giovedì 15 novembre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 10



Capitolo n. 10  -  zen


 “Non ho mai visto la città da questa prospettiva Chris …”
Lo sguardo di Tom era fisso sulle luci di Los Angeles, mentre quello del compagno aveva un’altra angolazione.
“Io preferisco questo …” – e gli baciò una spalla, per poi salire verso il suo collo sottile e liscio – “Ti amo Tom …”
Ne seguì un bacio più vero e profondo.
Quando tornarono al presente, scrutandosi, Tom aveva un’aria interrogativa.
“Parlavi di … una dritta?”
Chris si morse il labbro inferiore, scrollando le spalle.
“Sì, ecco … da un uomo con un bagaglio di esperienza più … assortito del mio” – e rise imbarazzato, cogliendo un lieve disappunto nelle iridi di Tom.
“Avete parlato di questo, tu e Glam?” – chiese con stupore.
“E’ … è simpatico, mette a proprio agio le persone, forse per il mestiere che fa”
“Tu invece le inchiodi, giusto?” – ribatté secco.
Chris non capì; non subito.
“Avevi bisogno dei suoi consigli, non ci arrivavi da solo ad avere un’idea per stupirmi?”
“Io non ti capisco, cosa avrei sbagliato stavolta?!” – esclamò, provando a contenere la rabbia, davanti a quella reazione inaspettata ed acida.
Tom si piegò in avanti, appoggiando i gomiti sulle gambe e prendendosi la testa tra le mani la scosse, con rassegnazione.
“Due anni di convivenza ed un estraneo ha capito di me più di quanto abbia fatto tu Chris, è possibile?!”
La corsa della ruota panoramica era terminata: giusto in tempo per vederlo scendere di fretta – “Io torno a casa”
“Tom … TOM ASPETTAMI CAZZO!!”


“Isotta vuole fare la ballerina, come Violet, ecco vedi?”
Jared lo dimostrò a Geffen, con un breve video registrato sul proprio cellulare.
L’avvocato sorrise, appannando la mascherina per l’ossigeno, che lo aiutava a respirare.
Il leader dei Mars gli tamponò il copioso sudore, sforzandosi per non piangere.
L’infermiera abbassò del tutto le luci, prendendo un’altra coperta.
“Gli servirà, tra una decina di minuti, ci pensi tu Jared?” – domandò con delicatezza, abituata alla sua presenza accanto a Glam.
Jared annuì, prendendola con le dita tremanti.
Ripose il telefonino nella tasca dei jeans aderenti, vedendolo illuminarsi.
Era Robert.
Uscì nel corridoio per rispondergli, Glam ormai si era assopito.

“Jared scusami se disturbo …”
“Ciao …”
“Ho accompagnato Christopher alla radio per un’intervista e c’era Kevin … Mi ha aggiornato su Glam: posso darti il cambio …?” – domandò con gentilezza.
Lui e Jared erano sempre andati d’accordo, c’era un’amicizia bella e pulita tra loro, ma a quella richiesta, il cantante provò un certo fastidio.
“No, penso io a Glam. Resta pure con Camilla …”
“Lei è con Jude, alla End House, è venuto a prenderla Colin” – precisò, avvertendo palpabile la sua ostilità.
“Non lo ritieni più un pericolo?” – replicò incolore.
“Jared, cos’hai?”
“Niente Rob”
“Glam sta male?”
“Non fraintendermi, ma grazie a voi due, a te ed a Jude, non se la cava benissimo ultimamente”
“Ci stai giudicando …? Non mi sembra il caso Jared.” – affermò serio, ma senza durezza.
Silenzio.
I rispettivi cuori, scalpitavano nelle loro gole asciutte.
“Devo andare Robert”
“Potresti” – si interruppe, poi prese fiato – “Potresti dire a Glam che ho chiamato, almeno?”
§ Nemmeno se mi supplichi § - pensò, ma poi acconsentì con un semplice – “Lo farò, a presto Rob”


“Sali Tom, accidenti!”
Chris gli stava urlando dall’auto, a finestrini abbassati.
“E’ vicino, ho bisogno d’aria, vai pure, ci vediamo dopo!” – replicò, stringendosi nel giubbetto troppo leggero per quella stagione.
Chris inchiodò.
Scese e gli si parò davanti.
“Sai cosa facciamo ora?? Ti arresto! Per vagabondaggio!!”
Tom lo fissò stranito; poi cominciò a ridere, sempre più sonoramente.
“Che ho detto di tanto ridicolo …?” – chiese a mezza voce il poliziotto, indietreggiando di poco, per dare spazio a Tom di sbellicarsi.
Quando riprese un minimo di sobrietà, il terapista gli volò al collo, baciandolo forte.
Iniziò a piovere.


Jared ritrovò Matt accanto a Glam.
Il giovane stava seduto compostamente sulla sedia ai piedi del letto, senza occupare quella al capezzale dell’uomo, con le palpebre socchiuse ed ipotermico.
“Usiamo questa …” – disse gentile Leto, dispiegando quella coltre di lana blu, con l’ausilio di un Matt pronto e preciso.
“E’ da molto che si sente così …?”
“Scott la chiama la fase due, inizia con un gran caldo, poi il gelo nelle ossa … E’ spiacevole” – spiegò mesto.
Matt diede una carezza alla fronte di Glam, sorridendogli – “Andrà tutto bene” – disse con una serenità inconsueta per Jared.
Erano partiti con il piede sbagliato, ma in quell’istante non poteva non constatare quanto Matt fosse affezionato a Glam, con purezza ed altruismo.
“Ti lascio con lui, è in buone mani … torno da mio marito” – disse con dolcezza, sorridendogli.
Matt ricambiò, ringraziandolo.


