Capitolo n. 95 - zen
Era un mini alloggio,
monitorato da telecamere ovunque.
“E’ lo scotto da
pagare, questo?” – chiese Matt, mentre Geffen sistemava i suoi bagagli.
“Sì, mi dispiace”
“E di cosa?” –
sorrise – “Almeno non è una cella … Insomma” – e si strinse nelle spalle,
cercando un maglione.
“Hai freddo?”
“Un po’ … Forse lo
stare sempre al chiuso …”
“Ci sarebbe anche un
bracciale, dovresti metterlo Matt” – e glielo porse.
Un infermiere,
impegnato a compilare dei moduli, glielo sigillò.
“Firmi qui … e qui,
grazie” – poi se ne andò, chiudendo con un badge, consegnato in copia anche a
Glam, senza che Matt lo sapesse.
“La piscina … posso
usarla?”
“Sì, magari se
prendessi un po’ di sole … domani mattina ovvio” – sorrise il legale,
imbarazzato.
“Sei a disagio,
Glam?”
“Forse per quelle” –
ed indicò l’impianto di sicurezza.
“Saranno anche in
bagno?”
“Temo di sì”
“Ok … pazienza” – e
si tormentò le mani.
“L’udienza è tra
dieci giorni, parlerò ancora con Kevin … Così da farti rimanere almeno qui”
“Sarebbe un bel
gesto, di cui non sono degno … Se almeno potessi parlare con Lula, forse lui”
“Meglio di no,
credimi. Ora vado”
“Non puoi restare
ancora un po’, Glam?”
“Sì … ok, mezz’ora,
non di più, devo tornare a Palm Springs”
“Da Robert?”
Geffen aggrottò la
fronte – “Come fai a saperlo? No, cioè, ospito lui e Jude, dopo che …”
“Ho tirato ad
indovinare.” – rise lieve – “Come sta, ha finito le radioterapie?”
“Sì, ma è provato,
stanco …”
“Vedrai che ne
uscirà.”
“Rob … Robert?”
Jude si era svegliato
di soprassalto, con il marito sul petto, notando in lui il volto arrossato, la
nuca sudata – “Tesoro … ehi, è tardi” – e gli tastò le tempie, provando a
destarlo.
“Rob …”
Colin stava portando
i gemelli alla nursery, così Jared la loro Florelay, quando avvertirono le urla
di Law.
Farrell si precipitò.
“Jude che succede?!”
“Rob … Ha la febbre,
scotta, è svenuto! Mio Dio chiama Steven e Scott! Fai presto!”
Il reparto di terapia
intensiva era off limits.
Preston andava e
veniva, aggiornando i familiari e gli amici di Downey.
“Si tratta dei
polmoni … Un’infezione piuttosto aggressiva, inaspettata … Stiamo facendo il
possibile.” – spiegò, non senza tradire un’evidente apprensione.
Jude era a pezzi.
Voleva stare vicino
al compagno.
Geffen arrivò insieme
ad Hopper, che si era premurato di avvisarlo tempestivamente.
“Ma non possiamo
proprio andare da lui, cazzo?!” – inveii, dando un pugno al muro.
Jared ebbe un
sussulto, rannicchiato su di una poltroncina, tra le braccia di Colin.
“Dicono di no …” –
Jude scivolò lungo quella stessa parete, senza più lacrime.
Christopher gli diede
dell’acqua, poi provò a richiamare Steven.
“Vedo se può fare
un’eccezione, almeno per Jude.”
Vassily arrivò
spingendo un carrello, carico di lenzuola.
Glam si sporse dalla
saletta, cercando di capire cosa stesse combinando.
“Come diavolo ti sei
conciato Vas …?!” – sibilò, notando il suo abbigliamento da infermiere.
Dal contenitore
inferiore sbucò una manina e poi gli occhioni di Lula – “Zitto papi, siamo in
missione”
“Ma cosa”
Il sovietico
proseguì, mostrando un tesserino ovviamente fasullo, procurato chissà dove, ma
che ingannò l’inserviente di turno.
