giovedì 29 novembre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 19



Capitolo n. 19  -  zen


Colin spense la luce, spostando Jared contro al muro della loro camera: erano immersi nel buio, che andava ben oltre quei limiti strutturali circostanti.
Lo teneva a sé, con le braccia piegate verso l’alto e parallele, il volto affossato nell’incavo della spalla di Leto, che a palpebre chiuse, non diceva nulla, cingendo la vita di Colin nel modo più amorevole e spontaneo possibile.
Aveva saputo dal compagno l’epilogo di quella giornata, le sorti di Jude.
Colin non diceva nulla, stringendolo progressivamente e tremando a tratti, come se pensieri troppo tristi e ricordi opprimenti, invadessero la sua mente.
La bocca dell’irlandese cercò la pelle di Jared nello scollo della camicia, facendo scendere per quanto possibile, la cerniera che la chiudeva, aiutandosi con i denti ed il mento, ma senza foga, solo un disperato bisogno di sentire ogni dettaglio di lui: non gli serviva vederlo, gli bastava allineare i rispettivi battiti, per poi congiungersi e sigillarsi l’uno nell’altro, lasciando che le loro labbra si ritrovassero, annegando in un bacio, che non tardò ad arrivare.
Gli istanti successivi si caricarono dei loro gemiti lievi, nello spogliarsi reciprocamente e, da parte di Jared, di permettere a Colin qualunque cosa volesse, con la fiducia totale che sarebbe stato bello, anche se capiva quanto il suo stato d’animo fosse turbato e costellato da vecchi fantasmi.
Vedere Jude arrendersi in quel modo o comunque accettare la realtà schiacciante su Robert, innamorato di Glam, probabilmente aveva scatenato in Colin quel senso orribile, che si prova quando rimani senza vie d’uscita.
Quando rimani solo.
Con estrema ed improvvisa dolcezza, dopo avere raggiunto il letto a memoria, Colin posizionò i fianchi di Jared di lato, schiudendo le sue gambe magre, tra le quali infilò la mano caldissima ed esperta, per accarezzarlo e prepararlo: nel frattempo non aveva mai smesso di baciare le sue tempie, gli zigomi, nuovamente la bocca e poi il collo, i capezzoli turgidi, succhiandoli con devozione e cura, affinché anche lui raggiungesse un’eccitazione diffusa e gratificante.
Sistemò infine un guanciale, sotto al bacino magro di Jared, che stava quasi per venire, toccato nel profondo e con insistenza.
“Voltati amore … e … e perdonami” – gli balbettò sulla nuca.
Lo penetrò, sodomizzandolo con un ritmo incalzante, anche se non irruento.
Jared morse i lembi della trapunta in seta, che già le sue mani stavano stritolando.
Faticava a cogliere un autentico piacere, provando a lasciarsi andare, cercando quella complicità tipica in un legame senza tabù o paranoie, come era il loro da sempre, specialmente tra le lenzuola.
Eppure il suo corpo rispondeva ad ogni stimolo e sollecitazione, dimostrandosi non solo ricettivo, ma anche esplodendo in un orgasmo ripetuto e bollente.
Colin non fu da meno: gli venne dentro due volte, con un intervallo breve, dove lo sollevò, senza uscire da lui, per toccarlo e masturbarlo vigorosamente.
Jared gridava per ogni sensazione indotta da quel modo di fargli l’amore così carnale e possessivo, finendo poi per piangere e supplicarlo di rinnovare quell’amplesso, avvinghiandosi al suo sembiante vigoroso ed all’apparenza instancabile, che non lo deluse affatto.


“Quanto è scomoda quella poltrona …?”
“Ehi ma sei sveglio …?” – Glam gli sorrise, sistemandosi la coperta, dopo essersi allungato come meglio poteva su quel giaciglio di fortuna, rimediatogli da Scott, per restare accanto a Robert.
Geffen allungò la mano, dandogli una carezza sulla guancia destra, Downey sorrise e gliela baciò.
“Grazie Glam …”
“Per cosa? Non ho fatto niente”
“Sei qui”
“Sì, hai ragione, potrei essere alle Hawaii, per un Natale sotto il sole oppure a Rio, circondato da sinuose figliole con il gonnellino di paglia o magari neppure quello … come si chiamano? Tanga brasiliani?”
“Veramente sono dei fili interdentali …” – bofonchiò, scrutandolo di traverso, in maniera buffa.
Glam rise.
“Invece sono qui e pensa sono … dove voglio essere, finalmente Rob” – disse serio, ma con una tenerezza ed un’emozione negli occhi, che solo Robert aveva saputo accendere.
L’attore ricambiò quella carezza, attirandolo per un vero abbraccio: pianse piano, quando il petto di Glam fu abbastanza vicino al suo respiro per sentirsi al sicuro.
Anche lui aveva avuto ciò che voleva.


