lunedì 18 marzo 2013

ZEN - CAPITOLO N. 73



Capitolo n. 73  -  zen


I rumori non lo distrassero abbastanza, ma quando la lieve brezza di fine aprile, investì le sue narici con un aroma buono e speziato, così caro al suo cuore, Geffen si voltò, per vedere se aveva frainteso quella sua particolare ed immutata emozione.
Downey gli sorrise, impacciato nella sua camicia bianca, fuori dai jeans, le scarpe comode, da adolescente ancora indeciso se crescere o meno, gli occhi lucidi, forse per il clima salmastro di Palm Springs.
Forse.

“Ecco io … avevo ancora le chiavi Glam, volevo ridartele, scusa se non ho avvisato”
“Robert …” – si alzò, con una lieve difficoltà, che l’attore notò subito.
Geffen azzerò la distanza, ma in realtà lo fecero entrambi, per poi abbracciarsi.
“Non dovevi essere in Spagna?” – chiese guardandolo.
“Veramente a Londra … Ci siamo andati, ma i figli di Jude erano in partenza per New York, una stage all’Università ed una vacanza da amici … Lui li ha accompagnati, torna domani, mentre io sono rientrato con Camilla.” – spiegò, dopo avere deglutito a vuoto un paio di volte.
Geffen scosse la testa – “Mistero svelato” – rise – “E lei dov’è, adesso?”
“Alla End House, è il compleanno di Yari …”
“Accidenti, l’ho dimenticato” – si distaccò, crollando su di un lettino prendisole, a bordo piscina.
“Glam non stai bene?”
“Non allarmarti, è solo la terapia, il mio cuore non la sopporta … Come del resto il sottoscritto, parlando della vita in generale …” – replicò assorto.
“A cosa stai pensando?” – chiese debole, accomodandosi al suo fianco.
Geffen lo scrutò, dandogli poi una carezza sulla nuca – “Perché sei qui? … Sento che qualcosa ti turba” – ribatté dolce.
“Crederai di sicuro che appena mio marito gira l’angolo io corra da te e …” – disse con frenesia inopportuna, adombrando l’espressione serena del suo interlocutore, terribilmente felice di vederlo, ma consapevole che certi sentimenti andavano dissolti, ancora prima che si affacciassero con frasi pericolose ed inutili.
Era finita.
Troppo complicato assimilarlo, se non smettevano di tremare in quel modo, ogni volta che solo si sfioravano.

“Ti sei sopravvalutato Rob? … No, non credo, la tua integrità, da anni, dimostra il contrario” – affermò pacato.
“Su cosa?” – lo fissò.
“Sul potere essere forte e determinato”
“Io … io ci ho provato Glam … e poi è accaduto un fatto … Riderai di me” – tirò su dal naso e Geffen lo avvolse.
Downey piegò la testa, sentendosi al sicuro: quella sensazione restava speciale e solida.

Parlargli di quel privè, di Xavy e Phil, di Jude, specialmente e della scabrosità di un momento davvero singolare e fuori dalle sue corde.
Il respiro di Geffen cambiò impercettibile: nulla lo scandalizzava, ne aveva viste troppe, ne aveva combinate troppe.
Sembrò ripeterselo mentalmente, imporlo a quella coscienza, che avrebbe voluto urlare un disappunto, capace di ferire Robert come niente al mondo.
Eppure tacque.
Sentendosi perduto.

La diplomazia: gli restava questa arma spuntata.
Essa sì, così lontana dalla sua indole.

“Ok … me lo hai detto e se non volevi accadesse, dovevi impedirglielo e se te ne vergogni, sbagli, perché …” – prese fiato, rialzandosi – “Perché lui è tuo marito ed avete una confidenza ed una sintonia radicate, quanto inesauribili. O sbaglio?”
I suoi turchesi, ancora innamorati, si impietrirono sull’affanno di Robert.

“Non … non dovevo venire qui, sto rovinando quello che stiamo ricostruendo Glam” – mormorò pentito, pronto ad andarsene.

Se solo il vento avesse potuto riempire i suoi polmoni a sufficienza, Geffen avrebbe gridato tanto energico da spazzare via sé stesso e ciò che li circondava, per sempre, per non assistere più all’ennesimo massacro di quanto non aveva saputo difendere.
La loro storia, che pulsava vivida in una marea di gesti, di sguardi, perpetrando un tormento, al quale nessuno dei due riusciva a sottrarsi.

