giovedì 26 settembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 190

Capitolo n. 190 – zen




I gabbiani giocavano nell’aria e, quei pochi che si posavano, calpestavano le orme lasciate da Brent e Brendan.
C’era vento.
Il ragazzo aveva solo la camicia e l’analista, toltosi il giaccone, glielo mise sulle spalle.

“Grazie …” – disse Brent, emozionato, guardando un po’ l’oceano ed un po’ gli occhi di Brendan, della stessa materia, la stessa luce.
“E’ tutto nuovo anche per te?” – chiese improvviso il più anziano.
“Sì” – e per sottolineare quella risposta, Brent annuì, mordendosi le labbra e tirando su dal naso.

L’aveva fatto anche suo padre, prima che il giovane se ne andasse via da lui.
Da quello che era stato e che non voleva mai più nella propria vita.

Brent voleva ricostruire ciò che univa sé stesso a Louis, quelle risate, i giochi da bambini, quando si nascondevano dalla severità di un genitore troppo duro, metodico, spietato nella sua visione ridotta del mondo.

Il mondo di Brent Tomlinson senior era e restava unicamente la caserma, i mezzi blindati, la divisa sempre in ordine.

Ora Brent se la sentiva bruciare addosso ed avrebbe voluto strapparsela e gettarla in quel vento, che gli impastava i capelli di sale e sabbia, in un sapore, che avrebbe ritrovato uguale sulle labbra di Brendan, se soltanto uno dei due avesse avuto il coraggio di baciare l’altro.

Si fermarono, fronteggiandosi, in imbarazzo.
“Devo andare Brent”
“Dove?” – chiese quasi smarrito, fissandolo.
“Ho … Io devo fare delle cose, ecco … Scusami, ci si vede” – e tornò sui propri passi, velocemente.


Il busto di Jared si illuminava tra le pieghe dei suoi addominali, ancora scolpiti ed asciutti.
Nemmeno un miracolo gli avrebbe fatto mettere su qualche chilo, ormai era così da almeno venti, bellissimi, anni.

Colin, steso su di un fianco, la testa all’altezza dell’inguine del compagno, raccoglieva i suoi fianchi esili tra le braccia muscolose, succhiando e lambendo la sua erezione turgida e bagnata, mentre con le dita lo penetrava con delicatezza ed esperienza.

Il leader dei Mars si inarcava, stritolando le lenzuola, appena gli affondi di Colin diventavano più audaci e la sua gola inghiottiva completamente il sesso di Jared, quasi al culmine.

Sentendolo così al limite, Farrell si inginocchiò tra le sue gambe, alzandole, per facilitarsi nello scendere in lui, pronto a riceverlo sublime ed incantato dall’espressione del compagno irlandese, in crisi d’aria, ma non di energie.

Ansimando e ripetendo il nome di Jay, come un mantra, Cole iniziò a tormentare la fessura, dove ritrovava ogni sensazione vivida di appartenenza carnale, a colui che gli aveva dato una ragione di esistere, in molteplici momenti.

Gli entrò dentro, capace e virile, colpendolo piano, poi ancora ed ancora.
Jared gridò il suo nome, lo respirò ed infine, nell’invocarlo nuovamente, sembrò assorbirlo, come linfa essenziale.

“Toccati Jay” – quasi lo implorò il moro, non che non volesse provvedere lui a quell’adorata incombenza, ma i suoi polpastrelli erano impegnati a stringere i capezzoli di Leto, ormai inebriato di spasmi e lussuria.

A propria volta Jared avanzò una richiesta torbida e Farrell lo accontentò, venendogli sulle labbra, sul volto madido ed esigente, così il suo sguardo, di rinnovate attenzioni, che non tardarono a concretizzarsi.


Mason ricontrollò i risultati, appena consegnatigli da Preston.

“Siamo sicuri, dunque?” – domandò agitato, ma euforico.
“Sì Jim”
“Loro dove sono?”
“Ora te li cerco … Tu dillo a Hugh intanto. E’ con Nasir” – e gli sorrise, prima di passare nel proprio studio a fare un paio di telefonate.


Harry sparse dei baci colmi di tenerezza tra le scapole di Louis.
Stavano riprendendo fiato.

“E’ … è stato bello …” – ansimò il più giovane, cinturandolo, mentre Lou mordeva il cuscino, con un cenno di assenso.
“Boo bear hai fame?”
Louis sorrise – “E’ un pezzo che non mi chiami più così Haz …”
“Sarò nostalgico …” – e si alzò, per andare verso la cucina a prendere dei succhi di frutta.
“Cavoli non c’è una birra? E’ dal pranzo che ne ho voglia” – chiese ridendo.
“Hanno detto di non bere alcolici, all’ospedale intendo …”
“Già Harry, l’avevo scordato … Se qualcuno risultasse idoneo, dovrebbe già sottoporsi al pre ricovero stanotte …”
“Speriamo almeno che lo abbiano trovato tra noi … Nasir è così piccolo” – disse triste, risedendosi sul bordo.
Lou gli diede un bacio sulla nuca – “Tu non hai un po’ paura, nel caso …?”
Harry sgranò i suoi fanali, voltandosi a guardarlo – “Un po’ … e tu?”
“Miseria … me la sto facendo sotto, ma non mi tirerò indietro, così il resto della famiglia: ne sono certo.”


