Capitolo n. 93 – gold
Glam guardava Lula giocare con le costruzioni coloratissime, che gli avevano comprato il mattino stesso, durante la visita ad un centro commerciale.
Il bambino si era comportato molto bene, senza mai lamentarsi o staccarsi da loro.
Kevin gli portó una bibita ed un caffè a Geffen.
“Grazie piccolo…”
“Prego daddy.” – sorrise, dandogli un bacio.
“Si diverte il nostro cucciolo…” – disse sereno.
“Piacciono anche a me… Sai, a volte penso che Lula sia la personificazione del nostro amore… Quando i suoi occhioni ridono, sono carichi di speranza ed aspettative…”
Glam gli accarezzó i capelli – “Hai ragione…senti Kevin volevo parlarti del ritorno ad Haiti…”
“Ti ascolto.” – replicó con un sorriso.
“Pensavo che Lula non dovesse restare all’orfanotrofio, come avevo pensato all’inizio, anche se continuerá a frequentare l’asilo con i suoi amici, ma volevo evitare che ci fosse qualche litigio, perché l’ho adottato, anche se tutti se lo aspettavano…”
“Potrebbe anche accadere… speriamo di no.”
“Lula me lo dirá subito, ma vorrei che rimanesse con me o comunque… senti, se prendessimo subito la casa? Oppure, ma forse non ti piacerá, per questi pochi mesi, lo porterei da Pamela e le gemelle, oltre a Syria. Spiegandogli che poi stará con noi. Lo dico perché vorrei dargli dei ritmi, per cui se sono da solo con lui, gli impegni della fondazione mi porterebbero a trascurarlo… Sarebbe sotto controllo ed accudito, finché non rincaso dopo il lavoro…”
“È tutto chiaro Glam… se io venissi subito sull’isola, invece, non esisterebbero problemi…” – disse esitante e soprappensiero.
“Io vorrei che tu vivessi fino in fondo la tua avventura con i Red Close, ma se mi seguissi, ne sarei felice, ma lo troverei ingiusto…”
“Ok… senti Glam, tu sai che io non amo molto Pamela, forse perché è sempre lí ad aspettare che tu la porti a letto… o che… che cambi idea... Sono ingiusto, peró, perché sono sicuro che lei è un’ottima persona, poi avete due figlie insieme, che mi rispettano… In sostanza, peró, tu vivresti lí…”
“E dove se no?” – domandó ridendo.
“Daddy parliamo un po’ di Jared… A novembre succederanno molte cose…”
Jared lavó i piatti, mentre Colin faceva un solitario a carte, tranquillo ed appagato per la splendida notte con il compagno.
Per lui tutto era risolto, ma l’animo di Jared era sconvolto.
Ruppe un bicchiere – “Miseria!” – esclamó stizzito.
“Tesoro ne abbiamo altri…” – disse allegro.
“Certo… sí Cole, molti.” – respiró con un minimo affanno.
“Jared posso… potrei telefonare a Jude? Ti dispiace?”
Lui si voltó perplesso - “Se è proprio necessario…”
“No… ma lui e Robert mi hanno aiutato, come Brandon… volevo solo aggiornarli, renderli partecipi della mia gioia.” – sorrise radioso, era cosí bello, ma Jared avrebbe voluto solo piangere.
“Fai pure… vado a fare due passi.”
“Ok… ti raggiungo quando ho finito.”
Quel mare verso l’orizzonte sembrava alzarsi in battaglia, ma lui si contorceva le mani, tormentando il cellulare, sul nome in rubrica di Glam, con la sua foto sorridente.
Cliccó l’invio, reprimendo quel subbuglio emotivo, per non farsi sentire troppo inquieto da lui.
“Jared ciao...”
“Glam… ciao Glam, scusami, é un momento sbagliato?”
In sottofondo si sentivano distintamente i gridolini di Lula, inseguito da Kevin, che rideva come un pazzo – “Ti prendo!! E ti mangio tuttooo!!”
“No Jared… ma dove sei?”
“Nel Maine con Colin…una specie di vacanza…”
“Noi siamo ancora a Los Angeles.”
