giovedì 21 marzo 2013

ZEN - CAPITOLO N. 75


  Capitolo n. 75  -  zen


Carpe diem

“Dove hai detto che vai?”
Reid si tirò le ciocche di capelli dietro le orecchie, come faceva quando era nervoso.
Rossi ammiccò – “Accompagno Martin e Kurt a casa loro, poi vedrò”
“Ah” – e deglutì, guardandosi in giro, arrossendo.
“Spencer che c’è?”
Era sottointesa un’altra frase, a cui pensò  § Spencer non sono affari tuoi § solo che David non l’avrebbe mai detta, neppure per scherzo, soprattutto a lui.

“No … è che lo trovo strano e poi pensavo andassimo in hotel, che tra l’altro è saltato come programma, perché Antonio ci ospita ed ovviamente vale anche per te”
Il suo parlare trafelato, rendeva Reid così fragile quanto amorevole, agli occhi di chiunque lo capisse, senza preconcetti.
“Sarà per un’altra volta e poi domani ci vediamo in spiaggia, per la festa di Meliti, giusto?” – replicò pacato.
“Sì … sì, ok, quindi”
Reid si bloccò, fissandolo, poi fuggì via con un laconico – “A domani Dave”


Florelay si succhiava il pollice, scrutando Geffen, che la teneva sul petto, divertito dalle sue espressioni buffe quanto felici.
“E’ stupenda e cresce velocemente”
“Sì Glam …” – disse sereno Colin.
Jude passò a salutarlo con Camilla e quando li vide, ebbe l’impulso di girare sui tacchi, ma fu impossibile evitarli.

“Noi andiamo … Ciao Glam, non sapevo fossi qui” – disse gelido l’inglese.
“Sono abbastanza di casa, faccio parte dell’arredamento” – ribatté sorridendo alla cucciola, per poi ripassarla a Farrell, che ebbe un lieve imbarazzo nel guardare Law.
“E Robert?” – chiese l’irlandese, pentendosene immediato.
“E’ rimasto di sotto, sta parlando con Christopher e Steven, per la festa sull’oceano … credo”
Camilla schioccò un bacio sia a Colin che a Glam, dando un buffetto a Flo, che scalpitava per la sua poppata.
“Ok vi lascio … Vi saluto io Rob”
“Grazie Jude” – disse Geffen, con una limpidezza, che infastidì oltremodo il consorte di Downey, non ancora abituato a metabolizzarlo, come a quanto pare aveva fatto Colin.


“Questa foto … Non ricordo l’avessimo scattata, con Brandon …”
Rossi stava guardando la fila di cornici in argento, dove erano incastonati i momenti migliori di Kurt, con la sua famiglia.
C’era a sorpresa anche lui, insieme a Cody.
“L’ho trovata ieri sera … Ho trovato giusto metterla lì, perché Brandon mi sembra davvero sereno in quello scatto.”
“Avevamo collaborato ad un caso, anni orsono … E’ stata in effetti un evento costruttivo per entrambi: Brandon era una persona bellissima” – disse sincero.
Kurt si commosse.

L’abbraccio di David era avvolgente, almeno quanto quello di Cody, così l’essere coevi ed integri, nella propria indole matura e solida, non certo perfetta, ma per questo ancora più indispensabile ad un uomo fragile ed ancora giovane, quanto Kurt.

La cena fu semplice, dopo l’abbuffata alla End House.
Martin crollò subito dopo il gelato, congedandosi in braccio a Kurt, che lo scortò sino al suo lettino, raccontandogli una favola molto breve.
Quando tornò nel living, Rossi stava indossando la giacca e controllando il palmare.

“Abbiamo una camera per gli ospiti Dave … Se ti fermi qui, mi daresti un enorme sollievo …”
“Ne sei sicuro?” – domandò senza inflessioni, nonostante un tic all’occhio sinistro tradisse la sua reazione a quella, che ad entrambi, sembrò quasi una preghiera.


“Quindi Maldive … Wow, siamo appena stati in Spagna, hanno voglia di sole Colin e Jared”
La battuta di Downey arrivò improvvisa alla mente di Law, distratta da altre considerazioni.
Law parcheggiò, controllando Camilla sul seggiolino posteriore.
“La prendi tu?”
“Sì Jude, non preoccuparti …” – ribatté mesto l’americano, notando l’atteggiamento del marito, ormai intriso di alti e bassi continui.

“Vado a farmi una doccia Rob”
“Ok … Ti preparo un caffè?”
Jude non gli rispose.