Geffen sorrise – “Dal mazzo potevate pescare una carta migliore, ma meno male che Colin salverà capra e cavoli”
Farrell lo scrutò, con Jared che gli teneva la mano, anzi la stava stritolando.
Kevin e Tim erano come impietriti: avevano accompagnato Glam, appena Preston lo aveva cercato.

“Non sottovalutarti” – affermò mesto Jim.
“Hai detto cento per cento il sottoscritto ed ottantacinque Colin?” – chiese l’avvocato, inarcando un sopracciglio.
“Infatti … accomodiamoci, ora vi illustro la procedura”
“Ok … Ma non perdiamo tempo, Nasir ne ha poco” – “Ti ringrazio Glam, per la tua generosità, ma qui i rischi li correrai tu, vorrei te ne rendessi conto” – spiegò l’oncologo, mentre Laurie non smetteva di guardarlo.
“Nel tuo caso, il ricevente potrà trarre giovamento immediato dal trapianto, mentre se utilizzassimo il midollo di Colin, il nostro Nasir andrebbe incontro ad una serie di trasfusioni e terapia farmacologica mirata, per evitare un possibile rigetto.”
“Sì, è chiaro, ma allora perché sottoporre anche Colin all’intervento?” – domandò in ansia Jared.
“Per avere un’alternativa, nel caso qualcosa andasse storto o ci fosse un imprevisto, cosa plausibile considerate le condizioni di Glam e le recenti chemio, che potrebbero avere alterato alcuni valori, cosa che andremo a scoprire solo quando l’organismo di Nasir, reagirà al nuovo innesto …”
“Le … le condizioni di Glam?” – balbettò Kevin.
Mason si strofinò la faccia esausta – “Glam lo sa, noi non siamo stati ancora in grado di stabilire quale sia la sua malattia e non credo sia un mistero questo enigma clinico … Perdonami se ho violato la tua privacy …”
“Nessun problema, adesso pensiamo al vostro bimbo: Colin andiamo?”
“Certo”
Farrell si alzò, stringendo Jared per le spalle esili – “Ehi … Non avere alcun timore, andrà tutto bene”
“Colin …”
I suoi zaffiri si riempirono di lacrime.

Kevin si precipitò da Glam, trattenendolo per un braccio – “Daddy … daddy ma perché tutta questa fretta …” – stava per piangere.
Geffen guardò Tim e gli fece un cenno.
Il ragazzo si avvicinò e Kevin lo strinse, cercando poi le ali di Glam, che non tardò a riprenderli a sé, come poche ore prima.
“Esistono cose che vanno fatte … ed è come un’espiazione tardiva, anche se io non sono niente ed il mio gesto non ha nulla di eroico, forse non devo neppure più pareggiare i conti con chissà quale malefatta del passato … Non so neppure ciò che dico cuccioli …” – e rise – “Forse è la strizza” – e li baciò sulle tempie, provando a mitigare quel clima di angoscia.
Incontrò gli occhi di Jared, che tremarono.
Glam scosse piano la testa, socchiudendo le palpebre, con serenità.
“Adesso vado … Ci vediamo al mio risveglio, ok?”



Brendan chiuse la telefonata con Hugh inspirando, sollevato per le buone notizie,  giunte dall’ospedale.
Si era appena fatto una doccia ed aveva indossato di corsa boxer e jeans scuri, per andare a rispondere al cellulare.

Suonarono.
Aveva ordinato una pizza e non controllò neppure dallo spioncino, prendendo dalla giacca un pezzo da venti.

Aprì, pensando solo un istante dopo che era mezzo nudo.
Troppo tardi.

Brent stava guardando intorno a sé, un po’ a disagio ed appena vide la blindata muoversi, si voltò di scatto.

“Ciao …”
“Brent …?”
“Ti ho riportato questo” – e gli porse il giubbotto.
“Dai entra, ma come …”
“Uno scontrino, della lavanderia, c’era il tuo indirizzo sopra, se avessi avuto il tuo numero avrei avvisato” – e si accomodò.
“Ah ok …” – Brendan sorrise, grattandosi le chiome, tirandole indietro.
Aveva diversi tatuaggi e Brent sembrava averci perso lo sguardo.
Se ne rese conto e si scusò – “Anche a me piacerebbe averne uno, ma sai, nell’esercito … cioè mio padre non voleva, perché conosco gente che ne ha” – e rise nervoso.
“Bevi qualcosa?”
“Volentieri … Che bell’acquario”
Era a parete, disposto a tutta lunghezza, una meraviglia.

