lunedì 26 maggio 2014

ZEN - CAPITOLO N. 301

Capitolo n. 301 – zen



“Non è buono …?”
Lux glielo domandò con un sorriso carico di dolcezza.
Adorava guardarlo mangiare e le similitudini con i passi della sua storia con Louis, sembravano riproporsi ad ogni occasione anche insieme a Zayn.

Era sbagliato.
Terribilmente sbagliato ed ingiusto, ma naturale.
Così come lo sguardo di questo ragazzo, nascosto dietro ad occhiali grandi, dalla montatura scura, come i suoi occhi, quando leggeva e si perdeva sui suoi adorati libri.

Vincent avrebbe voluto sapere subito tutto, su cosa gli piacesse, oltre allo studio, dove aveva primeggiato.

Malik sorrise – “No, è ottimo questo pesce, anche il locale dove mi hai portato”

Il ristorante si affacciava sull’oceano e la fila di tavolini, illuminati da candele ed apparecchiati con classe, erano al completo, tranne uno.

Ben presto anche gli ultimi due posti furono occupati, da una coppia ben nota a Lux ed in parte anche a Zayn, che avvampò appena vide entrare Tomlinson, con quello che pensò essere suo marito.

Styles sorrise all’affarista, avvicinandosi, non senza che Boo esitasse.
Haz capì al volo che quello con Lux, era ovviamente Malik.


“Ciao, anche voi qui …” – esordì l’avvocato.

“Buonasera Harry, Louis …” – li accolse un po’ contratto il francese – “Tu non conosci Zayn, vero?”

“No, ma è un piacere, ciao, benvenuto in città”

“Ciao, piacere di conoscerti” – e gli porse la mano asciutta e tiepida, senza guardare Louis, che abbozzò un ciao, in direzione di Lux, che annuì.

“Vi lasciamo in pace, buona cena …” – si congedò educato e sorridente Styles, con piena e tacita approvazione da parte del consorte, che si diresse veloce al desco imbandito per loro, con tanto di rose rosse al suo posto, dove il Maître lo fece accomodare ossequioso.


“Sarà un anniversario … Ci sono i fiori, per Louis …” – disse sommesso Malik, osservando la scena.

“Può darsi, Harry è un gentiluomo per certe cose”

“E tu lo sei?” – Zayn sorrise pulito, concentrandosi sul proprio accompagnatore, senza badare a certe occhiate di Boo, che sorrideva forzato ad Harry, in esaurimento di pazienza e con un sms di Jude, ancora da leggere sull’iphone di ultima generazione.

“Ci provo” – rise – “… per un ex-sbirro non è così semplice”

“In che sezione eri?”

“Narcotici, poi omicidi, infine di nuovo narcotici …”

“A Parigi?”

“Sì, ma anche in provincia, poi nella capitale, gli ultimi anni …”

“Ci vivevi con tuo figlio?”

“Sì Zayn …” – divenne serio o meglio triste.

“Scusami, la mia curiosità è fuori luogo …”

“No, anzi, vorrei raccontarti tutto di me”

“Ed io dovrei fare altrettanto?” – domandò scherzoso, ma fino ad un certo punto.

Probabilmente Zayn lo stava fissando, quel punto, dove Lux dove fermarsi.
Almeno per ora.



“Vuoi un anti acido, Boo?”

Harry ruppe il silenzio, un po’ teso, anche perché non riusciva ad apprezzare il cibo, di straordinaria qualità, ma, soprattutto, quel momento, che aveva organizzato per Louis.

“Co cosa …?” – balbettò, avvampando colpevole.

“Secondo te, Vincent dovrebbe immolarsi sulla scogliera per la fine della vostra storia oppure entrare in convento?”

“Harry per favore …” – e deglutì a vuoto, l’aragosta intatta nel piatto.

“Quanto andrà avanti questa storia? Per quanto ancora, intendo?” – chiese brusco.

“Cosa dovrei dirti? Hai sempre saputo che Vincent è una ferita dura a rimarginarsi, mi serve del tempo per metabolizzare, ma non lo passo di sicuro a farmi seghe mentali, rimpiangendo i tempi con lui e cercando una buona motivazione per rassegnarmi!” – sibilò un po’ svilito.