Scott reagì piuttosto
male a quell’incursione, anche se le intenzioni di Lula erano tenere, quanto
convincenti.
“Zio tu devi farmi
andare da Robert, è importante”
“Tesoro … Lo sai che
potrei giocarmi il posto”
“Figurati!” – rise
solare – “E poi il mio papà, che ti vuole tanto bene, risolverebbe il pasticcio
in un … battibaleno!”
“Lula dai”
“Questo, invece, tocca
a me risolverlo zio Scott. Ti supplico.” – divenne serio.
“Ok … Devi lavarti,
poi indossare cuffia, casacca e pantaloni sterili e non dimenticarti le
galosce” – sorrise, spostandosi con lui nelle docce apposite, sempre vigilati
da Vassily.
Robert osservava le
orme, che Lula stava lasciando sulla spiaggia: non erano tanto più piccole
delle sue.
Sorrise, annusando
l’aria salata.
“Dove stiamo andando
soldino?”
“Da nessuna parte,
torniamo a casa zio Robert”
E gli prese la mano.
“Sto bene qui”
“Hai tanto male?”
“No, affatto …
Proprio per questo vorrei rimanere”
“Impossibile” –
sospirò il cucciolo, fermandosi.
“Hai cambiato idea
…?”
“No, zio … Ci stanno
aspettando”
“Io … io amo tuo
padre, Lula …” – lo rivelò un po’ sconcertato.
“Lo sappiamo tutti,
anche zio Jude”
“Devo … devo
dirglielo”
“Ma lo sa già” – rise
allegro.
“Sì, ma non nel modo
che io sento ora … Non ho mai smesso … accidenti a me”
“Voi grandi pensate
che i sentimenti possano essere smontati e rimontati come un giocattolo,
cambiandone magari la forma e vi sbagliate di grosso!” – esclamò con un
saltello vivace, poi riprese il cammino.
“Lula tu … tu hai
ragione … Vedi, però, noi adulti abbiamo delle responsabilità”
“Ah ecco … si
chiamano così”
“Che cosa?”
“Le vostre paure … le
vostre fughe”
“Tu mi detesti,
perché il tuo papà ha sofferto a causa mia, Lula …”
“Ti sbagli, se no non
sarei qui.” – replicò limpido, fissandolo.
“Io non avrei dovuto”
“Tutti si innamorano
di papà! Diglielo anche tu Syria”
La ragazza era seduta
su di uno scoglio bianco latte, avvolta in un pareo di mille colori, sembrava
una farfalla.
“Syria … ma allora
noi …”
“Chiudi gli occhi zio
Rob … e … salta!”
Downey si portava
dentro talmente tanti momenti di gioia ed amore, che ripercorrerli tutti in
quel grande balzo, sopra l’oceano, gli apparve un’esperienza incredibile.
Da togliere il fiato.
Lo stesso sembrava
tornargli nella gola, libera da quel tumore, da cui era guarito, ma non senza conseguenze molto gravi.
Le sue pulsazioni
andarono a stabilizzarsi: Scott lo notò, mentre assisteva a qualcosa di
inspiegabile, oltre il vetro della camera 717.
Conosceva i poteri di
Lula, che spesso avevano salvato Glam.
Probabilmente quel
tesoro di bambino, stava facendo lo stesso con l’attore.
Era come sospeso, a
lato del letto, le sue dita intrecciate a quelle di Robert, entrambi distesi,
sorridenti.
Come in volo.
“Ci sono novità …?”
Hugh glielo chiese,
appoggiando i palmi caldi sulle spalle di Jim, concentrato nel leggere l’ultima
e-mail di Preston.
“Nessuna … Un
collasso dell’apparato respiratorio, come è potuto accadere?” – disse
sconfortato, per poi alzarsi, lasciando che Laurie lo stringesse.
