venerdì 23 novembre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 15



Capitolo n. 15  -  zen


Robert aveva preferito tornare nella loro stanza.
Quel sentire qualcosa di suo e Glam, all’interno di una casa, acquistata dall’avvocato per Jared, sapeva di beffa o di un amore approssimato ed inquinato da fatti precedenti, troppo importanti per essere ignorati o dimenticati.

Li aveva osservati, mentre parlavano, sorridevano, Glam stringeva a sé Jared e lo consolava.
Downey provava un misto di rabbia, di gelosia, ma anche di ammirazione; forse, se gliene avesse parlato, con Glam, anche lui si sarebbe sentito meglio.
Quando lo raggiunse, l’attore fece un sorriso ed andò ad abbracciarlo.

“Credevo te ne fossi andato via …”
“E’ da stanotte che lo pensi, Glam” – lo guardò.
Si baciarono, perché Robert aveva perduto tutte le parole, assennate o meno, così come Geffen si era dimenticato dei suoi invitati, più o meno a sorpresa, giù nel living, dove l’atmosfera si tagliava con il coltello, tanto era densa di sguardi tutt’altro che sereni.
Il corpo di Robert era celato da una semplice t-shirt e dai pantaloni di una tuta grigio chiaro, un po’ comodi, visto che continuava a dimagrire da quando si era separato da Jude.
Li aveva lasciati e ritrovati nel cassettone, sopra al quale, poche ore prima, Glam lo aveva fatto suo e poi di nuovo tra le lenzuola, brandendo i fianchi ben proporzionati di Downey, come il resto, che il più adulto, fra loro, adorava dal primo istante.
Robert era perfetto, Geffen lo voleva sposare e per questo aveva acquistato le fedi, per poi riporle nella cassaforte, appena era tornato in quella villa.
C’era ancora la custodia dell’anello preparato per Jared.
Glam l’aveva scrutata, provando emozioni intense, in un rimpianto compassionevole verso sé stesso, riflesso nello specchio e pronto a dirsi che anche con Robert sarebbe stata un’illusione di breve durata.
Replicare una cerimonia intima gli apparve grottesco e lesivo della dignità del marito di Jude: già, il marito di un altro, ancora una volta.
Sempre l’uomo sbagliato, mentre lui rimaneva l’inadeguatezza fatta persona.

I gemiti di Robert pervasero l’aria, bruciarono l’ossigeno, perché Glam gli era entrato dentro, con una naturalezza ed una spontaneità simbiotica, come se non potessero vivere senza quella loro intesa meravigliosa ed assoluta.
Finirono sul tappeto, baciandosi come due ragazzini alla prima esperienza, emozionati e turbati nel medesimo modo, lo percepivano, guardandosi, scoprendosi in un’innocenza ormai perduta nel tempo, ma che sembravano ritrovare ad ogni amplesso.
Vennero copiosamente, bagnandosi, sporcandosi, ansimando parole persino incomprensibili, per quanto era sconvolti ed inebriati

Dal lucernario, rimasto aperto, arrivavano i suoni dell’oceano, le grida dei gabbiani, la luce di un giorno, che poteva essere l’ultimo per entrambi.
Una frenata brusca attirò la loro attenzione.
Una portiera si apriva ed anche il cancello di casa: un vocio concitato.
Erano in due, ma quello che Downey riconobbe fu l’accento di Jude.
Scivolò lento via da Glam, che lo trattenne debolmente: stava per addormentarsi oppure svenire, non riusciva neanche a capirlo, per quanto si sentisse bene grazie a Robert.
“C’è Jude … E’ qui” – disse perplesso.
L’ansia gli strinse però la gola dopo un secondo.
Si rivestì, scuotendo Geffen.
“Tesoro … Cosa ti prende?”  - domandò confuso, mentre Downey gli infilava dei jeans, recuperati su di una sedia.
“Glam temo che stia per succedere un casino” – ribatté trafelato, poi si bloccò.
“Ma cosa sto facendo …?” – mormorò sbigottito dal proprio atteggiamento – “Sono … ridicolo … Perdonami Glam, tu sei l’uomo che amo, non un amante da nascondere nell’armadio …”
“Robert è tutto a posto, non pensare a me”
“Invece dovrei, con quello che tu hai sopportato, a causa mia.”
Ormai si erano ricomposti, ma era palese ciò che li aveva divorati: una passione inestinguibile.
Bussarono.
“Vado io Glam, tanto so chi è.”