“Papi è triste?”
Il tono di Camilla era assonnato, ma i suoi occhi reclamavano una spiegazione.
“No tesoro, è un po’ … Un po’ stanco, anche per il viaggio”
“I suoi bimbi sono nella grande mela?” – rise.
“Infatti … Poi verranno a trovarti, sei contenta?”
“Certo papà … Vorrei un’altra sorellina, però!”
Downey spalancò le palpebre, poi arricciò il naso – “Magari una bambola nuova, che ne dici?” – scherzò, ma la reazione della figlia fu piuttosto accigliata.
“Ne parliamo domani, ok principessa?”
“Okkei papà”


Jimmy vomitò anche l’anima.
Quando Scott lo portò a letto, rimboccandogli le coperte dal suo lato, lui si sentì anche peggio.

“De devo dirti una cosa …” – esordì agitato.
“No piccolo, ora riposati, abbiamo tempo per parlare, ma non ora” – Scott sorrise, accarezzandogli il viso madido ed aggiustandogli i cuscini.
“Tu … tu fai troppo per me …” – e scoppiò a piangere.
“Jimmy … Ehi, ma cosa succede?” – lo strinse affettuoso, cullandolo, senza neppure immaginare quale fosse il dolore, che stava lacerando l’animo del suo acerbo convivente.
“Mi hai perdonato tanti errori Scott … Non ti merito”
“Quando si ama qualcuno, la parola troppo è davvero inadeguata e poi quali errori? Ne commettiamo a dozzine, ognuno di noi intendo … Neppure io sono un santo” – rise solare.
Era magnifico, nei suoi cinquantasei anni, con quel qualcosa di indomito nell’anima, che tanto affascinava Jimmy.

Scopavano sempre meglio.
Scott preferì farlo, piuttosto che rovinarsi quell’armonia raggiunta con Jimmy,  dandogli  l’opportunità di sfogarsi, ma senza pensare ad un tradimento, bensì a qualche angoscia del ragazzo, mai sviscerata nelle loro discussioni, spesso turbolenti.


“Una torta …?”
Matt sgranò gli occhi, appena scartato il pacchetto, portatogli da Geffen.
“Miss Wong ne aveva preparate per un esercito …”
“E’ al cioccolato?”
“Sì Matt … Come piace a te”
“Io … io oggi ho fatto il bambino cattivo, non posso mangiarla” – e la spinse turbato verso Glam, all’altro capo del tavolo, nel giardino antistante la camera di Matt alla Foster.
“Non dire sciocchezze … La mangiamo insieme, ok?” – provò ad incoraggiarlo, provando un immenso sconforto, nel constatare quanto fosse alienato per i farmaci inibitori.
Matt annuì, gli occhi lucidi, le dita tremanti, a cercare quelle di Geffen, che si intrecciarono alle sue, per poi farle decollare verso l’uomo, in un impeto spontaneo, dove l’avvocato mandò a puttane ogni freno, nel proprio cervello e nel cuore accartocciato da battiti sempre più assordanti.
Lo catturò nel suo corpo gracile, ma capace, sotto forma di Alexander, a fargli ancora del male, per poi baciarlo forte, come era lui, Glam Geffen, senza più un luogo dove tornare, senza più nessuno da abbracciare od accudire.
E forse, per quanto non l’avessero apprezzato i sani di mente, i buoni, veri o presunti, probabilmente Matt avrebbe fatto l’esatto contrario.


Un temporale spezzò la notte.
Le lenzuola, tiepide solo di sé stesso, si mossero leggere all’arrivo di Kurt, che vi si intrufolò, come un bimbo impaurito o semplicemente opportunista, ai sensi di Rossi.
Per lui, consumato di saggezza, era come camminare su dei cocci di bottiglia, senza avvertire alcun fastidio, anzi.
Sembrava eccitante anche l’aria, che stavano respirando, adesso, che si guardavano, nel riverbero dei lampi e di qualche cartellone pubblicitario sul boulevard.

“Ti … ti dispiace Dave?”
“No …”

Le labbra di Kurt, lascive, esperte e succose, tracciarono una scia da quelle tremanti di Rossi, sino in mezzo alle sue gambe.
Lì si fermarono, per dargli un piacere assurdamente estatico e sconosciuto.


Il ventre scolpito ed asciutto di Matt fremeva ad ogni spinta di Glam.
Il suo busto, invece, massiccio e palestrato, come se gli anni fossero restii ad incedere sul suo aspetto, ancora compatto e seducente, sembrava calibrare ogni movimento, per non violare la purezza del suo amante.
Le sue espressioni traboccavano gioia e stupore, per l’epilogo di quella giornata.
Matt si appese al collo di Glam, appena si avvidero del simultaneo divenire, devastante e copioso.
Le loro bocche si incastrarono, come i loro profili, quando, dopo, esausti, sembrarono trovare un po’ di pace.
Finalmente.








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