Capitolo n. 10 - zen
“Non ho mai visto la città da
questa prospettiva Chris …”
Lo sguardo di Tom era
fisso sulle luci di Los Angeles, mentre quello del compagno aveva un’altra
angolazione.
“Io preferisco questo
…” – e gli baciò una spalla, per poi salire verso il suo collo sottile e liscio
– “Ti amo Tom …”
Ne seguì un bacio più
vero e profondo.
Quando tornarono al
presente, scrutandosi, Tom aveva un’aria interrogativa.
“Parlavi di … una dritta?”
Chris si morse il
labbro inferiore, scrollando le spalle.
“Sì, ecco … da un
uomo con un bagaglio di esperienza più … assortito del mio” – e rise
imbarazzato, cogliendo un lieve disappunto nelle iridi di Tom.
“Avete parlato di
questo, tu e Glam?” – chiese con stupore.
“E’ … è simpatico,
mette a proprio agio le persone, forse per il mestiere che fa”
“Tu invece le
inchiodi, giusto?” – ribatté secco.
Chris non capì; non
subito.
“Avevi bisogno dei
suoi consigli, non ci arrivavi da solo ad avere un’idea per stupirmi?”
“Io non ti capisco,
cosa avrei sbagliato stavolta?!” – esclamò, provando a contenere la rabbia,
davanti a quella reazione inaspettata ed acida.
Tom si piegò in
avanti, appoggiando i gomiti sulle gambe e prendendosi la testa tra le mani la
scosse, con rassegnazione.
“Due anni di
convivenza ed un estraneo ha capito di me più di quanto abbia fatto tu Chris, è
possibile?!”
La corsa della ruota
panoramica era terminata: giusto in tempo per vederlo scendere di fretta – “Io
torno a casa”
“Tom … TOM ASPETTAMI
CAZZO!!”
“Isotta vuole fare la
ballerina, come Violet, ecco vedi?”
Jared lo dimostrò a
Geffen, con un breve video registrato sul proprio cellulare.
L’avvocato sorrise,
appannando la mascherina per l’ossigeno, che lo aiutava a respirare.
Il leader dei Mars
gli tamponò il copioso sudore, sforzandosi per non piangere.
L’infermiera abbassò
del tutto le luci, prendendo un’altra coperta.
“Gli servirà, tra una
decina di minuti, ci pensi tu Jared?” – domandò con delicatezza, abituata alla
sua presenza accanto a Glam.
Jared annuì,
prendendola con le dita tremanti.
Ripose il telefonino
nella tasca dei jeans aderenti, vedendolo illuminarsi.
Era Robert.
Uscì nel corridoio
per rispondergli, Glam ormai si era assopito.
“Jared scusami se
disturbo …”
“Ciao …”
“Ho accompagnato
Christopher alla radio per un’intervista e c’era Kevin … Mi ha aggiornato su
Glam: posso darti il cambio …?” – domandò con gentilezza.
Lui e Jared erano sempre
andati d’accordo, c’era un’amicizia bella e pulita tra loro, ma a quella
richiesta, il cantante provò un certo fastidio.
“No, penso io a Glam.
Resta pure con Camilla …”
“Lei è con Jude, alla
End House, è venuto a prenderla Colin” – precisò, avvertendo palpabile la sua
ostilità.
“Non lo ritieni più
un pericolo?” – replicò incolore.
“Jared, cos’hai?”
“Niente Rob”
“Glam sta male?”
“Non fraintendermi,
ma grazie a voi due, a te ed a Jude, non se la cava benissimo ultimamente”
“Ci stai giudicando …?
Non mi sembra il caso Jared.” – affermò serio, ma senza durezza.
Silenzio.
I rispettivi cuori,
scalpitavano nelle loro gole asciutte.
“Devo andare Robert”
“Potresti” – si interruppe,
poi prese fiato – “Potresti dire a Glam che ho chiamato, almeno?”
§ Nemmeno se mi
supplichi § - pensò, ma poi acconsentì con un semplice – “Lo farò, a presto Rob”
“Sali Tom, accidenti!”
Chris gli stava
urlando dall’auto, a finestrini abbassati.
“E’ vicino, ho
bisogno d’aria, vai pure, ci vediamo dopo!” – replicò, stringendosi nel
giubbetto troppo leggero per quella stagione.
Chris inchiodò.
Scese e gli si parò
davanti.
“Sai cosa facciamo
ora?? Ti arresto! Per vagabondaggio!!”
Tom lo fissò stranito;
poi cominciò a ridere, sempre più sonoramente.
“Che ho detto di tanto
ridicolo …?” – chiese a mezza voce il poliziotto, indietreggiando di poco, per
dare spazio a Tom di sbellicarsi.
Quando riprese un
minimo di sobrietà, il terapista gli volò al collo, baciandolo forte.
Iniziò a piovere.
Jared ritrovò Matt
accanto a Glam.
Il giovane stava
seduto compostamente sulla sedia ai piedi del letto, senza occupare quella al
capezzale dell’uomo, con le palpebre socchiuse ed ipotermico.
“Usiamo questa …” –
disse gentile Leto, dispiegando quella coltre di lana blu, con l’ausilio di un
Matt pronto e preciso.
“E’ da molto che si
sente così …?”
“Scott la chiama la
fase due, inizia con un gran caldo, poi il gelo nelle ossa … E’ spiacevole” –
spiegò mesto.
Matt diede una
carezza alla fronte di Glam, sorridendogli – “Andrà tutto bene” – disse con una
serenità inconsueta per Jared.
