Capitolo n. 182 - sunrise
Yari prese per mano Misaki, mentre correvano su per le scale dell’ala ovest, disabitata e ideale per esaudire il loro desiderio reciproco di appartenersi, prima che la festa di compleanno iniziasse.
“Tuo padre ci ucciderebbe se”
“Quale dei due Misaki?” – rise solare, abbracciandolo, mentre lo catapultava con lui su di un tappeto persiano, unico arredo di quella saletta luminosa e fresca.
“Colin … Ma anche Jared!”
Le deboli proteste del giovane vennero interrotte da un bacio mozzafiato, da parte di Yari, che a metà di quel contatto, ebbe un sussulto.
“Ahi cavoli!”
“Che c’è amore?” – gli chiese dolce il compagno nipponico.
“Qualcosa mi ha punto … aspetta è qui sotto …”
Un fermaglio, con il logo dello stilista, che aveva disegnato un portafogli in pelle, molto costoso all’apparenza.
“Accidenti … e come ci è finito qui questo?” – si chiese Yari aprendolo e constatando che oltre a denaro contante, vi erano anche documenti e carte di credito.
“La patente è di … Jude Heyworth Law? … Zio Jude, è di zio Jude!” – esclamò stupito.
Misaki aggrottò la fronte – “Evidentemente l’ha perso …”
“Già, ma è stranissimo … cosa ci faceva in questa stanza zio Jude?”
“Forse la stessa cosa che volevamo fare noi, con zio Robert, ovviamente!” – e sorrise complice.
“In effetti, spesso dormono da noi … Hai senz’altro ragione tu, ma adesso portiamo tutto a papà Colin, in modo che glielo renda appena arrivano al party, con Camilla”
Jared cambiò i gemelli, osservato da un Colin coinvolto e partecipe ad ogni mossa del coniuge.
All’attore la situazione sembrava in miglioramento, nonostante il recente malore di Jared.
“Eccoci qui, i miei due piccoli Farrell, pronti a festeggiare il loro magnifico padre … Ti amo Colin” – disse fissandolo, intenso.
Si baciarono, stringendo ai loro petti i due bimbi, scalpitanti e felici.
Sembrava tutto perfetto.
Jude corse incontro a Downey e Camilla, lungo il viale dei cipressi, dove questi ultimi lo raggiunsero, su indicazioni di miss Wong.
“Tesoro bene arrivato, ciao splendore …” – mormorò, raccogliendoli a sé, con un fervore smodato.
“Ehi cucciolo … ci siamo visti a colazione” – sussurrò Robert, dandogli un bacio nel collo.
“Sì lo so, ma mi siete mancati … Glam dov’è?”
“Con Kevin, Tim e Lula, nel salone dei doni … a proposito, cosa hai poi comprato al tuo irish buddy?”
“Oh nulla di speciale … Una cornice in argento, ma la foto che contiene è molto bella, secondo il mio immodesto parere!”
Risero, spargendo baci sulle manine della loro Camilla, stupenda nel suo vestitino fucsia.
Dean e Sammy erano abbronzati e camminavano allacciati, come se stessero su di una nuvoletta rosa.
In quel modo li descrisse Kurt a Jamie, mentre si ingozzavano di zucchero filato.
“Sei una zitella acida ciomp ciomp!” – bofonchiò il ballerino.
“E tu un ciccione!”
“Cosa??!!” – gli urlò nell’orecchio, per poi rannicchiarsi nel suo abbraccio, distanti da Brandon e Marc, che stavano parlando della clinica dell’utero in affitto.
“Cosa ne pensi doc?” – chiese Hopper, sorseggiando un Martini.
“Quando Kurt me lo propose, fui titubante: non litigammo, però l’argomento era spinoso. Capii che per lui era importante donare tutto l’amore che aveva anche ad un figlio e non soltanto a me ed agli amici, visto che la sua famiglia è inesistente. Quindi lo assecondai e l’arrivo di Martin è stato un dono meraviglioso.”
“Vorrei che Jamie avesse la stessa opportunità, che il bambino fosse suo geneticamente, anche se credo sia irrilevante. Per fortuna le analisi hanno dato buon esito: nonostante le cure per la sua malattia, il neonato non avrà alcun problema … O almeno speriamo sia così …”
“Lo sarà Marc, non temere.” – e con un sorriso, Cody brindò al loro progetto.
Yari corse incontro a Colin, impegnato al telefono con una noiosa chiamata da parte di un produttore, che non si dimenticava mai del suo b-day.
Con la scusa dell’arrivo del figlio, riuscì a riattaccare.
“Ciao tesoro, mi hai salvato!” – lo salutò ridendo.
