martedì 5 marzo 2013

ZEN - CAPITOLO N. 66



Capitolo n. 66  -  zen


Lula in auto rimase in silenzio, quasi sino a destinazione.
“Ehi soldino, tutto bene?” – chiese Glam dolcemente, accarezzandogli la testolina appoggiata sul suo grembo, mentre Vassily parcheggiava.
Kevin seguiva la scena alla finestra della propria camera.

“Papake è triste … Ha paura di Matt”
“Lo so tesoro … Ora gli parlo.”
Lula sospirò – “Perché siete tornati insieme?”
Geffen deglutì a vuoto.
“Io … io credevo fosse la scelta giusta da fare Lula e … e pensavo ne fossi felice.”
“Lo sarei se anche voi due lo foste” – replicò serio, ma senza astio.

Glam si prese la testa fra le mani gelide e Lula gliela sollevò, sorridendo, posando sulla guancia destra dell’uomo una delle sue carezze migliori.
“Amore mio … io non potrei esistere senza il tuo conforto Lula … Impazzirei” – e scoppiò a piangere.

Vassily scese, andando verso Peter, che stava sistemando gli arredi da giardino.
Un party planner dava ordini a diversi addetti, per preparare il ricevimento in onore di  Glam.
Kevin li aveva interpellati prima di parlarne insieme al figlio e non aveva la forza per rimandare la festa di compleanno per il giorno seguente.
Ora gli appariva tutto così insulso, come ogni singolo battito del proprio cuore per quell’uomo, che perseverava nel deluderlo.
Jared aveva ragione, pensò.


Colin teneva sul petto Florelay, impegnata con il suo biberon a fare una poppata di latte e cereali in polvere.
“Principessa … ti amo, sai? Jay ed io ti abbiamo concepita anche stanotte …” – disse piano, pensando al magnifico amplesso consumato tra l’idromassaggio e le lenzuola insieme al consorte.


Jared era rimasto a Malibu, con Shannon, per pianificare la registrazione di un video, sforzandosi di impegnarsi in un progetto lavorativo concreto.
Il fratello lo guardava di sguincio da alcuni minuti.
“Che c’è animale?” – sorrise.
“Niente” – glissò accattivante.
“Sputa il rospo!”
“Onestamente … Come stai?”
Leto junior sgranò le sue iridi di cobalto, in quel modo così ingenuo da intenerire un sasso – “La scomparsa di Brandon mi ha segnato … E sono in ansia per Kurt.”
“Lui e Martin sono da Jamie e Marc, da stamattina.  Me l’ha detto Tomo. E’ passato da Antonio a prendere Josh … Stanno venendo qui.”


Denny le aveva cambiate per la terza volta, poco convinto della propria selezione abiti, ma le gemelle erano entusiaste.
Le avrebbe accompagnate alla scuola privata frequentata da Lula, per inserirle in un piano di studio, affinché migliorassero il loro Inglese.
Quando udì il campanello non immaginò che potesse trattarsi di Tomo.

“Ehi ciao, disturbiamo? Josh aveva un regalo per le tue bimbe …” – si palesò emozionato, fissando un Denny immobile.
Josh lo abbracciò e lui corrispose quel gesto con estremo affetto – “Ciao campione … Non dovevi …”
“Mofo papi mi ha portato al negozio di giocattoli e spero di avere trovato il regalo giusto! Posso andare da Mony e Cory?” – chiese allegro.
“Certo … Sono nella loro camera, verso la terrazza … Ricordi la strada?”
“Sì zio Denny, vado!” – e fuggì via.
Tomo fece un paio di passi e Denny gli liberò il passaggio – “Accomodati …”
“Grazie … Hai fatto dei cambiamenti …”
“Sì, per le bambine e l’assistente sociale.” – spiegò freddo, dandogli le spalle – “Scusa, ma devo prepararmi anch’io.”
“Ok … Ok, io aspetto qui …”
“No, siediti di là, c’è ancora il divano” – § dove abbiamo fatto l’amore un sacco di volte § - pensò assorto.
“Sì … ricordo la strada, come Josh …” – replicò in imbarazzo il croato.
“Ti preparo un caffè” – e lo superò, senza che Tomo reagisse, anche se avrebbe voluto trattenerlo, per dirgli qualsiasi fottuta cosa avesse potuto ridargli il sorriso.


“Tim è solo come un cane … come me”
Kurt scosse la testa, bevendo una bibita, mentre Jamie si allenava.
“Non mi sembra, zuccone. Ed io chi sono?” – provò a scherzare, anche se nel vederlo affranto in quel modo, al ballerino si seccava la gola.
“Tu sei … il mio Jam … La mia libellula” – sorrise.
“Questa è nuova!”
“Marc ha chiamato?”
“Sì, sano e salvo da Boston … Questo convegno annuale deve essere terribilmente interessante se ci va sempre …”
“Diciamo che ci deve andare perché Geffen sgattaiola” – rise.
“In effetti … Cosa ti preparo per cena Kurt?”
“Uhm … vediamo … la mia mogliettina potrebbe”
“Kurt!!” – e si inginocchiò, abbracciandolo – “Sempre il solito scemo!”
“Tu invece sei … adorabile …” – si commosse improvviso – “Grazie per esserci Jam … Faccio solo cazzate lontano da te …”
“Non posso mica adottarti …” – si schernì, facendo il pagliaccio triste.
Si cullarono a vicenda per un breve istante, poi decisero di passare in cucina, anche per il pasto dei rispettivi cuccioli, impegnati a giocare davanti al pc, che Martin si era portato.


