Capitolo n. 117 – gold
Geffen si era docciato velocemente, dopo avere rivestito Syria, portandole un succo.
Aveva indossato boxer e vogatore, riprendendola tra le sue braccia, restando alle sue spalle, che sfioró con un bacio leggero.
“Buonanotte principessa…”
“Grazie Glam…” – mormoró con dolcezza, baciando i palmi delle sue mani, intrecciandole alle proprie.
“Per cosa…?”
“Per ogni cosa che fai per me ed Isotta… Vorrei… vorrei tanto che fosse tua.”
Glam sospiró, girandola a sé – “Tesoro ne sarei molto orgoglioso, ma Jared sará un buon padre.” – le disse, accarezzandole i capelli corvini.
“Ma tu saresti meglio… Jared é… complicato… Tu lo sai benissimo …” – rise piano – “Con Kevin, che conosco poco, ma che mi piace molto, tu avresti avuto una cura diversa della mia bambina…che comunque è anche un po’ tua, sei stato con noi fino dal primo istante… dal test, ricordi?”
“È vero Syria, una giornata incredibile… come questa…Ora riposati e non preoccuparti del domani.”
“Non lo faró, se tu ci sarai Glam… ti amo tantissimo.” – e lo bació intensamente.
Glam provó coinvolgimento e disagio al tempo stesso, ma poi la strinse sul petto, cullandola finché non si assopí.
Semplicemente lui la adorava.
Jared e Colin fecero un lungo giro in auto, per poi scegliere un ristorante affacciato sull’oceano.
Aveva una terrazza in legno, coperta da un pergolato di glicine ed edere di vari colori.
“Cosa prendi cucciolo?” – gli domandó Farrell, perdendosi nell’ammirarlo.
Jared se ne accorse, sorridendo – “Ho qualcosa fuori posto, a parte la mia nuova ferita di guerra?”
“No… sei splendido… cerco di saziarmi nell’osservarti anche nel minimo dettaglio Jay, ma mi rendo conto che non basta mai…”
Jared richiuse il menú, tenendosi la testa, scompigliandosi le ciocche ribelli – “Sono… turbato… no, cosa dico, sono incazzato… incazzato per quello che è accaduto al tuo compleanno Cole, visto che fino a quell’istante tutto sembrava… perfetto…”
“Cosa ti ha ferito di piú?... Sapere della mia overdose o gli insulti di Jude?”
“La veritá offende, dicono… e lui me l’ha vomitata addosso, chissá da quanto tempo ce l’aveva sullo stomaco…”
“Jude a volte è irruente, non molto inglese… ma è un ragazzo buono ed io per primo l’ho rimproverato quando esagerava…”
“Ah giá, il vostro litigio, ho sentito Robert che gliene parlava. Altre ingiurie su di me?” – domandó con un fervore malsano.
Colin strinse i bordi del tavolino quadrato – “Cosa stiamo facendo Jared? Vuoi litigare anche con me?” –sembrava sul punto di esplodere, all’improvviso.
Jared pensó alla sua terapia, all’astinenza forzata, a quei limiti che, una volta superati, non avrebbero piú dato loro il modo di tornare indietro.
“Vorrei solo passare un giorno sereno con te… e cancellare tutto…” – replicó pacatamente.
Farrell sembró non ascoltarlo – “Non ho piú fame, andiamocene!” – disse risoluto, lasciando una mancia per il disturbo, prima di dirigersi verso la spiaggia.
Jared chiese solo un po’ di frutta, facendosi fotografare con la figlia del proprietario.
Si sentí alienato, in quel gesto per lui tanto consueto, ma che suonava stonato in quella circostanza.
Il suo compagno era furente, davanti all’oceano, dava calci a qualsiasi cosa piú grande di un sasso, imprecando verso l’ignoto.
Owen posó tre biglietti sulla scrivania, alla quale Shannon stava seduto da quasi un’ora, concentrato sulle email dei pezzi musicali del fratello.
“Cosa sono quelli?”
