sabato 20 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 95

Capitolo n. 95  -  zen


Era un mini alloggio, monitorato da telecamere ovunque.
“E’ lo scotto da pagare, questo?” – chiese Matt, mentre Geffen sistemava i suoi bagagli.
“Sì, mi dispiace”
“E di cosa?” – sorrise – “Almeno non è una cella … Insomma” – e si strinse nelle spalle, cercando un maglione.
“Hai freddo?”
“Un po’ … Forse lo stare sempre al chiuso …”
“Ci sarebbe anche un bracciale, dovresti metterlo Matt” – e glielo porse.
Un infermiere, impegnato a compilare dei moduli, glielo sigillò.
“Firmi qui … e qui, grazie” – poi se ne andò, chiudendo con un badge, consegnato in copia anche a Glam, senza che Matt lo sapesse.

“La piscina … posso usarla?”
“Sì, magari se prendessi un po’ di sole … domani mattina ovvio” – sorrise il legale, imbarazzato.
“Sei a disagio, Glam?”
“Forse per quelle” – ed indicò l’impianto di sicurezza.
“Saranno anche in bagno?”
“Temo di sì”
“Ok … pazienza” – e si tormentò le mani.
“L’udienza è tra dieci giorni, parlerò ancora con Kevin … Così da farti rimanere almeno qui”
“Sarebbe un bel gesto, di cui non sono degno … Se almeno potessi parlare con Lula, forse lui”
“Meglio di no, credimi. Ora vado”
“Non puoi restare ancora un po’, Glam?”
“Sì … ok, mezz’ora, non di più, devo tornare a Palm Springs”
“Da Robert?”
Geffen aggrottò la fronte – “Come fai a saperlo? No, cioè, ospito lui e Jude, dopo che …”
“Ho tirato ad indovinare.” – rise lieve – “Come sta, ha finito le radioterapie?”
“Sì, ma è provato, stanco …”
“Vedrai che ne uscirà.”


“Rob … Robert?”
Jude si era svegliato di soprassalto, con il marito sul petto, notando in lui il volto arrossato, la nuca sudata – “Tesoro … ehi, è tardi” – e gli tastò le tempie, provando a destarlo.
“Rob …”

Colin stava portando i gemelli alla nursery, così Jared la loro Florelay, quando avvertirono le urla di Law.
Farrell si precipitò.

“Jude che succede?!”
“Rob … Ha la febbre, scotta, è svenuto! Mio Dio chiama Steven e Scott! Fai presto!”


Il reparto di terapia intensiva era off limits.
Preston andava e veniva, aggiornando i familiari e gli amici di Downey.

“Si tratta dei polmoni … Un’infezione piuttosto aggressiva, inaspettata … Stiamo facendo il possibile.” – spiegò, non senza tradire un’evidente apprensione.

Jude era a pezzi.
Voleva stare vicino al compagno.
Geffen arrivò insieme ad Hopper, che si era premurato di avvisarlo tempestivamente.

“Ma non possiamo proprio andare da lui, cazzo?!” – inveii, dando un pugno al muro.
Jared ebbe un sussulto, rannicchiato su di una poltroncina, tra le braccia di Colin.
“Dicono di no …” – Jude scivolò lungo quella stessa parete, senza più lacrime.
Christopher gli diede dell’acqua, poi provò a richiamare Steven.
“Vedo se può fare un’eccezione, almeno per Jude.”

Vassily arrivò spingendo un carrello, carico di lenzuola.
Glam si sporse dalla saletta, cercando di capire cosa stesse combinando.

“Come diavolo ti sei conciato Vas …?!” – sibilò, notando il suo abbigliamento da infermiere.
Dal contenitore inferiore sbucò una manina e poi gli occhioni di Lula – “Zitto papi, siamo in missione”
“Ma cosa”
Il sovietico proseguì, mostrando un tesserino ovviamente fasullo, procurato chissà dove, ma che ingannò l’inserviente di turno.


Scott reagì piuttosto male a quell’incursione, anche se le intenzioni di Lula erano tenere, quanto convincenti.
“Zio tu devi farmi andare da Robert, è importante”
“Tesoro … Lo sai che potrei giocarmi il posto”
“Figurati!” – rise solare – “E poi il mio papà, che ti vuole tanto bene, risolverebbe il pasticcio in un … battibaleno!”
“Lula dai”
“Questo, invece, tocca a me risolverlo zio Scott. Ti supplico.” – divenne serio.
“Ok … Devi lavarti, poi indossare cuffia, casacca e pantaloni sterili e non dimenticarti le galosce” – sorrise, spostandosi con lui nelle docce apposite, sempre vigilati da Vassily.


