Capitolo n. 86 - zen
Cercami
“Guarda com’eri
piccino … tutto occhioni, un po’ imbronciato” – Geffen rise, stringendo sotto l’ala
Lula, mentre guardavano un vecchio album di fotografie.
Il bimbo sventolò il
suo bradipo – “Perché mi mancava questo!”
“Ah allora capisco …
Facciamo nanna, che ne dici soldino?”
“Okkeiii!”
“Metti a cuccia Brady
… Non te ne separerai mai, vero? Fino alla morte” – scherzò, girandosi verso il
comodino per regolare la sveglia.
L’avvocato, alle sue
spalle sentì come un gelo e la voce di Lula, un attimo prima squillante,
rimbombare per la stanza in un’eco strana – “Ma
io sono già morto, papà …”
Geffen si voltò di
scatto, vedendo che al suo fianco c’erano unicamente il libro ed il peluche – “Lula
…” – disse sommesso – “LULA!!!”
Si destò in un bagno
di sudore: gli sembrò così reale, ma il figlio era raggomitolato lì, accanto a
lui, beatamente nel mondo dei sogni, come sembrava dalla sua espressione serena
ed adorabile.
“Io lo amo troppo … E’
una dipendenza”
Le parole di Glam
suonarono perplesse ed afflitte.
Il dottor Laurie lo
squadrò: stavano parlando da un paio d’ore.
“Con un musino così,
è inevitabile!” – e l’analista gli mostrò uno scatto di Lula, tratto da una
rivista, dove un reporter aveva scritto una biografia piuttosto dettagliata di
Geffen, arricchita da una galleria di immagini davvero notevole.
Erano seduti ai lati
opposti di una scrivania ricoperta di fascicoli, cruciverba, posacenere in
cristallo e portachiavi con i marchi di varie case automobilistiche.
In compenso lo
psicologo girava in moto: il suo casco era appeso, così il suo chiodo in pelle
consumata.
Indossava una camicia
azzurra, come i suoi occhi, puntati come spilli su Geffen.
“Quindi?” – esclamò improvviso.
“Eh …? Ok, lo so che
Lula è unico, molto intelligente, sa? Più del sottoscritto” – rise mesto.
“Mi parlava di Matt …”
“Cambiamo argomento,
così?”
“E perché no?
Vogliamo darci anche del tu, Glam?” – propose educato.
“Sì, certo … Dunque
Matt … Un bel delirio secondo il mio ex”
“Questo?” – e,
girando pagina, spuntò anche la faccia di Kevin.
“Abbiamo adottato
Lula insieme … Prima io e poi lui …”
“Dicevamo di Matt …?”
– volle insistere, sibillino.
“Glielo devo”
“Cosa?”
“Il mio sostegno, è
un ragazzo innocente”
“Non devi convincere
me, ma Kevin, di questo” – rise.
“Mi danno tutti
addosso, anche Jared, ovvio”
“E Robert no?” –
altra pagina, i due artisti affiancati, in un gioco, che il giornalista
proponeva con un chi preferite tra Donwey
e Leto?
“Lui è malato, in
questo periodo, una recidiva …” – gli occhi di Geffen si riempirono di lacrime.
“La tua emozione non
conosce freni inibitori, appena parliamo di lui. Ne sei molto innamorato, vero?”
“Non voglio perderlo …
Come con Lula … Ci sono due body guard, due giganti buoni, sovietici, che lo
seguono ad ogni passo, come se potesse servire …”
“Mentre accanto a
Robert, c’è suo marito, nonostante la vostra relazione adulterina … O non era
così?”
“E’ complicato … Lui
aveva lasciato Jude, per valide ragioni, però non ha mai smesso di amarlo …”
“Così tu, con lui,
una catena, un cane che si morde la coda od un serpente?”
“Quale devo
scegliere, per vincere la bambolina, doc?” – e rise sconsolato.
“Tanto il risultato
non cambia: a te non piacciono le cose semplici, lineari, sensate, devo
ammetterlo … Forse per questo sei il centro di tanti mondi, in un universo
dove, alla fine, rimani solo.”
“Questo lo avevo
capito anch’io …”
“Senza sborsare
duecento dollari? Sì, sei abbastanza sveglio” – ghignò, facendo ridere Glam.
“No, mi incasino la
vita di continuo … Anche con Pamela … Ci sono finito a letto dopo secoli”
“La madre delle … due
gemelle?”
“Sì, lei …”
“Un porto sicuro,
anche a me è capitato”
“Sei sposato?”
“No … Non più, insomma
… Sono zitello, come lui, ci siamo trovati” – e mostrò una cornice d’argento.
“Mason? L’oncologo?
Sei gay?!”
“Oh mamma, chiamate
la sicurezza, ci faccio anche sesso, ti stupisci?!”
Geffen sbarrò le
palpebre – “No … Ma perché me lo stai dicendo?”
“L’ho fatto prima che
me lo chiedessi”
“In mezzo a questo
casino non mi ero accorto della tua reliquia” – Glam rise di nuovo, più
rilassato.