“Tre posti in prima classe per Londra, uno per Josh, uno per te e l’altro per me… almeno se volete trovare la casa dei miei, dovrete sopportarmi ahahah…” – era allegro, propositivo ed altrettanto ignaro di quello che stava per succedere.
“Come scusa…?!”
“Abbiamo rimandato da troppo le presentazioni e capisco che forse non vorrai portare anche tuo figlio, specialmente se Tomo non sará d’accordo, io… io capiró…” – ribatté come a scusarsi della propria iniziativa.
Shannon si alzó, chiudendo il portatile e sbuffando.
Si strofinó la faccia, appoggiandosi alla finestra – “Owen devo… devo dirti delle cose e non posso rimandare oltre.”
“Guardami allora, mentre lo fai.” – disse allentandosi il nodo della cravatta e togliendosi la giacca.
Era appena tornato dalla Rice Tower, dove aveva firmato parecchie autorizzazioni alla vendita di sculture e quadri d’epoca.
Shannon ritornó a scrutarlo, preparandosi le parole giuste, ma non ne esistevano: “Mi sono sbagliato Owen… ho creduto che questa fosse la vita che volevo, ma…”
“Ma ti sei … sbagliato?!”
“Forse abbiamo cominciato nel peggiore dei modi, la nostra intesa o quello che diavolo era ci ha… mi ha annebbiato i sensi e poi… Poi mi hai conquistato ed hai assestato il colpo di grazia alla mia crisi con Tomo.”
“Guarda io… io credo che tu lo stia facendo perché quel Chris te lo ha portato via!” – inveí.
“Sei in errore… Chris ci ha visti, mentre ci baciavamo ed ha lasciato Tomo, quindi lui è fuori gioco o forse non ce lo è mai stato, ma con te è stato diverso, ci tenevo al nostro legame, ma il ricordo di Tomo e… e l’amore che provo per lui, supera qualsiasi altra mia emozione…”
“Sei… sei un BASTARDO!” – lo afferró per la maglietta, sbattendolo al muro.
“Puoi anche massacrarmi di botte, io torneró dal padre di Josh… lo amo oltre me stesso, accettalo Owen e lasciami andare… Il bimbo ti vuole bene, continuerá a frequentarti, ma non a queste condizioni.”
“Siete due disgraziati, quel povero innocente pagherá per tutti i vostri errori, la superficialitá e l’arroganza, con cui ci avete presi in giro, a me ed a Chris, siete cosí stronzi che vi meritate a vicenda!!!”
“Ho… ho scritto delle canzoni…una è sulla vita che abbiamo condiviso, sulle battaglie che abbiamo vinto Colin… Vuoi… vuoi ascoltarla?”
Jared parlava contro alla sua schiena, larga e rassicurante, sulla quale aveva disperso baci, morsi, carezze e qualsiasi attenzione, inghiottiti dall’amarezza di quei mesi.
Gli allungó le cuffiette del suo mp3 – “Ok… va bene Jared…”
La musica era struggente, ma poi sembrava ottimizzarsi in un ritmo, che sapeva di rivincita e gioia.
Erano uno di fronte all’altro, gli occhi lucidi, posati sulla sabbia, senza piú l’energia di affrontarsi.
Farrell crolló in ginocchio, Jared lo seguí, avvinghiandosi a lui – “Non… non voglio perderti Jay…” – singhiozzó, fissandolo a quel punto.
“Non accadrá… anche se adesso sento tutto il peso delle mie scelte Colin… e questa rabbia non fa bene al nostro matrimonio…”
Raramente usava quell’espressione, anche se esisteva una formalitá solida nel loro rapporto, consolidato dalle adozioni legali dei piccoli.
In quell’istante Jared pensó ad Isotta, ma ritenne quel momento troppo sbagliato per rendere partecipe Colin, sconvolto da mille paure sul loro futuro.
Si riavviarono verso la End House, per l’ultima notte, prima della partenza di Jared per Haiti.
Colin al solo pensiero capí di detestare ormai quella destinazione, anche se Jared si rendeva davvero utile, ma non gli bastó piú per scusarlo completamente per quel nuovo abbandono.
COLIN
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