“Vuoi un po’ della
mia paella?”
“Sì, grazie Pam … Come
stai?”
“Bene, domani
facciamo il primo monitoraggio a questo guapito, come direbbe Xavier”
Farrell sorrise
partecipe: l’arrivo di un bimbo lo coinvolgeva costantemente a livello emotivo.
Tim gli versò da
bere, mentre Vassily e Peter, facevano giocare Drake, Lula e Camilla.
“Tornare alla End
House, senza Jared, stasera … Mi è sembrato così penoso” – disse costernato.
Kevin gli massaggiò
la schiena, con affetto – “Noi siamo una famiglia … sgangherata fin che vuoi,
ma nessuno potrà mai disgregarci”
Colin tirò su dal
naso, commuovendosi – “I bambini cercano sempre Jay, lui è capace di sedare
qualunque pianto o capriccio … E’ un papà fantastico”
Le sue riflessioni
andavano a ruota libera, mentre gli amici lo ascoltavano attenti ed alleviavano
la sua malinconia, in un silenzio colmo di significati, dove la voce di Farrell
sembrava disegnare arabeschi vividi, della stessa consistenza dei sogni eppure
così concreti, così unici.
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