martedì 6 novembre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 5

 
Capitolo n. 5  -  zen


“Non denuncerò mio marito, non insista tenente”
Downey stava riordinando i giochi di Camilla, addormentata sul divano, in compagnia di Christopher, arrivato con Clarissa, per tenere compagnia all’attore.
“Certo sarebbe stato … singolare”
“Cosa, scusi?” – chiese fissandolo.
“Glam Geffen non ha mosso un dito verso il marito del suo amante, quindi”
Downey fece un sorriso storto – “Moderi i termini e si beva una camomilla, probabilmente lei ha qualche problema signor Hemsworth”
Chris non disse niente.
“Papà tutto ok?”
“Sì tesoro, adesso torno da voi, preparo la cena Christopher, tu pensa al vino. Grazie”


Jude non riusciva a mangiare.
“Prova a sforzarti … faccio preparare qualcosa di diverso, se vuoi …” – disse cauto Jared; non voleva essere troppo gentile con lui, ma quando sentì la mano calda di Colin, stringere la sua, perse un battito.
“Ti ringrazio … anzi, ringrazio entrambi, ma non mi sento bene da quando … Scusate, vado a coricarmi” – e si alzò bruscamente da tavola, per tornare nella propria camera al terzo piano.
Jared cercò gli occhi di Colin, ma lui si sporse per sigillare le loro bocche.
“Non preoccuparti per Jude, tesoro … Servirà molto tempo per fare dei progressi in questa situazione” – disse, accarezzandogli il collo con le labbra, mentre gli parlava dolcemente.
Per il cantante era praticamente impossibile mantenere la lucidità: si sentiva sotto attacco, nella maniera più sensuale e desiderabile, a cui potesse ambire.
Colin diventava giorno dopo giorno sempre più eccitante e voleva fare l’amore a qualsiasi ora: Jared si sentiva al centro di un mondo nuovo e fantastico, tanto da sentirsi in colpa per le difficoltà degli amici a trovare un po’ di serenità.


“Hai la cervicale contratta … aspetta, prendo dell’olio”
“Tom, la nostra ora è terminata, non voglio che fai tardi”
“Sono di turno, l’hai dimenticato Glam?” – gli sorrise, sfilandogli la casacca del pigiama – “Stenditi … pancia in giù”
Lasciò accese soltanto le luci azzurrognole notturne.
“Wow mancano due candele, gli incensi” – Glam rise.
“Stai buono e zitto”
“Ok maestro … senti Tom”
“Che c’è ancora?” – chiese a bassa voce, mentre intingeva le dita nell’unguento.
“Chris, prima, mi ha squadrato proprio male e se adesso arrivasse qui”
“E’ solo shiatsu, non stiamo mica pomiciando, Glam” – e rise a propria volta.
“Sarà … Mi arrendo”

Tom era esperto ed efficace: Geffen quasi si addormentò, completamente rilassato.
Riaprì gli occhi sul sembiante di Tom, seduto a gambe incrociate, poco distante dal suo lettino, intento in una respirazione cadenzata.
“Ehi stai bene …?”
“Sì’ Glam, ma ti ho trasmesso una parte della mia energia e devo recuperarla … dammi solo un paio di minuti. Hai freddo?”
“No …” – e si accorse della coperta, che Tom aveva dispiegato su di lui.
“Dormi se vuoi …”
“Preferisco guardarti” – ed incrociò le braccia sotto il mento, scrutandolo.
Tom arrossì.
“Rosso pompeiano”
“Smettila Glam …” – rise – “Io sono fatto così.”
“Ed io sono stato fortunato a conoscerti. Proseguirai alla Star House la tua attività, al mio domicilio, come stabilito, vero?”
Tom annuì, rialzandosi.
“Qui c’è un anticipo.” – e gli porse una busta.
“Glam, ma non dovevi, non ho ancora fatto nulla e” – poi guardò l’assegno, rimanendo di stucco – “Duecentomila dollari …?!”
“Mi parlavi di quell’appartamento, che vi piaceva … Può essere un progetto da cui ripartire Tom, con il tuo Chris” – sorrise.
“Glam sono senza parole, però era un sogno da realizzare con le nostre forze” – replicò educato.
“Non penserai mica di battere la fiacca come mio terapista?” – bissò allegro e contagioso – “Conciato come sono, temo sia soltanto un acconto!” – e sbuffò, rivestendosi.

Matt li stava aspettando in camera.
“Ciao Glam … Tom”
“Salve. Hai portato la cena?”
“Sì Tom … Un piatto che piace al nostro paziente preferito”
Geffen era rimasto in silenzio, rammaricato per avere scambiato l’ombra di Matt con Robert, dietro al vetro zigrinato.
Il giovane l’aveva intuito, ma non glielo fece pesare.


