lunedì 2 settembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 175

Capitolo n. 175 – zen


Louis posò lo zaino nell’ingresso.
“Non mi hai ancora detto come è andato l’esame, mon petit?” – gli chiese Vincent dal living, mentre stava cercando qualcosa in un cassetto.
“Spero meglio dell’altra volta” – replicò Lou sorridendo e curiosando un istante dopo, cingendo Lux alle spalle, nel medesimo secretaire.
“Cosa cerchi?”
“Il biglietto da visita di un ottimo ristorante sulla costa, dobbiamo festeggiare” – e di voltò radioso, stampando un bacio sulla guancia del ragazzo, che aggrottò la fronte spaziosa.
“Festeggiamo …?”
“La tua promozione, insomma il buon esito della prova, non ho dubbi in merito” – ed avvolgendolo, iniziò a comporre il numero del locale, dopo averne scovato l’elegante brochure.
“Credevo rimanessimo a casa” – mormorò innocente, non certo quanto il bacio, che audace, posò nel collo dell’uomo.

Vincent perse un battito.
E riattaccò immediato.

“Non siamo obbligati, Louis, però mi andava di uscire … Mi lusingano gli sguardi invidiosi degli altri, sarò stupido …”
“No, hai ragione” – gli sorrise, distaccandosi piano dal suo busto ben tonico e rivelato dalla camicia aderente.
Louis si sfilò maglione e t-shirt insieme – “Vado a farmi una doccia, poi semmai decidiamo … Io non sono convinto” – rise vivace, poi corse su dalle scale.
“Mon petit non …!” – Lux si interruppe, scuotendo il capo pensieroso – “… non correre …” – sussurrò – “… Ok, non sei mio figlio, però ti amo anche in quel modo Louis …”
Gli sarebbe piaciuto telefonare a Geffen, per consigliarsi ulteriormente, ma poi si sentì ridicolo: mai avuto bisogno di sostegni psicologici quando si trattava di avere una relazione, anche clandestina o temporanea.
In quei casi, certo, ma qui si trattava di Louis, dell’amore più grande e profondo gli fosse germogliato da un cuore, che Lux pensava ormai di pietra, arido quanto un deserto, disincantato, deluso.

In realtà, non aspettava che morire, per raggiungere Jacques e per questo era andato in analisi per due anni, dopo la scomparsa del figlio, a Parigi, senza trarne alcun giovamento.

La California gli sembrò così piena di sole, di persone spesso eccentriche, la mecca del cinema lo affascinava, tanto da produrre un paio di lavori indipendenti, di cui nessuno si ricordava.
Esperimenti dai quali Vincent prese le distanze in fretta, prima di buttarsi via in festini a base di cocaina e prostitute di alto bordo od attricette in cerca di ingaggi, esperienze che il francese aveva appena lambito, defilandosi senza rimpianti.

“Vincent ehi ho un problema! Puoi salire?”
La voce del giovane interruppe quella breve rimembranza, tanto da farlo sussultare.
Lux si impose la calma, non doveva essere apprensivo, non doveva assolutamente lasciare trapelare i propri turbamenti, perché Louis ne sarebbe fuggito, sentendosi soffocare: almeno questa fu la deduzione dell’affarista, ormai giunto a destinazione.

“Che succede?”
“Puoi entrare, subito, subito” – rise.
Vincent si spogliò, accontentandolo.
I getti d’acqua erano tiepidi, piacevoli.
Le luci spente, tranne quella del grande specchio, davanti al quale Louis si era guardato i tatuaggi, prima di lavarsi: ognuno di essi era collegato a quelli che Harry aveva sulla pelle.
Una pelle, che adesso, Louis non voleva ricordare.

“Piccolo io credevo che …” – Lux era a corto di ossigeno.
Lou si tirò indietro i capelli fradici, come il resto, fissandolo, senza dargli scampo.
“Devo spiegarti quanto ti voglio, Vincent?” – chiese con un candore spiazzante, consapevole di quanto fosse sensuale.
“No … Sono abbastanza grande e navigato per comprendere ogni tuo respiro, ogni dettaglio, nei tuoi sorrisi, nelle tue carezze …” – e gliene posò una sulla guancia destra, con la mano sinistra, che presto scese al petto di Lou, altrettanto carente d’aria, così da ansimare appena i suoi capezzoli turgidi vennero ingabbiati da quelle dita esperte.
Vincent glieli prese entrambi, poi lo baciò, incrociando le braccia dietro al busto di Louis, che gemette, scontrandosi con la lingua dell’amante, con il suo bacino più robusto, anche se di poco, con i suoi anni, la sua esperienza, anche se non omosessuale. Mai.
Era la prima volta per Lux.

Lo abbracciò a propria volta, con le ali più minute, ma muscolose: Vincent prese fiato, staccandosi di poco, ma senza mai smettere di leccare le labbra di Louis, che rispondeva con ansiti, lievi morsi, guardando Lux, vivendolo, senza pudore, come se una simbiosi chimica e fisica si fosse impossessata di entrambi.
Erano compiuti, realizzati.

