§ Tu mi strappi dal cuore tutta la dolcezza,
rendendomela nei sorrisi, che mi fai al risveglio, quando mi baci ed il sapore
di te invade la mia anima, ricolmando il vuoto lasciato un attimo prima, quando
ancora non c’eri, quando ancora non eri mio §
Era un vecchio sms di
Geffen.
Robert lo aveva
archiviato in una cartella blindata del suo palmare.
Si sentiva in colpa,
ogni volta che lo leggeva, ma sempre lontano da Jude, che non doveva vedere
quanto gli facesse ancora effetto.
La malattia li aveva
aiutati a superare una separazione, che appariva insanabile, ma c’è sempre
qualcosa di peggio nella vita.
Robert lo aveva
conosciuto, questo qualcosa di peggio, purtroppo.
Le note di una musica
particolare, segnarono l’ingresso dei futuri sposi.
Downey distolse lo
sguardo dal cellulare, vedendo che Jude e Camilla erano prossimi al suo
divanetto, dove l’americano si era sistemato, sotto una leggera coperta in
cotone.
Voleva assistere alla
cerimonia, nonostante fosse ancora debole.
Prima di venirsene
via da Palm Springs aveva scambiato poche battute con Denny, ritrovandolo
distrutto, per l’ennesima volta.
Sembrava una
maledizione.
Hugh diede una
carezza alla guancia sinistra di Jim, posandovi poi un bacio, carico di
dolcezza.
Il pastore annuì.
“Questo è l’amore,
amici carissimi qui riuniti oggi, per celebrare l’unione di queste due anime
innamorate …”
Fu questa la sua
introduzione, capace di destare un’emozione in chiunque dei presenti.
Le reciproche
promesse giunsero nel silenzio ammirato generale.
Laurie non aveva mai
staccato gli occhi da Mason.
Fu questi ad essere
il primo a pronunciarsi.
“Lo so Hugh, tu
starai sulle spine per tutto questo … So che non ami certe situazioni, ma oggi
ti ritrovo diverso, come se fossi un uomo nuovo, dall’istante in cui mi hai
chiesto di diventare tuo marito. Ne sono orgoglioso, terribilmente felice,
perché non voglio alcun futuro senza di te, i difetti, i bronci, le battute, la
tua vivace ironia … Sei il mio tesoro adorato, quindi ti sceglierò per sempre e
mi auguro tu faccia altrettanto, senza dubbi, senza forzature. Il domani ci
appartiene e ti amo da impazzire … Hugh ti voglio come mio sposo, nel bene e
nel male, in salute e malattia …”
“Credevo bastasse un
… Sì lo voglio!”
Jim rise,
abbracciandolo forte.
Hugh si ricompose,
scambiando le fedi, baciando i palmi di Mason, visibilmente commosso – “Io oggi
nasco a nuova vita, Jim …” – poi lo scrutò, intenso – “… il mio piccolo, grande
Jim … Una vita che voglio vivere insieme a te, amore mio, condividendo le gioie
ed i dolori, noi ne conosciamo anche troppi, però non ci siamo mai arresi,
vero?” – sorrise e Mason tremò, annuendo.
Si baciarono,
lasciando che nel vento si levasse un applauso caloroso, tra petali e
coriandoli, lanciati come al solito dai bambini entusiasti e limpidi nella loro
partecipazione a quel connubio, così perfetto, in tutti i suoi difetti.
Denny aveva portato
le gemelle, perché così era stato stabilito, prima della sua rottura con Owen,
della cui assenza si stupirono in parecchi, almeno finché non fu loro dato un
chiarimento.
Geffen gli portò una
bibita, sfiorandogli la schiena, mentre si sedeva.
“Come stai?”
“Come lo zimbello
della festa, anche se sono tutti così gentili, così … comprensivi” – disse
irritato.
“Nessuno ti compatisce,
te lo assicuro” – replicò sincero.
“Sai cosa
cambierebbe? Non me ne importa … Poi qui, in questa sfera, siamo come al
riparo, di sicuro nessuno offenderà il sottoscritto e tanto meno Mony e Cory,
ma là fuori i lupi sono in agguato … E potrebbero soffrire, non posso
permetterlo. Insisto: voglio andarmene Glam e ti prego di aiutarmi.” – lo
guardò fisso, senza dargli scampo.
Geffen prese fiato –
“Questa … questa tua esigenza io la devo rispettare, perché, anche se per nulla
convenzionale, anch’io sono un padre e lo farò per le tue bimbe meravigliose,
superando il … il mio dolore nel perderti Denny”
“Glam …”
“Non ci siamo mai
presi in giro tesoro … Tu ed io abbiamo trovato un conforto reciproco,
un’autentica armonia, forse un briciolo di purezza, che non ho mai meritato,
perché ho sempre pensato che chi mi ha voluto bene, era ed è migliore di me”
Le iridi azzurre di
Denny si incresparono di un pianto, fatto di mille afflizioni, accumulatesi nel
tempo.
Geffen lo abbracciò,
con tenerezza, suscitando la curiosità degli astanti, in alcuni casi costellata
di una spontanea gelosia, che sembrava unire i pensieri ed i respiri di Jared e
Robert, poco distanti.
“Ho i brividi, meglio
che mi stenda”
Downey sorrise
tirato, mentre si allungava sul letto della camera, dove l’aveva accompagnato
Jude, preceduto da Colin.
“Faccio portare
qualcosa di caldo?” – chiese gentile l’irlandese.
