sabato 6 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 87


Capitolo n. 87  -  zen


Lui credeva di non esserne capace; invece molte cose scivolarono via, semplici, simbiotiche, come il proprio corpo in quello di Kurt, in un’unione, che a David continuava ad apparire senza alcun futuro.
I baci di quel giovane, con venti anni in meno nella pelle, nelle aspettative, nei muscoli tonici e vibranti, non gli stavano gridando di essere un surrogato.
Il disincanto di Rossi, però, era profondo, quanto cocente, così illudersi diventava un esercizio talmente stupido, da spaventarlo a morte.
E lui detestava la stupidità.
Da sempre.


“La gamba ti dà noia?”
Il tono di Jim era confortevole, come il plaid in lana, sotto al quale si rannicchiavano ogni sera d’inverno, a guardare la tv, lui e Hugh, tra un dispetto e una battuta acre dell’analista; eppure Mason lo amava così tanto, intossicato dal suo buon odore, mentre lo stava cingendo anche ora alle spalle, nel suo studio, dove preparava una siringa proprio per il compagno.
“Se ti sbrighi magari soffrirò un minuto in meno, per le prossime settantadue ore” – protestò Laurie un poco spezzato nei toni, perennemente caustici.
L’effetto di quel farmaco svizzero non durava di più, purtroppo.
Era sperimentale ed un amico comune lo contrabbandava dallo stato elvetico agli USA, rischiando grosso.
Lo doveva a Mason, che con una terapia innovativa, lo aveva salvato da un cancro ai polmoni, per altri specialisti letale.

“Sdraiati brontolone …”
Hugh obbedì, posando il suo bastone sulla lettiga, tirandosi su la manica della camicia, come un drogato in astinenza.
Quindi girò il capo verso la parete, dove spiccavano tutti i diplomi, le specializzazioni, i riconoscimenti di Jim.
“Il fatto è …” – gli tremò la voce –  § E’ che vorrei fare l’amore con te tutta la notte Jim … §
Hugh lo pensò soltanto, poi masticò  - “E’ che almeno sino a lunedì sembrerò meno storpio” – rise amaro.
Mason scrollò le spalle – “Che stupido che sei quando ti auto commiseri”
“E tu sei un imbecille a stare con me allora, super sapientone dei miei”
Jim lo placcò e stordì con un bacio mozza fiato.
Si staccò lento – “Io voglio fare l’amore con te … Lo voglio da impazzire” – mormorò, unendo le loro fronti, dopo averlo fatto con le loro bocche, chiudendo le palpebre, commosso e rapito dal troppo, che sentiva per Laurie, da una vita.

Lo psicologo si tirò su, con uno scatto felino ed in conflitto con le sue pulsazioni, che ci increspavano nel torace, vivaci nell’ascoltare l’uomo che adorava.
“Ho un paziente” – disse sbrigativo alzandosi.
Fece due passi, verso l’uscita, che gli apparve insopportabilmente lontana, per rifuggire quel  - “Io ti amo Hugh”.
La frase gli piombò sulla schiena e non era la prima volta.
Strinse il legno, nella curvatura in cui le dita vi si aggrappavano, spesso rabbiose.
“Sono quei due, così mielosi, ad influire sulle tue reazioni: sei sotto shock, come in un incidente, sai Jim?”
L’ossigeno gli bruciava in gola, ma mai quanto gli occhi feriti di Mason, un istante dopo, quando gli si parò davanti.
“Perché sei così”
“Stronzo?” – sbottò.
“No … Meschino … Il termine era questo. Ora vai dal tuo paziente, Hugh.” – e l’oncologo sparì nel corridoio, senza concedergli repliche.


Robert barcollò sino alla terrazza, dove Camilla stava giocando con Drake.
Pamela era rilassata, su di un lettino prendisole.
Stavano aspettando Jude, sceso a comprare un dolce, che Downey aveva chiesto sulla via del ritorno a casa.

“Sono carini insieme …” – disse flebile l’attore allungandosi.
La donna, premurosa come al solito, gli sistemò un cuscino, dietro al busto smagrito di Rob, che la ringraziò con un sorriso.
Tornando a sedersi, Pam si tormentò per un attimo le mani affusolate.
“Ehi, che c’è bella signora …?”
“Nulla, pensavo Robert …”
“A cosa, se posso …”
“Sì, certo che puoi … A Glam, ecco”
L’espressione di Downey si addolciva nell’udire il suo nome, ciò non sarebbe mutato mai.
“Ci penso spesso anch’io … Jude lo sa …”
“Lui e big Geffen hanno fatto pace”
“Forse” – Robert rise pacato, scuotendo il capo appesantito dalla seduta di radiazioni.
“Lui ed io vedi … Dopo che Glam ha saputo della tua malattia … Era così disperato”
“Lo eravamo tutti Pamela …” – disse assorto.
“Sì, è stato un duro colpo” – e lo fissò.
Downey inspirò, chiudendo gli occhi – “Tu e lui … dicevi …?” – e li riaprì, comprensivo.
“Forse non avrei dovuto permettere che”
“No” – Robert sorrise – “Lo farei anche io e non per tradire Jude o fargli un torto … Non accadrebbe solo per rispetto a lui, non solo perché amo mio marito più di ogni cosa al mondo, con Camilla, però … Glam resterà sempre nel mio animo, come è per te, vero Pam?”
Lei annuì.
Downey inarcò un sopracciglio – “E se …?”
“Se?”
“No, niente Pamela …” – poi nella sua mente si palesò una battuta, che Downey evitò di farle – § Sarebbe una barzelletta, se tu fossi rimasta incinta … §


Derek si sollevò sui gomiti, fermandosi.
“Sei qui con me Spencer?”
“Co cosa …?”
Gli ansiti di Reid si smorzarono, come sferzati dallo sguardo inquisitore di Morgan, steso tra le sue gambe, pronto a farlo suo, dopo lunghi preliminari, durante i quali l’agente di colore non lo avevo sentito abbastanza partecipe.
“Hai capito cosa intendo” – bissò polemico e deluso.
“Ho … Ho come un chiodo fisso, per domani, per l’assistente sociale” – si giustificò, mentre l’altro si alzava, avvolgendosi in un asciugamano, dimenticato sul tappeto dopo la doccia fatta insieme a Spencer.
“Sicuro?” – insistette, senza guardarlo.
“Tu non hai nemmeno una preoccupazione al riguardo?” – ribatté, incrociando le braccia esili, appoggiato contro la testata in pelle amaranto.
“No Spencer, non ce l’ho: stiamo facendo del nostro meglio con Gregory”
“Ma a quelli spesso non basta!”
“Ed a te basto io oppure deve per forza esistere anche David, tra di noi o con noi?!” – ruggì.
“Derek tu … tu gli sei affezionato quanto me e”
“Non ne sono geloso, comunque!”
Reid si irrigidì – “Kurt lo sta prendendo in giro e Dave soffrirà: a te non importa? Sul serio? Dopo tutto quanto ha fatto per noi?” – domandò calmo.
Morgan sbuffò, feroce – “Ovvio che” – poi si quietò improvviso, davanti ai pozzi liquidi di Spencer – “Sì, mi importa … gli voglio bene, come ad un padre e dovresti farlo anche tu, amore …” – e tornò da lui, stringendolo sul petto scultoreo.
“Scusami Derek … scusami”
Si baciarono, nel tepore di quelle lenzuola, che presto li riavvolsero, accogliendo il loro sonno inquieto, sino all’alba del giorno dopo.





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