Colin preparò della pasta, per chi non gradiva il riso alle verdure di miss Wong.
I barattoli di sugo al pomodoro e basilico di Carmela, non mancavano mai dalla dispensa di Geffen.
Tom aveva apparecchiato la tavola, come un automa, trovando il necessario senza chiedere niente, visto com’era organizzata bene la cucina.
Jared si isolò per poco insieme a Denny, per capire cos’era successo tra Shan e Tomo, anche se lo sapeva benissimo.

“Tu approvi, vero? Si tratta di tuo fratello, del suo eterno compagno e persino collega, quindi non gli faresti mai alcun rimprovero, giusto Jared?”
Leto aggrottò la fronte – “Shan è stato l’uomo più importante della mia vita Denny,  finché non ho incontrato Colin, facendone il centro del mio mondo: non giudicherò nessuno, sappilo”
“Cosa vuoi da me, allora? Che non insista per riprendermi Tomo, così che Shan abbia campo libero?” – e rise sarcastico.
“Le cose andranno come dovranno o vorranno andare, non mi intrometterò”
“Io, se permetti, deciderò al momento, anche se ormai chi amavo ha tradito ogni mia aspettativa e sai per quale fottuta ragione? Perché ho esitato nell’adottare un bambino con lui, come se da questo dipendesse la misura di ciò che mi legava a Tomo!”
“Non penso, Tomo non è come lo stai descrivendo” – obiettò, fissandolo severo.
Denny se ne tornò nel salone, riprese i pochi oggetti personali e si avviò all’uscita, senza salutare nessuno.

Farrell era ancora sotto il patio, Jared gli andò vicino.
“Dov’è finito Jude …?”
“E’ salito.” – replicò mesto; gli diede poi una carezza sul mento – “Io me ne andrei Jay … che ne pensi?”
“Sì … sì, come vuoi Cole”


“Ciao Robert”
“Ciao Jude”
“Sono qui per … Per chiederti di venire via con me. Adesso.” – chiese senza ostilità e senza varcare quella soglia, a pochi metri dalla quale Geffen lo stava come puntando: non avrebbe fatto nulla, per non ferire Robert con scenate odiose.

“Ho … ho bisogno di parlarti Rob, di spiegarti e di capire se c’è un futuro per noi: non insisterò, ma se vuoi rimanere qui, io non ti cercherò più. Giuro che lo farò, su nostra figlia, quindi non sto scherzando o bluffando.” – e chiuse le palpebre, prendendo un respiro più ampio, come se stesse per perdere i sensi: era troppo gravosa quella promessa, ma era così stanco di aspettarlo e di morire, per come lo vedeva innamorato di un altro, che lo aveva appena amato o scopato o semplicemente reso felice.
Downey inghiottì un’onda di amarezza e vergogna, verso Glam, ancora immobile e senza armi, se non quella della devozione a lui, che rispettava ed onorava ad ogni passo, da quando stavano o meglio NON stavano insieme: “Robert …” – inspirò a propria volta – “… tesoro io … Io non userò ricatti, anche se riesco a capire l’angoscia di Jude. Ci sarò sempre per te … sempre” – e due lacrime rigarono il suo volto bellissimo, anche se sfigurato da un dolore, che conosceva anche troppo bene.
Jude tese la mano a Robert e lui gliela strinse: non si voltò indietro, non l’aveva più fatto, Glam aveva parlato alla sua schiena, senza vedere negli occhi di Downey quello stesso baratro, dove con temerarietà si erano buttati, ancora prima che Jude provasse a dare loro una spinta definitiva e mortale.


