venerdì 18 marzo 2011

GOLD - Capitolo n. 106

Capitolo n. 106 – gold



Chris e Tomo tornarono in camera piuttosto alticci.
Trovarono il letto ricoperto di petali di rose rosse, candele bianche accese ovunque ed un’altra bottiglia di champagne, omaggio di Kevin, che aveva preparato tutto.
“È un… tesoro…” – sussurró all’orecchio del suo compagno, leccandogli poi il collo, sinuoso.
“La nostra prima notte di nozze…” – ridacchió Tomo, per poi prenderlo in braccio, facendolo roteare e buttandosi con lui tra le lenzuola di lino avorio.
Si spogliarono confusamente, mescolando sussulti, baci e carezze, sempre piú intime.
Si inginocchiarono al centro del materasso, brandendo reciprocamente i loro sessi, per masturbarsi molto teneramente, scrutandosi di tanto in tanto, quando riuscivano a staccare le loro bocche arrossate, ma mai paghe.

Geffen sentí il bisogno di telefonare al compagno, girovagando ancora per un po’ per la cittá, prima di rientrare a casa da Pamela.
“Kevin stavi dormendo…?”
“Ciao daddy…! Dio che bello sentirti, sono… sono fuori come un balcone, abbiamo festeggiato gli sposi!”
“A me sembri lucido cucciolo… non farmi stare in pensiero…” – lo rimproveró con la dolcezza, che Kevin adorava – “Ti amo Glam… ti amo cosí tanto…”
“Dove sei?”
“Sul letto… sono a pezzi…”
“Interessante…” – sospiró accostando.
Era arrivato nel parcheggio della fondazione.
“Salgo nel mio studio e… stiamo un po’ insieme, ti va amore?”
Kevin respiró intensamente – “Facciamolo… via web cam…”
“No, cosí mi piace di piú, almeno stanotte…”
“Ok… ok daddy… mi fai giá effetto…”
“Sei nudo?”
“No… ma provvedo subito se vuoi…”
“Aspettami. Voglio spogliarti io tesoro…”

Si chiuse a chiave, dandosi un po’ del pazzo, visto che non era un ragazzino, ma con Kevin riusciva a realizzare qualsiasi fantasia.
Annulló completamente il pensiero di Jared, non voleva che si intromettesse tra di loro in quei momenti tanto speciali.
Avrebbe rivisto Kevin tra due settimane ormai, ma avrebbe dato un braccio per ritrovarselo lí subito, anche per arginare tutte quelle devastanti emozioni, che provava quando si ritrovava a due passi da Jared.
“Ora sono comodo anch’io… e posso toglierti questa inutile maglietta ed i tuoi shorts…”
“Io ti strappo la camicia ed i jeans… non hai i boxer daddy… che porco…”
“No, non è vero li ho…”
“Allora toglili daddy…”
“Fatto… sono nelle tue mani piccolo…”
“Ti… ti sto baciando Glam… scendo dalla tua gola, al tuo petto… ti succhio ogni centimetro disponibile… e tu lo sei, vero?”
“Completamente Kevin…” – ansimó, iniziando a toccarsi.
“Vuoi… vuoi che ti faccia venire con la bocca daddy?”
“Fallo… ma senza insistere troppo… ti voglio prendere…”
“Dio… come ce lo hai duro… daddy… daddy prendimi…sentimi…”
“Sí… sei bagnato… vergognosamente… voglio impalarti per bene…” – ruggí, stringendo la base del proprio membro ancora maggiormente, acuendo il ritmo di quella masturbazione – “I tuoi fianchi… sottili… belli, Dio Kevin, sei stupendo, cavalcami ancora un po’…”
“Sí Glam… ti sento tutto… sei qui… dentro di me… ti voglio sopra adesso… e stringerti… aggrapparmi al tuo collo solido… come sei tu… ed amorevole… sei… sei… tutto ahhhh Glammmm” – si riempí la mano, all’unisono con l’orgasmo di Geffen.
I loro cuori sembravano schizzare al soffitto, madidi di sudore e felici per quell’insolita esperienza, che mancava alla loro collezione di approcci sessuali.