Erano partiti con il
piede sbagliato, ma in quell’istante non poteva non constatare quanto Matt
fosse affezionato a Glam, con purezza ed altruismo.
“Ti lascio con lui, è
in buone mani … torno da mio marito” – disse con dolcezza, sorridendogli.
Matt ricambiò,
ringraziandolo.
“Ho … ho freddo …”
Tom glielo ansimò
nell’orecchio, sdraiato sotto a Chris, sul sedile posteriore del suo
fuoristrada.
Quella macchina lo
rispecchiava, mentre Tom usava la bicicletta per andare ovunque.
Si erano fermati nel
parcheggio deserto del centro commerciale dove solitamente facevano acquisti:
ormai era buio.
“Proverò a scaldarti
di più allora …” - e con una mossa
repentina, quanto efficace, si mise seduto, portandosi dietro Tom, avvinghiato
e bollente a lui, nonostante quelle lamentele adorabili.
Gli era dentro così
tanto, che Tom poteva sentirlo bussare al proprio cuore, con quelle sue spinte
voraci e febbrili.
Gli avrebbe aperto in
qualsiasi momento, per quanto lo voleva, con tutti i suoi difetti.
Le lacrime di quel
temporale danzavano sul parabrezza del suv di Jared, che guidava con calma,
perduto in mille ricordi, ascoltando un pezzo di una vecchia amica.
Le istantanee
sembravano rincorrersi, come i fasci di luce dei lampioni, sul lungo mare.
Glam e Colin si
incrociavano, si sovrapponevano, con i loro baci, le loro ali, capaci di dargli
sicurezza e tepore.
Jared sentiva così
tanto amore, memore di avere già provato quella sensazione globale ed assoluta:
si sentiva al sicuro, anche se le emozioni per Glam erano state riscoperte o
meglio, mai dimenticate dal suo cuore fragile.
Fermo ad un semaforo,
fissò i colori cambiare: era automatico, così come inevitabile fu perderlo.
A poco a poco Geffen
stava tornando sul suo cammino, tenendolo per mano ed arridendo alla sua vivace
innocenza: spesso sembrava dirgli di nuovo “ti amo Jared”, anche se amava un
altro.
Il colore scuro e
penetrante dell’oceano, invece, lo riportò sul petto di Colin: era suo il
profumo che Jared avvertiva nelle narici, mentre vi ci strofinava sotto l’indice,
asciugandosi una lacrima dispettosa con il pollice.
Ne era intossicato, terribilmente
innamorato.
“Cole …” – sussurrò rapito
dalla sua voce, che lo aveva salutato nel salone della loro residenza, come
ogni mattina.
In fondo andava tutto
bene.
Come prospettava
Matt, forse sperando anche di trovare un posto nella vita di Geffen.
“Auguri piccolo” –
concluse sincero il cantante, ormai giunto a destinazione.
Le nuvole si
diradarono, aiutate da una brezza fresca, che si alzò improvvisa e salata dal
mare, dove ogni sogno poteva trovare un luogo dove prendere forma e poi
sparire.
Questa volta erano
cioccolatini: i preferiti da Robert.
Sorrise, leggendo il
biglietto, che li accompagnava.
§ Sabato tieniti
libero per me … So che lo vogliamo entrambi. Un autista verrà a prenderti:
lasciati portare dove io ti aspetterò … Ti amo, tuo Jude §
Downey perse un
battito: si sentiva corteggiato ed ambito.
Riprese in analisi
quelle foto di Jude, allegate ai doni floreali ricevuti in precedenza.
Alcune erano dei loro
set, rubate da qualche fotografo, conoscente della coppia: aveva colto il loro
cercarsi di continuo, tra mille teste e milioni di parole, risa, battute.
Sembravano colpiti da
una luce più nitida, rispetto al contorno, se solo condividevano anche una
frazione di secondo delle loro vite incredibili.
Così come fu
incredibile il loro amarsi, contro ogni ostacolo, infrangendo barriere di
ipocrisia, in un ambiente fatto di finzioni e compromessi.
Il suo ragazzo
inglese era esuberante e riflessivo, Jude gli appariva spesso con due mondi
paralleli e meravigliosi.
La sua gioia lo
contagiava, lo pervadeva, come il suo corpo vigoroso ed instancabile.
Jude Law era capace
di convincerlo anche dell’impossibile.
Quando acquistarono l’appartamento
bomboniera a Londra, dove potersi incontrare e costruire la vita che
desideravano, in un microcosmo incontaminato, da falsità ed apparenze, Robert
si sentì finalmente amato da qualcuno.
Jude non amava il
divo, l’artista ribelle e dannato.
Jude amava Robert,
quello che sbagliava gli abbinamenti tra calzini, pantaloni e camicie, quello
che arrivava od in anticipo od in ritardo clamoroso agli appuntamenti, ma che
poi si faceva perdonare con un sorriso e sgranando i suoi laghi di inchiostro.
Si adorarono da
subito, senza neppure saperne la ragione.
Finché non la vollero
scoprire, insieme.
“Non mi arrenderò …”
Jude glielo aveva
detto, un secolo prima, catturando le sue mani, seduti in una sala da tè,
incurante di chi poteva accorgersi della loro intimità.
“Jude io …”
“Anch’io ti amo
Robert” – e si baciarono.
La buona società, i
moralisti, potevano anche andarsene al diavolo: loro erano in paradiso.
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