Downey congedò Christopher e Clarissa con una scusa.
Voleva rimanere da solo e scrivere almeno una e-mail a Glam.
Camilla si era appena assopita, in mezzo ai suoi peluche.
Il cellulare dell’attore vibrò.
Un sms.
§ Ciao Robert, volevo dare la buona notte alla nostra Cami, ma temo sia tardi §
§ Lo farò io per te Jude § - gli rispose immediatamente.
§ Avevo un regalo per lei, quella bambola di pezza, me l’hanno spedita da Londra, te la lascio in portineria … §
Downey sentì il proprio cuore tremargli nel petto.
§ Ma sei qui sotto? §
§ Sì … §
§ Ti apro, sali pure …§
§ Grazie Rob §
L’americano si pentì subito per avere acconsentito a quella richiesta implicita di un contatto più concreto, rispetto alle precedenti, fredde telefonate.
Peraltro Law aveva sempre e solo dialogato con Camilla, quindi per Downey il timore di un diverbio, gli salì alla testa come una scossa elettrica.
Prese un bicchiere d’acqua, lo trangugiò, precipitandosi poi ad aprire, appena udì il campanello.

Jude era in jeans, maglietta nera ed un giubbetto rubato proprio a Jared.
Ormai indossavano quasi la stessa taglia: aveva perso dieci chili in poche settimane.
“Ciao Robert …”
“Ciao … accomodati” – e si fece da parte, prendendo il dono per la figlia, appena Jude glielo passò, con gentilezza.
“A colazione impazzirà dalla gioia … Non se l’aspettava più, non prima di”
“Natale” – Jude lo interruppe, arricciando il naso – “L’ho immaginato Rob”
“Sì … Vuoi un caffè?”
“No, ho mangiato quasi … quasi niente, alla End House, Colin e Jared mi hanno ospitato …”
“Sì, me lo hai detto, con un messaggio …”
“Vero … Ok, la mia missione è compiuta …” – tirò su dal naso – “Come stai Robert?” – ed inspirò, guardandolo dritto negli occhi, che mai si erano abbassati.
“Convalescente” – sorrise amaro.
“Sì, certo …” – le sue iridi vacillarono.
Stava per piangere, ma poi si dominò.
“Devi mangiare Jude, hai perso molto peso” – osservò con inquietudine.
“Non importa … Vado via, non voglio disturbarti oltre Robert” – e sorrise incerto, avviandosi verso l’ingresso.
Robert fece un passo per seguirlo, poi rallentò, infine lo raggiunse.
Jude si bloccò ad un metro dalla blindata, voltandosi.
Collisero.
Senza traumi, semplicemente scivolarono, l’uno dentro l’altro, con un bacio caldissimo.
Nessuna battaglia, nessun livore: stavano parlando, senza dirsi nulla, si guardavano, a palpebre chiuse, si sentivano, castamente, nel divampare di un fuoco, che non si era mai spento.
Jude gli aprì la cerniera della casacca, con un movimento fluido, al quale Robert non si oppose: si stavano ancora baciando; poi si tolse la maglietta e gliela fece indossare, invertendo gli indumenti.
“Andrò a dormire con il tuo profumo addosso Robert … e tu farai lo stesso, se vorrai”
“Jude …”
“Io ti amo Robert”
Ripeteva il suo nome, facendoglielo martellare nelle membra, come una pulsazione frenetica ed irrinunciabile.
Law se ne andò, non senza posargli un bacio sulle tempie, accarezzando il suo petto asciutto e scolpito, con un tocco denso di ammirata devozione.


“Ehi Tom, ma quello giù nel piazzale non è Chris?”
“E dai Sandy, smettila con i tuoi scherzi” – disse distrattamente, compilando un dossier del triage.
“Ma non sto scherzando! E piove a dirotto … è bagnato come un pulcino … piuttosto grosso direi” – e scoppiò a ridere.
Tom si affacciò, constatando che il suo compagno era come cristallizzato nel parcheggio, con lo sguardo fisso sulle finestre, davanti alle quali lui era passato più volte, impegnato nel seguire urgenze e ricoveri.

Corse da lui, con un ombrello, che Chris quasi gli strappò, gettandolo in un angolo, per poi brandirgli con i palmi il volto, baciandolo appassionatamente.
Tom si piegò all’indietro, come un giunco nel vento, assorbito dall’impeto di Chris, avvolto dalle sue braccia forti ed autoritarie, mentre le proprie erano rimaste dimenticate lungo il suo fisico alto e magro.
La pioggia sembrava sigillarli maggiormente: “Devo parlarti Tom … spiegarti” – gli ansimò, bocca a bocca, saldando anche i loro occhi.
“D’accordo … andiamo”




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