domenica 2 dicembre 2012

ZEN - CAPITOLO N. 20



Capitolo n. 20  -  zen

I’m so sorry …

“Mi è piaciuta da subito questa casa …”
Downey si guardò in giro per il salone centrale, arricchito da mobili del settecento, tappeti persiani ed argenti inglesi.
“Ne sono felice e se vorrai, la Star House, sarà casa tua” – Geffen lo disse piano, abbracciandolo con cura.
“Glam … non sono di porcellana, come quei vasi cinesi” – rise, nascondendo il volto arrossato nel collo dell’altro, che aveva il cuore in gola per la gioia di quell’inatteso Natale insieme a Robert.
“Hai ragione, sei di gran lunga più prezioso” – e lo baciò dolcemente.
Uno scampanellio allegro li interruppe.
Proveniva dal giardino.
“E’ Lula, con Vassily, Peter … Kevin e Tim” – Glam si illuminò.
“A proposito, questa reggia è di Lula o sbaglio?”- chiese sorridente.
“Sì … anche la Joy’s House … credo che senza saperlo, Kevin ed io gli abbiamo già creato dei bei problemi fiscali”
Risero insieme, salutando gli invitati dalla finestra centrale.
Avrebbero addobbato le stanze, mentre il personale alle dipendenze di Geffen, pensava al parco.

“Domani, per la vigilia, non dovremmo essere da Meliti?” – chiese esitante l’attore.
“Sì … ci saremo, con la famiglia … Ti crea problemi tesoro questa cosa?”
“Non ho nulla da rimproverarmi” – replicò assorto.
“Infatti Robert. Ehi vieni qui …” – e lo strinse con maggiore decisione.
“Ti amo più della vita Rob” – e con un’ulteriore bacio, pose fine a quella conversazione dai colori tristi.


Jude si pettinò la barba, rifinendola con delle forbicine minuscole.
Erano di Robert, le usava per il suo pizzetto.
Fissandosi allo specchio si vide invecchiato, ma non voleva apparire trascurato.
Lavò per la seconda volta i denti, aggiustandosi poi la camicia nei pantaloni un po’ stretti.
Erano persino corti, perché anche quelli, erano di Robert.
Uno sbaglio, involontario, ma che gli procurò un nodo allo stomaco, che mai si era sciolto.
Si ricambiò in fretta.

Camilla era in soggiorno con la figlia maggiore di Jude ed il fidanzato di lei, entrambi poco più che adolescenti.
Erano carini, spensierati e molto soddisfatti per i doni ricevuti.
Jude era oculato, ma anche generoso, quando si trattava di premiare la sua prole: ottimi voti a scuola ed una buona educazione, non chiedeva di meglio e, grazie anche alle sue ex, i suoi ragazzi crescevano bene.
Camilla era semplicemente adorata e, in quella precisa occasione, le attenzioni per lei si amplificarono, soprattutto per farle metabolizzare l’assenza di Robert.

Suonarono, era ormai ora di cena e Sadie aspettava tutti da lei.
Law andò ad aprire, con gli occhi lucidi, per un pensiero balenatogli in testa come un fulmine, una speranza, che andò a spezzarsi contro il sorriso di Owen.
“Ciao … volevo … scusarmi Jude”
“Tu …? E per cosa? Semmai io dovrei … Anzi ti devo delle scuse” – ribatté impacciato, avvampando.
In lui non c’era più la spregiudicatezza del giorno prima.
“Per me è tutto a posto” – esordì sereno Rice, una volta nell’ingresso.
“E July?”
“E’ dai nonni … Francamente avevo bisogno di una boccata d’aria, ci sono le mie zie, gli zii, i prozii … Gli amici del golf club di mio padre, un … delirio!” – rise giocoso.
“Lo immagino: unisciti a noi, stiamo andando dalla mia ex moglie, Sadie”
“Ah, miss Frost … ok, se non disturbo … volevo offrirti l’aperitivo, poi sarei sparito nella notte londinese”
“Non è il caso Owen … Mi fa piacere se ti aggreghi …”
“D’accordo … volentieri.”


Matt posò un paio di doni sul mobile dell’entrata, dove la governante di Geffen lo fece accomodare, dicendogli che quest’ultimo lo stava aspettando al piano di sopra.
Appena lo vide, il giovane sorrise.
Il messaggio dell’avvocato era stato molto gentile.
“Ciao Matt …”
“Glam … ciao, sono in ritardo” – disse emozionato avvicinandosi a lui, che non fece alcun cenno di abbracciarlo o salutarlo diversamente da come stava facendo, composto ed amichevole.
“No, affatto, vieni, passiamo in biblioteca, volevo parlarti.”
“Sì, me lo hai scritto …”