“Jim è la persona più
dolce che io conosca, l’unica che mi sopporti … Per questo lo amo … Anche perché
il suo fondoschiena non è più sodo come vent’anni fa!”
“State insieme da
così tanto …?” – domandò incuriosito.
“Ci conosciamo dall’università
… Più o meno … E lavoriamo qui dal Paleolitico …”
“Lui cura Robert”
“Sì lo so … Sono
passato dal suo studio ed ho incrociato Holmes e Watson”
“Già … Si sono innamorati
nel bel mezzo di una gigantesca finzione …”
“Cosa invidi al loro
legame?”
“Ti sembro invidioso,
doc?”
“La smetti di
chiamarmi così, non sono mica un cane e neppure il poppante di Shining!”
Geffen sospirò – “Mason
è un santo …”
“Proviamo questo
collirio Robert …”
“Grazie Jim”
Mason era gentile,
come sempre.
Aveva qualcosa di tenero
nei gesti, ma anche colpevole, come se si scusasse con i suoi pazienti, per le
brutte notizie, che spesso riportava loro, dopo diagnosi sempre accurate.
Jude prese dei
kleenex, per tamponare la lacrimazione del compagno, che non smetteva di guardarlo,
rassicurato dalla sua presenza.
“Sei un tesoro …” –
disse fievole.
“Io ti amo Robert …
Lo farei comunque, perché sei simpatico” – e gli schiacciò l’occhiolino,
facendo ridere anche Mason.
Geffen bussò dal
vetro, affiancato da Laurie.
Jim avvampò.
“E tu cosa ci fai
qui?” – chiese, attivando l’interfono.
“Sono venuto a
trovare il mio fidanzato e preciso che non si tratta né del bel signore biondo
in piedi, né di quello molto sexy spalmato sul tuo tavolo delle torture,
quindi, escludendo il qui presente Glam, rimani solo tu, orsacchiotto!”
“Oh miseria” –
bofonchiò Mason, mentre gli altri si guardarono divertiti.
“Carino lui” –
bisbigliò l’americano.
“Quando mi chiama
così o me l’ha fatta o me la sta per fare, credetemi.”
Fuori stava
diluviando.
Il clima di Quantico
era piuttosto instabile.
Morgan sbuffò, affacciato
alla finestra sul giardino di Rossi, che stava aiutando Reid a sistemare il
passeggino di Gregory, ormai addormentatosi, dopo una lauta poppata.
“Potreste rimanere
qui …” – propose cauto, preoccupandosi delle intemperie, anche se il piccolo
era ampiamente protetto, per andare dal porticato al suv di Derek.
“No, ti ringrazio
Dave, ma domani abbiamo la visita dell’assistente sociale … E quindi dobbiamo
farci trovare nel nostro appartamento” – replicò Spencer, agitandosi al solo
pensiero.
Rossi lo abbracciò – “Non
farti paranoie, ok?”
“Ok …” – e gli
sorrise, devoto.
“Ehi c’è un taxi,
aspettavi qualcuno David?”
“No Derek …”
Suonarono un istante
dopo.
L’agente andò ad
aprire, ritrovandosi davanti chi non si aspettava, in quella serata di maggio.
“Kurt …?”
“Ciao Dave … ero in
giro per il mondo e mi sono fermato qui” – gli sorrise, per poi volargli sul
petto, dove Rossi lo accolse con immensa gioia.
Reid lo salutò
freddamente, mentre Morgan fu più gentile.
Entrambi, con il loro
cucciolo, si dileguarono, senza aggiungere molto ai convenevoli di circostanza.
Rossi diede loro la
buonanotte con tranquillità apparente, mentre il cuore gli stava scalpitando in
gola.
“Hai mangiato, Kurt?”
“Sì … no, insomma
sull’aereo non c’era granché” – e sorrise imbarazzato, togliendosi il giubbotto
modaiolo.
“Ti piacciono le
lasagne?”
“Un sacco!”
“Allora andiamo di
là, ce ne sono due porzioni, le scaldo, mentre tu apparecchi, ok? Deve esserci
ancora del vino …” – disse armeggiando con una teglia, ormai in cucina, dove
Kurt lo seguì.
“Sì … ok, ma io” –
non finì la frase, perché l’urgenza di baciarlo dilagava in ogni suo gesto.
Rossi si sciolse in
quella presa, con cui Kurt gli artigliò la nuca, spingendosi con la propria
bocca nella sua, con una passione inaudita.
Sembrarono fondersi,
percependo ogni minima sensazione, dai loro inguini, alle lingue curiose e
voraci, così le labbra, prodighe di innumerevoli baci e leggeri morsi, di pura
frenesia erotica.
I rispettivi corpi,
ne reclamarono la compiutezza, assolutamente e senza indugiare oltre.
Ed un omaggio anche a Hugh Laurie, il mitico Dottor House, che per Zen diventa psicologo in un cameo d'eccezione ;)
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