Capitolo n. 65 - zen
Il sapore amaro, gli
fece contorcere la lingua contro il palato, in una smorfia, che contrasse il
suo volto, segnato dalle occhiaie e dal torpore post sbornia.
Kurt si sentì uno
straccio, ma il corpo caldo di Tim, incastrato al suo, sembrava un premio di
consolazione beffardo.
Era stupendo e non lo
aveva neppure sfiorato: il buon senso aveva dato un calcio alla disperazione
reciproca.
“Ehi … ciao”
Tim gli sorrise,
stiracchiandosi e poi rannicchiandosi, come un bimbo, come faceva il suo
Martin, quando non voleva andare a scuola e si attardava nel lettone, con lui e
… E Brandon.
Cody non c’era; non c’era
più, da nessuna parte terrena.
“Buongiorno … Mi
sento da schifo e tu?” – gli sorrise mesto, scompigliandogli i capelli.
“Insomma … Ho visto
albe migliori Kurt. Facciamo colazione?” – chiese come divertito da quel
contesto o sollevato per non essere da solo, in una casa comoda ed accogliente.
Kurt si guardò in
giro – “Carino qui …”
“Sì, lo dicono tutti”
– Tim si alzò.
“Tutti chi?” – chiese
curioso, notando foto di Kevin e di un altro, forse quell’Ivo, di cui aveva
sentito parlare.
“Amici … Ex … Tutti
insomma” – Tim scrollò le spalle, denudandosi – “Faccio una doccia. Vuoi un
consiglio Kurt? Temo anche tu ne abbia bisogno!” – e ridendo sparì nella stanza
laterale.
Quando lo vide,
Geffen ebbe un tuffo al cuore.
Un misto di pena,
timore, senso di colpa: Matt appena si accorse di lui, gli sorrise.
Gli avevano concesso
un’ora d’aria in un giardino assolato, dove non sembrava di trovarsi in un
lager.
“Glam … Sei tu?
Veramente tu?”
Gli andò incontro,
abbracciandolo forte.
Geffen lo avvolse,
tenendogli la nuca con il palmo sinistro, mentre con il braccio destro lo
cingeva, quasi cullandolo.
“Ciao Matt … Scusa il
ritardo.”
Si guardarono.
“Per … per cosa, il
ritardo? Sei qui, non conta nient’altro per me.”
“Come stai?”
“Meglio adesso.
Vieni, sediamoci” – e, prendendolo per mano, lo condusse su di una panca in
legno.
“Ho … Ho parlato con
Chris” – esordì esitante l’uomo.
Matt annuì,
fissandosi le scarpe – “Ok … Ho capito” – tirò su dal naso.
“E’ stato … è stato
Alexander. Il medico dice che tu sai di lui, che … che ti rendi conto”
“Certo” – lo puntò – “E’
la mia condanna, sai Glam? Puoi salvarmi?”
“Sono qui per questo …”
– e gli mostrò un fascicolo.
“Di che si tratta?” –
domandò già speranzoso.
“Devi mettere una
firma e ti trasferiscono alla clinica Foster: di più non riesco ad ottenere, ma
vedrai che al processo risolveremo questa situazione assurda. Con Denny e Marc
abbiamo raccolto una documentazione massiccia, su dei precedenti di”
“Doppia personalità?”
– lo interruppe serio.
Geffen abbozzò un
sorriso – “Infatti … Sì, non abbiamo altra via. Nonostante le autorità di Haiti
non pretendano un colpevole e poi … Poi neppure sappiamo se Alexander ha detto
la verità su Mendoza, magari era una provocazione, un delirio dei suoi …”
“Tu … Tu non capisci
Glam …” – le sue iridi divennero lucide, esasperate – “Lui non è una persona,
lui è dentro di me, peggio di un demonio … Sarebbe più logico trovare un
esorcista” – ridacchiò alienato, anche dagli psicofarmaci, che ottenebravano
ogni sua sensazione, alterandola.
Geffen prese fiato.
“Matt ascolta …
Riesci a percepire quando … Quando Alexander si palesa?”
“Le … le mie
emicranie, erano uno schermo di difesa … Pressoché inutile, però arginavano la
sua presenza ed io ero vigile … Quando invece lui prevale, io, dopo, non
ricordo nulla” – spiegò triste.
Glam gli prese le
mani, delicatamente.
“Tesoro io troverò il
modo di farti uscire da questo incubo: non so ancora come, questo è il problema
…”
Sorrisero.
Matt appoggiò la
fronte sulla spalla di Geffen, sentendo poi le labbra dell’avvocato tra i
propri capelli.
“Do - dovevo
impazzire per averti almeno un po’ Glam … Non credi sia strano …?”
Lo disse flebile,
alzando il proprio sguardo verso quello di Geffen, assorto ed emozionato quanto
lui.
Si baciarono.
Intensamente.
“Tra pochi giorni è
il compleanno di daddy, quindi cosa organizziamo Lula?”
Kevin era
radioso, mentre il bambino ritagliava
delle foto da un giornale.
Erano di Jared e
della band, dove appariva anche il genitore, in qualità di bassista.
“Mmmm una festa …” –
disse distratto.
“Ok soldino … Non mi
sembri entusiasta”
“Forse perché ai
nostri party succedono sempre dei pasticci” – rise.