Robert osservava le orme, che Lula stava lasciando sulla spiaggia: non erano tanto più piccole delle sue.
Sorrise, annusando l’aria salata.
“Dove stiamo andando soldino?”
“Da nessuna parte, torniamo a casa zio Robert”
E gli prese la mano.
“Sto bene qui”
“Hai tanto male?”
“No, affatto … Proprio per questo vorrei rimanere”
“Impossibile” – sospirò il cucciolo, fermandosi.
“Hai cambiato idea …?”
“No, zio … Ci stanno aspettando”
“Io … io amo tuo padre, Lula …” – lo rivelò un po’ sconcertato.
“Lo sappiamo tutti, anche zio Jude”
“Devo … devo dirglielo”
“Ma lo sa già” – rise allegro.
“Sì, ma non nel modo che io sento ora … Non ho mai smesso … accidenti a me”
“Voi grandi pensate che i sentimenti possano essere smontati e rimontati come un giocattolo, cambiandone magari la forma e vi sbagliate di grosso!” – esclamò con un saltello vivace, poi riprese il cammino.
“Lula tu … tu hai ragione … Vedi, però, noi adulti abbiamo delle responsabilità”
“Ah ecco … si chiamano così”
“Che cosa?”
“Le vostre paure … le vostre fughe”
“Tu mi detesti, perché il tuo papà ha sofferto a causa mia, Lula …”
“Ti sbagli, se no non sarei qui.” – replicò limpido, fissandolo.
“Io non avrei dovuto”
“Tutti si innamorano di papà! Diglielo anche tu Syria”
La ragazza era seduta su di uno scoglio bianco latte, avvolta in un pareo di mille colori, sembrava una farfalla.
“Syria … ma allora noi …”
“Chiudi gli occhi zio Rob … e … salta!”



Downey si portava dentro talmente tanti momenti di gioia ed amore, che ripercorrerli tutti in quel grande balzo, sopra l’oceano, gli apparve un’esperienza incredibile.
Da togliere il fiato.
Lo stesso sembrava tornargli nella gola, libera da quel tumore, da cui era guarito,  ma non senza conseguenze molto gravi.
Le sue pulsazioni andarono a stabilizzarsi: Scott lo notò, mentre assisteva a qualcosa di inspiegabile, oltre il vetro della camera 717.
Conosceva i poteri di Lula, che spesso avevano salvato Glam.
Probabilmente quel tesoro di bambino, stava facendo lo stesso con l’attore.
Era come sospeso, a lato del letto, le sue dita intrecciate a quelle di Robert, entrambi distesi, sorridenti.
Come in volo.


“Ci sono novità …?”
Hugh glielo chiese, appoggiando i palmi caldi sulle spalle di Jim, concentrato nel leggere l’ultima e-mail di Preston.
“Nessuna … Un collasso dell’apparato respiratorio, come è potuto accadere?” – disse sconfortato, per poi alzarsi, lasciando che Laurie lo stringesse.
La suite di quell’hotel era faraonica e quasi li indisponeva.
Avrebbero preferito un bungalow vicino al mare, di quelli visti al loro arrivo.

Laurie ne aveva prenotato uno, ma Jim non lo sapeva ancora.
Ci sarebbero andati il giorno seguente.

“Scusami Hugh … la nostra luna di miele ed io”
“Ne abbiamo avute anche in passato” – sorrise, poi si baciarono.
L’analista aveva dimenticato il bastone accanto al letto, così Jim lo sospinse verso di esso, ritrovando nell’altro un’inaspettata docilità.

“Sei già abbronzato sai?” – gli sussurrò Laurie nel collo, mentre Mason lo baciava sulle tempie, sfilandogli la t-shirt grigia.
Hugh fece altrettanto con il suo vogatore bianco, molto sexy sul fisico ancora piacente dell’oncologo.
“Quei tipi sono palestrati, tonici” – bofonchiò lo psicologo.
“Ma chi, Hugh?” – chiese ridendo, sbarazzandosi anche dei rispettivi boxer.
“I nostri nuovi amici …”
“E’ il loro mestiere”
“Sì, ma Geffen? Mica è un artista” – obiettò simpatico.
“Lui è … l’ombelico del mondo, ma … Io sono interessato unicamente al tuo, ok doc?”
“Non chiam”
Jim lo baciò diretto e totalizzante.
Laurie si sarebbe lasciato fare qualsiasi cosa: glielo si leggeva negli occhi innamorati e nel respiro caldo, che presto si mescolò a quello di Mason.
Intensamente.


Vassily rispuntò dal reparto, con un grande sacco sulle spalle, con sopra scritto “lavanderia”.
Il nasino di Lula si vedeva sotto la stoffa e, con uno scatto repentino, il body guard passò nella sezione riservata ai visitatori, liberandolo.

“Ma che cavolo” – disse piano Glam.
“Papà!”
La risata di soldino illuminò la stanza.
Si appese subito al genitore, salutando tutti come se fosse un eroe.
“Adesso mi spieghi …” – gli domandò dolcemente Geffen, guardandolo come non faceva con nessuno.
Jude si avvicinò, chiedendo all’avvocato di poterlo prendere lui sul petto.
“Tesoro … hai visto Robert?”
Lula annuì – “E’ di nuovo qui e gli mancate …” – guardò i due, ormai in lacrime.

