Capitolo n. 96 - zen
Nel parco antistante
l’ospedale, un gruppo di studenti aveva allestito un punto di incontro, dal
quale facevano volare delle lanterne, suonando chitarre e violini.
Jared, Colin, Marc, Christopher,
Tim e Kevin, giunti per ultimi, scesero tra loro, mentre Scott e Steven
parlavano con Preston, che dalla finestra li vide unirsi ai cori ed ai canti,
come a celebrare il ritorno di Robert.
Lula era sulle spalle
di Vassily e giocava con un aquilone, la cui tela era dipinta delle stesse
tonalità del mantello di Syria, ma nessuno poteva saperlo.
David e Kurt
arrivarono con Martin e si aggregarono, chiedendo spiegazioni, ma intuendo che
qualcosa di straordinario doveva essere accaduto.
Jude era al telefono
con Camilla, per rassicurarla ed informare il resto della famiglia su quel
miracolo.
Glam, invece, stava
per entrare nella stanza di Downey, non prima di avere sbirciato ciò che stava
avvenendo tre piani sotto di loro, in un tripudio di luci e colori sgargianti e
gioiosi, come il suo animo.
La sua figura
massiccia e solida, apparve a Robert come una visione.
Per Jude aveva perso
un battito, ma adesso, il cuore dell’attore sembrò accelerare, come se gli
stesse correndo incontro.
Solo idealmente: le
gambe gli dolevano, così la schiena.
Gli tese le mani,
Geffen le strinse, sedendosi sul bordo e posando un bacio sulla fronte di Rob,
che gli sorrise, fissandolo.
Se qualcuno avesse
definito diversamente ciò che traspariva dai loro sguardi, senza chiamarlo
amore, avrebbe commesso un errore clamoroso.
Eppure Glam aveva
preso la sua decisione molto tempo prima e mai avrebbe incrinato nuovamente il
legame tra i due artisti.
Se lo impose, perché avrebbe
voluto stringerlo forte, cullarlo, baciarlo e portarlo via da lì, via anche dal
pianeta, se solo fosse stato possibile.
E forse lo era, più
che avere un’opportunità di essere una coppia.
“Tu … tu dovresti
riprenderle dal mare …” – disse in un soffio Downey, staccandosi piano da lui,
ma senza allontanarsi troppo dal calore di Glam, che fece un’espressione
incuriosita.
“Cosa tesoro …?”
“Le … le nostre fedi”
Robert parlava a
fatica, così Geffen gli risistemò la mascherina, ma lui, dopo un paio di
boccate più intense, se la ritolse: voleva, doveva dirgli ciò che aveva in mente.
“Ho avuto il tempo
per pensarci Glam … Voglio stare con te, finire i miei giorni insieme …”
“Finire?” – mormorò
incupendosi.
“Sì, io sento che”
“No. No Rob, non dire
sciocchezze, adesso sei spaventato, ma, devi credermi, tu non te ne andrai, ok?”
“Jude … Jude capirà …
Lo amo da morire, lo amo così tanto, però non posso rinnegare ciò che ci
unisce, Glam”
Il suo tono divenne
sempre più debole – “Tienimi con te, Glam …”
Geffen lo raccolse,
come se fosse un bambino gracile ed indifeso, racchiudendolo tra le sue ali
robuste, ma tremanti – “Rob … Rob noi”
“Dimmi che mi ami …
ne ho bisogno”
“Ti amo come non ho
mai amato nessuno al mondo. Nessuno.”
Downey sorrise,
lasciando scivolare le proprie mani tra le scapole di Geffen, tra le quali
sembrava essersi ancorato, ma per poco: le sue energie si stavano spegnendo.
Scott accese l’interfono
– “Glam dovresti uscire, lui si è addormentato”
L’amico gli ubbidì,
dando un’ultima carezza a Robert, senza smettere di guardarlo, mentre le
infermiere regolavano una seconda flebo ed il respiratore.
“Hai ascoltato …?” –
chiese come stranito, appena fu davanti a Scott.
“Sì, ma lui non
ricorderà nulla, è sotto morfina, per le fitte agli arti ed alle costole … In
compenso, di certo non mentiva.”
“Come se avesse
sognato, intendi?” – replicò scosso.
“Glam vieni di là,
voglio auscultarti e”
“Rispondimi Scott!”
Il medico annuì, per
poi aggiungere – “Senza contare l’esperienza avuto con Lula”
“Sì … ovvio … Devo
andarmene, ma se succede qualcosa, avvertimi subito. Te ne prego.”
“Lo farò Glam.
Preston ti accompagnerà, ti telefono domani mattina, ok?”
“Sì, va bene, vi
ringrazio” – e guardò McIntyre, pronto ad uscire per il fine turno.
Il passo di Denny era
spedito ed appena vide Geffen nel corridoio aumentò l’andatura.
“Ciao Glam, come sta
Robert?”
“Molto meglio …”
Preston lo guardò,
era difficile non notare l’avvenenza di Denny, che non si accorse di lui, non
subito.
Geffen rimediò, quasi
distrattamente.
“Lui è l’oncologo che
segue Rob, con Jim …”
“Preston McIntyre,
piacere” – e gli allungò la mano, che Denny strinse, ricambiando le
presentazioni.