“No … vorrei dormire …
scusatemi”
“E di cosa, amore?” –
sussurrò amorevole Law, baciandogli gli zigomi, spargendo il suo tocco ovunque,
su quel corpo esile.
“Jude io non volevo …”
“Non mi uccideranno …
le lacrime …” – e lo strinse con accortezza sul petto.
Farrell li lasciò da
soli.
Tomo apparve con un
sorriso ed un vassoio di tramezzini.
“Ciao Denny … Volevo
salutarti, ma c’era Glam”
“Non ho fame,
comunque grazie per il pensiero” – replicò incolore.
“Ok … Come vanno le
cose?” – domandò timido il croato.
“Mi prendi in giro?”
“No …”
“Come da copione,
quello della mia fottuta esistenza a Los Angeles, ecco come vanno le cose!” –
sbottò, provando ad allontanarsi, nonostante quell’angolo del parco fosse già
piuttosto isolato dal resto della chiassosa cerimonia.
Tomo posò sulla
panchina i viveri, affiancandosi a lui e scrutando il medesimo vuoto, dove i
cristalli del suo ex erano rivolti, come spenti.
“Cosa vuoi che ti
dica …? Cosa dovrei fare, Denny?” – domandò mortificato.
“Niente, cosa centri
tu?”
“Faccio parte del
pacchetto delusione, suppongo” – ammise, ma con tono simpatico, come solo Tomo
riusciva ad avere in certi frangenti.
Era faticoso avercela
con lui e Denny, in sostanza, aveva ben altri rammarichi.
“Tu sei il passato
Tomo: abbiamo avuto un’esperienza bella, sino ad un certo punto, ma il tuo
destino è Shan, come nella più banale delle soap, così come il mio è quello di
essere preso per il culo, da chi mi loda come se fossi raro e prezioso, mentre
invece divento spazzatura alla velocità della luce, non credi?” – bissò severo,
guardandolo ora.
Anche Tomo lo guardò.
“Questa tua analisi è
… spietata”
“E’ ciò che resta di
me, non c’è altro da aggiungere.”
“Ti sei ingozzato
abbastanza di vol au vent ai peperoni fritti, maritino? No, perché tra poco
sarai un maritozzo” – ringhiò adorabile Laurie.
“Ho capito,
rompipalle, adesso ce ne andiamo!” – e rise, baciandolo con molto trasporto.
“Era ora … dobbiamo
consumare” – ridacchiò, senza staccarsi da lui.
“Riesci ad essere
serio per trenta secondi?”
“No!” – ribatté facendo
una smorfia.
“Ok Hugh … Caraibi
arriviamo!” – e si dileguarono, dopo avere ringraziato gli invitati.
Mason cercò Robert,
ma Jared gli spiegò che si stava riposando.
Scott lo rassicurò – “Ti
aggiorno domani sulla sua convalescenza e poi c’è Preston che ti sostituisce,
giusto?”
“Sì, infatti … Avete
i miei numeri e quelli di McIntyre, non esitate a chiamarmi, ok?”
Matt stava contando i
minuti, abbarbicato sulla sedia, circondata da trolley ed un paio di sacche,
zeppe di libri.
Geffen arrivò con un
incartamento, dove un giudice l’aveva nominato tutore del giovane, oltre che
responsabile diretto di ogni sua azione, in attesa dell’udienza per la
denuncia, che Kevin non aveva ritirato.
Scott gli aveva
indicato una clinica sulle colline, un luogo per vip, ma ben sorvegliato: un
giusto compromesso, per ottenere da Foster un nulla osta, peraltro già garantito.
Lui non voleva più
avere nulla a che fare con quel paziente, che non aveva mai creato problemi,
che si lasciava somministrare qualsiasi terapia, che non aveva mai dato in
escandescenze, nonostante la presunta pericolosità di Alexander.
Forse i dosaggi di
quel protocollo sperimentale erano davvero efficaci su di lui, mentre con altri
soggetti si rivelarono un fallimento.
Eppure Foster provava
inquietudine ad ogni sua visita di controllo, per constatarne i progressi.
Matt non faceva che
parlare di Geffen, dicendo cose senza senso, quando le sostanze chimiche
annebbiavano la sua consapevolezza: raccontava di viaggi, di essere sposato con
lui, di avere persino concepito dei figli.
In seguito, non
rammentava nulla, anzi si arrabbiava, ribadendo che non era pazzo.
Geffen sapeva di questi
episodi, ma non volle desistere dalla sua impresa di salvare Matt.
Aveva lasciato la
festa senza dare spiegazioni, ma solo raccomandandosi con Lula e Pamela di
avere cura di Robert.
“Glam …!”
“Ciao … Sei pronto?”
Miller gli volò al
collo e Geffen non riuscì a non stringerlo: percepiva le ossa della cassa
toracica del giovane, così i suoi battiti accelerati.
“Ora andiamo, vuoi?”
“Sì … In prigione?”
“No, affatto” –
sorrise – “E’ un … luogo tranquillo, ti ci troverai bene”
“Tu verrai a
trovarmi?”
“Sì Matt … Non
temere.”
“Fuori c’è Vassily?”
“No, sono da solo.”
“Lui ce l’ha con me …
per Lula” – disse ansioso.
“Non agitarti … Hai l’emicrania?”
“Per fortuna no” –
sorrise nervoso, raccogliendo la sua roba – “Alexander forse dorme … Mi ha
abbandonato”
“Spero di sì, per il
tuo bene Matt. Dai, muoviamoci.”
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