martedì 16 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 92

 Capitolo n. 92  -  zen


Era la terza ed ultima seduta di terapia.
Robert, nudo sotto il camice sterile, venne riparato dalla serie di radiazioni da un ulteriore telo apposito, oltre alla consueta maschera.
I due braccioli ai lati del lettino, si schiusero: all’arto destro venne fissato il rilevatore di pressione e pulsazioni, al sinistro la flebo multi idratante.
Il busto e la testa vennero bloccati: la tortura sarebbe durata solo dieci minuti, ma a lui apparvero interminabili.
Jude e Glam, presenti oltre il vetro di sicurezza, avevano un pensiero comune: Downey sembrava come in croce.
Era orribile.

Prima dello start, segnalato da un bip piuttosto sinistro, a Robert scese una lacrima e nella mente echeggiò un § Mio Dio … § che nessuno poté udire, pure immaginando il suo terrore, pienamente condiviso dai due uomini, innamorati allo stesso modo di lui.


Rossi fece quasi cadere la brocca di caffè, imprecando sotto voce.
David preferiva che il mondo non si accorgesse di lui, anche se Kurt aveva disatteso il suo riserbo.
Da Los Angeles ogni sua riflessione era rivolta all’agente, così da intrecciarsi idealmente alle sue, ugualmente tristi.

“Dave vuoi parlarne?”
L’offerta di aiuto, da parte di Aaron, aveva il sapore buono di quelle ciambelle, che Garcia, giunta sul posto a rinforzo della squadra, stava divorando, concentrata sul proprio tablet di ultima generazione.

“Meglio di no. Comunque grazie.”
“Se anche fai finta che vada tutto bene, sai perfettamente di sbagliare”
“Preferisco ingannare me stesso, Hotch, che farlo con Kurt e suo figlio” – replicò con la dignità di chi non voleva avere il cuore così allo scoperto.
“Non l’avresti mai fatto e sai anche questo” – sorrise, passandogli lo zucchero, seduti l’uno davanti all’altro, al tavolino più appartato della sala.
L’hotel era semi deserto, la giornata soleggiata, il clima gradevole.

“Kurt ha già subito una perdita gravissima e”
“So dove vuoi arrivare, Dave … Il destino, però, non guarda in faccia all’età delle persone”
“Ok, ma non diamogli una chance di troppo, ci vuole un minimo di criterio”
“Nell’amore?”  - Hotcher rise cordiale.
“Tu cosa faresti?”
“Quello che tu mi consigliasti tempo fa, rammenti?”
Rossi aggrottò la fronte.
“Quando ti dissi di pensare alla tua famiglia e lasciare perdere il lavoro?” – chiese perplesso.
“Esattamente.”
“Tu però non mi desti retta Aaron …”
“Probabilmente perché a casa non avevo una persona innamorata di me. C’era la madre di nostro figlio, che alla fine è stata sacrificata per colpa di ciò che facciamo, motivo a causa del quale il nostro matrimonio era naufragato”
“E’ anche questo il problema, il nostro mestiere: non voglio esporre Kurt e Martin ad alcun rischio” – concluse mesto, per poi congedarsi dal suo responsabile, un caro e fidato amico, da anni ormai.


Denny stava guardando il plateau di orologi preziosi, che il gioielliere più famoso in città, gli stava mostrando in uno dei saloni di villa Rice.

“Owen non voleva sbagliare, noi lo accontentiamo in ogni occasione, intendo nei doni natalizi”
Il giovane sorrise – “Stia tranquillo, so che il mio compagno ha avuto parecchie relazioni …”
“Non intendevo …” – quel signore elegante prese un lungo respiro – “Comunque. Questo è il modello di punta”
“Dica al signor Rice, che a me piacciono le sorprese, quindi faccia lui.” – ribatté divertito.
“Forse preferirebbe un anello? Perché vede sarebbe comodo saperlo … Per il vostro fidanzamento”
“Sembra una faccenda seria” – disse simpatico.
“In vista del matrimonio …” – l’orefice azzardò timido.
Denny scosse la testa – “Mi piacerebbe avere questo tipo di informazioni da chi di dovere, sa?” – poi rise sereno – “Mi scusi devo andare al lavoro. Arrivederci mr Tiffany”


Jordan Adams era uno dei tanti scultori emergenti, approdati da Londra a Los Angeles, con il chiodo fisso di esporre alla galleria Rice.
Un trampolino di lancio invidiabile.
Owen era piuttosto annoiato, dal suo book di opere, più consono ad un modello, che ad un artista, anche se l’aspetto di Jordan era oltre modo attraente.

“Preferirei visionarle di presenza, magari nel mio prossimo viaggio” – disse distratto, curiosando nella posta del giorno.
Adams era determinato e conosceva la fama di Rice.
Si alzò, offrendo una sigaretta al suo prestigioso interlocutore, che la rifiutò – “E poi qui non si fuma. Siediti Jordan”
“Volevo sgranchirmi, io mi muovo di continuo, sai?” – sorrise, con un che di malizioso negli occhi verde smeraldo.
Era davvero bello.

