venerdì 12 aprile 2013

ZEN - CAPITOLO N. 91

Capitolo n. 91  -  zen

Separate paths


I vicoli di Tampa gli sembrarono ancora più bui, luridi di immondizie abbandonate ovunque, mentre lui si sentiva di avere fatto altrettanto con la persona più preziosa al mondo.
Un mondo che spesso lo aveva spaventato, deluso, manipolato.
Un mondo in cui Derek stentava a riconoscersi, sempre con il buio alle spalle, che sapeva di tabacco scadente, che suonava di sputi per terra, che respirava di sordidi rantoli, mentre lui piangeva e pregava, anche se non credeva più a niente e nessuno.
Almeno finché non incontrò Spencer.


I palmi caldi di Rossi raccolsero il volto di Kurt, abbassato a guardarsi la punta delle scarpe, ad un metro da una pozzanghera, a venti metri dal jet di Meliti, con cui Kevin e Tim erano venuti a prenderlo.
La soglia di quell’hangar privato, sembrava definire la linea di confine tra quel presente, che gli riempiva il cuore ed un domani incerto, nel quale non vedeva l’ora di ritrovare Martin, di stringerlo, dicendogli che zio Dave stava bene e che, forse, lo avrebbero rivisto ancora, da qualche parte, prima o poi.
“Tesoro”
“Sì, ho capito David, non ripeterti” – tirò su dal naso e sollevò anche lo sguardo su di lui.
“Qualunque cosa io possa aggiungere adesso, sarebbe un’odiosa cantilena e tu meriti la mia onestà Kurt, la mia … obiettività: non posso offrirti nulla, non con questo lavoro, non con i miei ritmi” – disse serio, ma trafitto nell’addome da un dolore inaspettato.
“Se almeno ci avessimo provato, potrei darti ragione o meno Dave” – disse amaro, ma poi sorrise.
Rossi lo strinse a sé, sentendo nel proprio collo, ma ben oltre, il respiro di Kurt, che lo penetrava, lo completava, come nessuno aveva fatto mai.
“Tu mi hai fatto l’amore, nella maniera più dolce ed incredibile io potessi desiderare, David … Di questo ti sarò grato per sempre … Per il tuo rispetto, per tutte le cose di cui mi sono innamorato”
“Kurt”
“No, ascoltami: non ho sedici anni … Non ho nemmeno più abbastanza sogni, per illudermi. So quello che dico … Io so che … avrebbe funzionato. Fattene una ragione Dave” – e rise sconsolato, in lacrime, distaccandosi da lui, ritardandone l’attimo definitivo, sino all’ultimo centimetro di pelle, che riuscì a sfiorargli, prima di correre verso l’aereo, sulla cui scaletta si erano affacciati Kevin e Tim, per andargli incontro con un ombrello.


Spencer lo guardava, steso sul fasciatoio-
Gregory, al timbro della sua voce, attraverso il collegamento via web cam, gli sorrideva, succhiandosi i piedini.
La tata, di massima fiducia, assunta dalla coppia, gli aveva fatto il bagno e si apprestava a preparargli quella che Derek definiva “la poltiglia latte e biscotti più saporita del pianeta”, innescando nel piccolo delle reazioni buffe ed ilari, da antologia.

“Dai la buona notte a papà” – disse lei, anche se Twist non poteva accontentarli, se non con i suoi occhi, che arridevano al genitore, che lo salutava con la mano, in un gesto fanciullesco ed incantevole.
“Ciao amore … un bacio anche da papà Derek … Lui è … è”
“Sono qui tesoro.”
Morgan spuntò alle sue spalle, cingendolo per mostrarsi a Gregory, come se fossero un’unica persona: era questo ciò che provava e che non aveva mai smesso di raccontare a Reid, quando questi dubitava di avere un futuro insieme a lui.
Il giovane girò il viso nell’incavo di Derek, sussurrando – “Mio Dio grazie … Grazie di essere qui”
“E dove dovrei essere?” – mormorò dolce, scrutandolo – “E’ qui il mio posto Spencer.”


Ferdy stava blaterando di abiti alla moda, locali chic, tendenze d’arredo, da almeno venti minuti, che Laurie cronometrò attento.
Allo scoccare del ventunesimo, diede un colpo secco con il bastone, sul  pavimento del ristorante cinese – “Time out! Ora caricati di ossigeno i polmoni, così potrai ricominciare a tediarci tra tre, due, uno Preston verifica il battito eeee via!”
Mason, brillo di sakè, scoppiò a ridere, piegandosi verso i vetri decorati a tema, con dragoni e serpenti, a cui iniziò a dare dei nomi, osservato da Hugh, un po’ stranito, ma mai quanto Ferdy, mentre McIntyre avrebbe voluto strozzare l’analista, ma era indeciso fra questi ed il suo nuovo amichetto.

“Jim suvvia, un po’ di contegno! Dicevi di quell’accostamento blu/viola, tra tendaggi e carta da mettere nei cassetti, Ferdy …?”
Il ragazzo avvampò – “Vado in bagno, vieni con me Preston?”
McIntyre lo squadrò imbarazzato – “Credo tu sia abbastanza grande da trovartelo da solo.”
Laurie si sporse, come la rana Kermit dei Muppets, così almeno lo apostrofava sempre Mason quando faceva certi siparietti, bisbigliando a Ferdy – “Ma … sta parlando del bagno o del tuo attrezzo …?”
“Hugh!” – l’oncologo gli diede uno strattone, ma Laurie non si scompose, bofonchiando – “Era un chiarimento fondamentale per me …”


 “Che disastro ahahh”
“Pensa a guidare Jim, ma sei abbastanza sobrio per farlo?”
“Perché non guidi tu? Mi fai sempre fare il tassista”
“Ti lamenti?”
“No” – replicò dolcemente, accarezzandogli la gamba – “Stai bene Hugh?”
“Sì … grazie Jim” – arrossì, poi fissò il parabrezza per pochi secondi, quindi estrasse qualcosa dalla tasca della giacca scozzese.
“Comunque Preston se li cerca su internet certi sciagurati, io lo so e poi”
“Vuoi sposarmi Jim?”
Glielo chiese di botto, aprendo il cofanetto delle fedi in oro giallo, semplici, pulite, come i cristalli di Mason, piantati su di lui, dopo che aveva inchiodato.

“Hugh …”
“Dopo venti … lunghissimi …”
“Hugh”
“Bellissimi! Anni … amore … Lo vuoi si o no?” – e la sua insistenza covava il terrore di ricevere un rifiuto.
Improbabile.
Almeno da come Jim gli si conficcò nella bocca, afferrandogli la nuca, il collo, tempestando poi con ulteriori baci quelle fattezze, che adorava, commuovendosi senza limiti.
“Sì … Sì, dannato zuccone, che lo voglio … Da una vita intera.”






 
Gregory :)

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