Capitolo n. 97 - zen
Kurt appoggiò l’orecchio
destro sull’addome di David.
Si erano rilassati,
nel silenzio della loro stanza, destinata agli ospiti, senza mai usare quella
principale, per rispetto alla memoria di Brandon.
Avevano fatto l’amore
guardandosi, con infinita calma e dolcezza.
Il sesso tra i due
non aveva nulla di rocambolesco, febbrile e spavaldo, come gli amplessi che
Kurt aveva consumato con i ragazzi rimorchiati nei bar, almeno finché Rossi non
rientrò nella sua vita, colmandola di serenità.
“Houston abbiamo un
problema … troppe melanzane ancora in circolo dal matrimonio di Jim e Hugh” –
bisbigliò Kurt ridendo.
Dave gli accarezzò i
capelli – “Rimani lì …”
“Certo …” – disse sbirciandolo
da quella prospettiva, mentre l’uomo inclinava la testa, con il braccio
sinistro piegato dietro la nuca.
“E’ stata una bella
cerimonia”
“Sì … Sono davvero
innamorati, dopo tutto quel tempo”
“Un miracolo, Kurt?” –
sorrise.
“Forse … Certo che
crescere insieme, dall’università, poi lavorare nello stesso posto, forse ti
tarpa un pochino le ali”
“Mi pare si siano
anche sposati nel frattempo”
“Con donne che li
hanno delusi, da quello che so”
“Il tuo gossip con
Jamie?”
“Infatti” – e sorridendo,
risalì – “Scusa Dave, ma ho bisogno di questo …” – e lo baciò suadente.
Jared crollò sul
divano.
“Troppe emozioni?” –
gli chiese dolcemente Colin.
Leto annuì, accarezzandogli
il volto, mentre l’attore rimaneva in ginocchio davanti a lui – “Che spavento …
Credi che Robert sia fuori pericolo?”
“Preston dice di sì”
“Lui e Jim non
avevano previsto questi effetti collaterali”
“Forse ogni paziente
reagisce in maniera differente, non gliene farei una colpa”
“No, affatto Cole,
peraltro il tumore è regredito …”
“Questa è la buona
notizia Jay … Il resto è nelle mani di Dio”
Jared inspirò a fondo
– “Glam e Jude erano disperati”
“Trovo incredibile la
loro … Come potrei definirla? Coalizione per amore di Robert?” – Farrell sorrise
assorto.
“Già … Per amore di
Robert: l’amore ha sfumature inaspettate e sorprendenti.”- ammise con un velo
di malinconia, che l’irlandese preferì non approfondire, non quella notte.
Lula sembrava fare il
girotondo sulla spiaggia, attorniato da fasci di luce bluastra.
Glam ebbe un
sussulto, uscendo sulla veranda, nel vederlo.
“Vas puoi andare a
dormire, rimango io qui”
Il body guard si
congedò, ma non senza seguire per qualche minuto la camminata di Geffen sino al
punto in cui ora soldino di cacio stava seduto, disegnando cerchi sulla sabbia.
“Cosa sono quelli,
amore?”
“Ciao papà! Mettiti
qui, hai portato le bilie?”
“Ed io che pensavo …”
– Glam rise.
“Che fosse una mappa
astrale?” – rise anche il bimbo, facendogli l’occhiolino.
“Tesoro … ecco le
bilie e … Senti, volevo ringraziarti, per ciò che hai fatto per Robert.” –
disse emozionato.
“Anche Syria c’era …
Lei sa tutto di voi, ma soprattutto di te” – sottolineò malizioso.
“Come del resto sai
tu”
“Ovvio, tu sei il mio
papà … Mio e basta”
“Certo, ma”
“E di tutti i miei
fratellini e sorelline, ovvio”
“Ah ecco … Tu invece
sei solo mio e di Kevin” – scherzò.
“Anche di zio Jared!”
– puntualizzò allegro.
“Sì …” – il pensiero
di Leto lo emozionava sempre – “Zio Jared è stato fondamentale, anche per te,
cucciolo”
“E poi c’è zio Tim,
lui mi vuole un mondo di bene”
“Chi non te ne
vorrebbe, soldino?”
“Qualcuno ci sarà
pure … Mmmmm la maestra di geografia dice che non sto attento!”
“Questo non lo sapevo”
“Opsss” – e corrucciò
le labbra, in modo adorabile.
Geffen lo strinse sul
petto – “I miei giorni, senza di te Lula, non avrebbero senso”
“E … senza zio Robert
…?” – chiese timido.
“Lui ha Jude e poi
Camilla, ma anche una bella famiglia e …”
“Nessuno lo rende
felice quanto fai tu, papà”
“Te lo ha detto lui?”
“Certo” – sorrise – “…
come se non lo sapessi”
“Ora andiamo a
coricarci, sono a pezzi … Ne riparliamo domani, vuoi?” – domandò dolce,
rialzandosi.
Lula tracciò altre
linee, senza che Glam guardasse, abbozzando il volto di Jared: la brezza della
sera, però, lo dissolse, appena se ne furono andati via.
Jude si era fatto
sistemare una brandina, oltre la lastra da cui poteva vedere Robert e
viceversa.
L’inglese appoggiò i
palmi contro il vetro, poi mostrò un foglio ricco di colori, un disegno di
Camilla, con la scritta § I miss you
daddy § ripetendogli un “Ti amo” ascoltato da Downey a mezzo dell’interfono.
Le luci si spensero
ed entrambi presero sonno, come se fossero stretti l’uno all’altro, senza più
incubi.
“E così tu vivi qui …
Bel quartiere Denny.”
McIntyre lo aveva
accompagnato sotto casa, dopo una bella bevuta al solito bar, dove andava
spesso da solo, conoscendo tipi come Ferdy.
