Capitolo n. 19 - zen
Colin spense la luce,
spostando Jared contro al muro della loro camera: erano immersi nel buio, che
andava ben oltre quei limiti strutturali circostanti.
Lo teneva a sé, con
le braccia piegate verso l’alto e parallele, il volto affossato nell’incavo
della spalla di Leto, che a palpebre chiuse, non diceva nulla, cingendo la vita
di Colin nel modo più amorevole e spontaneo possibile.
Aveva saputo dal
compagno l’epilogo di quella giornata, le sorti di Jude.
Colin non diceva
nulla, stringendolo progressivamente e tremando a tratti, come se pensieri
troppo tristi e ricordi opprimenti, invadessero la sua mente.
La bocca
dell’irlandese cercò la pelle di Jared nello scollo della camicia, facendo
scendere per quanto possibile, la cerniera che la chiudeva, aiutandosi con i
denti ed il mento, ma senza foga, solo un disperato bisogno di sentire ogni
dettaglio di lui: non gli serviva vederlo, gli bastava allineare i rispettivi
battiti, per poi congiungersi e sigillarsi l’uno nell’altro, lasciando che le
loro labbra si ritrovassero, annegando in un bacio, che non tardò ad arrivare.
Gli istanti
successivi si caricarono dei loro gemiti lievi, nello spogliarsi reciprocamente
e, da parte di Jared, di permettere a Colin qualunque cosa volesse, con la
fiducia totale che sarebbe stato bello, anche se capiva quanto il suo stato
d’animo fosse turbato e costellato da vecchi fantasmi.
Vedere Jude
arrendersi in quel modo o comunque accettare la realtà schiacciante su Robert,
innamorato di Glam, probabilmente aveva scatenato in Colin quel senso orribile,
che si prova quando rimani senza vie d’uscita.
Quando rimani solo.
Con estrema ed
improvvisa dolcezza, dopo avere raggiunto il letto a memoria, Colin posizionò i
fianchi di Jared di lato, schiudendo le sue gambe magre, tra le quali infilò la
mano caldissima ed esperta, per accarezzarlo e prepararlo: nel frattempo non
aveva mai smesso di baciare le sue tempie, gli zigomi, nuovamente la bocca e
poi il collo, i capezzoli turgidi, succhiandoli con devozione e cura, affinché
anche lui raggiungesse un’eccitazione diffusa e gratificante.
Sistemò infine un
guanciale, sotto al bacino magro di Jared, che stava quasi per venire, toccato
nel profondo e con insistenza.
“Voltati amore … e …
e perdonami” – gli balbettò sulla nuca.
Lo penetrò,
sodomizzandolo con un ritmo incalzante, anche se non irruento.
Jared morse i lembi
della trapunta in seta, che già le sue mani stavano stritolando.
Faticava a cogliere
un autentico piacere, provando a lasciarsi andare, cercando quella complicità
tipica in un legame senza tabù o paranoie, come era il loro da sempre,
specialmente tra le lenzuola.
Eppure il suo corpo
rispondeva ad ogni stimolo e sollecitazione, dimostrandosi non solo ricettivo,
ma anche esplodendo in un orgasmo ripetuto e bollente.
Colin non fu da meno:
gli venne dentro due volte, con un intervallo breve, dove lo sollevò, senza
uscire da lui, per toccarlo e masturbarlo vigorosamente.
Jared gridava per
ogni sensazione indotta da quel modo di fargli l’amore così carnale e
possessivo, finendo poi per piangere e supplicarlo di rinnovare quell’amplesso,
avvinghiandosi al suo sembiante vigoroso ed all’apparenza instancabile, che non
lo deluse affatto.
“Quanto è scomoda
quella poltrona …?”
“Ehi ma sei sveglio
…?” – Glam gli sorrise, sistemandosi la coperta, dopo essersi allungato come
meglio poteva su quel giaciglio di fortuna, rimediatogli da Scott, per restare
accanto a Robert.
Geffen allungò la
mano, dandogli una carezza sulla guancia destra, Downey sorrise e gliela baciò.
“Grazie Glam …”
“Per cosa? Non ho
fatto niente”
“Sei qui”
“Sì, hai ragione,
potrei essere alle Hawaii, per un Natale sotto il sole oppure a Rio, circondato
da sinuose figliole con il gonnellino di paglia o magari neppure quello … come
si chiamano? Tanga brasiliani?”
