Capitolo n. 80 - zen
Kurt raccolse i
giochi di Martin, riunendoli nello zainetto, che il bimbo gli teneva aperto.
“Sei stanco
cucciolo?”
“No papà, posso
restare anche a pranzo? Carmela fa le frittelle!” – chiese allegro.
Kurt acconsentì,
notando poi Geffen steso al sole, a bordo piscina, intento a consultare il
tablet, prima di recarsi in aula in tarda mattinata.
“Ciao Glam … Posso?”
“Buongiorno Kurt,
prego accomodati, sei qui per Martin?”
“Sì, credevo di
portarlo fuori a mangiare, ma vuole rimanere”
“Tra poco arriva
anche Lula” – disse sorridendo, riponendo i suoi fascicoli.
“Volevo … volevo
chiederti scusa”
“Scuse accettate” –
lo interruppe con un sorriso – “Cerca di andare avanti e di capire che noi ci
siamo quando hai bisogno, anche di sfogarti, ok?”
“Ok Glam … E per
Scott, l’hai più visto?”
“So che con Jimmy
hanno fatto pace e che lui andrà in terapia, ma è una confidenza, per
rassicurarti sul tuo amico … Ah, parli del diavolo” – e con un cenno salutò il
medico, appena arrivato per visitarlo.
“Oh cazzo …” –
sussurrò Kurt.
Colin aprì la posta
elettronica, corrugando la fronte.
“Mio Dio …”
“Che succede amore?”
– chiese Jared preoccupato.
Stavano facendo
colazione sulla spiaggia.
“Si tratta di Robert,
ha avuto una recidiva ...”
“Cosa …?”
“Può curarsi, Jude
scrive che andrà tutto bene …”
“Vuoi chiamarli?”
“Lo farò dopo Jared,
magari non hanno voglia di parlarne con nessuno, se Jude mi ha scritto … Cosa
ne pensi?”
“Ok, gli invio un sms,
in effetti sono momenti in cui spiegare non è semplice” – disse mesto.
“Sono sconvolto,
sembrava che stesse bene”
“Robert se la caverà,
ne sono certo” – ed andò ad abbracciarlo, passando dalla sua parte, a quel
tavolo sistemato sulla spiaggia e circondato da cuscini ed ampolle colme di
fiori tropicali.
Un paradiso dal
sapore improvvisamente amaro e rovinato da quella notizia così triste, da
risultare come estraneo ai loro sensi.
Decisero di tornare a
Los Angeles, sentendo una forte malinconia per i loro bimbi e gli amici, che
avrebbero consolato al meglio delle loro possibilità.
Come sempre.
Scott si avvicinò
lento, poi salutò sia Kurt che Glam, prendendo dalla valigetta lo
sfigmomanometro.
“Come ti senti?”
“Un leone …
spelacchiato” – Geffen rise, cercando di smorzare la tensione.
Kurt era come
cristallizzato sulla poltrona in vimini, senza parole.
“La pressione è a
posto, hai preso le pastiglie?”
“Sì doc … Oggi me li
mastico e poi li sputo, quei fottuti esperti, che stanno contestando la
relazione di Foster su Matt” – rivelò impaziente.
“Ma scherzi? Pensano
che stia fingendo?”
“L’accusa ci prova a
smontare la nostra linea di difesa, in compenso non hanno prove per l’omicidio
di Mendoza ed inizio a credere che Alexander mentisse sul serio a proposito di
quella maledetta notte”
“Certo sarebbe un
sollievo: in fondo ne uscirebbe come un buffone, oltre che bugiardo
esibizionista, però a Lula avrebbe fatto di certo del male, non dimenticartelo”
– ribatté in tono di rimprovero.
Camminavano
allacciati in riva all’oceano, indossando abiti molto comodi, scalzi e con
occhiali scuri, eleganti sui loro visi ispidi, ma sereni.
Jude indicò un volo
di gabbiani e Robert sorrise, stringendosi maggiormente al suo busto,
fermandosi.