Abbandonarono quegli zampilli, rotolando sui tappeti di spugna pregiata.
Louis sotto, Vincent tra le sue gambe, schiuse ed un poco oscene.
Le lastre intorno rimandavano immagini scabrose, invitanti, in un crescendo di lascivia e promesse da mantenere e soddisfare, senza più remore.

Lux si mise in ginocchio, per ammirare il suo ragazzino: gli infilò i pollici in bocca, poi gli indici, brandendo il suo volto bagnato e lucido, come i rispettivi sguardi.
Iniziò a masturbarlo con la destra, mentre con le falangi mancine non esitò ad esplorare la fessura di Louis, che urlò piano, mordendo la stoffa della camicia di Lux, sulla quale erano crollati, ebbri di appartenenza e possesso.

Un gel venne in aiuto a Vincent, senza alcuna premeditazione.

Lui non esitò, se non per la cura con cui cominciò ad entrargli dentro, senza cedere ad una bramosia di averlo, che lo stava soffocando.
Tranne che nel buon senso, nell’amorevole attenzione, che riservava al suo petit, ormai al culmine dell’abbandono e dell’accettazione del corpo sconosciuto di Vincent.

Fu totalizzante sentirselo arrivare contro le pareti, nel dilatarsi di ogni membrana, di ogni anello del proprio canale, avido di emozioni e di un amplesso, che Louis si augurava prolungato al massimo.

Era ingordo, disponibile, gli piaceva il sesso, elemento mai celato ad Harry …

§ Cazzo no! … No, non devo pensarci … a lui … che sia § - … “Haa!!”

Un colpo di reni, lo fece arrivare in fondo, ma Lux non si fermò, cinturandolo per sollevarlo e lasciarlo avvinghiare a sé, come un naufrago in balia di una tempesta senza fine.
Louis non si era fermato, nel suo ondeggiare: se prima accadeva sopra a quel vaporoso giaciglio, adesso era Lux che, facendo leva sui glutei del ragazzo, gli permetteva di cavalcarlo senza alcuna fatica.
I denti di Vincent erano affondati nella carne tenera del suo collo, il suo sudore si mescolava a quello di Louis, così i reciproci umori.

Lux si insinuò, per toccarlo e farlo venire con lui.
“Ecc … eccomi …!”
Lo baciò furente, debordante, come il suo sperma, che sembrava non finire mai.
Louis non era ancora pronto.
Così Vincent lo girò, mettendolo carponi e, rientrano in lui, spalancò la bocca e le palpebre, guardando il soffitto, tremolante, luminescente.

Erano in prossimità del lavabo e Louis lo afferrò, inarcandosi, per il secondo amplesso, pronto a consumarsi ed a renderlo partecipe a pieno, visto che Lux proseguiva nel masturbarlo forte.
Senza pensieri, senza limiti, Lou emetteva suoni e masticava parole voluttuose, eccitanti per i sensi di Lux, che non ne aveva affatto bisogno.

Eppure tutto era magnifico, puro, liberatorio.
Animalesco e carico d’amore, in un mix erotico mai vissuto da nessuno dei due prima di allora.

“Dio sto … sto venendo di nuovo mon petit …!”
Vincent percepiva gli spasmi di Lou, che gli riempì ben presto il palmo di un nettare dolce ed acerbo, come i suoi lamenti lussuriosi.
Lux era giunto in quel lembo di carne e nervi, che se stimolati nella maniera giusta, come egli stesso stava facendo, quasi inconsapevole, potevano ridurre Louis alla pazzia, portandolo quasi sul punto di svenire.

Era largo e duro, questa la sua percezione di Vincent, che artigliò le sue spalle e si svuotò, inesorabile, fino all’ultima goccia di sé.

Crollarono.
La schiena di Louis era liscia, ideale per spargerci  ulteriori baci, mentre Vincent scivolava di lato e raccoglieva tra i suoi bicipiti di ex campione di kickboxing il torace del suo cucciolo, che ancora voleva essere stimolato nel punto, da cui l’altro era appena uscito con accortezza.
Vi ci accompagnò la mano sinistra di Lux, che sorrise, succhiandogli la nuca – “Amore mio … vuoi ancora …?”
Louis annuì.
Vincent non gli avrebbe mai negato nulla.
Senza mutare posizione e voltando a sé la bocca di Louis, per carpirne il sapore, risalì caparbio in lui, non senza il timore di stare esagerando.
Il giovane ricominciò a godere, senza neppure essere aiutato, così Lux, che si sentiva il cuore spaccargli il petto, talmente appiccicato al dorso di Louis, che anche questi riusciva a coglierne le pulsazioni accelerate.

Quasi si addormentarono, quando tutto sembrò essere giunto al termine.
Era unicamente una pausa.
Questo Louis pensò, fantasticando su come sarebbero arrivati all’alba del giorno dopo.