“Papi guarda, ho trovato questo è di zio Jude!” – e gli porse l’oggetto, che Farrell scrutò incuriosito.
“Dove l’hai trovato Yari …?”
Eamon bloccò il fratello nei pressi della sala di proiezione privata.
Il suo viso gli apparve sconvolto.
“Colin ehi …?”
“Ciao … Scusa devo cercare Jude”
“Jude? Scusa, ma è successo qualcosa? Hai una faccia …”
Farrell sorrise tirato e nervoso – “No, no … E’ che devo parlargli”
“Ok, l’ho visto nel parco con Robert …”
“Lo chiamo al telefono, è … è una faccenda di lavoro Eamon”
“Fai pure … Steven e la mamma volevano darti il regalo”
“Sì … sì, certo, parlo con Jude e poi andrò da loro, a dopo” – e sparì.
“Grazie Tim …”
“Prego, come stai Glam?”
“Ho dormito male … E’ la terapia di mantenimento, la dovrò fare a vita, ma ci sono situazioni peggiori” – e scrollò le spalle, sorseggiando una bibita fresca.
“Arriva Scott …” – disse il giovane scorgendolo in lontananza: non era da solo.
“C’è Jimmy!” – esclamò Tim con gioia.
“Siete amici da molto?” – chiese Geffen sereno.
“Sì … frequentavamo lo stesso ambiente, ma tu lo sai, vero?” – domandò scrutando le sue espressioni, che non mutarono.
“So che siete due ottime persone e sono contento per te e Kevin”
“Grazie Glam …” – mormorò arrossendo, per poi andare a ricevere Jimmy e Scott, che sorrise ad entrambi.
Jude salì quelle scale con il cuore in gola: non poteva sottrarsi alla richiesta di Colin di vedersi, ma non capiva come mai avesse scelto quella parte dell’abitazione.
Gli vennero mille dubbi angoscianti.
Quando lo intravide, nello spazio lasciato tra la porta semi aperta e lo stipite, tormentarsi le mani nell’attesa di lui, a Jude fu tutto chiaro, anche se continuava a non spiegarsi come Colin avesse potuto ricordare all’improvviso quanto accaduto quella notte.
Sperava di sbagliarsi, che il motivo fosse un altro per sollecitare quell’incontro, ma gli occhi di Colin erano sin troppo esaustivi.
“Ma dov’è finito mio marito Robert?”
“Ciao Jared, ti sei perso il festeggiato?” – lo abbracciò, sorridente.
“A quanto pare … Ehi Yari, hai visto papà?”
“Sì, è là … Con zio Jude” – ed indicò una stanza al terzo piano.
“Come mai …?” – domandò perplesso Downey.
“Di sicuro per rendergli il suo portafogli zio Robert, l’abbiamo trovato Misaki ed io mentre … Mentre curiosavamo in quelle camere vuote” – e divenne paonazzo, quanto il ragazzino al suo fianco.
Jared rise – “Ah ecco … Ok, andiamo a recuperarli Robert?”
“Sì, sì certo …” – replicò lui esitante, concentrato su quel particolare dettaglio.
Qualcosa si insinuò nei suoi pensieri, acuminato e pericoloso.
Si imbatterono in Scott e Glam, che notò una luce strana nello sguardo di Downey.
“Ciao … dove state andando?”
“Buongiorno Glam …”
“Jared, tutto a posto?” – e lo abbracciò, con la consueta tenerezza.
“Sì, ti ringrazio … ciao Scott … Andiamo da Colin e Jude, si sono imboscati in questo labirinto” – e sorrise tranquillo.
“Andiamo Jay?” – lo sollecitò l’attore, oppresso da un amaro presentimento.
“Ciao … Ciao Jude, entra, vieni pure …” – disse agitato Farrell, mantenendo una certa distanza.
“Colin … Perché siamo qui?”
“Jude …” – le sue iridi vennero investite da un pianto lacerante.
“Senti, ti stanno aspettando di sotto e”
“Questo è più importante!” – sbottò disperato.
“Io … io me ne vado Colin” – ed indietreggiò.
“Sono stato io Jude” – affermò secco – “DIMMELO!” – urlò – “Dimmelo Jude …” – e si accasciò, incrociando i bicipiti muscolosi, fasciati in una camicia aderente, in un auto abbraccio tremante, dondolando lievemente, come sotto shock.
Law si trovò spalle al muro, lungo il quale scivolò grevemente, annuendo.
