lunedì 4 marzo 2013

ZEN - CAPITOLO N. 65



Capitolo n. 65  -  zen


Il sapore amaro, gli fece contorcere la lingua contro il palato, in una smorfia, che contrasse il suo volto, segnato dalle occhiaie e dal torpore post sbornia.
Kurt si sentì uno straccio, ma il corpo caldo di Tim, incastrato al suo, sembrava un premio di consolazione beffardo.
Era stupendo e non lo aveva neppure sfiorato: il buon senso aveva dato un calcio alla disperazione reciproca.

“Ehi … ciao”
Tim gli sorrise, stiracchiandosi e poi rannicchiandosi, come un bimbo, come faceva il suo Martin, quando non voleva andare a scuola e si attardava nel lettone, con lui e … E Brandon.
Cody non c’era; non c’era più, da nessuna parte terrena.

“Buongiorno … Mi sento da schifo e tu?” – gli sorrise mesto, scompigliandogli i capelli.
“Insomma … Ho visto albe migliori Kurt. Facciamo colazione?” – chiese come divertito da quel contesto o sollevato per non essere da solo, in una casa comoda ed accogliente.

Kurt si guardò in giro – “Carino qui …”
“Sì, lo dicono tutti” – Tim si alzò.
“Tutti chi?” – chiese curioso, notando foto di Kevin e di un altro, forse quell’Ivo, di cui aveva sentito parlare.
“Amici … Ex … Tutti insomma” – Tim scrollò le spalle, denudandosi – “Faccio una doccia. Vuoi un consiglio Kurt? Temo anche tu ne abbia bisogno!” – e ridendo sparì nella stanza laterale.


Quando lo vide, Geffen ebbe un tuffo al cuore.
Un misto di pena, timore, senso di colpa: Matt appena si accorse di lui, gli sorrise.
Gli avevano concesso un’ora d’aria in un giardino assolato, dove non sembrava di trovarsi in un lager.

“Glam … Sei tu? Veramente tu?”
Gli andò incontro, abbracciandolo forte.
Geffen lo avvolse, tenendogli la nuca con il palmo sinistro, mentre con il braccio destro lo cingeva, quasi cullandolo.
“Ciao Matt … Scusa il ritardo.”
Si guardarono.
“Per … per cosa, il ritardo? Sei qui, non conta nient’altro per me.”
“Come stai?”
“Meglio adesso. Vieni, sediamoci” – e, prendendolo per mano, lo condusse su di una panca in legno.

“Ho … Ho parlato con Chris” – esordì esitante l’uomo.
Matt annuì, fissandosi le scarpe – “Ok … Ho capito” – tirò su dal naso.
“E’ stato … è stato Alexander. Il medico dice che tu sai di lui, che … che ti rendi conto”
“Certo” – lo puntò – “E’ la mia condanna, sai Glam? Puoi salvarmi?”
“Sono qui per questo …” – e gli mostrò un fascicolo.
“Di che si tratta?” – domandò già speranzoso.
“Devi mettere una firma e ti trasferiscono alla clinica Foster: di più non riesco ad ottenere, ma vedrai che al processo risolveremo questa situazione assurda. Con Denny e Marc abbiamo raccolto una documentazione massiccia, su dei precedenti di”
“Doppia personalità?” – lo interruppe serio.
Geffen abbozzò un sorriso – “Infatti … Sì, non abbiamo altra via. Nonostante le autorità di Haiti non pretendano un colpevole e poi … Poi neppure sappiamo se Alexander ha detto la verità su Mendoza, magari era una provocazione, un delirio dei suoi …”
“Tu … Tu non capisci Glam …” – le sue iridi divennero lucide, esasperate – “Lui non è una persona, lui è dentro di me, peggio di un demonio … Sarebbe più logico trovare un esorcista” – ridacchiò alienato, anche dagli psicofarmaci, che ottenebravano ogni sua sensazione, alterandola.
Geffen prese fiato.
“Matt ascolta … Riesci a percepire quando … Quando Alexander si palesa?”
“Le … le mie emicranie, erano uno schermo di difesa … Pressoché inutile, però arginavano la sua presenza ed io ero vigile … Quando invece lui prevale, io, dopo, non ricordo nulla” –  spiegò triste.
Glam gli prese le mani, delicatamente.
“Tesoro io troverò il modo di farti uscire da questo incubo: non so ancora come, questo è il problema …”
Sorrisero.
Matt appoggiò la fronte sulla spalla di Geffen, sentendo poi le labbra dell’avvocato tra i propri capelli.
“Do - dovevo impazzire per averti almeno un po’ Glam … Non credi sia strano …?”
Lo disse flebile, alzando il proprio sguardo verso quello di Geffen, assorto ed emozionato quanto lui.
Si baciarono.
Intensamente.


