Capitolo n. 87 - zen
Lui credeva di non
esserne capace; invece molte cose scivolarono via, semplici, simbiotiche, come
il proprio corpo in quello di Kurt, in un’unione, che a David continuava ad
apparire senza alcun futuro.
I baci di quel
giovane, con venti anni in meno nella pelle, nelle aspettative, nei muscoli
tonici e vibranti, non gli stavano gridando di essere un surrogato.
Il disincanto di
Rossi, però, era profondo, quanto cocente, così illudersi diventava un
esercizio talmente stupido, da spaventarlo a morte.
E lui detestava la
stupidità.
Da sempre.
“La gamba ti dà noia?”
Il tono di Jim era
confortevole, come il plaid in lana, sotto al quale si rannicchiavano ogni sera
d’inverno, a guardare la tv, lui e Hugh, tra un dispetto e una battuta acre
dell’analista; eppure Mason lo amava così tanto, intossicato dal suo buon
odore, mentre lo stava cingendo anche ora alle spalle, nel suo studio, dove
preparava una siringa proprio per il compagno.
“Se ti sbrighi magari
soffrirò un minuto in meno, per le prossime settantadue ore” – protestò Laurie un
poco spezzato nei toni, perennemente caustici.
L’effetto di quel
farmaco svizzero non durava di più, purtroppo.
Era sperimentale ed
un amico comune lo contrabbandava dallo stato elvetico agli USA, rischiando grosso.
Lo doveva a Mason,
che con una terapia innovativa, lo aveva salvato da un cancro ai polmoni, per
altri specialisti letale.
“Sdraiati brontolone …”
Hugh obbedì, posando
il suo bastone sulla lettiga, tirandosi su la manica della camicia, come un
drogato in astinenza.
Quindi girò il capo
verso la parete, dove spiccavano tutti i diplomi, le specializzazioni, i
riconoscimenti di Jim.
“Il fatto è …” – gli tremò
la voce – § E’ che vorrei fare l’amore con te tutta la
notte Jim … §
Hugh lo pensò
soltanto, poi masticò - “E’ che almeno
sino a lunedì sembrerò meno storpio” – rise amaro.
Mason scrollò le
spalle – “Che stupido che sei quando ti auto commiseri”
“E tu sei un
imbecille a stare con me allora, super sapientone dei miei”
Jim lo placcò e
stordì con un bacio mozza fiato.
Si staccò lento – “Io
voglio fare l’amore con te … Lo voglio da impazzire” – mormorò, unendo le loro
fronti, dopo averlo fatto con le loro bocche, chiudendo le palpebre, commosso e
rapito dal troppo, che sentiva per Laurie, da una vita.
Lo psicologo si tirò
su, con uno scatto felino ed in conflitto con le sue pulsazioni, che ci
increspavano nel torace, vivaci nell’ascoltare l’uomo che adorava.
“Ho un paziente” –
disse sbrigativo alzandosi.
Fece due passi, verso
l’uscita, che gli apparve insopportabilmente lontana, per rifuggire quel - “Io ti amo Hugh”.
La frase gli piombò
sulla schiena e non era la prima volta.
Strinse il legno,
nella curvatura in cui le dita vi si aggrappavano, spesso rabbiose.
“Sono quei due, così
mielosi, ad influire sulle tue reazioni: sei sotto shock, come in un incidente,
sai Jim?”
L’ossigeno gli
bruciava in gola, ma mai quanto gli occhi feriti di Mason, un istante dopo,
quando gli si parò davanti.
“Perché sei così”
“Stronzo?” – sbottò.
“No … Meschino … Il
termine era questo. Ora vai dal tuo paziente, Hugh.” – e l’oncologo sparì nel
corridoio, senza concedergli repliche.
Robert barcollò sino
alla terrazza, dove Camilla stava giocando con Drake.
Pamela era rilassata,
su di un lettino prendisole.