“Ho … ho freddo …”
Tom glielo ansimò nell’orecchio, sdraiato sotto a Chris, sul sedile posteriore del suo fuoristrada.
Quella macchina lo rispecchiava, mentre Tom usava la bicicletta per andare ovunque.
Si erano fermati nel parcheggio deserto del centro commerciale dove solitamente facevano acquisti: ormai era buio.
“Proverò a scaldarti di più allora …”  - e con una mossa repentina, quanto efficace, si mise seduto, portandosi dietro Tom, avvinghiato e bollente a lui, nonostante quelle lamentele adorabili.
Gli era dentro così tanto, che Tom poteva sentirlo bussare al proprio cuore, con quelle sue spinte voraci e febbrili.
Gli avrebbe aperto in qualsiasi momento, per quanto lo voleva, con tutti i suoi difetti.



Le lacrime di quel temporale danzavano sul parabrezza del suv di Jared, che guidava con calma, perduto in mille ricordi, ascoltando un pezzo di una vecchia amica.
Le istantanee sembravano rincorrersi, come i fasci di luce dei lampioni, sul lungo mare.
Glam e Colin si incrociavano, si sovrapponevano, con i loro baci, le loro ali, capaci di dargli sicurezza e tepore.
Jared sentiva così tanto amore, memore di avere già provato quella sensazione globale ed assoluta: si sentiva al sicuro, anche se le emozioni per Glam erano state riscoperte o meglio, mai dimenticate dal suo cuore fragile.
Fermo ad un semaforo, fissò i colori cambiare: era automatico, così come inevitabile fu perderlo.
A poco a poco Geffen stava tornando sul suo cammino, tenendolo per mano ed arridendo alla sua vivace innocenza: spesso sembrava dirgli di nuovo “ti amo Jared”, anche se amava un altro.

Il colore scuro e penetrante dell’oceano, invece, lo riportò sul petto di Colin: era suo il profumo che Jared avvertiva nelle narici, mentre vi ci strofinava sotto l’indice, asciugandosi una lacrima dispettosa con il pollice.
Ne era intossicato, terribilmente innamorato.
“Cole …” – sussurrò rapito dalla sua voce, che lo aveva salutato nel salone della loro residenza, come ogni mattina.
In fondo andava tutto bene.
Come prospettava Matt, forse sperando anche di trovare un posto nella vita di Geffen.
“Auguri piccolo” – concluse sincero il cantante, ormai giunto a destinazione.
Le nuvole si diradarono, aiutate da una brezza fresca, che si alzò improvvisa e salata dal mare, dove ogni sogno poteva trovare un luogo dove prendere forma e poi sparire.




Questa volta erano cioccolatini: i preferiti da Robert.
Sorrise, leggendo il biglietto, che li accompagnava.
§ Sabato tieniti libero per me … So che lo vogliamo entrambi. Un autista verrà a prenderti: lasciati portare dove io ti aspetterò … Ti amo, tuo Jude §

Downey perse un battito: si sentiva corteggiato ed ambito.
Riprese in analisi quelle foto di Jude, allegate ai doni floreali ricevuti in precedenza.
Alcune erano dei loro set, rubate da qualche fotografo, conoscente della coppia: aveva colto il loro cercarsi di continuo, tra mille teste e milioni di parole, risa, battute.
Sembravano colpiti da una luce più nitida, rispetto al contorno, se solo condividevano anche una frazione di secondo delle loro vite incredibili.
Così come fu incredibile il loro amarsi, contro ogni ostacolo, infrangendo barriere di ipocrisia, in un ambiente fatto di finzioni e compromessi.

Il suo ragazzo inglese era esuberante e riflessivo, Jude gli appariva spesso con due mondi paralleli e meravigliosi.
La sua gioia lo contagiava, lo pervadeva, come il suo corpo vigoroso ed instancabile.
Jude Law era capace di convincerlo anche dell’impossibile.
Quando acquistarono l’appartamento bomboniera a Londra, dove potersi incontrare e costruire la vita che desideravano, in un microcosmo incontaminato, da falsità ed apparenze, Robert si sentì finalmente amato da qualcuno.
Jude non amava il divo, l’artista ribelle e dannato.
Jude amava Robert, quello che sbagliava gli abbinamenti tra calzini, pantaloni e camicie, quello che arrivava od in anticipo od in ritardo clamoroso agli appuntamenti, ma che poi si faceva perdonare con un sorriso e sgranando i suoi laghi di inchiostro.
Si adorarono da subito, senza neppure saperne la ragione.
Finché non la vollero scoprire, insieme.
“Non mi arrenderò …”
Jude glielo aveva detto, un secolo prima, catturando le sue mani, seduti in una sala da tè, incurante di chi poteva accorgersi della loro intimità.
“Jude io …”
“Anch’io ti amo Robert” – e si baciarono.
La buona società, i moralisti, potevano anche andarsene al diavolo: loro erano in paradiso.




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