“Veramente sono dei
fili interdentali …” – bofonchiò, scrutandolo di traverso, in maniera buffa.
Glam rise.
“Invece sono qui e
pensa sono … dove voglio essere, finalmente Rob” – disse serio, ma con una
tenerezza ed un’emozione negli occhi, che solo Robert aveva saputo accendere.
L’attore ricambiò
quella carezza, attirandolo per un vero abbraccio: pianse piano, quando il
petto di Glam fu abbastanza vicino al suo respiro per sentirsi al sicuro.
Anche lui aveva avuto
ciò che voleva.
Camilla si era
assopita, dopo una favola ed una tazza di cioccolata.
Rice l’aveva
preparata personalmente nella cucina del suo jet, dove stava volando a Londra
con Jude e la piccola, oltre alla sua July, addormentatasi subito dopo il
decollo.
“Ci ritroviamo dopo
quel bar … è buffo, non trovi?”
Law era in un’altra
dimensione e non ne sarebbe uscito tanto presto.
Owen si sforzava di
distrarlo, ma senza invadenza.
“Sì, è buffo … Vuoi
venire da me, quando saremo arrivati?” – domandò assente.
“Da te?”
Jude lo fissò, con
uno scatto – “Non volevi che succedesse? Venire a casa mia, scoparmi?”
Rice deglutì a vuoto,
quasi arrossì, poi provò rabbia, frustrazione.
“Che diavolo di idea
ti sei fatto di me? Eh Jude??” – sbottò livido.
“La mia vita è andata
a puttane Owen ed io vorrei fosse un incubo, ma non è così, quindi nulla potrà
distruggere un cumulo di macerie, non trovi?” – replicò secco.
“Per cui una notte di
bagordi e sesso insieme a me può anche starci, che differenza farebbe, giusto
Jude? Hai mai pensato che anch’io potrei avere dei sentimenti, una dignità? O è
una prospettiva troppo lontana dalla tua visuale arida ed arrogante?”
Jude chiuse gli
occhi, stancamente: “Io cammino del buio, che sia notte o giorno … Per me il
bello delle persone e delle cose, adesso, è irritante, molesto, almeno quanto
io sono inopportuno, inadeguato, stupido ed insulso”- si ossigenò, quindi
riprese a puntarlo – “Ultima offerta: ti va oppure no di farmi compagnia, Owen?”
“La risposta è … NO.”
“Vi presento una
persona davvero importante per me …”
Chris sorrise,
alzandosi all’arrivo di Tom, che salutò i tre colleghi del poliziotto.
“Ciao …” – disse timido,
ma con un atteggiamento cristallino, che colpì immediatamente i presenti.
“Lui è Tom, questo è
David, il mio partner, lei è Katie e lui Spencer …”
Il saluto fu unisono
e cordiale.
“Tom ed io stiamo
insieme da due anni: lui è il mio privato, ciò di cui non parlo mai, però,
sapendo delle vostre famiglie, di fidanzate, mogli, mariti, dei vostri figli,
insomma volevo … Volevo rendervi partecipi della mia gioia.”
Una scossa di stupore
percorse gli sguardi degli amici di Chris, ma poi, con un guizzo simpatico e
genuino Katie gli fece posto offrendogli da bere – “Era ora che il vichingo ci
presentasse la sua metà, ne sono davvero felice!”
“Il … vichingo?”
“Sì, lo chiamiamo
così da quella volta che Chris si è messo una parrucca lunga, bionda e liscia,
per un appostamento fuori da un night club” – spiegò David ridendo complice.
Spencer gli passò
delle patatine ed una salsa piccante – “Ti ha mai raccontato invece di quando
ci siamo travestiti da barboni? Ora capisco perché si fece quattro docce prima
di tornarsene a casa, come minimo lo avresti chiuso fuori sul pianerottolo per
quanto puzzava, vero Chris? Ahahhah”
Ciò che a Chris
sembrava tanto complicato, sembrò dissolversi in un sorriso: quello di Tom,
che, a proprio agio, interagì con chi rischiava la vita, proteggendolo e
sentendosi al sicuro, perché quel gigante burbero sapeva cosa fare e quando
agire, senza incertezze, senza mai tirarsi indietro.
Chris gli cinse le
spalle, orgoglioso di loro, per la prima volta in presenza di estranei al loro
mondo, non più tali ormai.
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