Li raggiunse anche Scott, confermando il netto miglioramento di Downey.
Fu una vera festa, un sollievo impagabile.
“Quando potremo stargli accanto?” – chiese Jude in trepidazione.
“Pochi minuti, solo tu e … e Glam, se gli altri non si offendono”


Denny stava inviando curriculum a raffica, indirizzandoli agli studi di Boston e New York: aveva alcuni ex colleghi di Università in entrambe le destinazioni, anche qualche parente nella grande mela, per cui non si sarebbe sentito spaesato.
Mony e Cory erano rimaste alla End House, dove i Wong avevano allestito il consueto campo indiano.
Lui era in pensiero, ma non sopportava l’idea di avere intorno la felicità di Tomo e Shannon, anche se la famiglia era in pena per le sorti di Downey.
I piccoli, comunque, erano stati tenuti all’oscuro.

Il campanello gli diede come una scossa al cervello, talmente era assorto.
Aveva ordinato una pizza, essendo rimasto a digiuno durante il ricevimento.
Era stato orribile, così come quel buio, in cui il suo cuore stava sfiorendo.
Guardò dallo spioncino, vedendo il tizio del locale di Jonas con il solito berretto arancio e giallo.
Si frugò nelle tasche, trovando venti dollari: erano più che sufficienti.
Aprì, con un sorriso di circostanza – “Sei sempre puntuale …”
“Ciao Denny …”
“Owen?”
La porta stava per chiudersi velocemente, ma non abbastanza per impedirgli di varcare la soglia, dopo avere gettato il cartone sul tavolino dell’ingresso.
“VATTENE!”
“Denny stammi a sentire”
“Guarda che chiamo la polizia, NON SCHERZO VATTENE!!”
Rice si tolse il giubbino ed il copricapo.
“Quanto gli hai dato eh?? Quanto per corrompere Greg!??”
“Mille dollari, ma che importa” – disse svilito.
“Tu compri tutto, vero, MI FAI SCHIFO!!”
“La tua rabbia Denny … prova a guardarla, a capirla … Tu mi ami, almeno quanto ti amo io …” – e fece un passo avanti, ma un pugno lo atterrò.
Il naso del gallerista iniziò a sanguinare.
“Oh accidenti … Denny cosa pensi di ottenere, pestandomi?!”
“Denunciami, fai il cazzo che vuoi, ma fuori di qui, hai capito bastardo??!”
“Tu … tu non hai mai commesso errori?” – chiese flebile.
“Da quando sono fedele non ho fatto altro che collezionare delusioni ed inganni, sei soddisfatto?! Prima mi divertivo, senza perdere mai la testa, senza mai svendere il mio cuore! Ed avevo ragione!!”
Rice si sollevò, tamponandosi con la manica della camicia tinta avorio.
“Forse Denny … Forse. Di certo non eri il ragazzo meraviglioso, per cui Tomo, io e chissà chi altro, ha desiderato cambiare, migliorandosi …”
“I tuoi esempi … mi fanno vomitare” – la sua voce tremò.
“Avevi fiducia in me ed ora … Ora non mi concedi uno straccio di seconda possibilità … Ti sembra logico?”
“Non dopo averti visto ficcare il tuo arnese nella gola di quella puttana!” – inveii.
“E’ … è il nostro ambiente e si cercano delle scorciatoie …” – replicò accomodandosi sul divano, dopo un lieve capogiro.
L’epistassi non voleva cessare.
“Aspetta, prendo del ghiaccio, stenditi: non voglio averti sulla coscienza”
“Denny …”
“Taci, mi dai sui nervi!!” – e se ne andò in cucina.


Glam e Jude si infilarono velocemente nei box, per essere investiti da getti di vapore e disinfettante, piuttosto fastidiosi.
Persino l’intimo era sotto vuoto, così il resto dell’abbigliamento necessario per stare vicino a Downey.

“Vuoi … vorresti andare per primo?” – chiese Law educatamente.
Geffen sgranò i suoi turchesi – “Non scherzare, deve essere la tua faccina inglese, la prima cosa che Rob dovrà vedere” – si sforzò di scherzare, ma stava fremendo inquieto come non mai.
“Ok … Sai Glam ho il terrore di”
Geffen lo strinse, come aveva fatto al ricovero d’urgenza di Robert, quando i medici scoprirono la recidiva.
“Lui se la caverà, le nostre preghiere sono state ascoltate, io non posso, non voglio, non devo pensarla diversamente e tu farai altrettanto, ok?” – ribatté deciso.

Jude fece un cenno di assenso, poi gli sorrise con gratitudine, passando nel blocco successivo, dove un fascio di luce apposita, avrebbe debellato gli ultimi batteri, eventualmente ancora presenti sui tessuti ed il resto.


Era come se si recasse al loro primo appuntamento: l’agitazione era la stessa, almeno così la percepiva Jude, ma quando incrociò i carboni di Robert, l’urgenza di assorbirlo, incollandolo al proprio corpo, non fu più revocabile.
Fu come riemergere da un baratro ed entrambi non avrebbero più dimenticato l’attimo preciso, in cui ciò avvenne.



 



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