“A Los Angeles… non lo sapevo…”
“Sí Kevin ha adottato con me il bimbo…”
“Dio é… è una notizia splendida…” – mormoró, iniziando a singhiozzare.
“Jared non stai bene?”
Lui rimase un attimo in silenzio, piegato in avanti, lo stomaco in subbuglio – “No… cioè sí… Dio Glam io… io mi sento cosí in colpa, Colin non è piú lo stesso uomo, l’ho rovinato con… con le mie scelte! Ed i sensi di colpa mi impediscono persino di desiderarlo… è orribile…!”
“Jared… ascoltami, non devi colpevolizzarti, non in questo modo…”
“Ed in quale cazzo!!? Io stanotte mi sono ritrovato a sognarti… a sognare di te, di noi insieme a fare l’amore ed è stato l’unico modo per essere eccitato e l’ho ingannato!! Non… non posso vederlo in questo modo… Colin non merita un mostro come me!” – il suo era un grido disperato, di aiuto, ma Glam non riuscí a replicare e Jared chiuse la telefonata, soffocato dall’ansia e dal rimorso.
Le sue palpebre erano gonfie di pianto, ma appena le schiuse, disturbato dal vento, vide oltre alla sua ombra quella di un uomo alle sue spalle.
“Colin…” – sussurró rialzandosi e fissandolo a quel punto.
“Ho… ho rinunciato a chiamare Jude… pensavo ti desse fastidio e non… non volevo offendenti Jared.”
Aveva sentito tutto, dopo averlo rincorso con un bel sorriso, che si spense su quelle rivelazioni del suo dolcissimo ragazzo americano.
“Co… Colin ascolta…” – ma l’altro indietreggió, le mani nelle tasche del giubbotto, poi si voltó allontanandosi veloce, senza sapere cosa farne di quella vita improvvisamente inutile ed insopportabile.
Jared scese per il vialetto, verso gli scogli, prendendolo alla fine per un braccio – “Colin ti prego aspetta!!”
Lui lo strattonó, furente ormai – “Per cosa??!! Per cosa eh Jared??! È lui che vuoi, è lui che ami!! Io sono STUFO MARCIO!!! HAI CAPITO STUFO MARCIO DI VOI DUE!!”
Urló con tutto l’ossigeno che gli rimaneva nei polmoni, le iridi in preda agli spasmi di una frustrazione irrisolta – “Colin lascia che ti spieghi…”
“Non voglio ascoltarti!!” – e si dimenó, bloccandogli le mani, che provarono ad accarezzarlo, per calmarlo.
La chiusura del suo orologio si agganció al laccio celeste della triad di Jared, strappandolo e facendo volare il ciondolo nell’acqua sotto di loro.
“No!!” – esplose il cantante dei Mars, come se gli avessero strappato la vita.
Colin istintivamente si tolse la casacca, gettandosi per recuperare quel piccolo pezzo di metallo, come se riuscendovi potesse salvare anche la loro storia.
Accadde tutto velocemente.
Jared si sfiló il pullover e le scarpe, tuffandosi a propria volta – “COLINNN!!!”
Annaspando per l’acqua gelida e gli indumenti che lo tiravano giú, si aggrappó a Jared, che con uno sforzo disumano lo portó fino ad una provvidenziale catena, grazie alla quale risalirono, in preda ai brividi ed allo spavento.
Colin stringeva tra le dita la triad di Jared.
Caddero sul pavimento della camera da letto del cottage, dove arrivarono miracolosamente.
“Togliti… togliamoci questa roba… Dio…” – Jared era terrorizzato, sfinito, i denti battevano, convulsamente si denudarono, infilandosi veloci sotto alla trapunta – “Amore… amore ti scaldo io… non so come Colin… ma … ma sei impazzito…”
Lui non riusciva a parlare.
Gli mise sul palmo solo il prezioso amuleto, chiudendo gli occhi ed abbracciandolo come se fossero un un’unica persona.
Jared si sporse aprendo l’anta del comodino, recuperando un vaso di miele provvidenziale per recuperare energie.
