Capitolo n. 109 – gold
Robert chiuse velocemente una telefonata, prima che Jude arrivasse dalla terrazza, dove avevano mangiato finalmente qualcosa.
“Chi era amore?” – chiese il biondo distrattamente.
“Il mio agente, mi ha comunicato il nome dell’hotel in Messico…” – replicó Downey, andando verso il pensile in cristallo e plexiglas rossi, dove tenevano i liquori, per versare due tequila.
Jude lo cinse da dietro, slacciandogli la vestaglia leggera in seta nera, uguale alla propria, un altro dei loro acquisti, ma in questo caso parigino.
“I messicani… sono belli… virtuosi… torbidi…”- gli sussurró all’orecchio, toccandolo tra le gambe.
“Jude…”
“Jude cosa…?”
“Suppongo di sí…” – rispose con il fiato spezzato, catturando il suo polso sottile – “Vuoi davvero fermarmi Rob…?” – poteva sentire il profumo del liquore, che Jude aveva tracannato, salirgli dal collo alle narici, inebriandolo, come quei gesti sempre piú indiscreti – “No…no che non lo voglio Jude…”
La sottomissione era un qualcosa che eccitava da impazzire Downey.
Di colpo gli tornarono alla mente i mesi trascorsi in prigione, molti anni prima, quando era schiavo di droghe ed alcol.
Si faceva di qualsiasi cosa, pur di rifuggire la realtá, un’esistenza accelerata sin dall’infanzia, sembrava un destino segnato.
Ci furono momenti in cui credeva che non avrebbe superato la quarantina, anzi neppure quella.
Si chiamava Tony, semplicemente Tony ed aveva una ventina di tatuaggi, era cubano, poco piú alto di lui, muscoloso, un’etá indefinibile, visto che era calvo, con sopracciglia folte, non bello, ma estremamente affascinante e, soprattutto, cattivo.
Con lui, peró, decise di non esserlo.
Gli capitó in cella dopo due settimane di detenzione solitaria.
Robert ne fu immediatamente spaventato, ma c’erano tizi che lo inquietavano anche di piú.
“Non ti devi preoccupare piú di loro, a te penso io, sei mio.”
Robert voleva quasi ridergli in faccia, ma il coltello che nascondeva nella rete sotto al materasso lo fece desistere all’istante.
Voleva solo sesso orale, ovviamente non ricambiando mai il favore.
Robert acconsentí, trovando la cosa dal primo momento piacevole: Tony non era prepotente, ma neppure dolce.
Una notte cercó di dargli un bacio, ma lui si ritrasse inveendo “È da donnucce!”
“E… fare l’amore Tony?” – azzardó Robert.
“È da froci!” – tuonó.
Gli scappó quasi una risata, ma Tony era visibilmente irritato, per cui si rannicchió sotto alla propria coperta, dopo che l’altro lo aveva invitato delicatamente a lasciare la sua branda – “Vai a dormire, fuori dai coglioni!”
Era uno spacciatore, il suo amico di galera, che si era portato il lavoro tra le mura del penitenziario.
Teneva in pugno i secondini, oliandoli per bene e rifornendo anche i loro vizi.
Un giorno Robert rimase da solo in biblioteca, dove stava scegliendo dei libri da leggere anche a Tony, che amava ascoltarlo, visto che era a dire poco analfabeta.
Due detenuti di colore lo aggredirono, ma fortunatamente Tony lo salvó: a quello che andó meglio, strappó un occhio.
Con le guardie, poi, urló quanto fossero stati stronzi: “Lui appartiene a me!! Che non accada piú!!!”
Robert si sentí amato.
In un modo stranissimo, ma quando scontó la sua condanna e fu il momento di essere rilasciato, lo strinse forte – “Vorrei… non andare via… lá fuori ci sono troppi mostri, che mi stanno aspettando al varco Tony…”
Lui lo bació, per la prima ed unica volta.
Robert una volta staccatosi da lui sorrise – “Ma non era da…” – “Se lo dici a qualcuno ti taglio la gola!” – ruggí, ma poi si lasció andare ad una risata, che a Robert sembró persino di gioia e malinconia.
Sei mesi dopo venne a sapere dall’avvocato che Tony era stato trovato impiccato, quasi sicuramente un regolamento di conti.
Pianse per un tempo indefinito.