“Sì … eri … eri sotto l’effetto di qualche psicofarmaco o droga, ubriaco fradicio per giunta … io volevo aiutarti, ma tu … tu eri esaltato, arrabbiato” – iniziò a piangere a propria volta, ma proseguì – “Abbiamo discusso e mi hai … mi hai dato un pugno, talmente” – tirò su dal naso – “ … talmente forte che sono svenuto e” – si coprì la bocca con le mani, trattenendo un singulto, come se stesse per vomitare.
“No … no Jude … non è possibile”
“Quando mi sono risvegliato, non ricordavo nulla, però … però avevo i vestiti stracciati ed i segni di te e … Mio Dio” – si chiuse, raccogliendo le gambe, fremendo dalla testa ai piedi, scuotendo il capo, come a volere cacciare quei frammenti di memoria odiosi e terribili.
“Jude perché non me lo hai detto, in … in tutti questi mesi …”
“Non lo so … Non lo so Colin … Non ci sono riuscito, forse io non lo ammettevo, non potevo crederci!”
“Nemmeno quando ci siamo incontrati … Ed io che pensavo mi odiassi per quello che avevo fatto a Jared …”
“Sono … sono stato un pazzo … Colin io mi sentivo soffocare dalle tue premure, per il tuo atteggiamento gentile, inconsapevole avevi combinato, per colpa di qualcosa di chimico, che aveva cancellato quella notte dalla tua mente”
Farrell si avvicinò, a carponi, faticosamente, come se stesse trascinando un macigno.
“Jude … Jude tu ed io … siamo quasi finiti a letto insieme quando sei tornato a Los Angeles per l’operazione di tuo figlio e ci siamo visti in albergo …” – disse con il fiato corto, allucinato da quella circostanza, che all’epoca aveva frainteso, con quanto accaduto in tribunale, durante l’udienza per il divorzio mancato da Jared.
Jared che in quell’istante si sentiva venire meno, nell’origliare quello scambio di battute tra il coniuge e Jude: la medesima sensazione, che stava implodendo nel cuore di Robert, nell’apprendere non solo che l’amatissimo compagno era stato stuprato da Farrell, ma che glielo aveva nascosto, proteggendo l’irlandese, per poi incontrarlo clandestinamente, divenendone l’amante per poche ore, in qualche resort di lusso.
I due erano come pietrificati, le lacrime cristallizzate, immobili tra le palpebre e lo specchio azzurro di Leto e carbone di Downey, che di botto oltrepassò la soglia di quelle due dimensioni parallele, passando dalla sua esistenza con Jude ad una, dove l’inglese non avrebbe più avuto alcun posto.
“Robert …”
Law si sollevò, come se un burattinaio stesse tirando fili invisibili, collegati al suo sembiante madido e devastato dalle emozioni e dal rimorso.
Geffen, nel frattempo, era salito con Scott per vedere come mai i quattro non fossero ancora scesi in giardino, dove gli invitati stavano reclamando la loro presenza, per il taglio della torta.
Quando vide Jared addossato alla tappezzeria, come imbambolato, l’avvocato ebbe la conferma che un’autentica tragedia si stava abbattendo tra le mura della End House.
“Tesoro …” – lo cinse amorevole, ma Leto fece uno scatto scoordinato, ritrovandosi nella camera, dove c’erano Rob, Jude e Colin, ancora riverso sul parquet.
Il cantante gli si gettò addosso, come se fosse una coperta, proteggendolo dai presenti, guardandoli fuori di sé: “Non è vero, NON E’ VERO!!! COLIN NON TI HA FATTO NULLA!! SEI UN BUGIARDO JUDE, SEI UN MALEDETTO BUGIARDO!!” – inveii in direzione di Law, che era ancora fisso con lo sguardo su Robert, inerme, sconfitto.
Glam e Scott non tardarono a comprendere le motivazioni di quel confronto drammatico.
Downey balbettò qualcosa, che nessuno intese.
“Rob … Robert lascia che io ti spieghi …” – disse flebile Jude.
“Co-cosa … cosa dovresti spiegarmi … COSA??!!!” – esplose.
“Robert ti supplico”
“COSA???!! CHE HAI DIFESO QUESTO VERME, CHE CI HAI SCOPATO, PERDONANDOLO ALLE MIE SPALLE??!!!”
Le sue urla apparivano sproporzionate al suo aspetto, reso temporaneamente gracile dalla malattia: Glam fece un passo verso di lui, per sostenerlo, ma Robert arrivò con un guizzo a Jude, lo afferrò per il collo e lo sbatté contro un davanzale in marmo rosso.