Camilla si era assopita, dopo una favola ed una tazza di cioccolata.
Rice l’aveva preparata personalmente nella cucina del suo jet, dove stava volando a Londra con Jude e la piccola, oltre alla sua July, addormentatasi subito dopo il decollo.
“Ci ritroviamo dopo quel bar … è buffo, non trovi?”
Law era in un’altra dimensione e non ne sarebbe uscito tanto presto.
Owen si sforzava di distrarlo, ma senza invadenza.
“Sì, è buffo … Vuoi venire da me, quando saremo arrivati?” – domandò assente.
“Da te?”
Jude lo fissò, con uno scatto – “Non volevi che succedesse? Venire a casa mia, scoparmi?”
Rice deglutì a vuoto, quasi arrossì, poi provò rabbia, frustrazione.
“Che diavolo di idea ti sei fatto di me? Eh Jude??” – sbottò livido.
“La mia vita è andata a puttane Owen ed io vorrei fosse un incubo, ma non è così, quindi nulla potrà distruggere un cumulo di macerie, non trovi?” – replicò secco.
“Per cui una notte di bagordi e sesso insieme a me può anche starci, che differenza farebbe, giusto Jude? Hai mai pensato che anch’io potrei avere dei sentimenti, una dignità? O è una prospettiva troppo lontana dalla tua visuale arida ed arrogante?”
Jude chiuse gli occhi, stancamente: “Io cammino del buio, che sia notte o giorno … Per me il bello delle persone e delle cose, adesso, è irritante, molesto, almeno quanto io sono inopportuno, inadeguato, stupido ed insulso”- si ossigenò, quindi riprese a puntarlo – “Ultima offerta: ti va oppure no di farmi compagnia, Owen?”
“La risposta è … NO.”


“Vi presento una persona davvero importante per me …”
Chris sorrise, alzandosi all’arrivo di Tom, che salutò i tre colleghi del poliziotto.
“Ciao …” – disse timido, ma con un atteggiamento cristallino, che colpì immediatamente i presenti.
“Lui è Tom, questo è David, il mio partner, lei è Katie e lui Spencer …”
Il saluto fu unisono e cordiale.
“Tom ed io stiamo insieme da due anni: lui è il mio privato, ciò di cui non parlo mai, però, sapendo delle vostre famiglie, di fidanzate, mogli, mariti, dei vostri figli, insomma volevo … Volevo rendervi partecipi della mia gioia.”
Una scossa di stupore percorse gli sguardi degli amici di Chris, ma poi, con un guizzo simpatico e genuino Katie gli fece posto offrendogli da bere – “Era ora che il vichingo ci presentasse la sua metà, ne sono davvero felice!”
“Il … vichingo?”
“Sì, lo chiamiamo così da quella volta che Chris si è messo una parrucca lunga, bionda e liscia, per un appostamento fuori da un night club” – spiegò David ridendo complice.
Spencer gli passò delle patatine ed una salsa piccante – “Ti ha mai raccontato invece di quando ci siamo travestiti da barboni? Ora capisco perché si fece quattro docce prima di tornarsene a casa, come minimo lo avresti chiuso fuori sul pianerottolo per quanto puzzava, vero Chris? Ahahhah”
Ciò che a Chris sembrava tanto complicato, sembrò dissolversi in un sorriso: quello di Tom, che, a proprio agio, interagì con chi rischiava la vita, proteggendolo e sentendosi al sicuro, perché quel gigante burbero sapeva cosa fare e quando agire, senza incertezze, senza mai tirarsi indietro.
Chris gli cinse le spalle, orgoglioso di loro, per la prima volta in presenza di estranei al loro mondo, non più tali ormai.




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