venerdì 29 marzo 2013

ZEN - CAPITOLO N. 80


Capitolo n. 80  -  zen


Kurt raccolse i giochi di Martin, riunendoli nello zainetto, che il bimbo gli teneva aperto.
“Sei stanco cucciolo?”
“No papà, posso restare anche a pranzo? Carmela fa le frittelle!” – chiese allegro.
Kurt acconsentì, notando poi Geffen steso al sole, a bordo piscina, intento a consultare il tablet, prima di recarsi in aula in tarda mattinata.

“Ciao Glam … Posso?”
“Buongiorno Kurt, prego accomodati, sei qui per Martin?”
“Sì, credevo di portarlo fuori a mangiare, ma vuole rimanere”
“Tra poco arriva anche Lula” – disse sorridendo, riponendo i suoi fascicoli.
“Volevo … volevo chiederti scusa”
“Scuse accettate” – lo interruppe con un sorriso – “Cerca di andare avanti e di capire che noi ci siamo quando hai bisogno, anche di sfogarti, ok?”
“Ok Glam … E per Scott, l’hai più visto?”
“So che con Jimmy hanno fatto pace e che lui andrà in terapia, ma è una confidenza, per rassicurarti sul tuo amico … Ah, parli del diavolo” – e con un cenno salutò il medico, appena arrivato per visitarlo.
“Oh cazzo …” – sussurrò Kurt.


Colin aprì la posta elettronica, corrugando la fronte.
“Mio Dio …”
“Che succede amore?” – chiese Jared preoccupato.
Stavano facendo colazione sulla spiaggia.
“Si tratta di Robert, ha avuto una recidiva ...”
“Cosa …?”
“Può curarsi, Jude scrive che andrà tutto bene …”
“Vuoi chiamarli?”
“Lo farò dopo Jared, magari non hanno voglia di parlarne con nessuno, se Jude mi ha scritto … Cosa ne pensi?”
“Ok, gli invio un sms, in effetti sono momenti in cui spiegare non è semplice” – disse mesto.
“Sono sconvolto, sembrava che stesse bene”
“Robert se la caverà, ne sono certo” – ed andò ad abbracciarlo, passando dalla sua parte, a quel tavolo sistemato sulla spiaggia e circondato da cuscini ed ampolle colme di fiori tropicali.
Un paradiso dal sapore improvvisamente amaro e rovinato da quella notizia così triste, da risultare come estraneo ai loro sensi.
Decisero di tornare a Los Angeles, sentendo una forte malinconia per i loro bimbi e gli amici, che avrebbero consolato al meglio delle loro possibilità.
Come sempre.


Scott si avvicinò lento, poi salutò sia Kurt che Glam, prendendo dalla valigetta lo sfigmomanometro.
“Come ti senti?”
“Un leone … spelacchiato” – Geffen rise, cercando di smorzare la tensione.
Kurt era come cristallizzato sulla poltrona in vimini, senza parole.
“La pressione è a posto, hai preso le pastiglie?”
“Sì doc … Oggi me li mastico e poi li sputo, quei fottuti esperti, che stanno contestando la relazione di Foster su Matt” – rivelò impaziente.
“Ma scherzi? Pensano che stia fingendo?”
“L’accusa ci prova a smontare la nostra linea di difesa, in compenso non hanno prove per l’omicidio di Mendoza ed inizio a credere che Alexander mentisse sul serio a proposito di quella maledetta notte”
“Certo sarebbe un sollievo: in fondo ne uscirebbe come un buffone, oltre che bugiardo esibizionista, però a Lula avrebbe fatto di certo del male, non dimenticartelo” – ribatté in tono di rimprovero.


Camminavano allacciati in riva all’oceano, indossando abiti molto comodi, scalzi e con occhiali scuri, eleganti sui loro visi ispidi, ma sereni.
Jude indicò un volo di gabbiani e Robert sorrise, stringendosi maggiormente al suo busto, fermandosi.

