Capitolo n. 75 - zen
Carpe
diem
“Dove hai detto che
vai?”
Reid si tirò le
ciocche di capelli dietro le orecchie, come faceva quando era nervoso.
Rossi ammiccò – “Accompagno
Martin e Kurt a casa loro, poi vedrò”
“Ah” – e deglutì,
guardandosi in giro, arrossendo.
“Spencer che c’è?”
Era sottointesa un’altra
frase, a cui pensò § Spencer non
sono affari tuoi § solo che David non l’avrebbe mai detta, neppure per scherzo,
soprattutto a lui.
“No … è che lo trovo strano
e poi pensavo andassimo in hotel, che tra l’altro è saltato come programma, perché
Antonio ci ospita ed ovviamente vale anche per te”
Il suo parlare trafelato,
rendeva Reid così fragile quanto amorevole, agli occhi di chiunque lo capisse,
senza preconcetti.
“Sarà per un’altra volta
e poi domani ci vediamo in spiaggia, per la festa di Meliti, giusto?” – replicò
pacato.
“Sì … sì, ok, quindi”
Reid si bloccò,
fissandolo, poi fuggì via con un laconico – “A domani Dave”
Florelay si succhiava
il pollice, scrutando Geffen, che la teneva sul petto, divertito dalle sue
espressioni buffe quanto felici.
“E’ stupenda e cresce
velocemente”
“Sì Glam …” – disse sereno
Colin.
Jude passò a
salutarlo con Camilla e quando li vide, ebbe l’impulso di girare sui tacchi, ma
fu impossibile evitarli.
“Noi andiamo … Ciao
Glam, non sapevo fossi qui” – disse gelido l’inglese.
“Sono abbastanza di
casa, faccio parte dell’arredamento” – ribatté sorridendo alla cucciola, per
poi ripassarla a Farrell, che ebbe un lieve imbarazzo nel guardare Law.
“E Robert?” – chiese l’irlandese,
pentendosene immediato.
“E’ rimasto di sotto,
sta parlando con Christopher e Steven, per la festa sull’oceano … credo”
Camilla schioccò un
bacio sia a Colin che a Glam, dando un buffetto a Flo, che scalpitava per la
sua poppata.
“Ok vi lascio … Vi
saluto io Rob”
“Grazie Jude” – disse
Geffen, con una limpidezza, che infastidì oltremodo il consorte di Downey, non
ancora abituato a metabolizzarlo, come a quanto pare aveva fatto Colin.
“Questa foto … Non
ricordo l’avessimo scattata, con Brandon …”
Rossi stava guardando
la fila di cornici in argento, dove erano incastonati i momenti migliori di
Kurt, con la sua famiglia.
C’era a sorpresa
anche lui, insieme a Cody.
“L’ho trovata ieri
sera … Ho trovato giusto metterla lì, perché Brandon mi sembra davvero sereno
in quello scatto.”
“Avevamo collaborato
ad un caso, anni orsono … E’ stata in effetti un evento costruttivo per entrambi:
Brandon era una persona bellissima” – disse sincero.
Kurt si commosse.
L’abbraccio di David
era avvolgente, almeno quanto quello di Cody, così l’essere coevi ed integri,
nella propria indole matura e solida, non certo perfetta, ma per questo ancora
più indispensabile ad un uomo fragile ed ancora giovane, quanto Kurt.
La cena fu semplice,
dopo l’abbuffata alla End House.
Martin crollò subito
dopo il gelato, congedandosi in braccio a Kurt, che lo scortò sino al suo lettino,
raccontandogli una favola molto breve.
Quando tornò nel
living, Rossi stava indossando la giacca e controllando il palmare.
“Abbiamo una camera
per gli ospiti Dave … Se ti fermi qui, mi daresti un enorme sollievo …”
“Ne sei sicuro?” –
domandò senza inflessioni, nonostante un tic all’occhio sinistro tradisse la
sua reazione a quella, che ad entrambi, sembrò quasi una preghiera.
“Quindi Maldive …
Wow, siamo appena stati in Spagna, hanno voglia di sole Colin e Jared”
La battuta di Downey
arrivò improvvisa alla mente di Law, distratta da altre considerazioni.
Law parcheggiò,
controllando Camilla sul seggiolino posteriore.
“La prendi tu?”
“Sì Jude, non
preoccuparti …” – ribatté mesto l’americano, notando l’atteggiamento del
marito, ormai intriso di alti e bassi continui.
“Vado a farmi una
doccia Rob”
“Ok … Ti preparo un
caffè?”
Jude non gli rispose.
“Papi è triste?”
Il tono di Camilla
era assonnato, ma i suoi occhi reclamavano una spiegazione.
“No tesoro, è un po’ …
Un po’ stanco, anche per il viaggio”
“I suoi bimbi sono
nella grande mela?” – rise.
