mercoledì 1 agosto 2012

SUNRISE - CAPITOLO N. 164

Capitolo n. 164 - sunrise


Glam non smetteva di fissarle.
Erano un paio di immagini di Haiti, con un Jared biondo, smagrito, ma sereno, mentre scattava foto per l’isola, da raggruppare in un album dedicato a Geffen, per il suo compleanno.
La vita all’interno del tribunale scorreva veloce e chiassosa, ma lui si era come estraniato.
Quando vide le scarpe di Scott, oltre il palmare, ebbe come un sussulto.
“Ciao Glam …”
“Scotty … che succede?” – chiese preoccupato.
“Nulla, volevo pranzare con te, dopo l’udienza di Dean, se non hai impegni più importanti.”
Nella sua voce mancava la consueta naturalezza, visto che ogni sfumatura sembrava celare un doppio senso od una provocazione: almeno era così che Geffen la avvertiva.
Sorrise tirato – “Sì … ok, tanto dopo andiamo in aeroporto?”
“Ovvio. Tyron è già a Boston, con le provette.”
“Accidenti che tempestività …”
“Se sono nella norma, opererà Sveva domani sera, lei lo sa.”
“Le hai parlato Scott?”
“Al telefono, stamani, era tranquilla. Pensavo fossi con lei da Meliti.”
“No, ho dormito con Lula, alla Joy’s house”
Il medico si sedette sulla panca accanto all’amico.
“Ritorno di fiamma?” – e sorrise, ma senza astio.
“Assolutamente Scott, ci mancherebbe” – e nel mormorarlo, Glam si alzò: Stabler stava entrando in aula.


“Come sei taciturno Jude, stasera”
“Cosa …?”
“Il pesce è scotto? Il vino caldo?” – Downey sorrise, era tranquillo.
“No, è tutto perfetto Rob, solo che ho mal di testa”
“Di nuovo …? Sarà il caso di fare una visita amore” – osservò con preoccupazione.
Dalla loro terrazza il panorama era stupendo.
Si erano spostasi in una villa, ad Antibes, per degli esterni, con i quali avrebbero concluso il film.
“Forse ho mangiato in fretta, non pensarci”
“Ed a cosa o chi dovrei pensare, Judsie …” – mormorò alzandosi, per dargli un bacio sulla tempia destra e massaggiargli le spalle rigide.
“Vuoi fare due passi?”
“E Camilla?”
“Chiamo la baby sitter …”
“No Rob, preferisco sdraiarmi sui lettini della piscina e tenerla con noi …” – sorrise, pensando che in quei giorni stava usando la figlia come una barriera tra lui e Downey.
Il trasferimento li aveva comunque impegnati in maniera consistente, tanto da impedire loro un minimo di intimità.
In altri tempi lo avrebbero trovato questo tempo prezioso per amarsi, anche in luoghi inaspettati: il problema non era la routine, bensì il filo nero delle menzogne, che Jude stava annodando intorno alla gola di questo amore incredibile, ma estremamente minato dalle sue scelte inspiegabili.


“Chiamo al banco dei testimoni il dottor Cody.”
Brandon gettò un’occhiata veloce a Geffen, che annuì, come per tranquillizzarlo.
L’avvocato di Stabler prese dei fascicoli, facendo finta di analizzarli, poi si rivolse diretto allo psicologo.
“Dottor Cody, lei è stato l’analista di Dean, il figlio in affido del signor Stabler e suo attuale accusatore?”
“Sì.”
“Per quanto tempo?”
“Sei mesi circa.”
“Sei mesi? Bene … dunque vediamo, quanti anni aveva all’epoca il ragazzo?”
“Quattordici … quasi quindici” – sembrò correggersi, come se potesse fare differenza.
“Bene, ho concluso, mi riservo la facoltà di richiamarla, grazie dottore.”
Cody fu esterrefatto da quell’atteggiamento a dire poco plateale, ma il giudice sembrò non dargli peso e lo fece accomodare.
“Vorrei ascoltare lei … adesso.” – ed indicò Dean, con voce amichevole.
“Avvocato la forma”
“Mi scusi vostro onore.”
Dean gli passò oltre, senza attendere formule di rito e si accomodò, senza guardare Stabler, che come al solito lo stava fissando.
“Dean … posso chiamarla Dean, vero?”
“Sì, certo” – replicò deciso, subodorando una trappola.
“Lei mi conferma, Dean, di essere stato in cura dal dottor Brandon Cody?”
“Sì, ne ho … un vago ricordo.”
“Davvero?” – rise di sbieco – “Strano … Sì’, strano, perché in base a questa relazione, del dottor Jordan Lewis, le sue sedute con l’esimio collega dottor Cody sono state a dire poco … turbolente.”
Dean si contrasse, cercando gli occhi di Sammy in seconda fila, che tremarono, come a riflettere la stessa paura del compagno.
“Non capisco”
“Sa, direi che qui siamo al paradosso, signor Dean: lei accusa il mio assistito di molestie, ma, guarda caso, il dottor Cody interruppe di netto la sua terapia, denunciando a Lewis il suo comportamento ossessivo ed increscioso, nonché una serie di minacce, con le quali, essendo rifiutato, avrebbe potuto minare la sua carriera!”
Geffen balzò in piedi – “Chiedo una sospensione!”
“Vostro onore il teste non ha risposto!”
“Quindici minuti! La seduta è sospesa” – e si ritirò.