“Inizia a fare caldo …” – disse l’inglese, baciando Downey tra i capelli.
“Io ho ancora freddo, Mason dice che è … normale”
“Allora non preoccupiamoci. Hai appetito tesoro? Britney sta apparecchiando i tavoli.”
“Magari del pesce alla piastra, tanto limone”
“Ok, tanto limone” – e lo baciò complice.
“Tu mangi la pasta con le vongole?”
“Sì” – rise – “Così mi imbratto la maglietta e tu mi sgridi”
L’americano si tolse i Ray-Ban, rivelando i suoi occhi lucidi e rapiti dall’amore, che nutriva sempre più intenso verso Jude, che fece altrettanto, scrutandolo amorevole.
“Come una vecchia zia?” – replicò, non molto convinto della sua battuta.
“No, come fa e farà sempre mio marito, Rob. L’uomo che amo, il padre di nostra figlia … Io non ti lascerò andare, ok? Io non lo permetterò” – e lo baciò con un vigore rassicurante e bellissimo.


Matt stava facendo un cruciverba, stranamente senza manette.
I suoi accompagnatori della clinica erano cambiati ed anche gli agenti in aula.
“Ciao … Marc è in ritardo?”
“Glam, ciao … Pare di sì”
“Come ti senti?”
“Sveglio direi …” – sorrise, accarezzandogli la gamba sotto il tavolo, dove Geffen appoggiò portatile e valigetta.
“Matt oggi tocca a te, lo sai?”
“Sì … Come sta Robert?”
“Deve fare delle cure, ora meglio, grazie” – replicò imbarazzato.
“Salutamelo” – disse spontaneo, per poi mordersi il labbro inferiore, in quella maniera infantile e, senza dubbio, affascinante.
“Sì, lo farò … ah ecco Marc”

Hopper si scusò, ma aveva scortato Jamie ed i figli a fare delle vaccinazioni.
“Me le dimentico sempre, spero provveda Pam”
“E’ il tuo angelo custode” – Marc rise bonario.
Geffen rimase assorto per alcuni secondi e Matt lo notò al volo.
“Sei pronto ad interrogarmi Glam?” – domandò ansioso.
“Sì. Vorrei sapere se lo è anche Alexander …”
“Non ne ho idea … mi dispiace”
“Stai tranquillo, ok?” – gli disse dolce e Matt fece un sorriso incantevole.


Robert gli aveva chiesto di farlo in auto, sopra alla scogliera, in una piazzola piuttosto isolata.
I vetri oscurati avrebbero contribuito a preservare la loro privacy e, comunque, non gli importava molto del resto del mondo.
Il suo, era lì, adesso, a muoversi tra le sue gambe, scrupoloso, ma non compassionevole, Rob lo avrebbe odiato per questo.
Jude, invece, mescolava una passione contemplativa ad un coinvolgimento assoluto nel possedere il suo eterno ragazzo.
Temeva unicamente che l’intensità dei loro orgasmi, potesse esaurire le già limitate energie di Downey, ma sbagliava.
Colmandolo di sé, era come se Robert attingesse ad una fonte vitale ed indispensabile, per sentirsi vivo ed ambito, come mai prima.


“Signor Miller, lei ha memoria dei fatti sin qui citati dal procuratore?”
Matt deglutì a vuoto – “Si riferisce ad Haiti …?”
“Sì, certo” – ribatté deciso Geffen.
“Vagamente … sono ricordi confusi …”
“In effetti non la riguardano”
“Io sono innocente …”
Il giudice lo riprese – “La sua dichiarazione iniziale è già stata raccolta da questa corte, si limiti a rispondere in modo preciso alle domande del suo legale, grazie.”