Glam fece una lunga doccia e si rasó, prima di tornare al suo divano, insieme a Lula, che era giá lí ad aspettarlo.
“Soldino di cacio…”
Kevin gli aveva detto che erano riusciti a parlarsi per una mezz’ora, prima che andasse a cena con Pamela e le ragazze.
Il bimbo lo aveva fatto ridere, dicendo che lo chiamavano principino.
Era estremamente vezzeggiato, anche perché estremamente buono ed obbediente, quindi non si faceva alcuna fatica a volergli bene.
Si addormentó subito, facendo sogni confusi sino al mattino.

“Quando sono con Colin… le cose vanno bene, sono tornate come un tempo, ma… ma io Syria davanti a Glam perdo ogni controllo…”
Si asciugó due lacrime con la manica del giubbino di jeans chiaro, mentre la ragazza gli sfiorava i capelli – “Mi dispiace Jared… Penso che tu veda in Glam il papá che non hai mai avuto ed è come essere incompleto senza le sue attenzioni… Questo supera anche il vostro rapporto di amore e di sesso… credo…” – disse con delicatezza.
“Hai ragione… e mi sento in torto, non solo verso il mio uomo, ma anche verso Kevin… faccio solo casini.”
“Nemmeno se metteste un universo tra voi due, servirebbe a qualcosa…” – sorrise.
“Lo… lo ameró sempre.”

Pamela aveva appoggiato il vassoio con il caffè per Geffen ed i biscottini per Lula, con il succo di frutta alla papaia, che beveva sempre a colazione.
Stavano ancora dormendo.
Lo disse anche a Jared, incrociandolo per il corridoio.
“Ok… io me ne vado, me li saluti tu…?”
“Magari li trovi svegli, sbircia pure, ho lasciato la porta accostata, ciao Jay.”
Lo fece, vedendo che Lula era proprio accucciolato sopra a Glam, come spesso faceva anche lui.
Voleva resistere e proseguire, ma il bambino si accorse di lui.
Prese il peluche e gli passó accanto, salutandolo, con quel fare molto scorbutico, che aveva prima di recuperare luciditá e simpatia accattivante.
Geffen si stiracchió, mentre Jared si era inginocchiato sul pavimento, accanto a lui.
Sentí il profumo del dopo barba mescolarsi al calore del sembiante di Glam, che schiuse i suoi turchesi su di lui – “Jay… è da tanto che…”
“Buongiorno… il tuo beverone… tieni…” – sorrise, passandogli la tazza fumante.
“Grazie… come mai qui?”
“Sono passato a vedere Syria…dormito?”
“Abbastanza… ora mi alzo, ho un sacco di cose da fare…” – disse sbadigliando, ma poi aggiunse – “Jared hai pianto…?”
Lui scattó in piedi – “No… non proprio…” – gli diede le spalle, schernendosi.
“Se è per ieri sera…” – chiuse la porta, iniziando a vestirsi – “Ieri sera non è successo nulla Glam.” – replicó nervosamente.
“Jared stammi a sentire. Abbiamo delle responsabilitá, una famiglia, dei figli, un compagno, no, di piú, uno sposo o marito, insomma per me ha un significato, un senso e…”
“Ed il nostro amore allora?!” – ribatté, lacerando il suo sguardo con il proprio.
“Jared…”
“Non conta piú niente… è svanito, buttato via…”
“Cosa pretendi da me?!” – alteró di poco la voce, ma vederlo in quello stato gli si conficcava nell’animo come un pugnale giá sanguinante, perché da prima affondato in quello di Jared, che ormai perdeva un respiro ogni due parole.
“Niente… non… io non pretendo niente Glam… perché tu sei andato via, mi hai… tu mi hai abbandonato… ed io ne sto impazzendo, ho perso la mia dignitá, dimentico Colin appena ti sono accanto e questa cosa mi annienta…”
Geffen gli andó vicino – “Jared servirebbe a qualcosa dirti che ti amo piú della mia stessa vita? Ma non è questa la vita che voglio vivere, perché non è questo il mio posto, non è questo il nostro domani, ci sono persone a cui dobbiamo il nostro… sacrificio… perché ci amano, ma soprattutto perché noi le amiamo…” – e lo strinse, provando ad asciugargli un pianto inarrestabile – “Jared non lasciarti andare… hai tutto quello che meriti, sei meraviglioso, come uomo, come padre, come tutto…”
“Ma… ma non sono piú niente per te…” – e scivoló oltre quella stanza, buttandosi giú per le scale, ritrovando la luce del sole caldo di Haiti, in un maggio dove le rose stavano iniziando a fiorire alla End House, sfiorate dalle dita affusolate di Jude, che passeggiava con Colin, parlando di cose futili, mentre Robert giocava con i bambini, travestito da clown, le risa, i palloncini, lui non poteva saperlo, ma gli altri intorno sembravano tutti cosí felici, lui correva, dove non gli era chiaro, voleva solo allontanarsi, avesse potuto, sarebbe volato lontano.
Pamela entró per rifare la stanza, spalancó la finestra – “Geffen sei in ritardo, hai visto el nino?”
“Lula…?”
“Ma no, Jared… sembrava un cane bastonato…”
“Sí… ci siamo… salutati…” – deglutí a fatica.
“Glam… che…?” – non fece a tempo a finire la frase, che dalla strada salirono in successione, rumore di una frenata, un clacson, grida.
Geffen ebbe un tremito – “Jared!!”
In un attimo fu all’esterno, cercando di capire cosa fosse successo.
C’era un nugolo di persone accalcate, verso un semaforo.
Si fece largo a fatica tra di loro ed infine scorse un volto amico – “Glam! Ma i tuoi amici sono tutti cosí sciroccati?! Aahahhah”
“Dimitri…?!”
Jared era seduto sul marciapiede al sicuro: Dimitri lo aveva preso per un soffio, prima che finisse sotto ad un bus in transito: non lo aveva minimamente visto, convinto di avere il verde sulle strisce pedonali.
Arrivó un vigilante, che disperse la folla.
“Jay… mio Dio…” – e lo tastó ovunque per controllare che fosse tutto a posto.
“Tranquillo, è intero…”
“Grazie Dimitri… Jared vieni.”
Lo prese per le mani, portandolo in auto, mentre lui continuava a stare in silenzio.

