giovedì 18 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 93


Capitolo n. 93  -  zen




Quel pezzo era più vecchio di lui, ma a Kurt faceva impazzire, in particolare quando si faceva di fumo e portava qualcuno a casa per scopare, preferibilmente uno sconosciuto, rimorchiato in qualche bar.
Era come un tuffo nel passato, se fosse stato single e senza nessuno nel cuore, mentre invece, ora, sebbene alienato al limite della decenza, riusciva a rendersi conto di quanto si facesse schifo.

Il campanello gli rimbombò nel cervello, ma la confusione ed il baccano lo portarono dapprima a rispondere al video citofono, poi al cellulare, infine capì che c’era qualcuno oltre la blindata.
Ridacchiando come uno scemo la spalancò, ritrovandosi sulla soglia David, all’apparenza non impressionato da quel triste spettacolo.

“Ciao Kurt”
“E tu … tu cosa cazzo ci fai qui?” – biascicò appoggiandosi allo stipite, per poi scivolarci contro, come un fantoccio.
Rossi lo afferrò per i fianchi, abbracciandolo forte – “Tesoro adesso calmati” – gli mormorò angosciato, ma Kurt lo respinse feroce.
“Vai a spargere la tua pietà via da me!!”
“Smettila Kurt, non serve a niente. A niente. Dov’è Martin?” – chiese serio, facendosi strada nel living in disordine.
“Al … al matrimonio di Jim e quel tizio … lo strizzacervelli … Rimane alla End House per il fine settimana” – disse triste, mettendosi poi a piangere, inginocchiato sul tappeto, che con Brandon avevano acquistato a Dubai, anni prima.
“Allora vedo che non hai perduto del tutto il buon senso” – sorrise amaro, sforzandosi di non cedere alla tentazione di sfuggire a quella situazione, che immaginava ben diversa al suo arrivo.
“Mai fare sorprese” – aggiunse, sollevando Kurt, deciso a metterlo sotto una doccia fredda.
“Co cosa …?”
“Niente, un vecchio motto di mio nonno”
“Saggio … quanto sei tu Dave” – rise stordito dalla droga.
“Sì, certo …”

Transitando davanti alla camera degli ospiti, Rossi notò un giovane tra le lenzuola stropicciate, profondamente addormentato.
“E quello chi è?”
La domanda venne a sorpresa da Kurt, che neppure riconobbe quel tizio.
Dave lo guardò – “Non ne ho idea, ma posso immaginarlo”
Una bottiglia di vodka troneggiava sul comodino, tra cicche e confezioni di preservativi, di cui un paio aperte.

Rossi proseguì, sorreggendolo.
Appena in bagno, Kurt chiuse a chiave.
Si strinse all’agente, affondando il volto nel suo collo, singhiozzando piano.

“Non lasciarmi … anche se ti sto facendo ribrezzo, anche se non sono ciò che vuoi … ti prego non andare via David”
Rossi lo baciò, scivolando nel box ed aprendo l’acqua, anche se erano completamente vestiti.

Il getto gelido sembrò ridare lucidità immediata a Kurt, che tremò, nel ricongiungere le proprie labbra a quelle di Dave.
Si spogliarono, girando il miscelatore su di una temperatura più gradevole, insaponandosi poi a vicenda, con amorevole complicità.
Come al rallentatore, si adagiarono tra teli di spugna vaporosa e morbida, come la pelle tra le cosce di Kurt, che si schiusero, con naturalezza e desiderio.
Aiutandosi con un poco di gel, l’uomo lo penetrò dolcemente, come ogni suo piccolo ed immenso gesto, di conforto e di affezione puri.
Era come fondersi, la sensazione non mutò dalla loro prima ed unica volta, ma sembrava che accadesse da un tempo immemore, quel loro simbiotico modo di amarsi.
“Ti amo Dave … ti amo da morire”
Le parole si mescolarono al respiro di Kurt, in lieve affanno, per le spinte progressive dell’altro, che non smetteva di posare baci sulle sue tempie, mentre l’apice stava per cogliere entrambi.
Un’estasi capace di inebriarli e stordirli, per quanto devastante ed assoluta.


Owen era ad un passo da Denny, ma fra lui e questi si pose Geffen, con una risolutezza, che intimorì il gallerista.
Per poco.
“Io devo parlare con Denny, quindi levati di mezzo Glam!”
“Tu devi solo sparire, qui sono coinvolte delle bambine, compresa la tua: hai spezzato qualcosa di pulito, riesci a capirlo?!” – inveii, senza che Denny intervenisse.
Rice provò a spostarlo, ma Geffen non aveva intenzione di farsi da parte.
“Amore, dammi almeno una possibilità!”
“Una possibilità …” – disse alfine Denny, come esaurito dalla tensione.
“Tesoro io non volevo farti questo torto ed è” – prese fiato, finalmente davanti a lui – “… ed è come se le mie vecchie abitudini avessero preso il sopravvento, in un momento di debolezza, di cui mi vergogno profondamente”
“Le tue LURIDE abitudini Owen, anzi, le tue lerce consuetudini, da ricco e potente sbruffone, abile nell’incantare chi dici di amare, mentendo in maniera squallida, come è in sostanza la tua vita del cazzo!”
“Io … io sono innamorato di te e farò qualsiasi cosa per farmi perdonare, te lo giuro su”
Denny non lo lasciò concludere, mollandogli un sonoro ceffone.
“Non farlo …  non pronunciare il nome di July, perché non merita un simile affronto: tu non sei degno di  lei e, anche se lo detesto, Shannon meriterebbe di averne la custodia esclusiva ed io lo assisterei senza remore, se solo volesse richiederla!”
Rice provò a prendergli i polsi, ma Denny lo respinse.
“Tu sei sconvolto, ma io voglio riaverti nella mia casa, che è anche la vostra casa, tua e delle gemelle, questo lo sai Denny” – affermò in lacrime.
“Nemmeno morto Owen. Ho ancora una dignità e non mi condannerò ad un nuovo fallimento annunciato. Devo tutelare le mie bambine e che tu sia maledetto per avermi messo nell’imbarazzo deprimente di doverle turbare, a causa della tua incapacità di tenerti i pantaloni!”


Colin gli accarezzò la porzione di pelle, in mezzo alle scapole.
“Jared …”
Il respiro dell’attore sembrò spegnersi nella nuca del compagno, nudo ed in piedi di fronte allo specchio della loro stanza.
“Jay …”
“Sì … sono qui”
Le loro dita si intrecciarono, senza fretta; la cosa li eccitava allo spasimo.
L’erezione di Farrell si insinuò tra i glutei sodi ed asciutti di Jared, che sciolse il groviglio delle rispettive falangi, per appoggiare i propri palmi alla tappezzeria.
Con un’esasperante lentezza, Colin tormentò la fessura del suo amante, che stava per gridare la propria impazienza.
Per diversi minuti, l’irlandese non mancò di baciarlo, facendo agognare  a Jared il successivo affondo, lubrificato di umori e saliva, un po’ brutale, quanto appassionato, come i loro approcci primordiali.
Le braccia muscolose di Colin lo cinturarono, ad X, come se il suo sembiante ne divenisse l’armatura, di quell’angelo dagli occhi screziati di cobalto, fissi nella lastra, che rimandava le sue espressioni lussuriose ed appagate.
Le contrazioni del suo addome erano talmente vibranti, da renderlo ancora più sensuale alla vista di Farrell, ormai al limite, ma generoso nel masturbarlo, per dargli un orgasmo indimenticabile, regalandosene uno ugualmente straordinario.


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