“Tra pochi giorni è il compleanno di daddy, quindi cosa organizziamo Lula?”
Kevin era radioso,  mentre il bambino ritagliava delle foto da un giornale.
Erano di Jared e della band, dove appariva anche il genitore, in qualità di bassista.
“Mmmm una festa …” – disse distratto.
“Ok soldino … Non mi sembri entusiasta”
“Forse perché ai nostri party succedono sempre dei pasticci” – rise.
“In effetti … Senti, ne parlo con zio Colin e zio Jared, magari studiamo una sorpresa …”
“Papà ha molto da fare” – disse cambiando tono, scrutando il panorama oltre la finestra poco distante dalla sua scrivania.
“Sì … Sì è al lavoro Lula”
“E’ con Matt … Lui sta male … Gli hanno fatto male” – si commosse, restando immobile, le forbici penzolanti, che Kevin si affrettò a riporre.
“In che modo cucciolo?” – domandò apprensivo.
“Papà lo sta mettendo al sicuro … Papà gli vuole bene” – abbassò le palpebre tremolanti.

Kevin si sentì morire.
Quel che provava era come un vuoto, come un presagio negativo.
“Papà lo ama, Lula …?”
Il piccolo iniziò a tremare, rivelando i bulbi oculari rovesciati e bianchi.
“Lula!”
“Non glielo permetterà … Li odia … Il demone sbriciolerà i loro cuori!”
Kevin lo strinse, scrollandolo da quel dormiveglia inquietante.
Lula finalmente ebbe un sussulto liberatorio.
Ciò non diede alcuna rassicurazione al padre, che chiamò subito Vassily, per portare entrambi da Scott in ospedale.


Tim preparò del caffè e lo porse a Kurt, che stava svogliatamente sgranocchiando una ciambella salata.
“Grazie … Ma tu ce l’hai un lavoro?”
“No, studio.”
“Ah … interessante” – sorrise.
“E tu Kurt?”
“Facevo il marito e … e continuo a fare il padre, se Martin non mi disconosce, con le cazzate che combino” – scherzò.
Tim rise, era bellissimo.

“Vedrai che ti starà aspettando … A proposito, non me la sono sentita di presenziare … Vorrei portare delle rose a Brandon, se mi accompagni …”
“Certo, gli farà piacere. E’ qui con noi, mi sembra di sentire il suo dopo barba … So che sto perdendo la ragione, ma anche stanotte … Riconoscevo il suo respiro nel buio e non eri tu”
Tim assunse un’espressione corrucciata.
“Quando è … Quando è morto l’uomo, che mi ha donato questa reggia, per un po’ ho avuto le medesime sensazioni, ma in negativo … Mi ossessionava il suo ricordo e, paradossalmente, avevo nostalgia dei suoi rimbrotti e persino della sua volgarità … Ci vorrebbe Brandon, per chiarire questo paradosso.”
“Ti picchiava?” – chiese diretto.
“A volte.” – Tim tossì, lasciando la sua colazione a metà – “Vado a vestirmi, il fioraio è qui sotto.”


“Cosa è successo?? Kevin dov’è Lula, mio Dio!?!”
Lo strinse a sé, invocando la sua replica con gli occhi trafitti dal dolore.
“Glam calmati …”
“Ma tu stai piangendo, come faccio a calmarmi?”
“Nostro figlio sta bene, è stata unicamente una precauzione …”
“Ma aveva febbre, un malore …?”
“Ha avuto una delle sue visioni, ecco …” – si divincolò, tornando nella saletta adiacente lo studio di Scott.
“Su chi?”
“Su di te … e Matt. Eri da lui, vero?” – domandò asciutto.
Geffen crollò su di una sedia, inspirando greve.
“Sì … Sì, ero da lui perché … E’ una lunga storia Kevin, ne possiamo discutere più tardi?” – bissò mesto.
“No, ne parliamo ora, prima che accada nuovamente qualcosa a Lula e … ed a noi, daddy!”
“Ok … Sono stato convocato da Chris, il tenente insomma e … E mi ha rivelato che Matt aveva subito violenza in quella clinica del cazzo!”
Kevin si appoggiò al muro.
“Per poco non uccideva Lula … E cosa pensi meritasse? E’ in carcere e lì succedono queste cose” – sibilò arcigno.
Glam era sbigottito.
“Kevin, cosa stai farneticando?! E’ stato Alexander a minacciarci, a sequestrare Lula, a puntargli un coltello alla gola, NON MATT!” – obiettò furente.
“MATT NON ESISTE! E NEPPURE ALEXANDER!! E’ SOLO UN INVOLUCRO, DOVE DUE ANIME, DUE CERVELLI E DUE CUORI SONO LETTERALMENTE IMPAZZITI E SONO PERICOLOSI GLAM!!” – urlò, dilaniato da come vedeva comportarsi Glam e dalle parole di Lula, durante quell’esperienza soprannaturale.

Scott spuntò improvviso – “Ehi … siamo in un reparto, ci sono dei pazienti, vi ha dato di volta il cervello?!” – sbottò severo.
Lula apparve, con un peluche in mano, un bradipo, procuratogli per l’occasione da Scott stesso.
“Papà!!”
“Angelo mio, vieni qui … Amore …” – Geffen lo afferrò, sollevandolo – “Amore …” – continuava a ripetere.
Kevin scivolò via, nonostante un tiepido tentativo da parte di Vassily per trattenerlo.
Fuori scoppiò un temporale.






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