“Quanta roba … Tu cosa vuoi Lula?”
“Questo, questo e questo! Grazie zio Tom … posso chiamarti zio?”
“Certo … E tu Vassily …? Posso darti del tu?”
“Ovvio, nessun problema. Per il resto, io mangio … tutto!” – e rise.
Erano rimasti soli.
Robert e Jude erano tornati alla macchina da un ingresso laterale, al quale si accedeva da una scala esterna, proprio dalla mansarda.
Glam si lavò, cambiò e poi aggregò a loro, accolto da Lula con un amore, che solo lui era capace a trasmettergli.

“Ciao Tommy, non ci siamo ancora visti …” – e gli posò un bacio tra i capelli, passando alle sue spalle, dove appoggiò per un attimo anche i suoi palmi gelidi.
“Come ti senti Glam?” – chiese, tormentato più dai propri demoni, che da quelli che vibravano nell’animo del suo paziente speciale.
Gli si era affezionato e non vedeva l’ora di potergli parlare senza interferenze.
“Non lo so, sai …?” – replicò dolce, portandosi sul petto Lula, che gli fece una coccola, strofinando i loro nasi e sorridendo, gli sussurrò – “Ti voglio bene papà”
“Anch’io cucciolo … ti adoro”



Jude guidò per svariati chilometri, una distanza che a Robert apparve senza fine, come il silenzio di Law.
Eppure il suo volto era disteso.
Parcheggiò in una zona isolata, a picco sulla scogliera.
Downey chiuse gli occhi, chiudendo le braccia a croce sul petto.
“Hai paura Robert …?” – domandò l’inglese, fissando l’orizzonte.
“Sì”
“Anch’io ne ho avuta molta in queste settimane lontano da te, da nostra figlia, dalla vita, che ci siamo costruiti, mattone dopo mattone Robert, ritrovandomi invece delle barriere e non le pareti della fortezza, capace di resistere a qualsiasi attacco esterno, calunnia, persecuzione, dileggio”
“Credi di non avere responsabilità in merito, Jude?” – chiese secco.
“No, anzi, i miei errori hanno minato e logorato quel porto sicuro, dove tu riuscivi sempre ad attendermi, a riaccogliermi, a perdonarmi. Certo che sono stato l’artefice di un fallimento, con o senza il tuo amore per Glam Geffen.” – e roteò di centottanta gradi, per guardare in faccia l’uomo, che considerava ancora suo.
Glielo ribadì.
“… anche se hai il suo odore addosso, anche se il suo seme”
“Jude!” – lo interruppe brusco.
“Anche se il SUO seme” – riprese, caricando il concetto – “scorre in te, portandoti via dalle nostre certezze, dai progetti, dal domani, che io per primo volevo cancellare uccidendo VOI E ME!!”
Downey scese, fermandosi solo quando arrivò alla balaustra.
La stritolò con le dita, sentendo come una convulsione salirgli dallo stomaco alla nuca, indolenzita e dolente.
Jude si precipitò da lui, afferrandolo per le spalle.

Adesso i loro sguardi si stavano nuovamente divorando.
“Robert io ti amo … e farò di tutto per dimostrartelo … andrò contro ogni logica, infrangerò i limiti, ma non ti farò più, MAI PIU’ del male, amore mio …” – e lo baciò, profondamente.
Lo riportò su quei sedili, comodi, ampi, protetti dai vetri scuri, mise le sicure, senza mai abbandonarlo, in un abbraccio caldo, assurdamente bello.
Le loro bocche si fusero, ma quando restarono nudi, pelle contro pelle, Robert tremò così forte, da inarcarsi, mentre le gambe di Jude si sistemarono tra le sue.
Law gli baciò le tempie, con metodo, con una quiete contemplativa, che lo tranquillizzò – “Va tutto bene Robert … tutto … Rob …” – il suo ansito segnò l’attimo in cui si congiunse a lui.
Piansero, nel godere l’uno dell’altro, guardandosi, baciandosi ancora.
“Perdonami Robert … perdonami”


Nda: stanno uscendo delle foto inedite di Robert e Jude, di alcuni servizi del passato, così mi hanno detto le amiche su FB e, anche se non credo sia la più consona a questo capitolo (per rispetto a Glam) la pubblico, perchè pare che una sia appunto questa ed io mai l'avevo vista in effetti :-)

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