Specialmente per i sorrisi, che Lux e Malik si stavano scambiando.
Quando poi l’ex brandì con delicatezza le mani del giovane, per poco la minerale non gli andò di traverso.

Styles distante anni luce dal suo dolore.



Robert rispose alla chiamata di Geffen con un sorriso.

“Ciao tesoro, quando torni?” – gli chiese immediato l’amico, da Palm Springs, dove un cielo pieno di stelle sembrava spiare il loro amore immutato.

“Domani in giornata Glam, tu come stai?”
Geffen se lo sentiva chiedere di continuo, ma nel caso di Rob, non gli dava mai noia.

Persino Jared, con l’ansia che gli leggeva negli occhi, quasi importunava il suo equilibrio psicologico, sempre più labile.

“Ho sognato mia madre, un evento strano, quasi un brutto presagio, anche se lei era bella e gentile con me”

“Mi dispiace Glam, so che questi tu li vivi come dei segnali”

“Lula, però mi ha rassicurato … Non ricordavo neppure che si fosse infilato nel lettone” – sorrise.

“Fa sempre così, il nostro soldino …” – osservò con tenerezza l’attore.

Geffen sentì crepitare le sue iridi.

“Ti voglio bene Robert …”

“Torno presto da te, ci vediamo a cena, ok?”

“Sì, domani … Certo, non mancherò” – disse un po’ mascalzone, come piaceva a Downey.

Era come se non gli fosse accaduto nulla di male.
Come se la malattia fosse stata solo un brutto sogno.



“Ok, siamo arrivati …”
Zayn tirò un sospiro, ma non di sollievo.

Era sulle spine, almeno quanto Lux, per il proseguo di quello, che ad entrambi, era sembrato un primo appuntamento.

“Le tue cose sono da me …”

“Sì, ti scoccia se passo a prenderle sabato? Ho diversi incontri e poi devo capire che fine farà il mio progetto con Tomlinson …” – replicò senza guardarlo.

“E di noi Zayn …? Fine di ogni cosa, ancora prima che inizi?” – rise nervoso, fissandolo.

“Non lo so Vincent, stai davvero correndo troppo e poi”

“E poi sono vecchio per te, ok, posso capirlo”

“Non è questo” – e lo fissò a propria volta.

“Prima hai detto che sarebbe ora che qualcuno mi dimostrasse quanto io sia speciale … o qualcosa del genere”

“Sì l’ho detto” – e si morse le labbra perfette.

Lux fece una smorfia, poi si accese una sigaretta – “Non sono mai stato tanto patetico”

“Vincent”

“Te la faccio portare da qualcuno, la tua roba, quando vuoi, adesso vado”

“Quanto sei irascibile e scostante, quando chi ti sta davanti non ti dà retta!”

“Io non voglio ammansire nessuno e tanto meno farmi obbedire da un ragazzino come sei tu, Zayn Malik!”

“Un ragazzino che ti tiene sulla corda, da come ti incazzi!”

“Perché giochi con me??! Perché questi alti e bassi, questi voltafaccia?!” – sbottò acre.

“Io sono coerente, invece! Tu non sei un surrogato, da usare per colmare chissà quale vuoto emotivo! Il sottoscritto ti sembrerà una replica, in compenso, lo capisco da come mi guardi e lo noto dai tuoi atteggiamenti!”

“Bene, racconteremo ai nostri nipoti quanto litigassimo in principio della nostra storia! Li faremo ridere come pazzi!”

“Ma che cavolo stai dicendo Vincent …?” – chiese stranito, mentre l’altro scendeva, per andargli ad aprire la portiera.

“Prego e dolci sogni, a te che sai tutto” – ringhiò l’ex poliziotto.

Malik uscì dalla vettura, scrutandolo, come se Lux fosse un alieno o semplicemente un coglione.
Lo faceva sentire in quella maniera di continuo.

“Anche i miei colleghi mi chiamano così, in segno di scherno … Lo farà anche il tuo Louis” – affermò serio, salendo sul marciapiede.

“Mai stato mio e mai io lo direi in segno di scherno: anche questa volta trai le tue conclusioni senza rifletterci, ma hai ragione, ci conosciamo appena!”