“Fai come vuoi … Tra cinque minuti ho un secondo appuntamento, magari ti telefono: puoi lasciarmi questo?”
“Sì, certo, ma credevo che avremmo parlato un po’ …”
“Di cosa?”
Jordan fece il giro della scrivania, appoggiandosi a lato di Rice, che lo stava fissando.
Il giovane, poco più che ventenne, allungò le dita sul suo zigomo destro, trasmettendogli una sensazione gradevole, anche per buon profumo che usava.

“Lascia stare …”
“Sei sposato?” – Adams rise leggero.
“No. Ancora per poco, quindi sono impegnato e”
Le sue parole morirono nella bocca di Jordan, piegatosi verso di lui, in un assalto fluido e caldissimo.
Con poco convinzione Owen lo staccò da sé – “Cazzo, smettila Jordan”
“Mica voglio spodestare il tuo principe” – gli sussurrò, mettendosi in ginocchio ed armeggiando con i pantaloni di Rice, comodamente piazzato su di una poltrona in pelle dirigenziale, un tantino pacchiana.
Senza preamboli, superflui per eccitarlo, visto che già lo era, Jordan si impadronì della sua erezione, facendo sussultare Owen, come se avesse toccato dei fili dell’alta tensione.
Peccato non accorgersi di un dettaglio: avevano uno spettatore inatteso.


Jim li accompagnò sino a Palm Springs.
Robert si assopì durante il tragitto in auto, con il capo appoggiato sopra le gambe di Jude, che non smetteva di accarezzarne la chioma morbida.
L’oncologo faceva da passeggero, a fianco di Geffen, che spesso sbirciava dallo specchietto le condizioni di Downey.

“Domani si sentirà già meglio” – sembrò rassicurarlo.
“Il mare gli farà bene … spero”
“Sì Glam” – intervenne Law, che gli sorrise emozionato.
“E’ quella la casa?” – chiese Mason.
“Sì …”
Il dottore lo capì dalla presenza di Vassily ai cancelli, con il suo hummer.
“Deve essere successo qualcosa” – disse in apprensione l’avvocato.

Il body guard svelò il mistero, appena furono scesi, per avvicinarsi a lui.

“L’ho portato qui, con le bambine, Pamela e Lula …”
“Ok … Dov’è ora?”
“Alla caletta.”
“Pensa a loro, Vassily, io vado da Denny, grazie.”


Jared stava legando palloncini da un’ora, insieme a Colin e Xavier.
“Organizzare il tuo b.day in contemporanea al matrimonio di Jim e Hugh è stata un’idea fantastica!” – esordì il cantante, mentre Laurie provava a domare i gemelli, Florelay ed Isotta.
Amèlie dormiva sul lettino prendi sole, mentre Yari e Misaki appendevano festoni ovunque nel parco, coadiuvati dai signori Wong, intenti ad esporre corbeille di fiori e cestini di frutta.

“Siete così gentili, ma noi ecco … No, cioè, non fraintendetemi ragazzi”
Lo psicologo si bloccò, appena i presenti lo fissarono simpaticamente accigliati.
“E’ stata un’iniziativa di Robert e Jude, per dimostrare la loro gratitudine a Jim” – spiegò ulteriormente Farrell.
“Che meraviglia …” – bisbigliò Hugh a Flo, che gli diede il sonaglio sul naso, per poi ridere insieme ai fratellini.


“Sono stato precipitoso, avventato, soprattutto per le bimbe, forse io …”
“Denny”
“No, ascolta, sembrava tutto perfetto e non esiste niente di simile in questa città di merda! Voglio andarmene, Glam, mi cercherò un altro impiego, dammi solo una buona raccomandazione, magari a Boston o New York …”
Il pianto che ne seguì fu copioso, mentre l’abbraccio di Geffen puntuale e solido.
“Tu non vai da nessuna parte: alzerai la testa e darai una lezione a quello stronzo, altro che scappare, cazzo!”
“Tu non capisci Glam …” – singhiozzò.
“Che cosa?” – lo afferrò per le spalle, dandogli quasi uno scrollone – “Cosa, Denny? Ci siamo passati tutti, ma siamo vivi, non saranno un paio di corna a metterti al tappeto, meglio adesso, che dopo!” – ribatté deciso.
“Lui era dolce … e protettivo … Sembrava volere bene alle cucciole … Io non credevo di farcela, mi sono arreso subito ed accampato da Owen, come se fosse un miracolo averlo incontrato …”
Geffen gli sistemò la camicia, asciugandogli le lacrime, con i pollici ed il dorso delle sue mani grandi – “L’essenziale è capirlo, ma non sei da solo, ora meno che mai. All’inizio sei partito come un ariete, pensando di fare il padre, di lavorare, hai costruito qualcosa, però senza supporti oggettivi. In effetti era un’impresa ostica” – Glam sorrise – “… ma non impossibile”
“Io dovevo bastare a Mony e Cory … Io non dovevo assecondare le lusinghe di quel maiale ben vestito e …”
Denny guardò oltre le spalle di Geffen.
L’auto di Rice era spuntata dietro ai muretti, che delineavano la spiaggia privata, della proprietà.
Vassily sembrò incedere, per impedirne ad Owen l’ingresso, con scarsi risultati.
L’unica alternativa era stenderlo con un pugno, ma avrebbe provveduto Denny, pensò il sovietico; non restava che scoprirlo.





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