“Lei ha ucciso Carlos Mendoza, signor Miller?”
“No”
“Eppure è quanto ha dichiarato in presenza di testimoni, tra cui il tenente di polizia Hemsworth”
“Io non ho mai detto nulla del genere!” – poi si schiarì la voce – “Mi … mi perdoni … il fatto è che non posso rammentare ciò che fa o dice mio fratello Alexander”
“Ma suo fratello Alexander è morto, ho qui il certificato, che lo attesta inequivocabilmente”
“Il … il suo corpo è morto in un incidente d’auto, ma la sua anima … la sua cattiveria è qui, dentro di me …!” – quasi singhiozzò.
“Sa cosa le dico signor Miller, che nessuno le crederà, tra  la giuria, mentre se ne sta lì a frignare, vaneggiando su suo fratello, che tra parentesi è sempre stato un grandissimo vigliacco!” – esclamò, puntandolo con aggressività.
“Taci bastardo!!”
Matt si elevò, roteando gli occhi, inquietante e malvagio, ma due poliziotti lo bloccarono prontamente.
Le sue iridi sembrarono persino mutare di colore, mentre fissava i membri di quel collegio giudicante, uno ad uno e tutti turbati da quella repentina trasformazione, anche nei toni.

“Voi … luridi pezzi di merda!! Cosa ne sapete di me?? Credete di scoprirlo attraverso le parole di questo parassita??!!” – ringhiò esaltato.
Glam non si scompose, andandogli più vicino possibile.
“Alexander, eccoti qui, dunque non sei una mia fantasia o strategia”
“Fottiti Geffen” – sibilò, ormai ammanettato.
“Ora non ho tempo, trovo sia più divertente smascherare le tue menzogne”
“Di cosa parli stronzo?”
“Di Mendoza: non esiste una sola prova a tuo carico eppure hai voluto farmi credere di averlo assassinato.”
“Nessuno mi ha estorto una confessione, è stata spontanea ed è VERA!” – urlò.
“Eppure, ripeto, ci sono troppe discrepanze, nessun reperto utile a confermare la tua versione. Sentiamo come hai fatto a procurarti l’arma? Di sicuro non puoi essere sbarcato con un coltello d’assalto di 30 cm nella valigia, al tuo arrivo dagli Stati Uniti”
Le ciglia di Matt iniziarono ad avere una sorta di tic – “L’ho … l’ho comprato sul posto, è ovvio, nei bassifondi di Port au Prince si trova di tutto! Ed io non ho certo problemi di soldi” – e rise beffardo.
Anche Geffen rise.
“Credo si trovi anche il machete usato per sventrare ed assassinare Mendoza, sai Alexander? Un attrezzo di cui tu non hai minimamente idea, perché non ti sei mai avvicinato all’ufficio dello spacciatore, che ti vanti di avere liquidato” – e nel sottolinearlo, Glam gli mostrò la foto dell’arnese ritrovato in un pozzetto di scarico, a due chilometri dalla scena del delitto, solo pochi giorni prima.
Hopper sorrise: la trappola aveva funzionato.
Matt/Alexander si ammutolì.
“Tu odi così tanto Matt, da macchiare la sua vita di questo abominio?”
“Il mio odio è per te, Glam Geffen, che me lo hai portato via, te l’ho già detto e te lo ripeto” – disse acre, senza guardarlo.
“Il dramma è che non riuscirò mai in questo intento, sebbene lo voglia con tutto me stesso, per ciò che gli hai fatto subire ingiustamente, da vivo e da morto, per le tue vessazioni, i tuoi egoismi malati, Alexander.” – replicò affranto.
Il giovane lo squadrò di sbieco, ridacchiando – “Il mio posto è qui. Rassegnati. RASSEGNATEVI TUTTI!!” – e scattò nuovamente in piedi, dimenandosi.
La sua furia, dopo qualche istante, venne arginata, sino a portarlo via.

Glam si appoggiò al banco dei testimoni, cristallizzandosi in un’espressione cupa.
“Signore e signori della giuria, vostro onore, io ho concluso. Grazie.”





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