Era la terza ed
ultima seduta di terapia.
Robert, nudo sotto il
camice sterile, venne riparato dalla serie di radiazioni da un ulteriore telo
apposito, oltre alla consueta maschera.
I due braccioli ai
lati del lettino, si schiusero: all’arto destro venne fissato il rilevatore di
pressione e pulsazioni, al sinistro la flebo multi idratante.
Il busto e la testa
vennero bloccati: la tortura sarebbe durata solo dieci minuti, ma a lui
apparvero interminabili.
Jude e Glam, presenti
oltre il vetro di sicurezza, avevano un pensiero comune: Downey sembrava come
in croce.
Era orribile.
Prima dello start,
segnalato da un bip piuttosto sinistro, a Robert scese una lacrima e nella
mente echeggiò un § Mio Dio … § che
nessuno poté udire, pure immaginando il suo terrore, pienamente condiviso dai
due uomini, innamorati allo stesso modo di lui.
Rossi fece quasi
cadere la brocca di caffè, imprecando sotto voce.
David preferiva che
il mondo non si accorgesse di lui, anche se Kurt aveva disatteso il suo
riserbo.
Da Los Angeles ogni
sua riflessione era rivolta all’agente, così da intrecciarsi idealmente alle
sue, ugualmente tristi.
“Dave vuoi parlarne?”
L’offerta di aiuto,
da parte di Aaron, aveva il sapore buono di quelle ciambelle, che Garcia,
giunta sul posto a rinforzo della squadra, stava divorando, concentrata sul
proprio tablet di ultima generazione.
“Meglio di no.
Comunque grazie.”
“Se anche fai finta
che vada tutto bene, sai perfettamente di sbagliare”
“Preferisco ingannare
me stesso, Hotch, che farlo con Kurt e suo figlio” – replicò con la dignità di
chi non voleva avere il cuore così allo scoperto.
“Non l’avresti mai
fatto e sai anche questo” – sorrise, passandogli lo zucchero, seduti l’uno
davanti all’altro, al tavolino più appartato della sala.
L’hotel era semi
deserto, la giornata soleggiata, il clima gradevole.
“Kurt ha già subito
una perdita gravissima e”
“So dove vuoi arrivare,
Dave … Il destino, però, non guarda in faccia all’età delle persone”
“Ok, ma non diamogli
una chance di troppo, ci vuole un minimo di criterio”
“Nell’amore?” - Hotcher rise cordiale.
“Tu cosa faresti?”
“Quello che tu mi
consigliasti tempo fa, rammenti?”
Rossi aggrottò la
fronte.
“Quando ti dissi di
pensare alla tua famiglia e lasciare perdere il lavoro?” – chiese perplesso.
“Esattamente.”
“Tu però non mi desti
retta Aaron …”
“Probabilmente perché
a casa non avevo una persona innamorata di me. C’era la madre di nostro figlio,
che alla fine è stata sacrificata per colpa di ciò che facciamo, motivo a causa
del quale il nostro matrimonio era naufragato”
“E’ anche questo il
problema, il nostro mestiere: non voglio esporre Kurt e Martin ad alcun
rischio” – concluse mesto, per poi congedarsi dal suo responsabile, un caro e
fidato amico, da anni ormai.
Denny stava guardando
il plateau di orologi preziosi, che il gioielliere più famoso in città, gli
stava mostrando in uno dei saloni di villa Rice.
“Owen non voleva
sbagliare, noi lo accontentiamo in ogni occasione, intendo nei doni natalizi”
Il giovane sorrise –
“Stia tranquillo, so che il mio compagno ha avuto parecchie relazioni …”
“Non intendevo …” –
quel signore elegante prese un lungo respiro – “Comunque. Questo è il modello
di punta”
“Dica al signor Rice,
che a me piacciono le sorprese, quindi faccia lui.” – ribatté divertito.
“Forse preferirebbe
un anello? Perché vede sarebbe comodo saperlo … Per il vostro fidanzamento”
“Sembra una faccenda
seria” – disse simpatico.
“In vista del
matrimonio …” – l’orefice azzardò timido.
Denny scosse la testa
– “Mi piacerebbe avere questo tipo di informazioni da chi di dovere, sa?” – poi
rise sereno – “Mi scusi devo andare al lavoro. Arrivederci mr Tiffany”
Jordan Adams era uno
dei tanti scultori emergenti, approdati da Londra a Los Angeles, con il chiodo
fisso di esporre alla galleria Rice.
Un trampolino di
lancio invidiabile.
Owen era piuttosto
annoiato, dal suo book di opere, più consono ad un modello, che ad un artista,
anche se l’aspetto di Jordan era oltre modo attraente.
“Preferirei
visionarle di presenza, magari nel mio prossimo viaggio” – disse distratto,
curiosando nella posta del giorno.
Adams era determinato
e conosceva la fama di Rice.
Si alzò, offrendo una
sigaretta al suo prestigioso interlocutore, che la rifiutò – “E poi qui non si
fuma. Siediti Jordan”
“Volevo sgranchirmi,
io mi muovo di continuo, sai?” – sorrise, con un che di malizioso negli occhi
verde smeraldo.
Era davvero bello.
“Fai come vuoi … Tra
cinque minuti ho un secondo appuntamento, magari ti telefono: puoi lasciarmi questo?”
“Sì, certo, ma
credevo che avremmo parlato un po’ …”
“Di cosa?”