“Sì, c’è un vicinato …
simpatico” – sospirò, lasciando aderire stancamente la tempia al finestrino.
“Ok … io sono di turno alle sette, dovrei andare,
scusami” – disse quasi imbarazzato il medico.
Denny ebbe come uno
scossone – “Sì, cazzo … Io … Io non so bene cosa dovrò fare, in studio …” –
replicò confuso, scrutandosi le ginocchia, poi il cruscotto, infine Preston.
“Ti lascio il mio
numero se”
Denny gli afferrò gli
zigomi, baciandolo con un’enfasi estrema.
Quando si staccò, era
solo perché in carenza di ossigeno, come McIntyre, del resto.
“Per perdonami … Sono
fatto così, Preston” – ansimò, brandendo poi la maniglia dello sportello con
tutte le dita, tremanti.
I fanali di un’auto
parcheggiata dallo stesso lato del marciapiede, ma contromano, li illuminò
improvvisa ed accecante.
I giovani si
coprirono la faccia, poi video che i fasci di luce si frammentarono al
passaggio veloce di un tizio.
“Cazzo … E’ Owen …”
Denny scese, come una
furia – “Ora mi pedini?? Se non la smetti con queste buffonate ti denuncio
Rice!!” – urlò esagitato.
McIntyre scese,
circospetto, ma pronto a fare sbollire gli animi, considerato lo sguardo accusatore
di quello sconosciuto, anche se Denny gli aveva accennato del gallerista, tra
una chiacchiera ed una Beck’s.
“Hai bevuto, sei un
fottuto stronzo, dove sono le gemelle?!” – inveii, strattonandolo sul cofano.
Preston intervenne,
guadagnando una spinta ed una gomitata, che gli tolse il fiato, più di quel
bacio a sorpresa del suo nuovo amico.
“E tu chi diavolo
sei??” – Owe puntò l’oncologo, poi fulminò Denny – “Dici a me che ficco l’arnese
in gola ad uno dei miei artisti, dandogli della puttana e tu cosa stavi per
fare, eh??!”
“Ora chiamo la
polizia” – ansimò Preston, tornando verso l’abitacolo.
Denny lo bloccò – “Lascia
perdere … Vattene da qui, penso io a lui” – gli intimò sconvolto.
“Non se ne parla,
accidenti!! Questo ti ammazza di botte!” – gli urlò, per poi spingerlo sul
sedile posteriore, dopo avere aperto la portiera con uno scatto, ripartendo un
secondo dopo a tutto gas.
Rice non se lo
aspettava una simile iniziativa e volle desistere dall’inseguirli inutilmente:
tanto presto o tardi, Denny sarebbe tornato al proprio loft con le figlie e lui
non l’avrebbe mancato.
McIntyre inchiodò nel
parcheggio di un centro commerciale, dopo avere percorso quattro isolati, come
se avesse il diavolo alle calcagna.
Denny tornò davanti, lisciandosi
la barba incolta – “Guarda che non ci è venuto appresso … Non è così idiota”
Preston sbuffò,
incazzato marcio – “Oh sì certo, lui è il plurimilionario Owen Rice, che starà
già pagando degli scagnozzi per farci a fettine, dopo la lesa maestà!”
Denny lo sbirciò di
sguincio, poi scoppiò a ridere – “Per lesa cosa? Te la sei fatta sotto? Strano,
dovresti essere abituato alle emergenze” – ironizzò, recuperando una
respirazione regolare.
“Sì, ma di gente che
soffre, non di un coglione del genere!” – ribatté aspro.
Denny strizzò le
palpebre – “Sono io il coglione, Preston … E non volevo coinvolgerti in questa
diatriba del cavolo”
“Figurati, tanto sono
abituato ai disastri sentimentali, relazionali, sul lavoro, nei locali, nel mio
appartamento in subaffitto!”
“Vivi con qualcuno …?”
– chiese timido.
“No, il tizio che ci
stava prima è in Australia, per un master. Siamo cugini alla lontana.” – spiegò
– “C’è un bel terrazzo, vista oceano, non è poi così male, a me piace” – e sorrise.
Era davvero carino.
“A me piacerebbe
vederlo, allora …”
“Guarda che io non
cerco scopate facili, vorrei avere finalmente qualcuno di cui fidarmi e non
necessariamente un compagno. Tu sei splendido, mica sono cieco” – e si strinse
nelle spalle, le mani in tasca del giubbotto di pelle.
“Hai una moto Preston
…?”
“No, è un regalo di
Laurie: un giorno mi ha chiesto di levarmi dalle palle, lanciandomi questo
chiodo, urlando che solo da questa stoffa potevo annusare l’odore di Jim, tanto
già sembravo un cagnolino da lecco” – rise fragoroso.
Denny era un po’
allibito – “Ti ha offeso in quel modo e tu”
“Maddai, Hugh è
unico, mica ti devi scandalizzare, se no è peggio: io mi sono sfilato i jeans e
glieli ho tirati, esclamando che solo così anche Mason poteva fare altrettanto,
con il mio doccia schiuma”
“Oh miseria … un
delirio ahahahahh”
“Appunto: concluso
con un Hai delle belle gambe moccioso!
Al che ho ringraziato, facendo l’inchino e sparendo con la sua giacca da
fighetto”
“Ottimo lavoro” – ed inspirò,
rivolgendo i suoi specchi azzurri verso il piazzale.
Preston avvertiva un
nodo allo stomaco, poi se ne liberò – “Lo vuoi ancora vedere … il mio alloggio?”
“Sì, certo …” – Denny
gli sorrise.
Ripartirono, mentre l’insegna
al neon del market, non ne voleva sapere di funzionare.
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