“Inizia a fare caldo
…” – disse l’inglese, baciando Downey tra i capelli.
“Io ho ancora freddo,
Mason dice che è … normale”
“Allora non
preoccupiamoci. Hai appetito tesoro? Britney sta apparecchiando i tavoli.”
“Magari del pesce
alla piastra, tanto limone”
“Ok, tanto limone” –
e lo baciò complice.
“Tu mangi la pasta
con le vongole?”
“Sì” – rise – “Così
mi imbratto la maglietta e tu mi sgridi”
L’americano si tolse
i Ray-Ban, rivelando i suoi occhi lucidi e rapiti dall’amore, che nutriva
sempre più intenso verso Jude, che fece altrettanto, scrutandolo amorevole.
“Come una vecchia
zia?” – replicò, non molto convinto della sua battuta.
“No, come fa e farà
sempre mio marito, Rob. L’uomo che amo, il padre di nostra figlia … Io non ti
lascerò andare, ok? Io non lo permetterò” – e lo baciò con un vigore
rassicurante e bellissimo.
Matt stava facendo un
cruciverba, stranamente senza manette.
I suoi accompagnatori
della clinica erano cambiati ed anche gli agenti in aula.
“Ciao … Marc è in
ritardo?”
“Glam, ciao … Pare di
sì”
“Come ti senti?”
“Sveglio direi …” –
sorrise, accarezzandogli la gamba sotto il tavolo, dove Geffen appoggiò
portatile e valigetta.
“Matt oggi tocca a
te, lo sai?”
“Sì … Come sta
Robert?”
“Deve fare delle
cure, ora meglio, grazie” – replicò imbarazzato.
“Salutamelo” – disse
spontaneo, per poi mordersi il labbro inferiore, in quella maniera infantile e,
senza dubbio, affascinante.
“Sì, lo farò … ah
ecco Marc”
Hopper si scusò, ma
aveva scortato Jamie ed i figli a fare delle vaccinazioni.
“Me le dimentico
sempre, spero provveda Pam”
“E’ il tuo angelo
custode” – Marc rise bonario.
Geffen rimase assorto
per alcuni secondi e Matt lo notò al volo.
“Sei pronto ad
interrogarmi Glam?” – domandò ansioso.
“Sì. Vorrei sapere se
lo è anche Alexander …”
“Non ne ho idea … mi
dispiace”
“Stai tranquillo,
ok?” – gli disse dolce e Matt fece un sorriso incantevole.
Robert gli aveva
chiesto di farlo in auto, sopra alla scogliera, in una piazzola piuttosto
isolata.
I vetri oscurati
avrebbero contribuito a preservare la loro privacy e, comunque, non gli
importava molto del resto del mondo.
Il suo, era lì,
adesso, a muoversi tra le sue gambe, scrupoloso, ma non compassionevole, Rob lo
avrebbe odiato per questo.
Jude, invece,
mescolava una passione contemplativa ad un coinvolgimento assoluto nel
possedere il suo eterno ragazzo.
Temeva unicamente che
l’intensità dei loro orgasmi, potesse esaurire le già limitate energie di
Downey, ma sbagliava.
Colmandolo di sé, era
come se Robert attingesse ad una fonte vitale ed indispensabile, per sentirsi
vivo ed ambito, come mai prima.
“Signor Miller, lei ha
memoria dei fatti sin qui citati dal procuratore?”
Matt deglutì a vuoto
– “Si riferisce ad Haiti …?”
“Sì, certo” – ribatté
deciso Geffen.
“Vagamente … sono
ricordi confusi …”
“In effetti non la
riguardano”
“Io sono innocente …”
Il giudice lo riprese
– “La sua dichiarazione iniziale è già stata raccolta da questa corte, si
limiti a rispondere in modo preciso alle domande del suo legale, grazie.”
“Lei ha ucciso Carlos
Mendoza, signor Miller?”