Solo Jude sapeva di lui.
Jude conosceva ogni piega e sfumatura di Robert e viceversa.
Prese due nastri di seta e lo legó alle sbarre del letto, dopo averlo spinto a pancia in giú su di una montagna di cuscini.
“Jude… cosa diavolo…” – protestó debolmente.
“Sssttt… zitto…non dire niente…tu sei mio…”
Era meraviglioso appartenere a qualcuno, Robert lo spiegó a Jude, quando gli parló di Tony -“Esistono dei modi di amare che noi non immaginiamo, non concepiamo… ma esistono… e con lui è successo.”
La sua nuca fu preda dei baci e dei morsi di Jude, che con le mani premeva sulla sua schiena, come ad incidere il possesso che reclamava ad ogni respiro su Robert, che si schiudeva a lui, pronto a riceverlo per quanto il compagno avesse voluto.
“Senti… sei ancora cosí bagnato…”
“Sono… sono pieno di te…Jude… ti … ti prego…”
“Perfettamente inutile…” – rise, leccandogli i glutei e poi insinuandosi nella sua fessura, sfacciato e capace.
“Jude… asp…aspetta…”
“Ti scoperó con la lingua… che ti piaccia o no…!” – e lo afferró, per aprirlo oscenamente.
Jude insistette a lungo, invadendolo in profonditá, cosí tanto che Robert era cosí eccitato da provare dolore – “Fa… fa male… ti supplico Jude… accarezzami… aiutami…”
Lui prontamente si intrufoló tra i guanciali morbidi e setosi, brandendo la sua erezione, per massaggiarla.
Robert provó sollievo, piacere, bramosia di appartenergli definitivamente.
Jude gli lesse nel pensiero e lo riprese, lubrificato da una cospicua quantitá di gel.
Un affondo unico e spietato.
Intrecció le sue dita a quelle di Robert, abbandonando il suo sesso, per concentrarsi su colpi decisi – “Rob… Rob cazzo é… é… bellissimo…!” – la sua voce sembrava divorata da un fuoco inarrestabile, come quell’amplesso animalesco.
Robert si spinse verso di lui – “Vuoi prenderlo fino in fondo?” – ansimó mordendogli la spalla destra.
Robert gemette – “Bastardo…!” – “Puttana!” – e repentino lo liberó, girandolo, per poi rientrare in lui, veemente – “Ti amo… ti amo… ti amo Robert…” – piangeva, rallentando la sua corsa – “Sentimi… sentimi adesso… amore… anima mia…” – aggiunse inondandogli il petto di baci.
Robert piegó il capo all’indietro, inarcó la schiena e si lasció travolgere dall’orgasmo di Jude, che si stava concentrando su quel pezzo di carne, intrappolata in un reticolo di terminazioni nervose esasperate da una libido estrema.
Urlarono come belve ferite, era troppo.
Jude gli tremó sopra per minuti interminabili, i loro cuori frantumati e dispersi, madidi di sudore, avvinghiati, come a salvarsi da loro stessi.
Jude si sollevó, restando in ginocchio ad ammirare lo splendore che illuminava Robert.
Lo accarezzó dolce, salendo dall’inguine bollente, poi si piegó, per custodire nella propria bocca preziosa, il suo membro rimasto in sospeso.
Lo ingoiava e lo liberava, per poi riappropriarsene con foga.
Robert strinse le lenzuola, era al culmine e bloccó Jude, afferrandogli i capelli, poi lo guidó, imponendogli un ritmo crescente, fino a soffocarlo con un fiume delizioso, al quale lui non si ribelló affatto.
Erano a metá della notte, ma per Jude i desideri non si erano ancora esauriti.
Risalí aderendo al petto di Robert, sino alle sue labbra, per poi dargli un bacio sulla tempia, come a rassicurarlo.
Dal comodino estrasse un foulard ed un oggetto, che fece un suono metallico.
Bendó Robert, inerme, poi lo ammanettó - “Ecco cos’era…”
“Prevedibile?”
“No Jude… incredibile… sexy shop?”
“Sí… con Colin… ci siamo divertiti da pazzi…”
“Contenti voi…” – e gli fece una boccaccia, zittito da un altro bacio, poi Jude se ne andó, tornando subito.
Un altro rumore, Jude tamburellava – “Indovina questo cos’é…”
“Se indovino, mi salvo…?”