Il dottore notò un’escoriazione
sulle nocche del giovane – “Ehi questa la dobbiamo disinfettare”
“E’ solo un graffio”
“Cos’hai combinato
Denny?” – domandò Geffen, presagendo la sua risposta.
“Ho rotto il naso a
quel coglione, che mi ha cornificato prima dell’altare” – sbottò senza badare
alle occhiate di McIntyre.
“Hai fatto bene
piccolo … Sentite io vado da mio figlio, tu fatti controllare questa ferita e
poi ci aggiorniamo, in qualche modo …”
“Sì, per New York … O
Boston …” – ribatté speranzoso.
“Ti trasferisci?” –
si intromise Preston, arrossendo appena Denny lo scrutò.
“Forse … Ok,
mettiamoci un cerotto. Te la bevi una birra, dopo, così ricambio la cortesia,
Preston?”
Erano già scivolati
via da lui, che aveva nella testa le parole di Downey, così limpide, così
vivide.
Così da dimenticare.
Senza esitazioni.
Dave lo abbracciò.
“Glam come ti senti?”
“Un grosso spavento,
non mi ci voleva … E tu? Sono felice di vederti”
“Anch’io … e di
essere tornato da Kurt.”
“Sì, è magnifico,
guarda come è sereno …” – e lo indicò, incastrato tra Kevin e Jared, impegnati
nell’esecuzione di una ballata irlandese, che Colin e Jude stavano ballando
intorno ad un falò, acceso in un bidone in ferro, di quelli usati per l’olio
esausto delle macchine.
“Siamo una gabbia di
matti … Sempre detto” – sussurrò Geffen, più a sé stesso che a Rossi.
“Sediamoci, vuoi? Da
questa parte, ho visto un muretto comodissimo” – disse garbato l’agente; era
adorabile averlo vicino e Glam stava ringraziando la buona sorte, per potersi
sfogare con lui.
Rossi lo ascoltò,
senza interromperlo.
“Ci sono dei momenti
nel nostro percorso individuale, in cui essere sinceri con chi si ama, diventa
un atto quasi eroico, Glam.”
“Impedirò a Robert di
esserlo con Jude, non sarebbe giusto e poi …”
“Ho come la
sensazione che Jude potrebbe capire: sarebbe il gesto d’amore più grande, verso
il marito, nel rispettare i suoi sentimenti, nel dargli l’occasione di viverti
senza bugie, senza nascondervi … Non credi?”
“Per i sensi di
colpa?”
“No Glam, non questa
volta: assolutamente.”
“Rob non morirà …”
“Jude non può
saperlo, nessuno può in realtà, nemmeno Lula, temo”
Geffen lo fissò – “No!”
Le sue iridi erano
incendiate di pianto.
Rossi sorrise affettuoso
– “Non sarebbe un tradimento, ogni giorno andrebbe vissuto come un dono, da
dividere tra voi, che siete gli uomini della sua vita. Una vita fantastica.”
“Potrei anche farlo …
Ma lui rimarrà nella sua famiglia, mi avrà sempre tra i piedi” – si commosse – “Non
lo mollerò un secondo, perché lui è” – prese un lungo respiro, lasciando alle
stelle la sua convinzione più legittima, alzando gli occhi verso quel cielo,
sopra Los Angeles, che per fortuna non si era spento per Robert e per chi lo
adorava.
Jim gli stava sopra,
come quando lo fecero in auto, la sera di un capodanno di venti anni prima.
In quell’occasione
non avevano candele accese intorno, incensi profumati, un giaciglio comodo e
setoso, neppure il gel sotto il cuscino, che Hugh aveva usato copiosamente, per
lubrificare entrambi.
“Non farti male …” –
gemette, mentre Jim si lasciava impalare, frenetico ed impaziente.
“Conosco ancora l’anatomia
masc ahhh”
Laurie avrebbe riso,
tacciandolo di pedanteria in altri frangenti, ma non quella notte.
Avvolse i suoi zigomi
nei palmi speziati del suo dopobarba, baciando Jim, confortandolo, mentre lo
aiutava a trovare la posizione migliore, per godere a pieno di quell’amplesso.
Con una delicatezza,
consona a Mason, questi si preoccupava della gamba di Laurie, spesso messa a
dura prova dal suo stargli tra le gambe e spingersi, senza alcuna cautela, fino
al punto più vivo del suo eterno amante, assestando colpi anche rabbiosi, per
quel suo handicap, sedato a forza di Vicodin.
Jim avvampò,
impigliando le proprie dita nelle chiome di Hugh, guardandolo, in un modo
diverso.
“Ho … ho tanta paura
di perderti”
Una cosa che non gli
aveva detto mai, seppure Mason avesse la costanza di non mescolare mai i propri
sentimenti ad esternazioni scherzose, a quei giochetti, tipici di Laurie, che
rifuggiva l’amore verbale, raccontato, svelato, non certo per pudore, ma solo
per uno stupido orgoglio, ormai scomparso, per come reagì l’analista.
“Non accadrà, ci
amiamo troppo … quindi è impossibile Jim”
Lo ristrinse a sé,
inclinandolo su di un fianco, per risalire in lui, in un ritmo crescente,
totalizzante, senza che l’arto gli dolesse, perché Hugh provava unicamente
amore e piacere e poi ancora amore, slancio, amore ed amore …
Senza mai smettere di
baciarlo.
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