“Ok, stiamo degenerando ed io non volevo che”

“Non volevi cosa eh Zayn? Non volevi essere tu a decidere tutto tra noi? Invece ci sei riuscito, complimenti!” – e tornò alla guida, mettendo in moto, senza aggiungere una sola sillaba, ripartendo con uno stridio di ruote, che bucò la notte.

Il semaforo in fondo alla via stava lampeggiando, mentre l’immagine di Zayn diventava sempre più piccola nello specchietto retrovisore, che Lux non smetteva di guardare.

Il suono di un clacson, nella direzione opposta, lo fece sussultare, tanto che Vincent inchiodò: non si era accorto del rosso, scattato ormai da alcuni secondi.

Inspirò profondo, poi vide che Zayn non era più solo.
Stava parlando con tre tizi, non certo degli studenti, dall’abbigliamento.

Erano un incrocio tra rapper vecchio stile e punk, in voga un secolo prima.
Ridevano porgendogli quella che a Vincent sembrò della droga.
Malik si spostava lateralmente, provando ad andarsene, ma i suoi tentativi andavano a vuoto.

Lux girò la sua Mercedes, precipitandosi da lui, lampeggiando con i fari, riuscendo a mettere in fuga quegli sconosciuti.

Zayn lo raggiunse rapido.

“Tesoro cosa volevano quegli stronzi??” – quasi ruggì, accogliendolo al volo sul proprio petto.

“Scusami … sono io lo stronzo qui …”

“Nemmeno per idea …” – Vincent sorrise, amorevole, per ciò che sentiva in quell’istante, con le iridi di Zayn calde e liquide, che lambivano ogni sua sensazione, rendendola piacevole.
Gli diede un bacio casto sulla fronte – “Ti voglio bene cucciolo e se sto correndo, me ne assumo ogni responsabilità.”



Il pubblico presente in aula si ammutolì.

Il giudice Bolton, appena fatto il suo ingresso, gli sorrise, vedendolo percorrere il corridoio tra le file di sedie tutte occupate da curiosi e giornalisti, con passo sicuro, anche se aiutato da un bastone.

“Ciao Geffen” – lo salutò un po’ sornione.

“Ciao Alfred, posso rimanere? Mi metto buono buono accanto al mio socio”

Hopper rise, chiedendo ad Harry di fare spazio a Glam, tra di loro.

“Certo nessun problema, sei a casa tua …”

“Ti ringrazio, forse pensavi fossi già morto” – e nel dirlo, Geffen lanciò un’occhiata bruciante al cronista del canale 54, poco distante da lui.

“No, ma figurati, so che sei un osso duro”

“Non immagini quanto” – poi tossì, bevendo subito dell’acqua, mentre curiosava tra i fascicoli, che Styles gli passò prontamente.

L’udienza ebbe inizio: una causa piuttosto clamorosa, riguardante un ricco produttore, coinvolto in uno scandalo di sottrazione fondi, nell’ambito di un vasto progetto di riqualificazione degli Studio’s in Los Angeles.

Glam seguiva attento le testimonianze, obiettando deciso su di un paio di domande, non senza dare un tocco agli stinchi di Marc ed Harry, un po’ distratti dalla sua presenza.

Bolton rise sotto ai baffi, vedendo che era ancora lucido e presente a sé stesso, nonostante l’evidente deperimento fisico.

La situazione volse a loro favore, dopo che Hopper presentò una perizia a sorpresa, un vero colpo da maestro.

Il merito era, ancora una volta, di Harry, che all’uscita si prese tutti i complimenti di Geffen, molto soddisfatto e fiducioso nel buon fine del procedimento, con una piena assoluzione.

“Ovvio che quel delinquente ha rubato fino all’ultimo dollaro contestatogli, però era nostro dovere uscirne vincitori: è lo spirito dello studio, vero Marc?” – chiese allegro.

“Confermo, ma adesso ti porto a casa, ok?”

“No, devo andare all’ospedale da Hugh, ho una seduta con lui …”

“Bene …” – mormorò Harry – “Io ho un impegno, ci vediamo domani mattina, se non avete più bisogno di me …” – disse esitante, una volta in ascensore.

“Per me vai pure” – rispose Marc, distratto dal cellulare.


Geffen non disse nulla.



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