“In effetti … Senti,
ne parlo con zio Colin e zio Jared, magari studiamo una sorpresa …”
“Papà ha molto da
fare” – disse cambiando tono, scrutando il panorama oltre la finestra poco
distante dalla sua scrivania.
“Sì … Sì è al lavoro
Lula”
“E’ con Matt … Lui
sta male … Gli hanno fatto male” – si commosse, restando immobile, le forbici
penzolanti, che Kevin si affrettò a riporre.
“In che modo cucciolo?”
– domandò apprensivo.
“Papà lo sta mettendo
al sicuro … Papà gli vuole bene” – abbassò le palpebre tremolanti.
Kevin si sentì
morire.
Quel che provava era
come un vuoto, come un presagio negativo.
“Papà lo ama, Lula …?”
Il piccolo iniziò a
tremare, rivelando i bulbi oculari rovesciati e bianchi.
“Lula!”
“Non glielo
permetterà … Li odia … Il demone sbriciolerà i loro cuori!”
Kevin lo strinse,
scrollandolo da quel dormiveglia inquietante.
Lula finalmente ebbe
un sussulto liberatorio.
Ciò non diede alcuna
rassicurazione al padre, che chiamò subito Vassily, per portare entrambi da
Scott in ospedale.
Tim preparò del caffè
e lo porse a Kurt, che stava svogliatamente sgranocchiando una ciambella
salata.
“Grazie … Ma tu ce l’hai
un lavoro?”
“No, studio.”
“Ah … interessante” –
sorrise.
“E tu Kurt?”
“Facevo il marito e …
e continuo a fare il padre, se Martin non mi disconosce, con le cazzate che
combino” – scherzò.
Tim rise, era
bellissimo.
“Vedrai che ti starà
aspettando … A proposito, non me la sono sentita di presenziare … Vorrei
portare delle rose a Brandon, se mi accompagni …”
“Certo, gli farà
piacere. E’ qui con noi, mi sembra di sentire il suo dopo barba … So che sto perdendo
la ragione, ma anche stanotte … Riconoscevo il suo respiro nel buio e non eri
tu”
Tim assunse un’espressione
corrucciata.
“Quando è … Quando è
morto l’uomo, che mi ha donato questa reggia, per un po’ ho avuto le medesime
sensazioni, ma in negativo … Mi ossessionava il suo ricordo e, paradossalmente,
avevo nostalgia dei suoi rimbrotti e persino della sua volgarità … Ci vorrebbe
Brandon, per chiarire questo paradosso.”
“Ti picchiava?” –
chiese diretto.
“A volte.” – Tim tossì,
lasciando la sua colazione a metà – “Vado a vestirmi, il fioraio è qui sotto.”
“Cosa è successo??
Kevin dov’è Lula, mio Dio!?!”
Lo strinse a sé,
invocando la sua replica con gli occhi trafitti dal dolore.
“Glam calmati …”
“Ma tu stai
piangendo, come faccio a calmarmi?”
“Nostro figlio sta
bene, è stata unicamente una precauzione …”
“Ma aveva febbre, un
malore …?”
“Ha avuto una delle
sue visioni, ecco …” – si divincolò, tornando nella saletta adiacente lo studio
di Scott.
“Su chi?”
“Su di te … e Matt.
Eri da lui, vero?” – domandò asciutto.
Geffen crollò su di
una sedia, inspirando greve.
“Sì … Sì, ero da lui perché
… E’ una lunga storia Kevin, ne possiamo discutere più tardi?” – bissò mesto.
“No, ne parliamo ora,
prima che accada nuovamente qualcosa a Lula e … ed a noi, daddy!”
“Ok … Sono stato
convocato da Chris, il tenente insomma e … E mi ha rivelato che Matt aveva
subito violenza in quella clinica del cazzo!”
Kevin si appoggiò al
muro.
“Per poco non
uccideva Lula … E cosa pensi meritasse? E’ in carcere e lì succedono queste
cose” – sibilò arcigno.
Glam era sbigottito.
“Kevin, cosa stai
farneticando?! E’ stato Alexander a minacciarci, a sequestrare Lula, a
puntargli un coltello alla gola, NON MATT!” – obiettò furente.
“MATT NON ESISTE! E
NEPPURE ALEXANDER!! E’ SOLO UN INVOLUCRO, DOVE DUE ANIME, DUE CERVELLI E DUE
CUORI SONO LETTERALMENTE IMPAZZITI E SONO PERICOLOSI GLAM!!” – urlò, dilaniato da
come vedeva comportarsi Glam e dalle parole di Lula, durante quell’esperienza
soprannaturale.
Scott spuntò
improvviso – “Ehi … siamo in un reparto, ci sono dei pazienti, vi ha dato di
volta il cervello?!” – sbottò severo.
Lula apparve, con un
peluche in mano, un bradipo, procuratogli per l’occasione da Scott stesso.
“Papà!!”
“Angelo mio, vieni
qui … Amore …” – Geffen lo afferrò, sollevandolo – “Amore …” – continuava a
ripetere.
Kevin scivolò via,
nonostante un tiepido tentativo da parte di Vassily per trattenerlo.
Fuori scoppiò un
temporale.
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