Lo aprí imprecando per la rigiditá dei propri movimenti e vi intinse le dita, prendendone una generosa quantitá, che ingurgitó, passandone poi altrettanta nella bocca di Colin.
Era un momento tanto drammatico quanto sensuale – “Prendine…prendine ancora Colin… Sei… sei cosí bello… amore… amore…”
Inizió a baciarlo, come un ossesso.
Quell’essenza fluida e voluttuosa finí ovunque.
Sul loro collo, sui capelli, le lingue che si cercavano, pretendendosi, con sempre maggiore osceno trasporto.
Jared lo penetró, come se fosse una lama nel burro, tanto erano lubrificati e frenetici, possedendolo come una furia magnifica.
“Jay… Jay… Dio… vienimi dentro…”
“Lo faró …ma dovrai aspettare…cazzo sei cosí caldo…” – si muoveva in sincronia con il suo bacino che si ergeva per sentirlo fino in fondo.
Jared lo mordeva dove poteva arrivare e succhiava i capezzoli, aprendogli il piú possibile le gambe.
L’orgasmo sopravvenne, travolgendoli entrambi.
Colin si masturbó, per poi lasciare il suo sesso alle labbra di Jared, pronto a finirlo nel modo migliore.
Robert aveva acquistato un piccolo alloggio terrazzato in Grecia, durante il terzo anno di relazione con Jude, portandocelo appena possibile, per trascorrere delle vacanze molto infuocate.
Era necessario, arrivati a quel punto di stress nell’amicizia con Colin, che stava prendendo il sopravvento in troppi pensieri di Jude.
Downey era paziente e molto maturo in quel frangente, ma la volontá di voltare pagina era indispensabile per preservare il loro legame da qualsiasi pericolo.
Esistevano delle regole, tra i tendaggi che proteggevano da sguardi indiscreti, quel nido peccaminoso: dovevano sempre essere nudi, abbronzati e pronti a fare sesso o amore, a seconda dell’estro del momento, in qualunque angolo di quel covo segreto.
Si mangiava a tutte le ore, cosí come si dormiva, senza fare nulla che non includesse piacere e reciproca soddisfazione.
Lo spirito di Robert traboccava da quei dettami, suscitando in Jude molte fantasie recondite.
“Ti stavo cercando…”
Era in piedi, al fianco del lettino bianco, a rimirare Law, che indossava solo i Ray-ban.
Se li abbassó – “Ehi Rob… hai infranto uno dei principi della casa o sbaglio?” – bisbiglió, giocherellando con la stanghetta degli occhiali tra i denti candidi.
In effetti era avvolto da un asciugamano bianco.
Lo tolse, umettandosi le labbra, senza proferire parola, ma ossigenandosi.
I suoi pettorali erano scolpiti, ultimamente faceva molta palestra.
Jude si mise seduto sul bordo, accarezzandogli i fianchi, per poi annuire, come in risposta ad una tacita richiesta dell’altro.
Sotto ad una doccia tiepida, Jared e Colin eliminarono le tracce degli umori di quell’amplesso appassionato.
Era l’unico oggetto dissonante con lo stile del resto dell’abitazione, una jacuzzi con doccia e sauna integrate, con una cabina multi funzione.
Si allungarono nella vasca, Colin sotto a Jared, che si insinuó nuovamente, sollevandogli le cosce, mentre lui si puntava con i piedi a due rientranze, che sembravano inserite apposta per armonizzare quel nuovo rapporto.
Colin si appese alle spalle del compagno, che non smetteva di baciarlo, vivendolo nuovamente.
“Ah… Dio Jared… ommioddio…ti… ti sento...”
“Sei mio… sei mio… mio… mio…”
Colin inarcó la schiena – “Prendilo fino in fondo…” – ed affondó deciso, esaltando ogni sensazione, che partiva dal suo addome, fino al cervello in estasi.
Usciva ed entrava da Colin con una foga inebriante.
Gli occhi di Farrell divennero liquidi – “Ti amo Jay… ti amo…” – ridevano e piangevano, senza piú pensieri oscuri, come liberati da ogni paura verso il domani.
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