La suite di quell’hotel
era faraonica e quasi li indisponeva.
Avrebbero preferito
un bungalow vicino al mare, di quelli visti al loro arrivo.
Laurie ne aveva
prenotato uno, ma Jim non lo sapeva ancora.
Ci sarebbero andati
il giorno seguente.
“Scusami Hugh … la
nostra luna di miele ed io”
“Ne abbiamo avute
anche in passato” – sorrise, poi si baciarono.
L’analista aveva
dimenticato il bastone accanto al letto, così Jim lo sospinse verso di esso,
ritrovando nell’altro un’inaspettata docilità.
“Sei già abbronzato
sai?” – gli sussurrò Laurie nel collo, mentre Mason lo baciava sulle tempie,
sfilandogli la t-shirt grigia.
Hugh fece altrettanto
con il suo vogatore bianco, molto sexy sul fisico ancora piacente dell’oncologo.
“Quei tipi sono
palestrati, tonici” – bofonchiò lo psicologo.
“Ma chi, Hugh?” –
chiese ridendo, sbarazzandosi anche dei rispettivi boxer.
“I nostri nuovi amici
…”
“E’ il loro mestiere”
“Sì, ma Geffen? Mica
è un artista” – obiettò simpatico.
“Lui è … l’ombelico
del mondo, ma … Io sono interessato unicamente al tuo, ok doc?”
“Non chiam”
Jim lo baciò diretto
e totalizzante.
Laurie si sarebbe
lasciato fare qualsiasi cosa: glielo si leggeva negli occhi innamorati e nel
respiro caldo, che presto si mescolò a quello di Mason.
Intensamente.
Vassily rispuntò dal
reparto, con un grande sacco sulle spalle, con sopra scritto “lavanderia”.
Il nasino di Lula si
vedeva sotto la stoffa e, con uno scatto repentino, il body guard passò nella
sezione riservata ai visitatori, liberandolo.
“Ma che cavolo” – disse
piano Glam.
“Papà!”
La risata di soldino
illuminò la stanza.
Si appese subito al
genitore, salutando tutti come se fosse un eroe.
“Adesso mi spieghi …”
– gli domandò dolcemente Geffen, guardandolo come non faceva con nessuno.
Jude si avvicinò,
chiedendo all’avvocato di poterlo prendere lui sul petto.
“Tesoro … hai visto
Robert?”
Lula annuì – “E’ di
nuovo qui e gli mancate …” – guardò i due, ormai in lacrime.
Li raggiunse anche
Scott, confermando il netto miglioramento di Downey.
Fu una vera festa, un
sollievo impagabile.
“Quando potremo
stargli accanto?” – chiese Jude in trepidazione.
“Pochi minuti, solo
tu e … e Glam, se gli altri non si offendono”
Denny stava inviando
curriculum a raffica, indirizzandoli agli studi di Boston e New York: aveva
alcuni ex colleghi di Università in entrambe le destinazioni, anche qualche
parente nella grande mela, per cui non si sarebbe sentito spaesato.
Mony e Cory erano
rimaste alla End House, dove i Wong avevano allestito il consueto campo
indiano.
Lui era in pensiero,
ma non sopportava l’idea di avere intorno la felicità di Tomo e Shannon, anche
se la famiglia era in pena per le sorti di Downey.
I piccoli, comunque,
erano stati tenuti all’oscuro.
Il campanello gli
diede come una scossa al cervello, talmente era assorto.
Aveva ordinato una
pizza, essendo rimasto a digiuno durante il ricevimento.
Era stato orribile,
così come quel buio, in cui il suo cuore stava sfiorendo.
Guardò dallo
spioncino, vedendo il tizio del locale di Jonas con il solito berretto arancio
e giallo.
Si frugò nelle
tasche, trovando venti dollari: erano più che sufficienti.
Aprì, con un sorriso
di circostanza – “Sei sempre puntuale …”
“Ciao Denny …”
“Owen?”