“Pago un affitto salato anche per questo … Poi è una zona vip, ci abitano Chris, Steven, i soci di Geffen …” – e si infilò una camicia, togliendosela un istante dopo – “Anche questa è da mandare al lavaggio” – brontolò, controllando il colletto.
Brent si sistemò sopra ad un divano angolare, molto spazioso e comodo.

“Però è un bel posto …”
“Sì, non mi lamento, è anche vicino al lavoro … Tu dove ti sei sistemato?” – chiese quasi con noncuranza, versando un paio di drink.
“Dal nonno … Ehm, da Meliti, lo chiamano tutti così …”
“Ah il signore con il sigaro …”
“Devo a lui questo trasferimento, anche a Glam, sono loro che hanno interceduto con il generale, ma adesso viene la parte più complessa”

Ne era talmente preoccupato, che doveva parlarne con qualcuno e Brendan gli apparve la scelta migliore.

“E sarebbe …? Salute”
“A te … ti ringrazio … Buono”
“Mia ricetta segreta” – l’analista si pavoneggiò.
Era simpatico.

“Dicevi della parte più complessa, Brent?”
“Sì, non è semplice e poi temo ne scaturirà un casino: diranno che ho il diabete, di tipo due, curabile, senza insulina, però non compatibile con il mio ruolo sotto le armi, quindi mi congederanno, ovviamente con tutti i crismi e persino un’indennità permanente, che donerò in beneficenza, sia chiaro” – rivelò serio.

“Un piano niente male, non ti piace ciò che fai?”
“No”
“Ok …” – ed alzandosi, riprese fiato e riempì di nuovo i calici.
“La mia idea è aprire un ristorante, Louis mi aiuterà, con i soldi, perché sono squattrinato” – disse limpido.
“Lo ripagherai con il tempo … Non credo che Louis abbia fretta …”
“Sì, lo spero, comunque i soldi sono di Vincent … Un po’ intricato …”
“A me sembra di capire che qui i casini siano all’ordine del giorno e ne so quasi niente, mio fratello ha altro a cui pensare ora, ma mi aveva scritto delle e-mail”
“Almeno siamo alla pari Brendan” – e si alzò, dopo avere finito il suo cocktail.

“Vai già via?”
“Sì … Ti ho disturbato abbastanza Brendan … E poi magari aspetti qualcuno o volevi uscire …”
“Ma se non conosco nessuno” – rise – “A parte … tu … e pochissimi altri …”
“Oggi sembravi avere tanta fretta” – bissò diretto.
“Lo so Brent …” – e deglutì a vuoto, prendendo una felpa da un armadio, che stava ancora riordinando.
“Non sei obbligato ad essere gentile con me …” – disse piano il ragazzo.
“Non lo sono, infatti, solo che dovevo sbrigare una commissione …” – abbozzò – “No, è una balla e non so neppure come mai te la sto raccontando” – e si lisciò la barba ed i baffi.

“Sai sono un po’ buffi” – Brent li indicò con un bel sorriso.
“A quanto pare sono persino ridicoli …”
“No, no, anzi” – si affrettò a precisare – “A te stanno una meraviglia!”
“Anche tu come bugiardo vali poco Brent” – rise solare.

Si guardarono.

“Ogni tanto le bugie fanno vivere meglio … anzi, sopravvivere …”
“Non posso darti torto … quanti anni hai?”
“Venticinque e tu?”
“Trentacinque, Brent …”
“E fai lo psicologo …?”
“Sì, come Hugh …”
“Due fratelli che fanno lo stesso mestiere, anche nostro padre voleva che Louis seguisse le sue orme, come ho fatto io …”
“Ne parli di continuo”
“Di … di che?” – balbettò.
“Di tuo padre, Brent” – replicò pacato.
“E’ un’ossessione … temo … Forse dovresti farmi allungare sul lettino e frugare un po’ in questa zucca …” – scherzò.
“Volentieri … Saresti il mio primo paziente qui in terra americana …”
“No, meglio di no” – e si avviò solerte verso l’uscita.

“Ti aspettano, da Meliti? Hai il coprifuoco?”
“Ma che dici?” – ribatté asciutto, come urtato dal quesito di Brendan.
“Pensavo”
“Cosa?” – e si irrigidì, le spalle al muro.
“No … No niente, Brent, magari un’altra volta …”
“Sì, forse” – e si allacciò il giubbino, era in borghese.

Uno splendore, aveva pensato Brendan dal primo secondo in cui lo aveva visto.

“Aspetta …! Qui c’è il mio numero” – e gli porse un biglietto.
Brent lo prese, lo lesse e lo memorizzò subito: fece quindi uno squillo a Brendan.
“E questo è il mio … se vuoi registralo anche tu”
“Lo farò, non dubitare Brent …” – e gli sorrise, con un misto di dolcezza e rammarico, per qualcosa che neppure lui, sapeva scomporre sino in fondo.
“Ci conto … Fammi sapere di Nasir”
“Lo farò, ciao … Buona serata”
“Anche a te, arrivederci Brendan” – e se ne andò.
Il cuore in gola.



 Brendan in L.A.







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