Capitolo n. 20 - zen
I’m so sorry …
“Mi è piaciuta da
subito questa casa …”
Downey si guardò in
giro per il salone centrale, arricchito da mobili del settecento, tappeti
persiani ed argenti inglesi.
“Ne sono felice e se
vorrai, la Star House, sarà casa tua” – Geffen lo disse piano, abbracciandolo
con cura.
“Glam … non sono di
porcellana, come quei vasi cinesi” – rise, nascondendo il volto arrossato nel
collo dell’altro, che aveva il cuore in gola per la gioia di quell’inatteso
Natale insieme a Robert.
“Hai ragione, sei di
gran lunga più prezioso” – e lo baciò dolcemente.
Uno scampanellio
allegro li interruppe.
Proveniva dal
giardino.
“E’ Lula, con
Vassily, Peter … Kevin e Tim” – Glam si illuminò.
“A proposito, questa
reggia è di Lula o sbaglio?”- chiese sorridente.
“Sì … anche la Joy’s
House … credo che senza saperlo, Kevin ed io gli abbiamo già creato dei bei
problemi fiscali”
Risero insieme,
salutando gli invitati dalla finestra centrale.
Avrebbero addobbato
le stanze, mentre il personale alle dipendenze di Geffen, pensava al parco.
“Domani, per la
vigilia, non dovremmo essere da Meliti?” – chiese esitante l’attore.
“Sì … ci saremo, con
la famiglia … Ti crea problemi tesoro questa cosa?”
“Non ho nulla da
rimproverarmi” – replicò assorto.
“Infatti Robert. Ehi
vieni qui …” – e lo strinse con maggiore decisione.
“Ti amo più della
vita Rob” – e con un’ulteriore bacio, pose fine a quella conversazione dai
colori tristi.
Jude si pettinò la
barba, rifinendola con delle forbicine minuscole.
Erano di Robert, le
usava per il suo pizzetto.
Fissandosi allo
specchio si vide invecchiato, ma non voleva apparire trascurato.
Lavò per la seconda
volta i denti, aggiustandosi poi la camicia nei pantaloni un po’ stretti.
Erano persino corti,
perché anche quelli, erano di Robert.
Uno sbaglio,
involontario, ma che gli procurò un nodo allo stomaco, che mai si era sciolto.
Si ricambiò in
fretta.
Camilla era in
soggiorno con la figlia maggiore di Jude ed il fidanzato di lei, entrambi poco
più che adolescenti.
Erano carini,
spensierati e molto soddisfatti per i doni ricevuti.
Jude era oculato, ma
anche generoso, quando si trattava di premiare la sua prole: ottimi voti a
scuola ed una buona educazione, non chiedeva di meglio e, grazie anche alle sue
ex, i suoi ragazzi crescevano bene.
Camilla era
semplicemente adorata e, in quella precisa occasione, le attenzioni per lei si
amplificarono, soprattutto per farle metabolizzare l’assenza di Robert.
Suonarono, era ormai
ora di cena e Sadie aspettava tutti da lei.
Law andò ad aprire,
con gli occhi lucidi, per un pensiero balenatogli in testa come un fulmine, una
speranza, che andò a spezzarsi contro il sorriso di Owen.
“Ciao … volevo …
scusarmi Jude”
“Tu …? E per cosa?
Semmai io dovrei … Anzi ti devo delle scuse” – ribatté impacciato, avvampando.
In lui non c’era più
la spregiudicatezza del giorno prima.
“Per me è tutto a
posto” – esordì sereno Rice, una volta nell’ingresso.
“E July?”
“E’ dai nonni …
Francamente avevo bisogno di una boccata d’aria, ci sono le mie zie, gli zii, i
prozii … Gli amici del golf club di mio padre, un … delirio!” – rise giocoso.
“Lo immagino:
unisciti a noi, stiamo andando dalla mia ex moglie, Sadie”
“Ah, miss Frost … ok,
se non disturbo … volevo offrirti l’aperitivo, poi sarei sparito nella notte
londinese”
“Non è il caso Owen …
Mi fa piacere se ti aggreghi …”
“D’accordo …
volentieri.”
Matt posò un paio di
doni sul mobile dell’entrata, dove la governante di Geffen lo fece accomodare,
dicendogli che quest’ultimo lo stava aspettando al piano di sopra.
Appena lo vide, il
giovane sorrise.
Il messaggio
dell’avvocato era stato molto gentile.
“Ciao Matt …”
“Glam … ciao, sono in
ritardo” – disse emozionato avvicinandosi a lui, che non fece alcun cenno di
abbracciarlo o salutarlo diversamente da come stava facendo, composto ed
amichevole.
“No, affatto, vieni,
passiamo in biblioteca, volevo parlarti.”
“Sì, me lo hai
scritto …”
Quando furono soli,
Glam versò da bere per entrambi.
“Come stai Matt?”
“Abbastanza bene … ho
avuto modo di riflettere”
“Su cosa?” – gli
sorrise, sedendosi in poltrona.
“La … la mia vita, le
mie scelte” – spiegò esitante.
“Ci sono state
novità?”
“In campo
sentimentale? No Glam … per te invece sì, giusto? … Ho saputo di Robert, ero in
ospedale per delle analisi ed ho incrociato Scott”
“Analisi?” – chiese
perplesso.
“Routine Glam … sei
carino a preoccuparti per me” – disse con una sottile vena di sarcasmo.