La porta stava per
chiudersi velocemente, ma non abbastanza per impedirgli di varcare la soglia,
dopo avere gettato il cartone sul tavolino dell’ingresso.
“VATTENE!”
“Denny stammi a
sentire”
“Guarda che chiamo la
polizia, NON SCHERZO VATTENE!!”
Rice si tolse il
giubbino ed il copricapo.
“Quanto gli hai dato
eh?? Quanto per corrompere Greg!??”
“Mille dollari, ma
che importa” – disse svilito.
“Tu compri tutto,
vero, MI FAI SCHIFO!!”
“La tua rabbia Denny
… prova a guardarla, a capirla … Tu mi ami, almeno quanto ti amo io …” – e fece
un passo avanti, ma un pugno lo atterrò.
Il naso del
gallerista iniziò a sanguinare.
“Oh accidenti … Denny
cosa pensi di ottenere, pestandomi?!”
“Denunciami, fai il
cazzo che vuoi, ma fuori di qui, hai capito bastardo??!”
“Tu … tu non hai mai
commesso errori?” – chiese flebile.
“Da quando sono
fedele non ho fatto altro che collezionare delusioni ed inganni, sei
soddisfatto?! Prima mi divertivo, senza perdere mai la testa, senza mai
svendere il mio cuore! Ed avevo ragione!!”
Rice si sollevò,
tamponandosi con la manica della camicia tinta avorio.
“Forse Denny … Forse.
Di certo non eri il ragazzo meraviglioso, per cui Tomo, io e chissà chi altro,
ha desiderato cambiare, migliorandosi …”
“I tuoi esempi … mi
fanno vomitare” – la sua voce tremò.
“Avevi fiducia in me
ed ora … Ora non mi concedi uno straccio di seconda possibilità … Ti sembra
logico?”
“Non dopo averti
visto ficcare il tuo arnese nella gola di quella puttana!” – inveii.
“E’ … è il nostro
ambiente e si cercano delle scorciatoie …” – replicò accomodandosi sul divano,
dopo un lieve capogiro.
L’epistassi non
voleva cessare.
“Aspetta, prendo del
ghiaccio, stenditi: non voglio averti sulla coscienza”
“Denny …”
“Taci, mi dai sui
nervi!!” – e se ne andò in cucina.
Glam e Jude si
infilarono velocemente nei box, per essere investiti da getti di vapore e
disinfettante, piuttosto fastidiosi.
Persino l’intimo era
sotto vuoto, così il resto dell’abbigliamento necessario per stare vicino a
Downey.
“Vuoi … vorresti
andare per primo?” – chiese Law educatamente.
Geffen sgranò i suoi
turchesi – “Non scherzare, deve essere la tua faccina inglese, la prima cosa
che Rob dovrà vedere” – si sforzò di scherzare, ma stava fremendo inquieto come
non mai.
“Ok … Sai Glam ho il
terrore di”
Geffen lo strinse,
come aveva fatto al ricovero d’urgenza di Robert, quando i medici scoprirono la
recidiva.
“Lui se la caverà, le
nostre preghiere sono state ascoltate, io non posso, non voglio, non devo pensarla
diversamente e tu farai altrettanto, ok?” – ribatté deciso.
Jude fece un cenno di
assenso, poi gli sorrise con gratitudine, passando nel blocco successivo, dove
un fascio di luce apposita, avrebbe debellato gli ultimi batteri, eventualmente
ancora presenti sui tessuti ed il resto.
Era come se si
recasse al loro primo appuntamento: l’agitazione era la stessa, almeno così la
percepiva Jude, ma quando incrociò i carboni di Robert, l’urgenza di
assorbirlo, incollandolo al proprio corpo, non fu più revocabile.
Fu come riemergere da
un baratro ed entrambi non avrebbero più dimenticato l’attimo preciso, in cui ciò
avvenne.
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