“Sei stato coraggioso Denny”
“Di che parli?”
“Come se non lo sapessi …” – tossì – “Dell’adozione, intendo …”
“Sì, sono d’accordo: ho realizzato un mio sogno al momento opportuno. Come mia abitudine.”
“Ok … Ho afferrato il concetto e me lo merito”
“Cosa Tomo, il mio disprezzo?” – domandò acre.
“Solo se c’è stato amore, può esserci disprezzo Denny” – ribatté parandosi davanti al suo ex, che non ebbe alcun tremito esterno, mentre dentro moriva.
“Questi siparietti riservali al tuo Shannon, con me non funziona!” – sibilò, dandogli la schiena, ai cui confini Tomo lo brandì, per bloccarlo.
Denny chiuse gli occhi, colmi di un pianto lacerante e che lo fece incazzare nel profondo.
“E’ … è troppo tardi. Adesso vattene.” – concluse spezzato, ma con la dignità tipica della sua indole, poco avvezza a sentimentalismi e facili illusioni.
Quel tempo sembrava non esistere più nel cuore di Denny: dalle crepe lasciate dal passaggio di Tomo, sembrava evaporato via.
Per sempre.


“E’ … è buffo sai Glam …?”
Kevin non si era ancora mosso da quel davanzale.
Sembrava una metafora consona al suo stato d’animo, alla sua stessa esistenza: rimanere a guardare, mentre il suo uomo lo abbandonava, lo riprendeva, lo lasciava di nuovo e lo umiliava puntuale, spietato, immutabile.
“Cosa tesoro …?” – chiese debole, restando a distanza, dopo avere chiuso la porta.
“Tutto scorre, ma tutto si ripete … Identico a ciò che è accaduto magari un mese prima, un anno prima …”
“So a cosa alludi Kevin e mi dispiace per non essere mai all’altezza, né in ciò che decido io e tanto meno gli altri.”
“E cosa avrebbero deciso, gli altri?” – esclamò girandosi di scatto.
Geffen andò a sedersi su di una poltrona, stanco – “In fondo niente, hanno elargito consigli, un po’ come quelli che si chiedono o si danno, tra amici …”
“Tipo quello di ripescarmi dal mazzo?”
“Sì. Per il bene di tutti.”
Kevin scoppiò a ridere – “Oh già, Glam Geffen, la mina vagante, salviamo i nostri matrimoni, rimandiamolo da Kevin! Deve essere andata così o sbaglio?!” – ruggì.
“Non erano in mala fede, anzi …”
“C’è una lista?”
“No …” – sorrise – “No, tesoro, sto parlando di Colin, di Jared … anche di Robert”
“Peccato manchi Xavier, perché te li sei scopati tutti, daddy!” – enfatizzò il finale, con sarcasmo.
“Pura coincidenza” – e si stropicciò le palpebre, ma Kevin, come un fulmine, gli afferrò i polsi, mettendosi ai suoi piedi – “E guardami quando spari le tue cazzate Glam!!” – urlò.
Era stravolto, ma pure sempre bellissimo, con quei venti anni di meno, rispetto all’ex, che ancora amava quanto un disperato.
“Posso guardarti … e dirti che sei importante per me Kevin … Che la vita esplode in te, con un vigore invidiabile e di cui non sono più all’altezza … E peggiorerò, ma tu non demorderai, TU le mantieni le promesse, i voti, di fedeltà, di assistenza, ma io come credi mi senta, adesso? Il classico relitto, sbattuto sugli scogli di isole sempre diverse, riportato al largo dalla marea dei miei errori, un niente, senza di te, lo riconosco, sai?”
Kevin tremò, lasciando la presa, piegandosi quasi su sé stesso, come svuotato.
Glam lo sollevò, portandoselo addosso, legandosi a lui, senza che potesse scivolargli via nuovamente.
Lo baciò.
Kevin iniziò a spogliarsi lento, senza staccarsi, piangendo senza singulti, senza neppure più respirare.
Liberava le proprie lacrime, gli occhi spalancati su Glam, la sua lingua e le labbra indolenzite, in una contemplazione reciproca ed estatica.
Tolse i vestiti anche a Geffen, sedendosi su di lui e fregandosene di quanto potesse fargli male, senza preliminari, se non un poco di saliva, perché la fretta di sentirlo lo stava attanagliando dallo stomaco al cervello, ormai spento su qualsiasi ragionevolezza.

Ricominciò a piovere, furiosamente, contro i vetri, dove anche le fronde degli alberi si infrangevano, come il sesso di Glam, su per il canale stretto ed ormai dilatato abbastanza di Kevin, che lo cavalcava, gemendo nel suo collo taurino, la bocca schiusa, umida, perversa come quel gioco al massacro, senza più parole.








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