Brandon scrutava le espressioni di Dean, stretto a Sammy, appoggiato alla parete della saletta per i legali come Geffen.
Questi, visibilmente alterato, stava aspettando una spiegazione.
“Tacermi questo dettaglio”
“Nessuno te l’ha taciuto Glam!” – protestò Cody.
Denny tossì, Hopper scaricò qualche file dall’ufficio centrale e Glam ricevette una chiamata, che li interruppe.
“Ciao Jared ora non posso” – disse risoluto, ma senza alzare i toni.
“Glam …”
“Che c’è?”
“Nulla … so che sei in giudizio”
“Infatti e nel bel mezzo di un casino fuori programma”
“Avrei voluto … avrei voluto vederti nella pausa”
Glam pensò a Scott, provando un acre rimorso.
“Temo che voleremo diretti a Boston, spero di rientrare nel fine settimana”
“Ok” – la sua voce si incrinò.
Geffen si diresse al bagno, chiudendosi la porta a chiave alle spalle.
“Ci sei ancora Jared?” – divenne dolce.
“Tu … tu esisti ancora per me?” – domandò frantumato dalle emozioni.
“Dove sei? Dimmi dove ti trovi Jared!”
Il rumore secco, che chiuse la telefonata, sembrò conficcarsi come un dardo avvelenato nel cuore di Geffen.


Gordon aprì malvolentieri le porte del suo locale a Jared.
“E’ troppo presto, cazzo!”
Era di pessimo umore, ma a Jared non importava.
“Voglio vedere Jimmy” – disse trafelato.
“Jimmy? Motivo?” – ed inarcò un sopracciglio.
“Che domanda idiota Gordon …” – e ridacchiò nervosamente.
“Ha un … cliente, ecco.”
“A quest’ora?”
“Certo e poi non lo volevi per la stessa ragione Jared?” – bissò ironico, facendolo entrare.
“Ci voleva tanto? Dov’è?”
Gordon controllò l’ora, poi sentì un tintinnio: era l’ascensore.
Jared non se ne accorse, ma quando riconobbe l’anziano elegantissimo uscire dalla cabina, si alzò il cappuccio della felpa e fece finta di mandare un sms.
Era un potente produttore di Hollywood, dalla reputazione pessima: ai suoi esordi, Jared finì ad una delle sue feste faraoniche, subendone la corte serrata ed una valanga di promesse, se avesse accettato di diventarne l’amante.
Quelli erano i compromessi che Jared odiava di più, ma in compenso si era visto soffiare decine di parti, già praticamente assegnate a lui, per favorire i protetti di quel bastardo miliardario.
Quei ricordi riaffiorarono come un’ombra malevola ed il suo animo, già martoriato da sbagli ed ossessioni, sembrò vacillare ulteriormente.

“Gordon ne hai?” – sibilò appena furono nuovamente soli.
“Due dosi, devi ripassare stasera.”
“La prendo, stasera non posso …”
“Ah sì, devi badare alla tua numerosa famiglia, cambiare pannolini e fare finta di essere felice”
Jimmy lo salutò con questa frase tagliente ed acida, mentre tra Jared e Gordon si completava lo scambio di fiale e denaro.
Le sue iridi erano liquide, aveva addosso un odore cattivo, probabilmente di quel bavoso violento.
Infatti i segni delle sue attenzioni era nitido sui polsi del giovane.
“Ciao Jimmy … cosa ti ha fatto?”
Fu come glielo chiese, a sciogliere ogni sua difesa: Jared racchiudeva il senso di smarrimento e di schifo, che Jimmy si portava su ogni centimetro di quella pelle violata ed abusata.
Leto lo afferrò, scansando Gordon malamente, per fuggire via.
Jimmy era scalzo, con dei jeans strappati ed una t-shirt dei Sex Pistols.
Nonostante le urla del suo protettore, niente riuscì ad impedire loro di arrivare al suv di Jared, con cui partirono sgommando.
“Dove diavolo andiamo Jared?”
“Al sicuro, fidati.”


“Posso chiedere una revoca, se l’interrogatorio prosegue quello ti distrugge Dean”
Geffen era serio, mentre Dean afflitto da quella beffa assurda.
Sammy parlottava con Brandon, temendo un crollo del compagno.
“Tesoro forse è meglio tirarsi fuori da questa faccenda” – propose timido, ma Dean sembrò esplodere.
“E dargliela vinta?? E permettergli di VIOLENTARE ALTRI BAMBINI EH??!! CHE CAZZO DICI!!” – e si piegò, raccolto da Sam, che lo strinse forte, baciandolo sul viso, la bocca bagnata di lacrime, le palpebre serrate, per non vedere più quel posto, che ormai entrambi odiavano.


Tim lo aveva bloccato nella camera armadio.
Kevin si era aggrappato all’asticella dei giubbotti, ansimando nell’invocare sommessamente il suo nome.
“Piccolo mi stai facendo …”
Ancora un singulto, mentre il sesso di Kevin si muoveva tra la lingua ed il palato di Tim, impegnato a succhiarne avidamente ogni goccia di essenza.
Gli aveva detto che non avrebbero avuto occasione di farlo a Boston, ma prima di uscire, con un bagaglio leggero, il giovane gli strappò una promessa: “Mi prenderai nelle docce del Lax Kevin … giura”
Il bassista annuì, riallacciandosi i pantaloni ed avvertendo la propria eccitazione rinnovarsi al solo pensiero torbido di quell’amplesso in aeroporto con il suo adorabile angelo dagli occhi di ghiaccio, che si infuocavano per ogni sguardo innamorato su di lui, senza alcun pregiudizio.




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