Capitolo n. 62
- zen
Spencer, Derek e
David, fecero il loro omaggio a Brandon, presenziando alle esequie.
Videro Geffen,
appartato su di una panchina poco distante la cappella dei Meliti e lo
raggiunsero, per salutarlo.
Lula, in braccio al
padre, corse incontro a Reid, che si inginocchiò per abbracciarlo, mentre Morgan
lo stringeva altrettanto affettuoso.
“Dopo venite dal
nonno? C’è una festa di commemorazione …” – propose vivace.
“Ok Lula …” – disse Spencer
pensieroso, cercando l’assenso di Derek, che annuì.
“Vi devo dare una
cosa!” – e sorrise gioviale.
“Ciao Rossi …”
“Glam … Come vanno le
cose?” – domandò complice, sedendosi.
“Un casino, come
sempre” – rise amaro.
“Domani torniamo a
Quantico.”
“Tutti e tre?”
“Sì, ma ci terremo in
contatto, promesso” – e, togliendosi i Ray-Ban, ammiccò all’avvocato, che
cercava con lo sguardo qualcuno.
“Sono … sono tornato
da Kevin … in qualche modo.” – rivelò, poco convinto.
“In quale,
esattamente?”
“Come soluzione ai
problemi degli altri, ad essere sinceri, visto che il mio cuore, seppure sia
ancora legato profondamente al mio ex, è un colabrodo, crivellato di colpi … Ho
sempre deciso per tutti, questo giro mi sono arreso.”
“Pessima prospettiva,
Glam”
“Già … E con i
ragazzi, come va?”
“Bene, sono felici ed
io non vedo l’ora di averli a cena da me, per fare assaggiare le lasagne di mia
zia a Spencer: ha perso due chili da quando è qui.”
“Gli avrà passati, sotto
forma di muscoli a Derek” – osservò sagace, notando il fisico scultoreo di
Morgan, sotto alla maglietta troppo attillata.
“Può darsi” – e inforcando
sornione gli occhiali, si rialzò.
Denny gli portò un
caffè, dopo averlo notato, da solo, in biblioteca.
“Ciao Glam … Non ti
aggreghi all’amarcord, giù nel salone?”
“Sono già ubriachi a
sufficienza?” – domandò, posando il libro che stava leggendo, senza alcun
interesse.
Denny chiuse la
porta, poi si accomodò al suo fianco sul divano in damasco rosso.
“Jared è fradicio di
cognac e Farrell lo sta sgridando … Meliti abbozza, Kurt sta rannicchiato sopra
un davanzale dall’arrivo, Xavier disegna e Phil cita aneddoti a caso su Brandon
… E’ il più lucido.” – rise.
“Sì, Derado è una
roccia …”
Ci fu un attimo di
silenzio.
Pesante.
“Le gemelle ti
cercano, sai?” – disse timido, lo sguardo basso.
“Denny dovresti …” –
inspirò – “Dovresti dire alle piccole, che non sono il loro papà … Quel
chiamarmi papi Glam è stupendo, ma”
“Lo sanno
perfettamente che hanno un unico genitore” – puntualizzò, ma senza adirarsi.
“Isotta fa lo stesso
e non riesco a …” – si morse le labbra.
“Sono Jared e Colin a
doverglielo fare capire, ma, a quanto pare, a loro non disturba la cosa e tanto
meno al sottoscritto … Tu sei un papà per ognuno di noi, in forme diverse …”
“Un padre degenere” –
si strofinò la faccia stanca.
Denny gli posò la
mano destra sul ginocchio sinistro, trasmettendo a Geffen una strana
sensazione, ma non certo infastidendolo.
“Sono tornato al mio
attico, la tua impresa ha fatto un lavoro magnifico Glam … Devo sdebitarmi.”
“Assolutamente no: è
il mio regalo per le bimbe.” – disse fermo.
Denny deglutì a
vuoto.
“La tua famigerata
generosità, Glam …” – osservò amaro.
“I soldi sono l’unico
problema che non ho.”
“Magra consolazione …
Quando potresti avere la felicità ad ogni risveglio.”
“Kevin ed io”
“Sì, l’ho saputo. Ok …”
– si elevò, lento e rassegnato.
“Denny”
“Ci vediamo domani,
in studio, ho parecchio arretrato da recuperare e poi non voglio avere conti in
sospeso: mandami la fattura dei lavori, altrimenti la recupererò io, con Flora.
Sappilo.” – concluse asciutto, arrivando veloce all’uscita, senza che Glam lo
fermasse.
Robert versò del
latte nella caraffa destinata ai bimbi, riuniti nella sala giochi da Pam, Sveva
e Carmela.
Law raccontava loro
delle favole celtiche, tenendo in grembo Camilla, attenta alle parole del suo
papi Jude.
Downey sorrise al
marito, distribuendo la bevanda tiepida ai presenti, per poi sussurrargli all’orecchio
– “Vado a salutare Christopher e Steve …”
“Ok amore, ti aspetto
qui.” – ribatté sereno l’inglese.
