Capitolo n. 66 - zen
Lula in auto rimase
in silenzio, quasi sino a destinazione.
“Ehi soldino, tutto
bene?” – chiese Glam dolcemente, accarezzandogli la testolina appoggiata sul
suo grembo, mentre Vassily parcheggiava.
Kevin seguiva la
scena alla finestra della propria camera.
“Papake è triste … Ha
paura di Matt”
“Lo so tesoro … Ora
gli parlo.”
Lula sospirò –
“Perché siete tornati insieme?”
Geffen deglutì a
vuoto.
“Io … io credevo
fosse la scelta giusta da fare Lula e … e pensavo ne fossi felice.”
“Lo sarei se anche
voi due lo foste” – replicò serio, ma senza astio.
Glam si prese la
testa fra le mani gelide e Lula gliela sollevò, sorridendo, posando sulla
guancia destra dell’uomo una delle sue carezze migliori.
“Amore mio … io non
potrei esistere senza il tuo conforto Lula … Impazzirei” – e scoppiò a
piangere.
Vassily scese,
andando verso Peter, che stava sistemando gli arredi da giardino.
Un party planner dava
ordini a diversi addetti, per preparare il ricevimento in onore di Glam.
Kevin li aveva
interpellati prima di parlarne insieme al figlio e non aveva la forza per
rimandare la festa di compleanno per il giorno seguente.
Ora gli appariva
tutto così insulso, come ogni singolo battito del proprio cuore per quell’uomo,
che perseverava nel deluderlo.
Jared
aveva ragione, pensò.
Colin teneva sul
petto Florelay, impegnata con il suo biberon a fare una poppata di latte e
cereali in polvere.
“Principessa … ti
amo, sai? Jay ed io ti abbiamo concepita anche stanotte …” – disse piano,
pensando al magnifico amplesso consumato tra l’idromassaggio e le lenzuola
insieme al consorte.
Jared era rimasto a
Malibu, con Shannon, per pianificare la registrazione di un video, sforzandosi
di impegnarsi in un progetto lavorativo concreto.
Il fratello lo
guardava di sguincio da alcuni minuti.
“Che c’è animale?” –
sorrise.
“Niente” – glissò
accattivante.
“Sputa il rospo!”
“Onestamente … Come
stai?”
Leto junior sgranò le
sue iridi di cobalto, in quel modo così ingenuo da intenerire un sasso – “La
scomparsa di Brandon mi ha segnato … E sono in ansia per Kurt.”
“Lui e Martin sono da
Jamie e Marc, da stamattina. Me l’ha
detto Tomo. E’ passato da Antonio a prendere Josh … Stanno venendo qui.”
Denny le aveva
cambiate per la terza volta, poco convinto della propria selezione abiti, ma le
gemelle erano entusiaste.
Le avrebbe
accompagnate alla scuola privata frequentata da Lula, per inserirle in un piano
di studio, affinché migliorassero il loro Inglese.
Quando udì il campanello
non immaginò che potesse trattarsi di Tomo.
“Ehi ciao,
disturbiamo? Josh aveva un regalo per le tue bimbe …” – si palesò emozionato,
fissando un Denny immobile.
Josh lo abbracciò e
lui corrispose quel gesto con estremo affetto – “Ciao campione … Non dovevi …”
“Mofo papi mi ha
portato al negozio di giocattoli e spero di avere trovato il regalo giusto!
Posso andare da Mony e Cory?” – chiese allegro.
“Certo … Sono nella
loro camera, verso la terrazza … Ricordi la strada?”
“Sì zio Denny, vado!”
– e fuggì via.
Tomo fece un paio di
passi e Denny gli liberò il passaggio – “Accomodati …”
“Grazie … Hai fatto
dei cambiamenti …”
“Sì, per le bambine e
l’assistente sociale.” – spiegò freddo, dandogli le spalle – “Scusa, ma devo
prepararmi anch’io.”
“Ok … Ok, io aspetto
qui …”
“No, siediti di là,
c’è ancora il divano” – § dove abbiamo
fatto l’amore un sacco di volte § - pensò assorto.
“Sì … ricordo la
strada, come Josh …” – replicò in imbarazzo il croato.
“Ti preparo un caffè”
– e lo superò, senza che Tomo reagisse, anche se avrebbe voluto trattenerlo,
per dirgli qualsiasi fottuta cosa avesse potuto ridargli il sorriso.
“Tim è solo come un
cane … come me”
Kurt scosse la testa,
bevendo una bibita, mentre Jamie si allenava.
“Non mi sembra,
zuccone. Ed io chi sono?” – provò a scherzare, anche se nel vederlo affranto in
quel modo, al ballerino si seccava la gola.
“Tu sei … il mio Jam
… La mia libellula” – sorrise.
“Questa è nuova!”
“Marc ha chiamato?”
“Sì, sano e salvo da
Boston … Questo convegno annuale deve essere terribilmente interessante se ci
va sempre …”
“Diciamo che ci deve
andare perché Geffen sgattaiola” – rise.
“In effetti … Cosa ti
preparo per cena Kurt?”
“Uhm … vediamo … la
mia mogliettina potrebbe”
“Kurt!!” – e si
inginocchiò, abbracciandolo – “Sempre il solito scemo!”