“Infatti … Poi
verranno a trovarti, sei contenta?”
“Certo papà … Vorrei
un’altra sorellina, però!”
Downey spalancò le
palpebre, poi arricciò il naso – “Magari una bambola nuova, che ne dici?” –
scherzò, ma la reazione della figlia fu piuttosto accigliata.
“Ne parliamo domani,
ok principessa?”
“Okkei papà”
Jimmy vomitò anche l’anima.
Quando Scott lo portò
a letto, rimboccandogli le coperte dal suo lato, lui si sentì anche peggio.
“De devo dirti una
cosa …” – esordì agitato.
“No piccolo, ora
riposati, abbiamo tempo per parlare, ma non ora” – Scott sorrise,
accarezzandogli il viso madido ed aggiustandogli i cuscini.
“Tu … tu fai troppo
per me …” – e scoppiò a piangere.
“Jimmy … Ehi, ma cosa
succede?” – lo strinse affettuoso, cullandolo, senza neppure immaginare quale
fosse il dolore, che stava lacerando l’animo del suo acerbo convivente.
“Mi hai perdonato
tanti errori Scott … Non ti merito”
“Quando si ama
qualcuno, la parola troppo è davvero inadeguata e poi quali errori? Ne commettiamo
a dozzine, ognuno di noi intendo … Neppure io sono un santo” – rise solare.
Era magnifico, nei
suoi cinquantasei anni, con quel qualcosa di indomito nell’anima, che tanto
affascinava Jimmy.
Scopavano sempre
meglio.
Scott preferì farlo, piuttosto
che rovinarsi quell’armonia raggiunta con Jimmy, dandogli l’opportunità di sfogarsi, ma senza pensare ad
un tradimento, bensì a qualche angoscia del ragazzo, mai sviscerata nelle loro
discussioni, spesso turbolenti.
“Una torta …?”
Matt sgranò gli
occhi, appena scartato il pacchetto, portatogli da Geffen.
“Miss Wong ne aveva
preparate per un esercito …”
“E’ al cioccolato?”
“Sì Matt … Come piace
a te”
“Io … io oggi ho fatto
il bambino cattivo, non posso mangiarla” – e la spinse turbato verso Glam, all’altro
capo del tavolo, nel giardino antistante la camera di Matt alla Foster.
“Non dire sciocchezze
… La mangiamo insieme, ok?” – provò ad incoraggiarlo, provando un immenso
sconforto, nel constatare quanto fosse alienato per i farmaci inibitori.
Matt annuì, gli occhi
lucidi, le dita tremanti, a cercare quelle di Geffen, che si intrecciarono alle
sue, per poi farle decollare verso l’uomo, in un impeto spontaneo, dove l’avvocato
mandò a puttane ogni freno, nel proprio cervello e nel cuore accartocciato da
battiti sempre più assordanti.
Lo catturò nel suo
corpo gracile, ma capace, sotto forma di Alexander, a fargli ancora del male,
per poi baciarlo forte, come era lui, Glam Geffen, senza più un luogo dove
tornare, senza più nessuno da abbracciare od accudire.
E forse, per quanto non
l’avessero apprezzato i sani di mente, i buoni, veri o presunti, probabilmente
Matt avrebbe fatto l’esatto contrario.
Un temporale spezzò
la notte.
Le lenzuola, tiepide
solo di sé stesso, si mossero leggere all’arrivo di Kurt, che vi si intrufolò,
come un bimbo impaurito o semplicemente opportunista, ai sensi di Rossi.
Per lui, consumato di
saggezza, era come camminare su dei cocci di bottiglia, senza avvertire alcun
fastidio, anzi.
Sembrava eccitante
anche l’aria, che stavano respirando, adesso, che si guardavano, nel riverbero
dei lampi e di qualche cartellone pubblicitario sul boulevard.
“Ti … ti dispiace
Dave?”
“No …”
Le labbra di Kurt,
lascive, esperte e succose, tracciarono una scia da quelle tremanti di Rossi,
sino in mezzo alle sue gambe.
Lì si fermarono, per
dargli un piacere assurdamente estatico e sconosciuto.
Il ventre scolpito ed
asciutto di Matt fremeva ad ogni spinta di Glam.
Il suo busto, invece,
massiccio e palestrato, come se gli anni fossero restii ad incedere sul suo
aspetto, ancora compatto e seducente, sembrava calibrare ogni movimento, per
non violare la purezza del suo amante.
Le sue espressioni
traboccavano gioia e stupore, per l’epilogo di quella giornata.
Matt si appese al collo
di Glam, appena si avvidero del simultaneo divenire, devastante e copioso.
Le loro bocche si
incastrarono, come i loro profili, quando, dopo, esausti, sembrarono trovare un
po’ di pace.
Finalmente.
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