Quando furono soli, Glam versò da bere per entrambi.
“Come stai Matt?”
“Abbastanza bene … ho avuto modo di riflettere”
“Su cosa?” – gli sorrise, sedendosi in poltrona.
“La … la mia vita, le mie scelte” – spiegò esitante.
“Ci sono state novità?”
“In campo sentimentale? No Glam … per te invece sì, giusto? … Ho saputo di Robert, ero in ospedale per delle analisi ed ho incrociato Scott”
“Analisi?” – chiese perplesso.
“Routine Glam … sei carino a preoccuparti per me” – disse con una sottile vena di sarcasmo.
“Touchèz …”
Matt inspirò, posando il bicchiere – “Robert sta meglio?” – chiese come rassegnato, nascondendo il proprio disagio dietro ad un sorriso incantevole.
Era un ragazzo bellissimo e terribilmente abbandonato a sé stesso.
“Sì … ti ringrazio … A proposito, il motivo per il quale ti ho cercato era per chiederti scusa Matt, per quella cena disastrosa o meglio per il … finale”
“Abbiamo dato il peggio di noi”
“Tu sei stato disponibile e mi sei stato vicino in un momento davvero terribile: non ti ho mai dimostrato riconoscenza Matt e poi”
“Poi io volevo unicamente amarti Glam, avere un minimo spazio nella tua vita, a poco a poco, rispettando i tuoi tempi” – lo interruppe, ma senza veemenza.
Geffen inspirò, abbassando lo sguardo – “Con Robert … io non so quanto potrà durare, perché se dipendesse da me, sarebbe per sempre, però tu … Tu sei troppo giovane ed io troppo incasinato Matt”
“Nessuna speranza?” – e sgranando gli occhi chiari, li fece correre per la stanza, come a rifuggire la conclusione del suo interlocutore.
“Ti auguro ogni bene” – e si rialzò, lentamente.
Matt gli si avvicinò, prendendo un rametto di vischio da una decorazione.
“Un ultimo bacio …?” – domandò timido.
Geffen si ritrasse, prendendo invece una scatola incartata di rosso, tra quelle appoggiate su di un mensola.
“Non voglio più commettere errori Matt … Questo è per te” – e passandogli la propria strenna, gli sfiorò la fronte con un bacio superficiale e frettoloso.
“I miei … per te e Lula, li ho lasciati alla colf giù di sotto … Ti ringrazio, lo aprirò domani notte” – disse sentendosi ribollire.
“Vai in montagna con Estèlle ed il vostro gruppo?” – l’avvocato tentò di cambiare drasticamente discorso, prima di congedarlo e non ne vedeva l’ora.
“No … No, non credo …” – e l’istinto di dirgli che sarebbe rimasto solo come un cane nel loft appena acquistato, più spazioso e confortevole, venne repressa dal ragazzo come una pugnalata auto inflitta senza pietà.
Matt gli diede le spalle, infilando la porta, dietro la quale Robert si era fermato, per non disturbarli, ma anche senza resistere nell’ascoltare quella conversazione tesa.
Downey si era ripromesso di non fare più cose del genere, ammettendo con sé stesso di volere verificare le mosse di Glam, provando sollievo al rifiuto di quel bacio, seppure innocente.
Il tono di Matt rimase gentile, ma nei suoi occhi l’attore lesse una luce nettamente diversa.
Erano torbidi, liquidi, ostili, come se provasse un odio sconfinato verso Geffen ed il suo costante respingerlo, nonostante la sua avvenenza ed intelligenza.
Robert non seppe spiegarsi la sgradevolissima sensazione provata, che lo portò a nascondersi dietro ad un tendaggio pesante, come se avesse paura.
Appena Matt imboccò le scale, Downey con pochi passi si precipitò da Glam, che lo strinse forte.
“Cucciolo mio …”
Era meraviglioso come Geffen gli diceva le cose, anche se la loro età suggeriva ben altri termini, pensò Robert, sentendosi privilegiato ed al centro del suo cuore, come mai prima.
Sentiva di non dovergli dimostrare nulla e di meritarsi quella semplice e spontanea, oltre che smisurata ammirazione.

“Scusami Glam …”
“Che succede?” – lo stava ancora baciando nel collo ed alla base, sotto il mento rasato.
“Ho … Ho creduto che lo baciassi e non me ne sono andato … Non ho avuto fiducia” – spiegò amareggiandosi.
Geffen rise solare, poi lo sollevò, facendogli fare un mezzo giro, guardandolo.
“La tua gelosia mi lusinga, sai?”
Downey si rabbuiò ulteriormente.
Glam spense il proprio entusiasmo, poggiando la guancia destra sulla fronte di lui, che aveva il cuore stritolato da una morsa.
“Io … io lo so Rob … E so che è difficile … insostenibile …”




Le risate dei presenti non lo sfioravano nemmeno.
Jude guardava fuori dalla finestra, giù nella strada, chiazzata di pozzanghere, vibranti di cerchi concentrici, nei quali annegava lo sguardo, come ipnotizzato.
Era invece perduto nel passato, in una corsa, tenendosi per mano, con Robert, per non perdere l’ultimo treno, che li avrebbe portati sulla costa, prima che arrivasse la notte.
Volevano vedere il tramonto, restando abbracciati, avvolti nel plaid a scacchi blu ed arancio, che Law aveva raggomitolato nel suo zaino in tela verde.
Imbacuccati con sciarpe e cuffie, nessuno li riconosceva: ridevano come bambini, cercando i biglietti, mentre il controllore spigoloso e pallido, li stava scrutando severo ed impaziente.

In riva al mare non li aspettava il temporale di Londra, che da quel giorno distante a quella sera di festa, sembrava non essere passato mai.
Rimbombava nelle orecchie di Jude, gocciolando dai vetri, come uno stillicidio, come una tortura,  acuita dall’odierna distanza tra loro, simile ad una punizione estrema e senza via d’uscita.



Nessun commento:

Posta un commento