Stavano aspettando
Jude, sceso a comprare un dolce, che Downey aveva chiesto sulla via del ritorno
a casa.
“Sono carini insieme …”
– disse flebile l’attore allungandosi.
La donna, premurosa
come al solito, gli sistemò un cuscino, dietro al busto smagrito di Rob, che la
ringraziò con un sorriso.
Tornando a sedersi,
Pam si tormentò per un attimo le mani affusolate.
“Ehi, che c’è bella
signora …?”
“Nulla, pensavo
Robert …”
“A cosa, se posso …”
“Sì, certo che puoi …
A Glam, ecco”
L’espressione di
Downey si addolciva nell’udire il suo nome, ciò non sarebbe mutato mai.
“Ci penso spesso anch’io
… Jude lo sa …”
“Lui e big Geffen
hanno fatto pace”
“Forse” – Robert rise
pacato, scuotendo il capo appesantito dalla seduta di radiazioni.
“Lui ed io vedi …
Dopo che Glam ha saputo della tua malattia … Era così disperato”
“Lo eravamo tutti
Pamela …” – disse assorto.
“Sì, è stato un duro
colpo” – e lo fissò.
Downey inspirò,
chiudendo gli occhi – “Tu e lui … dicevi …?” – e li riaprì, comprensivo.
“Forse non avrei
dovuto permettere che”
“No” – Robert sorrise
– “Lo farei anche io e non per tradire Jude o fargli un torto … Non accadrebbe
solo per rispetto a lui, non solo perché amo mio marito più di ogni cosa al
mondo, con Camilla, però … Glam resterà sempre nel mio animo, come è per te,
vero Pam?”
Lei annuì.
Downey inarcò un
sopracciglio – “E se …?”
“Se?”
“No, niente Pamela …”
– poi nella sua mente si palesò una battuta, che Downey evitò di farle – § Sarebbe una barzelletta, se tu fossi rimasta
incinta … §
Derek si sollevò sui
gomiti, fermandosi.
“Sei qui con me
Spencer?”
“Co cosa …?”
Gli ansiti di Reid si
smorzarono, come sferzati dallo sguardo inquisitore di Morgan, steso tra le sue
gambe, pronto a farlo suo, dopo lunghi preliminari, durante i quali l’agente di
colore non lo avevo sentito abbastanza partecipe.
“Hai capito cosa
intendo” – bissò polemico e deluso.
“Ho … Ho come un
chiodo fisso, per domani, per l’assistente sociale” – si giustificò, mentre l’altro
si alzava, avvolgendosi in un asciugamano, dimenticato sul tappeto dopo la
doccia fatta insieme a Spencer.
“Sicuro?” –
insistette, senza guardarlo.
“Tu non hai nemmeno
una preoccupazione al riguardo?” – ribatté, incrociando le braccia esili,
appoggiato contro la testata in pelle amaranto.
“No Spencer, non ce l’ho:
stiamo facendo del nostro meglio con Gregory”
“Ma a quelli spesso
non basta!”
“Ed a te basto io
oppure deve per forza esistere anche David, tra di noi o con noi?!” – ruggì.
“Derek tu … tu gli
sei affezionato quanto me e”
“Non ne sono geloso,
comunque!”
Reid si irrigidì – “Kurt
lo sta prendendo in giro e Dave soffrirà: a te non importa? Sul serio? Dopo
tutto quanto ha fatto per noi?” – domandò calmo.
Morgan sbuffò, feroce
– “Ovvio che” – poi si quietò improvviso, davanti ai pozzi liquidi di Spencer –
“Sì, mi importa … gli voglio bene, come ad un padre e dovresti farlo anche tu,
amore …” – e tornò da lui, stringendolo sul petto scultoreo.
“Scusami Derek …
scusami”
Si baciarono, nel
tepore di quelle lenzuola, che presto li riavvolsero, accogliendo il loro sonno
inquieto, sino all’alba del giorno dopo.
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