Jordan fece il giro
della scrivania, appoggiandosi a lato di Rice, che lo stava fissando.
Il giovane, poco più
che ventenne, allungò le dita sul suo zigomo destro, trasmettendogli una
sensazione gradevole, anche per buon profumo che usava.
“Lascia stare …”
“Sei sposato?” –
Adams rise leggero.
“No. Ancora per poco,
quindi sono impegnato e”
Le sue parole
morirono nella bocca di Jordan, piegatosi verso di lui, in un assalto fluido e
caldissimo.
Con poco convinzione
Owen lo staccò da sé – “Cazzo, smettila Jordan”
“Mica voglio
spodestare il tuo principe” – gli sussurrò, mettendosi in ginocchio ed armeggiando
con i pantaloni di Rice, comodamente piazzato su di una poltrona in pelle dirigenziale,
un tantino pacchiana.
Senza preamboli,
superflui per eccitarlo, visto che già lo era, Jordan si impadronì della sua
erezione, facendo sussultare Owen, come se avesse toccato dei fili dell’alta
tensione.
Peccato non
accorgersi di un dettaglio: avevano uno spettatore inatteso.
Jim li accompagnò
sino a Palm Springs.
Robert si assopì
durante il tragitto in auto, con il capo appoggiato sopra le gambe di Jude, che
non smetteva di accarezzarne la chioma morbida.
L’oncologo faceva da
passeggero, a fianco di Geffen, che spesso sbirciava dallo specchietto le
condizioni di Downey.
“Domani si sentirà
già meglio” – sembrò rassicurarlo.
“Il mare gli farà
bene … spero”
“Sì Glam” –
intervenne Law, che gli sorrise emozionato.
“E’ quella la casa?” –
chiese Mason.
“Sì …”
Il dottore lo capì
dalla presenza di Vassily ai cancelli, con il suo hummer.
“Deve essere successo
qualcosa” – disse in apprensione l’avvocato.
Il body guard svelò
il mistero, appena furono scesi, per avvicinarsi a lui.
“L’ho portato qui,
con le bambine, Pamela e Lula …”
“Ok … Dov’è ora?”
“Alla caletta.”
“Pensa a loro,
Vassily, io vado da Denny, grazie.”
Jared stava legando
palloncini da un’ora, insieme a Colin e Xavier.
“Organizzare il tuo
b.day in contemporanea al matrimonio di Jim e Hugh è stata un’idea fantastica!”
– esordì il cantante, mentre Laurie provava a domare i gemelli, Florelay ed
Isotta.
Amèlie dormiva sul
lettino prendi sole, mentre Yari e Misaki appendevano festoni ovunque nel
parco, coadiuvati dai signori Wong, intenti ad esporre corbeille di fiori e
cestini di frutta.
“Siete così gentili,
ma noi ecco … No, cioè, non fraintendetemi ragazzi”
Lo psicologo si
bloccò, appena i presenti lo fissarono simpaticamente accigliati.
“E’ stata un’iniziativa
di Robert e Jude, per dimostrare la loro gratitudine a Jim” – spiegò ulteriormente
Farrell.
“Che meraviglia …” –
bisbigliò Hugh a Flo, che gli diede il sonaglio sul naso, per poi ridere
insieme ai fratellini.
“Sono stato
precipitoso, avventato, soprattutto per le bimbe, forse io …”
“Denny”
“No, ascolta,
sembrava tutto perfetto e non esiste niente di simile in questa città di merda!
Voglio andarmene, Glam, mi cercherò un altro impiego, dammi solo una buona raccomandazione,
magari a Boston o New York …”
Il pianto che ne
seguì fu copioso, mentre l’abbraccio di Geffen puntuale e solido.
“Tu non vai da
nessuna parte: alzerai la testa e darai una lezione a quello stronzo, altro che
scappare, cazzo!”
“Tu non capisci Glam …”
– singhiozzò.
“Che cosa?” – lo afferrò
per le spalle, dandogli quasi uno scrollone – “Cosa, Denny? Ci siamo passati
tutti, ma siamo vivi, non saranno un paio di corna a metterti al tappeto,
meglio adesso, che dopo!” – ribatté deciso.
“Lui era dolce … e
protettivo … Sembrava volere bene alle cucciole … Io non credevo di farcela, mi
sono arreso subito ed accampato da Owen, come se fosse un miracolo averlo
incontrato …”
Geffen gli sistemò la
camicia, asciugandogli le lacrime, con i pollici ed il dorso delle sue mani
grandi – “L’essenziale è capirlo, ma non sei da solo, ora meno che mai. All’inizio
sei partito come un ariete, pensando di fare il padre, di lavorare, hai
costruito qualcosa, però senza supporti oggettivi. In effetti era un’impresa
ostica” – Glam sorrise – “… ma non impossibile”
“Io dovevo bastare a
Mony e Cory … Io non dovevo assecondare le lusinghe di quel maiale ben vestito
e …”
Denny guardò oltre le
spalle di Geffen.
L’auto di Rice era
spuntata dietro ai muretti, che delineavano la spiaggia privata, della
proprietà.
Vassily sembrò incedere,
per impedirne ad Owen l’ingresso, con scarsi risultati.
L’unica alternativa
era stenderlo con un pugno, ma avrebbe provveduto Denny, pensò il sovietico;
non restava che scoprirlo.
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