Arrivarono alla casetta sulla spiaggia.
Glam lo fece sedere in poltrona, accendendo il condizionatore e sistemando le veneziane, creando una penombra rassicurante.
Gli diede da bere, accarezzandogli il volto ancora pallido – “Mi hai spaventato a morte Jared…”
“Non… non volevo...”
“Queste cose succedono quando si è sconvolti… e vorrei che non si ripetesse Jared.”
“Facile a dirsi… Proveró a starti lontano, a vederti il meno possibile… forse è una soluzione…”
“Non è questo che voglio Jared e non lo vuoi neppure tu.”
“Co… cosa ci facciamo qui Glam?... a quest’ora poi…”
“Ce ne stiamo tranquilli. Ti va?”
“Non lo so…”
“Proviamoci.” - si sollevó, posizionando il palmare sulla vibrazione e togliendosi gli abiti, tranne l’intimo.
Fece poi altrettanto con Jared, che continuava a seguire i gesti dell’altro con un certo stupore.
“Credo che tu abbia riposato molto poco, vero Jay?”
“In effetti…” – rispose, impacciato, mentre Glam lo avvolgeva, coricandosi con lui, cingendolo con cura.
Jared si rannicchió, incrociando le sue braccia a quelle di Glam, che gli diede un bacio leggero sulla spalla – “Io… io non ti ho abbandonato… non voglio sentirtelo dire mai piú Jared.”
Lui sorrise, sprofondando il viso tra il cuscino ed il cuore di Glam, che si assopí insieme a lui, pochi istanti dopo.




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