“Touchèz …”
Matt inspirò, posando
il bicchiere – “Robert sta meglio?” – chiese come rassegnato, nascondendo il
proprio disagio dietro ad un sorriso incantevole.
Era un ragazzo
bellissimo e terribilmente abbandonato a sé stesso.
“Sì … ti ringrazio …
A proposito, il motivo per il quale ti ho cercato era per chiederti scusa Matt,
per quella cena disastrosa o meglio per il … finale”
“Abbiamo dato il
peggio di noi”
“Tu sei stato
disponibile e mi sei stato vicino in un momento davvero terribile: non ti ho
mai dimostrato riconoscenza Matt e poi”
“Poi io volevo
unicamente amarti Glam, avere un minimo spazio nella tua vita, a poco a poco,
rispettando i tuoi tempi” – lo interruppe, ma senza veemenza.
Geffen inspirò,
abbassando lo sguardo – “Con Robert … io non so quanto potrà durare, perché se
dipendesse da me, sarebbe per sempre, però tu … Tu sei troppo giovane ed io
troppo incasinato Matt”
“Nessuna speranza?” –
e sgranando gli occhi chiari, li fece correre per la stanza, come a rifuggire
la conclusione del suo interlocutore.
“Ti auguro ogni bene”
– e si rialzò, lentamente.
Matt gli si avvicinò,
prendendo un rametto di vischio da una decorazione.
“Un ultimo bacio …?” –
domandò timido.
Geffen si ritrasse,
prendendo invece una scatola incartata di rosso, tra quelle appoggiate su di un
mensola.
“Non voglio più
commettere errori Matt … Questo è per te” – e passandogli la propria strenna,
gli sfiorò la fronte con un bacio superficiale e frettoloso.
“I miei … per te e
Lula, li ho lasciati alla colf giù di sotto … Ti ringrazio, lo aprirò domani
notte” – disse sentendosi ribollire.
“Vai in montagna con
Estèlle ed il vostro gruppo?” – l’avvocato tentò di cambiare drasticamente
discorso, prima di congedarlo e non ne vedeva l’ora.
“No … No, non credo …”
– e l’istinto di dirgli che sarebbe rimasto solo come un cane nel loft appena
acquistato, più spazioso e confortevole, venne repressa dal ragazzo come una
pugnalata auto inflitta senza pietà.
Matt gli diede le
spalle, infilando la porta, dietro la quale Robert si era fermato, per non
disturbarli, ma anche senza resistere nell’ascoltare quella conversazione tesa.
Downey si era
ripromesso di non fare più cose del genere, ammettendo con sé stesso di volere
verificare le mosse di Glam, provando sollievo al rifiuto di quel bacio,
seppure innocente.
Il tono di Matt
rimase gentile, ma nei suoi occhi l’attore lesse una luce nettamente diversa.
Erano torbidi,
liquidi, ostili, come se provasse un odio sconfinato verso Geffen ed il suo
costante respingerlo, nonostante la sua avvenenza ed intelligenza.
Robert non seppe
spiegarsi la sgradevolissima sensazione provata, che lo portò a nascondersi
dietro ad un tendaggio pesante, come se avesse paura.
Appena Matt imboccò
le scale, Downey con pochi passi si precipitò da Glam, che lo strinse forte.
“Cucciolo mio …”
Era meraviglioso come
Geffen gli diceva le cose, anche se la loro età suggeriva ben altri termini,
pensò Robert, sentendosi privilegiato ed al centro del suo cuore, come mai
prima.
Sentiva di non
dovergli dimostrare nulla e di meritarsi quella semplice e spontanea, oltre che
smisurata ammirazione.
“Scusami Glam …”
“Che succede?” – lo stava
ancora baciando nel collo ed alla base, sotto il mento rasato.
“Ho … Ho creduto che
lo baciassi e non me ne sono andato … Non ho avuto fiducia” – spiegò amareggiandosi.
Geffen rise solare,
poi lo sollevò, facendogli fare un mezzo giro, guardandolo.
“La tua gelosia mi
lusinga, sai?”
Downey si rabbuiò
ulteriormente.
Glam spense il
proprio entusiasmo, poggiando la guancia destra sulla fronte di lui, che aveva
il cuore stritolato da una morsa.
“Io … io lo so Rob …
E so che è difficile … insostenibile …”
Le risate dei
presenti non lo sfioravano nemmeno.
Jude guardava fuori
dalla finestra, giù nella strada, chiazzata di pozzanghere, vibranti di cerchi
concentrici, nei quali annegava lo sguardo, come ipnotizzato.
Era invece perduto
nel passato, in una corsa, tenendosi per mano, con Robert, per non perdere l’ultimo
treno, che li avrebbe portati sulla costa, prima che arrivasse la notte.
Volevano vedere il
tramonto, restando abbracciati, avvolti nel plaid a scacchi blu ed arancio, che
Law aveva raggomitolato nel suo zaino in tela verde.
Imbacuccati con
sciarpe e cuffie, nessuno li riconosceva: ridevano come bambini, cercando i
biglietti, mentre il controllore spigoloso e pallido, li stava scrutando severo
ed impaziente.
In riva al mare non
li aspettava il temporale di Londra, che da quel giorno distante a quella sera
di festa, sembrava non essere passato mai.
Rimbombava nelle
orecchie di Jude, gocciolando dai vetri, come uno stillicidio, come una
tortura, acuita dall’odierna distanza
tra loro, simile ad una punizione estrema e senza via d’uscita.
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