lunedì 22 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 97


Capitolo n. 97  -  zen


Kurt appoggiò l’orecchio destro sull’addome di David.
Si erano rilassati, nel silenzio della loro stanza, destinata agli ospiti, senza mai usare quella principale, per rispetto alla memoria di Brandon.
Avevano fatto l’amore guardandosi, con infinita calma e dolcezza.
Il sesso tra i due non aveva nulla di rocambolesco, febbrile e spavaldo, come gli amplessi che Kurt aveva consumato con i ragazzi rimorchiati nei bar, almeno finché Rossi non rientrò nella sua vita, colmandola di serenità.

“Houston abbiamo un problema … troppe melanzane ancora in circolo dal matrimonio di Jim e Hugh” – bisbigliò Kurt ridendo.
Dave gli accarezzò i capelli – “Rimani lì …”
“Certo …” – disse sbirciandolo da quella prospettiva, mentre l’uomo inclinava la testa, con il braccio sinistro piegato dietro la nuca.
“E’ stata una bella cerimonia”
“Sì … Sono davvero innamorati, dopo tutto quel tempo”
“Un miracolo, Kurt?” – sorrise.
“Forse … Certo che crescere insieme, dall’università, poi lavorare nello stesso posto, forse ti tarpa un pochino le ali”
“Mi pare si siano anche sposati nel frattempo”
“Con donne che li hanno delusi, da quello che so”
“Il tuo gossip con Jamie?”
“Infatti” – e sorridendo, risalì – “Scusa Dave, ma ho bisogno di questo …” – e lo baciò suadente.


Jared crollò sul divano.
“Troppe emozioni?” – gli chiese dolcemente Colin.
Leto annuì, accarezzandogli il volto, mentre l’attore rimaneva in ginocchio davanti a lui – “Che spavento … Credi che Robert sia fuori pericolo?”
“Preston dice di sì”
“Lui e Jim non avevano previsto questi effetti collaterali”
“Forse ogni paziente reagisce in maniera differente, non gliene farei una colpa”
“No, affatto Cole, peraltro il tumore è regredito …”
“Questa è la buona notizia Jay … Il resto è nelle mani di Dio”
Jared inspirò a fondo – “Glam e Jude erano disperati”
“Trovo incredibile la loro … Come potrei definirla? Coalizione per amore di Robert?” – Farrell sorrise assorto.
“Già … Per amore di Robert: l’amore ha sfumature inaspettate e sorprendenti.”- ammise con un velo di malinconia, che l’irlandese preferì non approfondire, non quella notte.


Lula sembrava fare il girotondo sulla spiaggia, attorniato da fasci di luce bluastra.
Glam ebbe un sussulto, uscendo sulla veranda, nel vederlo.
“Vas puoi andare a dormire, rimango io qui”
Il body guard si congedò, ma non senza seguire per qualche minuto la camminata di Geffen sino al punto in cui ora soldino di cacio stava seduto, disegnando cerchi sulla sabbia.

“Cosa sono quelli, amore?”
“Ciao papà! Mettiti qui, hai portato le bilie?”
“Ed io che pensavo …” – Glam rise.
“Che fosse una mappa astrale?” – rise anche il bimbo, facendogli l’occhiolino.
“Tesoro … ecco le bilie e … Senti, volevo ringraziarti, per ciò che hai fatto per Robert.” – disse emozionato.
“Anche Syria c’era … Lei sa tutto di voi, ma soprattutto di te” – sottolineò malizioso.
“Come del resto sai tu”
“Ovvio, tu sei il mio papà … Mio e basta”
“Certo, ma”
“E di tutti i miei fratellini e sorelline, ovvio”
“Ah ecco … Tu invece sei solo mio e di Kevin” – scherzò.
“Anche di zio Jared!” – puntualizzò allegro.
“Sì …” – il pensiero di Leto lo emozionava sempre – “Zio Jared è stato fondamentale, anche per te, cucciolo”
“E poi c’è zio Tim, lui mi vuole un mondo di bene”
“Chi non te ne vorrebbe, soldino?”
“Qualcuno ci sarà pure … Mmmmm la maestra di geografia dice che non sto attento!”
“Questo non lo sapevo”
“Opsss” – e corrucciò le labbra, in modo adorabile.
Geffen lo strinse sul petto – “I miei giorni, senza di te Lula, non avrebbero senso”
“E … senza zio Robert …?” – chiese timido.
“Lui ha Jude e poi Camilla, ma anche una bella famiglia e …”
“Nessuno lo rende felice quanto fai tu, papà”
“Te lo ha detto lui?”
“Certo” – sorrise – “… come se non lo sapessi”
“Ora andiamo a coricarci, sono a pezzi … Ne riparliamo domani, vuoi?” – domandò dolce, rialzandosi.
Lula tracciò altre linee, senza che Glam guardasse, abbozzando il volto di Jared: la brezza della sera, però, lo dissolse, appena se ne furono andati via.


Jude si era fatto sistemare una brandina, oltre la lastra da cui poteva vedere Robert e viceversa.
L’inglese appoggiò i palmi contro il vetro, poi mostrò un foglio ricco di colori, un disegno di Camilla, con la scritta § I miss you daddy § ripetendogli un “Ti amo” ascoltato da Downey a mezzo dell’interfono.
Le luci si spensero ed entrambi presero sonno, come se fossero stretti l’uno all’altro, senza più incubi.