La coppia passeggiava
nel parco, con Clarissa.
Robert gli fece un
cenno dalle vetrate, prima di scendere.
In fondo al corridoio
stava transitando Geffen, impegnato al telefono, ma per poco.
Downey lo vide
riattaccare istantaneo e con l’aria di chi voleva trovare una via di fuga, per
evitare quella collisione, che nei loro sguardi si era appena consumata vivida.
“Buongiorno Glam …”
“Ciao Robert.”
Si fermarono, di
traverso, come a non volersi palesare perfettamente l’uno davanti all’altro,
quando invece il loro incastro sarebbe apparso a chiunque come qualcosa di ineguagliabile
e pericoloso.
“Per … per Brandon” –
Downey esitò – “E’ stato terribile perderlo”
“Sì, ci mancherà, non
immaginiamo neppure quanto, temo.”
“Se tu … se tu
dovessi” – tremò, dal mento alle tempie.
“Non cambierebbe
nulla, Rob” – ribatté severo, ma con le iridi increspate di afflizione.
In quelle di Downey,
galleggiarono due lacrime, così imbarazzanti per entrambi, che le celò
immediato dietro alle lenti ambrate dei suoi Bulgari.
Kevin interruppe,
senza volerlo, quel confronto, divenuto all’apparenza glaciale.
“Daddy … ti stavo
cercando, ciao Robert”
“Ciao tesoro, come
stai?” – bissò con dolcezza l’attore.
“Meglio di Jared” –
ironizzò ansioso – “Glam potresti seguirmi? Non riusciamo a calmarlo”
“Che diavolo succede?”
– sbottò innervosendosi.
“E’ ubriaco e non si
dà pace per Brandon … Una crisi di panico probabilmente, ho chiamato anche
Scott”
“Lui servirà più di
me, ho bisogno d’aria, scusatemi” – e fece per andarsene, ma Kevin lo tallonò,
convinto che solo lui avrebbe tranquillizzato il cantante dei Mars.
“Lasciami perdere,
almeno per dieci minuti!” – esclamò Geffen, spalancando le ante all’inglese,
verso il giardino d’inverso, sul retro della residenza.
“Non volevo farti
arrabbiare”
“Non sono arrabbiato
Kevin!” – gli urlò sul volto arrossato.
Il tempo si spezzò,
come una fotografia strappata, con l’immagine di loro.
“Ho … ho capito Glam …”
Kevin gli diede le
spalle, ma, repentine, le braccia di Geffen lo catturarono, virili, indomite.
L’uomo stava vibrando
in ogni sua cellula: “Perché … Perché deve essere così complicato …?” –
mormorò, distrutto.
Kevin percorse i suoi
avambracci, che quasi lo stritolavano, con i palmi gelidi, reclinando il capo,
sul petto di Glam, dal lato del suo cuore, i cui battiti stavano crepitando.
“Sei tu che lo rendi
così daddy … Io non posso che amarti … Non riesco a farne a meno, a smettere, a
rinunciare a te … a noi. Eppure mi hai fatto così tanto male in passato, che
invece dovrei” – sembrò rifiutarsi nel proseguire in quell’aspra deduzione.
A Geffen balenò nel
cervello il discorso fatto a Jude, su come certe persone si consegnino ai
maltrattamenti di chi amano incondizionatamente e Kevin sembrava rappresentarne
un esempio indiscusso, come Robert in fondo.
“Tu vuoi salvare
questo relitto dalla propria mediocrità, per l’ennesima volta …? Lo desideri
così tanto, Kevin?” – chiese sconsolato, girandolo a sé, per fissarlo, nella compiutezza
del suo attaccamento a lui.
Kevin, in risposta,
lo baciò, fondendosi al suo dolore, troppo simile al suo, per non riconoscerlo
ed accettarlo, senza via di scampo.
“Ma questo è il tuo
preziosissimo Brady!”
Spencer ebbe una
reazione fanciullesca ed incantevole, nel ricevere quel dono inaspettato da
parte di Lula.
“Il mio bradipo ha
due scopi!” – sottolineò soldino di cacio, in modo simpatico.
Morgan e Rossi lo
scrutarono, partecipi di quell’evento.
“Primo! Non scordarvi
di Lula! Secondo …” – sorrise raggiante – “Sarà il primo regalo per il vostro
Twist!”
I due agenti si
guardarono, smarriti, mentre Dave stava ridendo sotto i baffi.
“Il nostro …?”
“Sì Derek! … Ehm …
Non si chiamerà così, ma sarà il suo soprannome! Un neonato mica si può
chiamare Twist! … Credo … Ecco …” – e fece una smorfia buffa.
“Bene figlioli …
Questo sì che è un … pronostico azzeccato” – sentenziò cordiale Rossi.
Lula si congedò dal
suo adorato peluche, non senza un po’ di malinconia, augurandosi che i suoi
papà gliene avrebbero procurato subito uno nuovo.
Appena si fossero
staccati da un bacio, che sembrava senza fine.
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