“No”
“Eppure è quanto ha
dichiarato in presenza di testimoni, tra cui il tenente di polizia Hemsworth”
“Io non ho mai detto
nulla del genere!” – poi si schiarì la voce – “Mi … mi perdoni … il fatto è che
non posso rammentare ciò che fa o dice mio fratello Alexander”
“Ma suo fratello
Alexander è morto, ho qui il certificato, che lo attesta inequivocabilmente”
“Il … il suo corpo è
morto in un incidente d’auto, ma la sua anima … la sua cattiveria è qui, dentro
di me …!” – quasi singhiozzò.
“Sa cosa le dico
signor Miller, che nessuno le crederà, tra la giuria, mentre se ne sta lì a frignare,
vaneggiando su suo fratello, che tra parentesi è sempre stato un grandissimo
vigliacco!” – esclamò, puntandolo con aggressività.
“Taci bastardo!!”
Matt si elevò,
roteando gli occhi, inquietante e malvagio, ma due poliziotti lo bloccarono
prontamente.
Le sue iridi
sembrarono persino mutare di colore, mentre fissava i membri di quel collegio
giudicante, uno ad uno e tutti turbati da quella repentina trasformazione,
anche nei toni.
“Voi … luridi pezzi
di merda!! Cosa ne sapete di me?? Credete di scoprirlo attraverso le parole di
questo parassita??!!” – ringhiò esaltato.
Glam non si scompose,
andandogli più vicino possibile.
“Alexander, eccoti
qui, dunque non sei una mia fantasia o strategia”
“Fottiti Geffen” –
sibilò, ormai ammanettato.
“Ora non ho tempo,
trovo sia più divertente smascherare le tue menzogne”
“Di cosa parli
stronzo?”
“Di Mendoza: non
esiste una sola prova a tuo carico eppure hai voluto farmi credere di averlo
assassinato.”
“Nessuno mi ha
estorto una confessione, è stata spontanea ed è VERA!” – urlò.
“Eppure, ripeto, ci
sono troppe discrepanze, nessun reperto utile a confermare la tua versione. Sentiamo
come hai fatto a procurarti l’arma? Di sicuro non puoi essere sbarcato con un
coltello d’assalto di 30 cm nella valigia, al tuo arrivo dagli Stati Uniti”
Le ciglia di Matt
iniziarono ad avere una sorta di tic – “L’ho … l’ho comprato sul posto, è
ovvio, nei bassifondi di Port au Prince si trova di tutto! Ed io non ho certo
problemi di soldi” – e rise beffardo.
Anche Geffen rise.
“Credo si trovi anche
il machete usato per sventrare ed assassinare Mendoza, sai Alexander? Un attrezzo
di cui tu non hai minimamente idea, perché non ti sei mai avvicinato all’ufficio
dello spacciatore, che ti vanti di avere liquidato” – e nel sottolinearlo, Glam
gli mostrò la foto dell’arnese ritrovato in un pozzetto di scarico, a due
chilometri dalla scena del delitto, solo pochi giorni prima.
Hopper sorrise: la trappola
aveva funzionato.
Matt/Alexander si
ammutolì.
“Tu odi così tanto
Matt, da macchiare la sua vita di questo abominio?”
“Il mio odio è per
te, Glam Geffen, che me lo hai portato via, te l’ho già detto e te lo ripeto” –
disse acre, senza guardarlo.
“Il dramma è che non
riuscirò mai in questo intento, sebbene lo voglia con tutto me stesso, per ciò
che gli hai fatto subire ingiustamente, da vivo e da morto, per le tue
vessazioni, i tuoi egoismi malati, Alexander.” – replicò affranto.
Il giovane lo squadrò
di sbieco, ridacchiando – “Il mio posto è qui. Rassegnati. RASSEGNATEVI TUTTI!!”
– e scattò nuovamente in piedi, dimenandosi.
La sua furia, dopo
qualche istante, venne arginata, sino a portarlo via.
Glam si appoggiò al
banco dei testimoni, cristallizzandosi in un’espressione cupa.
“Signore e signori
della giuria, vostro onore, io ho concluso. Grazie.”
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