“No Rob… no davvero.” – ed inizió a fare scorrere quello che sembrava un cilindro.
Downey trasalí – “Cazzo non dirmi che…!?”
Lui odiava quegli aggeggi, non avrebbe mai accettato una simile cosa, forse solo se Jude fosse stato in pericolo o anche peggio.
Law rise fragorosamente, togliendo presumibilmente un tappo – “Ora lo agito per bene e poi…”
Spruzzi di panna, era vanigliata, gelida, profumatissima.
Downey si rilassó, trattenendo un’imprecazione colorita.
“Mi mancava il dessert Rob…” – miagoló, per poi avventarsi golosamente sui capezzoli, nell’incavo sotto il mento, precipitando nell’ombelico, dove replicó piú e piú volte la propria soddisfazione.
Robert era di nuovo pronto.
Trovó una levetta e sganció quel giocattolo, recuperando anche la visione del suo adorato – “Jude… ti… ti voglio…”
Lui si mise carponi, restandogli sopra, baciandolo e guidando le dita di Robert verso il beccuccio della bomboletta, colmando il suo palmo – “Usala per…”
“Sí… sí mio terribile ragazzo…”
Usó un dito, poi due, infine tre, facendo gridare piano Jude, che non rimandó oltre – “Mettimelo dentro...”
La sua imposizione fu travolgente, come i suoi fianchi, che si muovevano sinuosi, accompagnati verso l’alto e poi il basso da Robert, che deglutiva, in carenza di ossigeno, irresistibile agli occhi di Jude, che gli tormentava i capezzoli turgidi, per poi aggrapparsi a lui, che lo aveva girato sotto, per consumarlo di sesso e baci senza fine apparente.
Erano le undici di mattina.
Jude spió la sveglia, sbadigliando e stiracchiandosi, come un puma appagato.
“Ciao cucciolo…”
“Buongiorno Robert…”
Si coccolarono per una decina di minuti, era un’abitudine per alzarsi con uno spirito felice.
“Sei dolce Jude…”
“Ti adoro…anima mia… sei tutto il mio mondo…”
“Grazie di esserci… grazie per tutto Jude.”
Fecero colazione e si vestirono, tra molti dispetti giocosi.
“Scendiamo a prendere i giornali Rob?”
“Vai tu tesoro… devo mandare delle email, ti dispiace?”
“Affatto. Prendo anche qualcosa per pranzo?”
“No, ti invito fuori.”
Jude scese la lunga scalinata a spirale, che portava ai porticati sottostanti, dove si affacciavano le vetrine di un concessionario d’auto e due centri estetici, con palestra, oltre al negozio di specialitá culinarie internazionali.
Quando arrivó all’ultima rampa, vide un palloncino bianco, legato alla balaustra.
Ne scorse anche altri tre.
C’era scritto qualcosa, in inglese.
In rapida successione lesse “I am a jerk.” – io sono un coglione.
Si strofinó la faccia interdetta, guardandosi intorno, ma non c’era nessuno.
Arrivato in fondo, trovó una scatola di cartone giallo.
Era troppo curioso, poi c’era un post it -“Per Jude.”
“Wow… per me? Mmmm”
Resistere era inconcepibile, quindi la scoperchió, per poi esclamare istericamente – “Cazzo!!!”
Un biscione saltó fuori, con un altro messaggio – “But you are not less!!!” – ma tu non sei da meno!!!
“Colin!!!” – sbraitó.
Spuntó dall’angolo, in preda ad un’ilaritá incontenibile, con una cinquantina di palloncini coloratissimi imbrigliati in una specie di guinzaglio.
Corse ad abbracciarlo, commosso.
“Irish buddy… accidenti a te!”
“Amici come prima?” – domandó con esitante tenerezza.
“Certo… piú di prima. Perdonami Colin, sono io quello in torto.”
“Ok… se proprio insisti…”
“Stronzo!!!”
“Anche tu ahahahah!”
Downey li raggiunse, solare e complice.
“Mmmm era lui quello con cui parlavi ieri sera… E gli hai detto che i palloncini sono la mia passione…”
“Beccati Colin ahahahah… Ok, vi porto a mangiare, di quelli cosa pensi di farne Jude?...”
Sul lungomare li donarono a bimbi entusiasti, almeno quanto loro, per la ritrovata serenitá.
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