“E così tu vivi qui … Bel quartiere Denny.”
McIntyre lo aveva accompagnato sotto casa, dopo una bella bevuta al solito bar, dove andava spesso da solo, conoscendo tipi come Ferdy.
“Sì, c’è un vicinato … simpatico” – sospirò, lasciando aderire stancamente la tempia al finestrino.
“Ok … io  sono di turno alle sette, dovrei andare, scusami” – disse quasi imbarazzato il medico.
Denny ebbe come uno scossone – “Sì, cazzo … Io … Io non so bene cosa dovrò fare, in studio …” – replicò confuso, scrutandosi le ginocchia, poi il cruscotto, infine Preston.
“Ti lascio il mio numero se”
Denny gli afferrò gli zigomi, baciandolo con un’enfasi estrema.
Quando si staccò, era solo perché in carenza di ossigeno, come McIntyre, del resto.
“Per perdonami … Sono fatto così, Preston” ­– ansimò, brandendo poi la maniglia dello sportello con tutte le dita, tremanti.
I fanali di un’auto parcheggiata dallo stesso lato del marciapiede, ma contromano, li illuminò improvvisa ed accecante.
I giovani si coprirono la faccia, poi video che i fasci di luce si frammentarono al passaggio veloce di un tizio.

“Cazzo … E’ Owen …”
Denny scese, come una furia – “Ora mi pedini?? Se non la smetti con queste buffonate ti denuncio Rice!!” – urlò esagitato.
McIntyre scese, circospetto, ma pronto a fare sbollire gli animi, considerato lo sguardo accusatore di quello sconosciuto, anche se Denny gli aveva accennato del gallerista, tra una chiacchiera ed una Beck’s.

“Hai bevuto, sei un fottuto stronzo, dove sono le gemelle?!” – inveii, strattonandolo sul cofano.
Preston intervenne, guadagnando una spinta ed una gomitata, che gli tolse il fiato, più di quel bacio a sorpresa del suo nuovo amico.
“E tu chi diavolo sei??” – Owe puntò l’oncologo, poi fulminò Denny – “Dici a me che ficco l’arnese in gola ad uno dei miei artisti, dandogli della puttana e tu cosa stavi per fare, eh??!”
“Ora chiamo la polizia” – ansimò Preston, tornando verso l’abitacolo.
Denny lo bloccò – “Lascia perdere … Vattene da qui, penso io a lui” – gli intimò sconvolto.
“Non se ne parla, accidenti!! Questo ti ammazza di botte!” – gli urlò, per poi spingerlo sul sedile posteriore, dopo avere aperto la portiera con uno scatto, ripartendo un secondo dopo a tutto gas.
Rice non se lo aspettava una simile iniziativa e volle desistere dall’inseguirli inutilmente: tanto presto o tardi, Denny sarebbe tornato al proprio loft con le figlie e lui non l’avrebbe mancato.


McIntyre inchiodò nel parcheggio di un centro commerciale, dopo avere percorso quattro isolati, come se avesse il diavolo alle calcagna.
Denny tornò davanti, lisciandosi la barba incolta – “Guarda che non ci è venuto appresso … Non è così idiota”
Preston sbuffò, incazzato marcio – “Oh sì certo, lui è il plurimilionario Owen Rice, che starà già pagando degli scagnozzi per farci a fettine, dopo la lesa maestà!”
Denny lo sbirciò di sguincio, poi scoppiò a ridere – “Per lesa cosa? Te la sei fatta sotto? Strano, dovresti essere abituato alle emergenze” – ironizzò, recuperando una respirazione regolare.
“Sì, ma di gente che soffre, non di un coglione del genere!” – ribatté aspro.
Denny strizzò le palpebre – “Sono io il coglione, Preston … E non volevo coinvolgerti in questa diatriba del cavolo”
“Figurati, tanto sono abituato ai disastri sentimentali, relazionali, sul lavoro, nei locali, nel mio appartamento in subaffitto!”
“Vivi con qualcuno …?” – chiese timido.
“No, il tizio che ci stava prima è in Australia, per un master. Siamo cugini alla lontana.” – spiegò – “C’è un bel terrazzo, vista oceano, non è poi così male, a me piace” – e sorrise.
Era davvero carino.
“A me piacerebbe vederlo, allora …”
“Guarda che io non cerco scopate facili, vorrei avere finalmente qualcuno di cui fidarmi e non necessariamente un compagno. Tu sei splendido, mica sono cieco” – e si strinse nelle spalle, le mani in tasca del giubbotto di pelle.
“Hai una moto Preston …?”
“No, è un regalo di Laurie: un giorno mi ha chiesto di levarmi dalle palle, lanciandomi questo chiodo, urlando che solo da questa stoffa potevo annusare l’odore di Jim, tanto già sembravo un cagnolino da lecco” – rise fragoroso.
Denny era un po’ allibito – “Ti ha offeso in quel modo e tu”
“Maddai, Hugh è unico, mica ti devi scandalizzare, se no è peggio: io mi sono sfilato i jeans e glieli ho tirati, esclamando che solo così anche Mason poteva fare altrettanto, con il mio doccia schiuma”
“Oh miseria … un delirio ahahahahh”
“Appunto: concluso con un Hai delle belle gambe moccioso! Al che ho ringraziato, facendo l’inchino e sparendo con la sua giacca da fighetto”
“Ottimo lavoro” – ed inspirò, rivolgendo i suoi specchi azzurri verso il piazzale.
Preston avvertiva un nodo allo stomaco, poi se ne liberò – “Lo vuoi ancora vedere … il mio alloggio?”
“Sì, certo …” – Denny gli sorrise.
Ripartirono, mentre l’insegna al neon del market, non ne voleva sapere di funzionare.








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