“Tu invece sei …
adorabile …” – si commosse improvviso – “Grazie per esserci Jam … Faccio solo
cazzate lontano da te …”
“Non posso mica
adottarti …” – si schernì, facendo il pagliaccio triste.
Si cullarono a
vicenda per un breve istante, poi decisero di passare in cucina, anche per il
pasto dei rispettivi cuccioli, impegnati a giocare davanti al pc, che Martin si
era portato.
“Sei stato coraggioso
Denny”
“Di che parli?”
“Come se non lo
sapessi …” – tossì – “Dell’adozione, intendo …”
“Sì, sono d’accordo:
ho realizzato un mio sogno al momento opportuno. Come mia abitudine.”
“Ok … Ho afferrato il
concetto e me lo merito”
“Cosa Tomo, il mio
disprezzo?” – domandò acre.
“Solo se c’è stato
amore, può esserci disprezzo Denny” – ribatté parandosi davanti al suo ex, che
non ebbe alcun tremito esterno, mentre dentro moriva.
“Questi siparietti
riservali al tuo Shannon, con me non funziona!” – sibilò, dandogli la schiena,
ai cui confini Tomo lo brandì, per bloccarlo.
Denny chiuse gli
occhi, colmi di un pianto lacerante e che lo fece incazzare nel profondo.
“E’ … è troppo tardi.
Adesso vattene.” – concluse spezzato, ma con la dignità tipica della sua indole,
poco avvezza a sentimentalismi e facili illusioni.
Quel tempo sembrava
non esistere più nel cuore di Denny: dalle crepe lasciate dal passaggio di Tomo,
sembrava evaporato via.
Per sempre.
“E’ … è buffo sai
Glam …?”
Kevin non si era
ancora mosso da quel davanzale.
Sembrava una metafora
consona al suo stato d’animo, alla sua stessa esistenza: rimanere a guardare,
mentre il suo uomo lo abbandonava, lo riprendeva, lo lasciava di nuovo e lo
umiliava puntuale, spietato, immutabile.
“Cosa tesoro …?” –
chiese debole, restando a distanza, dopo avere chiuso la porta.
“Tutto scorre, ma
tutto si ripete … Identico a ciò che è accaduto magari un mese prima, un anno
prima …”
“So a cosa alludi
Kevin e mi dispiace per non essere mai all’altezza, né in ciò che decido io e
tanto meno gli altri.”
“E cosa avrebbero
deciso, gli altri?” – esclamò girandosi di scatto.
Geffen andò a sedersi
su di una poltrona, stanco – “In fondo niente, hanno elargito consigli, un po’
come quelli che si chiedono o si danno, tra amici …”
“Tipo quello di
ripescarmi dal mazzo?”
“Sì. Per il bene di
tutti.”
Kevin scoppiò a ridere
– “Oh già, Glam Geffen, la mina vagante, salviamo i nostri matrimoni,
rimandiamolo da Kevin! Deve essere andata così o sbaglio?!” – ruggì.
“Non erano in mala
fede, anzi …”
“C’è una lista?”
“No …” – sorrise – “No,
tesoro, sto parlando di Colin, di Jared … anche di Robert”
“Peccato manchi
Xavier, perché te li sei scopati tutti, daddy!” – enfatizzò il finale, con
sarcasmo.
“Pura coincidenza” –
e si stropicciò le palpebre, ma Kevin, come un fulmine, gli afferrò i polsi,
mettendosi ai suoi piedi – “E guardami quando spari le tue cazzate Glam!!” –
urlò.
Era stravolto, ma
pure sempre bellissimo, con quei venti anni di meno, rispetto all’ex, che
ancora amava quanto un disperato.
“Posso guardarti … e
dirti che sei importante per me Kevin … Che la vita esplode in te, con un
vigore invidiabile e di cui non sono più all’altezza … E peggiorerò, ma tu non
demorderai, TU le mantieni le promesse, i voti, di fedeltà, di assistenza, ma
io come credi mi senta, adesso? Il classico relitto, sbattuto sugli scogli di
isole sempre diverse, riportato al largo dalla marea dei miei errori, un
niente, senza di te, lo riconosco, sai?”
Kevin tremò,
lasciando la presa, piegandosi quasi su sé stesso, come svuotato.
Glam lo sollevò,
portandoselo addosso, legandosi a lui, senza che potesse scivolargli via
nuovamente.
Lo baciò.
Kevin iniziò a spogliarsi
lento, senza staccarsi, piangendo senza singulti, senza neppure più respirare.
Liberava le proprie
lacrime, gli occhi spalancati su Glam, la sua lingua e le labbra indolenzite,
in una contemplazione reciproca ed estatica.
Tolse i vestiti anche
a Geffen, sedendosi su di lui e fregandosene di quanto potesse fargli male,
senza preliminari, se non un poco di saliva, perché la fretta di sentirlo lo
stava attanagliando dallo stomaco al cervello, ormai spento su qualsiasi
ragionevolezza.
Ricominciò a piovere,
furiosamente, contro i vetri, dove anche le fronde degli alberi si
infrangevano, come il sesso di Glam, su per il canale stretto ed ormai dilatato
abbastanza di Kevin, che lo cavalcava, gemendo nel suo collo taurino, la bocca
schiusa, umida, perversa come quel gioco al massacro, senza più parole.
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