Jared, contro ogni previsione o logica, invece, stava abbracciando Colin, che non smetteva di ripetere, come una nenia tragica – “Io devo costituirmi Jay … io devo pagare per ciò che ho fatto …”
“Tu non hai fatto niente Colin, non ci credo, NON CI CREDO!” – e gli cinse gli zigomi, provando ad asciugargli le lacrime copiose, almeno quanto le proprie.
Scott era allibito, ma il suo cervello razionale e freddo da chirurgo, era già giunto ad una conclusione, che non avrebbe dato scampo a Farrell.
Geffen si occupò di Robert, vedendo quanto stava degenerando lo scontro con il consorte, che non faceva nulla per difendersi e che, probabilmente, avrebbe preferito morire piuttosto che affrontare un’esistenza senza Downey e Camilla, prospettiva più che plausibile in quell’istante.
Cinturò l’americano per la vita ed il petto, avvertendo la rigidità marmorea del suo fisico asciutto, divorato dalla tensione e da una rabbia smodata.
“Lasciami LASCIAMI GLAM!!”
Era una lotta impari.
Jude si spense, sotto quella finestra rimasta provvidenzialmente chiusa, come a occultare quegli istanti di autentica follia e disgregazione.
Jared lo puntò, come una belva assetata di sangue.
“Sei un bastardo Jude … hai sempre mirato a Colin ed ora lo stai accusando ingiustamente … Sei una puttana SEI UNA PUTTANA JUDE!!!”
Glam fissò Jared, stranito dalla sua reazione, mentre Robert si era appeso al suo collo, in preda ad uno sfogo di nervi, che Scott ritenne pericoloso per il suo organismo, non ancora riabilitatosi dopo l’intervento.
“Jared come puoi … Io sono senza parole …”
“Non permetterò a Jude ed a nessun altro di fare questo a Colin!! Hai capito?? AVETE CAPITO NON LO PERMETTERO’ MAI!!”
Geffen chiuse la telefonata mestamente.
“Pensa tu a Lula, con Tim, per il fine settimana almeno e ringrazia Pamela, per Camilla …”
“Daddy non riesco a credere a quanto mi hai detto …”
“Lo so tesoro, è … è inverosimile … Anche se” – Glam chiuse gli occhi, dolorosamente, ripensando ad Haiti ed alla violenza subita da Jared, che ora sentiva distante, come mai prima.
“Ok, ne riparleremo … Pensa a Robert, digli che siamo a sua disposizione per qualsiasi evenienza” – concluse dolce.
“Te ne sono grato piccolo, saluta Tim e dai un bacio a nostro figlio … Vi richiamo stasera.”
Robert era incollato alla portiera, lato passeggero, la guancia un tutt’uno con il finestrino, lo sguardo assente.
Geffen ripose il bberry, sentendosi soffocare: stritolò il volante, poi ritrovò la calma.
“Rob … Ti porto via da qui”
Si erano già allontanati dalla proprietà di Colin e Jared, arrivando su di una terrazza naturale, dalla quale si vedeva l’intera città, infuocata ormai dal tramonto.
“Cami … dov’è la mia Cami …?” – ricominciò a piangere, compostamente, come se la sua presenza fosse un disturbo per il resto del mondo, che non riconosceva più.
“E’ con Pamela da Meliti, ci sono anche Marc, Jamie e Julian con loro … Senza contare Dean e Sammy … E’ al sicuro” – e gli sfiorò timorosamente la spalla sinistra.
“E’ al sicuro da Jude …? E’ al riparo dalla sua personalità contorta??”
“Robert, ascoltami”
“NOOO!!! QUALE PERSONA NORMALE AVREBBE TOLLERATO UNA COSA DEL GENERE GLAM??? QUALE??!!!”
“Lui … lui si fidò di me … Riuscì a parlarmi dello stupro, in ospedale …” – disse in un sussurro Geffen.
Downey rammentò gli occhi di Jude, quando lo trovò, esanime e distrutto in casa loro, dopo quella crudele esperienza.
Fu come una pugnalata in pieno petto.
“Lui … Lui lo ha toccato … Lui ha preso con la forza il mio … il mio Jude” – singhiozzò – “Gli ha fatto male … Colin gli ha fatto del male …”
Geffen lo strinse a sé, senza sapere più come porre rimedio all’afflizione di quello che considerava ormai ben più di un semplice amico: vedeva Robert come la persona migliore mai conosciuta, profondamente buona, generosa ed altruista: era un autentico delitto, ciò che Jude e Colin avevano compiuto ai suoi danni.
Il fatto che ne fossero consci o meno, a Glam non importava affatto: la sua priorità era diventata salvaguardare Robert nell’imminente futuro, che entrambi vedevano funestato da conseguenze e fratture insanabili.
Tutto era cambiato.
Tutto.
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