“Devo andare Rob, ho la seconda udienza di Matt a mezzogiorno”
“Ok, se vuoi un passaggio”
“No, uso la Ferrari, passo a prendere Lula, dopo …”
“Sì, certo” – sorrise, torturandosi le mani, dove le chiavi di quel rifugio sembrarono spezzarsi, come il suo fiato.
“Ci vediamo Rob …”
“Le poso qui”
Geffen gli aveva già dato le spalle – “Cosa?”
“Le … le chiavi”
“No, tienile, magari potrebbero servire, per rinvenire il cadavere di un celebre avvocato, stramazzato nel living” – il suo tono era scherzoso, ma sembrava sbrindellarsi ad ogni parola.
Downey gli corse quasi dietro, ma i passi di Glam erano lenti.
Gli si palesò davanti, bloccandolo, afferrando le sue braccia robuste, puntandolo, con una disperazione esattamente uguale a quella che Robert coglieva negli occhi di Geffen, cariche di lacrime.
“Co-cosa diavolo stai dicendo Glam?!” – inveii strozzato.
“Faccio lo scemo …” – gli raccolse gli zigomi, caldo, rassegnato, appoggiando al sua fronte a quella di Downey, strizzando le palpebre, perché guardarlo faceva così male.
“Ora vai, magari dopo … Dopo porto Lula da Yari … Più tardi, Robert, ok?”
“Ok …”
Erano ancora ad occhi chiusi, le tempie che si lambivano, poi Geffen volle come assorbirlo, facendo aderire i loro corpi, catturando quello di Robert nella migliore delle prigioni, con le proprie ali sconfinate.
Era una morte lenta, alla quale non voleva sottrarsi.
Lui non poteva.


Rossi passeggiava nel corridoio, inconsuetamente nervoso.
Reid lo sbirciò, abbandonando per un secondo il libro che stava leggendo, nell’attesa che gli assistenti sociali convocassero lui e Morgan nell’ufficio preposto alle adozioni.
Derek giocherellava con il palmare, fingendo di distrarsi, ma perdeva un battito ad ogni suono, proveniente da quelle stanze, dove qualche sconosciuto decideva il destino di Gregory.

Riempirono decine di moduli ed alla fine, grazie anche ad una garanzia personale offerta dal responsabile del loro dipartimento di Quantico, il piccolo fu affidato a loro, per un periodo di trenta giorni, durante i quali sarebbero stati monitorati con severità.

Un fattore indispensabile al buon esito di quell’adozione, fu inoltre la richiesta, da parte dei funzionari, di avere al più presto un certificato di matrimonio, che legalizzasse l’unione tra Derek e Spencer, il che li colse impreparati.
Sulla via del ritorno, la gioia e l’entusiasmo di stringere il loro Gregory, fu come contaminata da una sottile paura, verso quel passo, mai affrontato seriamente nei loro discorsi, spesso vivaci.
David provò ad intavolare un dialogo razionale, ma Morgan apparve da subito il più indeciso.

“E’ un pezzo di carta a sancire il nostro amore? Ciò che mi lega a Spencer ed ora al nostro Twist?” – sbottò, dopo avere sistemato Gregory nel trasportino, tra lui ed il compagno.
I fanali di Reid cercarono l’appoggio immediato di Rossi, che sorrise ad entrambi.
“Siete … spaventati, forse, ma è un ostacolo che supererete per vostro figlio, giusto?”
Reid annuì, baciando i piedini del neonato, che faceva smorfie adorabili sia nella sua direzione, che in quella di Derek, che sembrò sciogliersi all’istante.
“Certo che lo desidero: Spencer sarà mio marito … Ed insieme diverremo i due papà del nostro cucciolo …” – poi squadrò i suoi interlocutori – “Spero non abbiate il diabete! So di essere mieloso come mai!” – e si schernì.
Spencer gli volò sul cuore, baciandolo appassionato.
Rossi si rilassò: missione compiuta.


Kurt atterrò di schiena sul materasso, rimbalzando, mentre piegava il braccio sinistro sulla propria testa ed il destro lo  frantumava lungo il proprio busto, madido ed ansante.
“Miseria …” – ansimò.
Il profilo sinuoso ed altrettanto lucido di sudore di Jimmy, non tardò ad incollarsi a lui, non sazio, nonostante lo avessero fatto un paio di volte.
Si baciarono, sconvolti dal reciproco ardore.
“Scopami di nuovo …” – gemette il più giovane, capovolgendo la posizione, trascinando tra le proprie gambe Kurt.
“Ehi … Non ti basta il tuo dottore, vedo …” – e ridacchiò antipatico.
Jimmy lo scalciò via, ergendosi alla ricerca dei propri abiti.
Erano nel loft sull’oceano, quello lasciato da Crane a Kurt, che provò a recuperare, senza successo.
“Ehi …  ma scherzavo Jimmy …”
“Fottiti!” – ringhiò il ragazzo, ormai rivestitosi velocemente.
Era una preda talmente bella, glabra, eccitante e capace, che Kurt non ci pensò due volte a braccarla, fino all’ingresso, dove riuscì ad atterrare Jimmy, non senza qualche difficoltà.
Le sue proteste erano deboli e liberarlo dai jeans, ancora scalzo, penetrandolo con un unico affondo, perché eccessivamente bagnato, fu per Kurt come un ruggito selvaggio e liberatorio.


Nessun commento:

Posta un commento