Mrs. Gramble apprezzò gli sforzi di Jared e Colin.
Scattò un paio di foto di rito, rilasciando anche una breve intervista con il leader dei Mars, che confermava l’imminente apertura.

“Domani sarà un pranzo sperimentale, speriamo di non deludere” – precisò solare Leto, senza mai perdere di vista gli sguardi di approvazione di Colin, un po’ in disparte, anche per controllare gli ultimi preparativi.

I frigoriferi erano zeppi dei dolci prelibati di Sammy, mentre numerose teglie di lasagne e tagliatelle, facevano bella mostra sui tavoli della cucina, pronte per essere precotte.

Meliti e Rossi vigilavano sulle zampe golose di Lula e Martin, pronte a fare qualche assaggio non autorizzato.
Zio Shannon dovette quindi provvedere a rifocillarli con delle squisite polpette, opera di Carmela, aggregatasi insieme a Pam, per ultimare degli elaborati contorni italo ispanici, colorati e di sicuro effetto.

“Bene ho saputo di Chris e Tom … E della loro Luna”
Jared aveva invitato Mrs. Gramble ad un tavolo, per una saporita cioccolata calda con panna.

“In effetti la pratica è andata a buon fine, anche se definirla tale sa un po’ di asettico e glaciale, mentre c’è tanto amore intorno al loro gesto” – replicò lei assorta.
“Qualcosa non va, Miriam?”
“No, vede Jared, non sempre è semplice … Ci sono così tanti bimbi in attesa e questo locale porterà un po’ di sollievo alle nostre casse”
“Le donazioni della nostra famiglia non sono sufficienti?” – domandò il cantante turbato.
I presenti iniziarono a cogliere il loro dialogo, rallentando nelle mansioni, per ascoltare le preoccupazioni dell’assistente sociale.

“Sono cifre straordinarie, ci mancherebbe” – obiettò lei educata.
“Quindi non ci sono abbastanza coppie disposte ad accogliere un figlio non naturale?”
“Sì, molti preferiscono il concepimento assistito, innumerevoli nuclei gay optano per le madri surrogate … Senza contare coloro i quali cercano il figlio ideale, ad esempio ricorrendo alla clinica Mastersay”
“Quella dove scegli colore degli occhi, dei capelli?”
“Sì quella … Ok, è legalizzata, ma a me sa tanto di laboratorio degli orrori” – bisbigliò e Jared fece un cenno di assenso.

“Certo ognuno ha diritto di scegliere …” – aggiunse mesto il leader dei Mars.
“Poi ci sono i bimbi malati, magari con l’esigenza di cure costose”
Nel frattempo Farrell si era accomodato accanto a Jared, cingendolo con tenerezza, nel vederlo tanto sensibile a quel discorso delicato.

“E nessuno li vuole?”
“In effetti … Questa, ad esempio, è Amy … Ha una gamba più corta dell’altra, poi un insignificante soffio al cuore, ma sono fattori discriminanti” – e mostrò la foto della bambina, deliziosa, nella sua tutina arancio, sgambettante sopra il fasciatoio, dov’era stata appena cambiata.

“La verità è che siamo tutti nazisti!” – sbottò Leto.
Gli astanti si cristallizzarono in un improvviso silenzio.

“Vogliamo i figli perfetti e non è giusto! Sparta non è così lontana, in questi frangenti i concetti di quella cultura tornano in auge, silenti ed orribili!”
“Jared …”
“Io … Io la vedo in questo modo Colin … Non voglio offendere nessuno, tanto meno Chris e Tom, anzi … E’ un gesto meraviglioso adottare un bambino, ma quando ascolto queste storie io …” – e prese il fascicolo di Amy, scrutandolo intenso.
Quindi guardò Farrell.

L’irlandese sorrise, appoggiando la fronte a quella del marito.
“Ok Jay … Ok” – disse piano, stringendolo poi forte e rassicurante.

Laurie, appollaiato su di uno sgabello, con Nasir sopra il bancone del bar, osservava rapito quella scena, carica di affetto e complicità.

“Come diavolo ci riescono …?” – bisbigliò lo psicologo, tra sé e sé.

Geffen, in piedi, appoggiato allo stesso ripiano, sorrise, poi lo puntò – “Ora capisci perché lo adoro, doc?”
Hugh bofonchiò, facendo poi spallucce ed ammettendo quanto Jared fosse un catalizzatore di emozioni senza pari.
“Bene, mi sa che dovrò aprire un nuovo fascicolo per il clan Farrell Leto” – sottolineò l’avvocato, allontanandosi, non senza avere dato un buffetto a Nasir, che già gli dimostrava simpatia.

Inevitabilmente.




Cassel in Rio ai giorni nostri: un fisico da 30enne, anche se gli anni hanno reso brizzolati i suoi capelli, senza togliere alcunché al suo innegabile fascino ;-)

Nessun commento:

Posta un commento