giovedì 3 marzo 2011

GOLD - Capitolo n. 89

Capitolo n. 89 – gold



Jared entró trafelato nel salone, salí i primi scalini, accorgendosi poi che sui divani poco distanti erano riuniti Jude, Robert, Kurt e Cody, che fu l’unico ad andargli incontro.
“Buonasera a tutti...”
“Jared aspetta un attimo.”
“Ciao Brandon, scusa ma devo andare subito da Colin…” – si voltó, per poi fermarsi di nuovo – “Grazie per quello che state facendo per il mio compagno.” – e proseguí verso il piano superiore.

Aprí piano la porta, richiudendola quindi a chiave.
Farrell stava dormendo, russando leggermente.
Jared sorrise, dirigendosi in bagno per farsi almeno una doccia e lavarsi i denti, era a pezzi.
Quanto tornó, Colin ebbe un sussulto, accorgendosi che c’era qualcuno nella sua stanza: istintivamente chiamó il nome di Jared, ma quando lo vide rimase interdetto.
Per un istante pensó di avere delle allucinazioni, causate dai farmaci, ma il profumo della pelle fresca dell’altro si mescoló immediatamente a quello muschiato e caldo del suo sembiante, sconvolto ed improvvisamente pervaso di gioia.
“Jared… sei davvero qui…Jared… Jared, Jared…” – non smetteva di chiamarlo e baciarlo, pretendendo una conferma definitiva per quel sogno ad occhi aperti.
“Sono qui amore… sono qui Cole… stringimi…” – mormoró, provando una specie di rassegnazione.
Era il peggiore stato d’animo con cui potere arrivare in quel momento di loro.
Colin precipitó dalla propria disperazione nel corpo di Jared, come se poli opposti fossero troppo vicini per non attrarsi, per non aderire l’uno all’altro, un unico pianeta, in collisione completa con una meteora alla quale non potersi sottrarre, felice che ció avvenisse, con un amplesso convulso, percepito in ogni singolo angolo dell’anima, del cuore, di quelle viscere alterate da chimiche velenose, a cui Farrell si era nuovamente assuefatto.
Consapevole di schiantarsi, di fare una fine impietosa, lui non riusciva a venirne fuori.

“Io… io non ce la faccio senza di te Jared…”
Si era rilassato sul petto di lui, che gli accarezzava i capelli con una mano, gli occhi cobalto persi verso il soffitto, soffocando lacrime di frustrazione.
“Quando ero lontano da casa, ti ho fatto soffrire cosí tanto da farti andare via… a me, invece, non è rimasto altro che stordirmi con droghe legali…Almeno tu fai qualcosa di buono ad Haiti, io sopravvivo tra un disastro e l’altro Jared…”
Continuavano a nascondersi qualcosa di importante.
Colin la propria overdose, mentre Jared la gravidanza di Syria.
Una morte mancata ed una vita alle porte, il buio e la luce, una fine ed un principio, che potevano appartenere la prima a quella separazione ed il secondo ad un nuovo corso di quella vita incredibile, che avevano deciso di condividere.
“Cole… tu sai che io torneró a casa, cosí come è giá successo in questi mesi…so di chiederti molto, è un sacrificio, ma io…”
“Sí ma quando?”- domandó tremante, piangendo ormai fuori controllo, disperato.
“Ti chiedo solo ancora un po’ di pazienza...”
Colin respiró intensamente, per poi non dire altro, riassopendosi.

Jude era in piedi davanti alla vetrata della camera blu, dove dormiva sempre con Robert alla End House.
Erano le sette del mattino, ma Colin e Jared erano giá nel parco a passeggiare, in tuta e piedi nudi, ogni tre passi un bacio, sfiorandosi gli zigomi, per poi abbracciarsi e riprendere quel cammino.
Farrell gli scompigliava quei ciuffi biondi, ridendo e forse prendendolo in giro, ma Law non poteva sentirli, cosí come Downey, alle sue spalle.
“Sembra tornato il sereno…” – disse sorseggiando una tazza di tè.
“Speriamo… una volta per tutte…” – replicó Jude, incolore e statico.
“Temo di no. Jared è stato forzato in questa cosa e non penso che si possa arrivare ad una soluzione in questo modo.”
“Allora Robert dovremmo tutti prostrarci per il suo gesto magnanimo?!” – chiese irritato.
Downey andó a sedersi sul bordo del letto, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e strofinandosi il volto – “Ascoltami Jude. Tu continui a massacrare a distanza Jared, ma non vuoi vedere ció che lo lega a Colin ed il bisogno che questi ha di lui, a qualsiasi costo. Ti ho giá detto che questa relazione ti sta facendo male, perché tocca una parte di te, quella che hai in comune con Colin, del resto glielo hai scritto. Siamo estremamente sinceri, siamo limpidi, una circostanza simile poteva fare incazzare chiunque, ma non noi due. Ora non spingerti oltre quel limite, che potrebbe contaminare la nostra storia Jude, non farlo, perché anche se incolpevole, non potrei avere la forza di giustificarti ancora… E questo mi ucciderebbe…” – si alzó di nuovo.
Jude deglutí, correndo poi da lui – “Hai… hai ragione Rob… stanno inquinando le mie emozioni… annebbiando il mio giudizio…perdonami…”
Si baciarono con estremo trasporto.
Downey massaggió poi le sue labbra sul collo di Jude, che gemeva il proprio sconforto – “Portami via da qui Robert… portami via, ti prego.”

L’aereo per Los Angeles stava riportando Kevin, Glam e Lula, insieme a Tomo e Chris.
Avrebbero ripreso il tour in New Messico dopo una settimana di pausa.
Era il momento giusto per trovare pace e chiarezza nelle loro vite.
Chiacchierarono a lungo, coccolando il bambino, soprattutto il chitarrista croato, che rivedeva nei suoi sorrisi felici quelli di Josh, suo coetaneo.
Chris andó in albergo – “Parleró con mio figlio e con Shan, l’ho giá avvisato… ci rivediamo qui, ok?”
“Sí Tomo… dai un bacio al tuo cucciolo…”
“Grazie tesoro… ti voglio bene, a presto…” – un altro bacio, prima di andare via.
Geffen e Kevin arrivarono al loro attico, per il quale Lula corse a curiosare in ogni angolo – “Wowww papá che bella casa!! Ma… quante ne avete?”
“Manca solo quella per te ad Haiti, vero daddy?”
“Sí Kevin… per Natale avremo anche quella, giusto?”
Lui annuí, mentre Lula saltellava entusiasta.





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