mercoledì 11 settembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 180

 Capitolo n. 180 - zen


Louis sgattaiolò in bagno verso le cinque di quella mattina di vigilia, piuttosto fredda anche a Los Angeles.
Tornò da Lux dopo pochi minuti, ritrovandolo in un dormiveglia e pronto a riavvolgerlo alle spalle, accompagnando quel gesto abitudinario, con un bacio sulla nuca del giovane, nudo quanto il compagno.
Ebbero entrambi un brivido.

“Tutto bene piccolo?”
“Sì …”
“Stai tremando … per questo te lo chiedo” – sorrise, stringendolo un po’ di più.

Dall’aggressione non avevano più fatto l’amore.

“Ho un po’ freddo … prendo una t-shirt …”
“No lascia, lo faccio io, vuoi un caffè?” – chiese roco e gentile.
“No, è troppo presto Vincent” – disse guardandolo, mentre si erano messi seduti, Lou tra le coperte ed il francese sul bordo.
Il ragazzo si raggomitolò, scrutando la schiena dell’uomo.

“Devo farti una domanda, Lou e devo farlo subito” – esordì in un fiato, senza alzarsi ancora, per cercare la maglietta nel cassettone, dove il giovane aveva riposto gli acquisti del centro commerciale.

“Ok …” – replicò incerto.
Lux si voltò lento, mantenendo la stessa distanza, dolorosamente.
Per lui toccare, avvolgere, cullare il suo cucciolo, era indispensabile.
Gli infondeva una sicurezza riflessa, che Louis gli donava senza neppure rendersene conto.

“Ok mon petit …” – sorrise – “… è molto semplice … Tu hai paura di me?”
“Paura … di te?”
“Sì.”
Louis deglutì, gattonando poi verso di lui, che si premunì di coprirlo con un plaid, lasciato in fondo alle testata.

“No Vincent … Me lo chiedi per come hai reagito con quei bastardi?”
Lux annuì, segnando il contorno delle labbra di Louis con il pollice sinistro.
“Io non ti farei mai del male … Te lo giuro sulla memoria di Jacques, angelo mio”
“Vincent …” – e si appese al suo collo, baciandolo poi con foga.
La stessa con cui Lux gli volò sopra, sollevandolo per il busto gracile, facendolo aderire a sé come una seconda pelle.

Sarebbe stato così bello, se solo avesse avuto una vaga speranza che durasse.

Ora a Vincent non importava di Harry, anche se non era un fantasma.

A cena l’affarista aveva girato intorno al discorso, soprattutto non vedendo rientrare Louis con dei borsoni pieni delle sue cose, rimaste al loft.
Così come Harry ed il sapere della sua intenzione di pagare un affitto al suo ex, oltre a fargli onore, per la correttezza, dimostrava che da quella casa, che era stato il loro rifugio, LUI non se ne sarebbe andato.
Poteva guardare gli oggetti di Louis, i suoi abiti, persino la biancheria intima: il futuro Paleontologo era ovunque, dalla tazza per il latte con il suo nome alle foto sparse ovunque, con i ricordi di brevi viaggi, concerti, mercatini, dove qualche cianfrusaglia era finita nella sacca di Harry, così da diventare un cimelio, su cui rimuginare sull’occasione perduta di essere davvero felice.

E Louis era l’unica, tangibile felicità, sia per Haz che per Lux.
Giocarsela fu un attimo per il primo ed un soffio per il secondo.
La partita era aperta ed occorreva pazienza, metodo oppure essere sinceri e se loro non ce la facevano ad ammettere quanto Louis fosse speciale, anche nei suoi difetti, nelle sue vanità, incolpevole per avere un corpo avvenente e giustamente mostrato al mondo senza pudori, seppure vestito, ma all’apparenza ancora più attentatore dei sensi di uomini e donne, se LORO DUE non avessero superato la prova di fiducia e rispetto, allora Lou avrebbe avuto in mano la scelta di essere nuovamente libero.


Jared si era accucciato accanto al sedile di Kevin, mentre Tim dava il biberon ad Amy.
Erano in volo per l’Irlanda sul jet di Meliti.

“Si è di nuovo assopito” – ed indicò Geffen, poco distante, con abbarbicato Lula sul petto.
“Sì … Ho parlato con Mason”
“Davvero?”
“Nella terapia di Glam ci sono delle sostanze particolari, per sedare le crisi di vomito: il sonno impedisce all’organismo di reagire con nausea e capogiri, capisci?”
“Sì Kevin … Allora la spiegazione c’è” – e sorrise timido.
Tim lo stava fissando – “Jay devi comprendere che daddy sta attraversando un periodo delicato, però si cura, non è uno sprovveduto …” – affermò con garbo.
“Certo … Certo, lui sa quello che fa …”
Kevin rise – “Almeno lo speriamo Jay …”
“E soldino che dice?” – insistette il leader dei Mars, velatamente apprensivo.
“Nulla di che … Questo, come al solito, mi rassicura”
“In effetti mi sembra piuttosto sereno”
“Lula è contento per le vacanze che farà in Svizzera anche con la vostra Violet” – si inserì Tim.
“A proposito, verrete anche tu e Colin?”
“Non lo so Kevin … Vedremo” – e puntò il consorte, impegnato in una conversazione scherzosa con Jude.

Downey inciampò nello sguardo di Jared e lui gli si avvicinò.
“Ciao Rob … Tutto bene?”
“Ciao tesoro, sì grazie” – replicò togliendo dalla poltrona alcune riviste, per fargli spazio.

“Dady ha fatto la poppata?”
“Come no …” – rise – “E pure un mega ruttino!”
“Allora siamo a cavallo …” – e tossì.
“In pena per Glam? Non sai nasconderlo, sai?” – disse dolcemente.
“Insomma … Hai visto in tv, quel servizio di L.A. Gossip?”
L’attore rise – “Oh sì, con Geffen multato ed inseguito dalla polizia, per una folle corsa sulla super strada … No dico, è scemo? Appena si desta la bella addormentata glielo voglio chiedere”
“E’ come un adolescente, con la fuoriserie del padre …” – mormorò Leto, senza smettere di sorvegliarlo.


Nasir iniziò a battere le manine, radioso.
Era sul divano insieme a Jim, mentre Hugh stava in piedi appoggiato alla penisola della cucina.

“Ecco vedete, come si fa ad umiliare un pollo così? La farcitura è una tortura tremenda, vero scricciolo con il pannolino?!”
“Hugh ti faccio notare un dettaglio”
“Quale?!”
“Il volatile … è morto” – bisbigliò l’oncologo ed il figlio rise fragorosamente.

“Quisquiglie, passiamo all’azione! Dunque … castagne caramellate … pistacchi …”
Gli spettatori applaudirono la sua lezione culinaria.

Laurie avvampò.
Mason prese in braccio il loro cucciolo e gli andò accanto, dandogli un bacio nel collo, che acuì il suo rossore.
“Vi amo …” – disse intenso l’analista, accogliendoli tra le sue ali.
Aveva preso un nuovo farmaco e stava eretto senza stampella e senza dolori.
Un vero miracolo di Natale, pensò.


Le polaroid erano tredici.
Lux sorrise – “A quattordici anni Jacques aveva ben altro a cui pensare, altro che addobbi … Questi scatoloni sono arrivati da Parigi l’altro ieri: quando le ho trovate mi si è come spezzato qualcosa dentro … E’ una ferita che non si rimarginerà mai” – concluse assorto, passando le foto a Louis, che le voleva vedere.

“Da quando è nato sino a … Sì, è così” – disse flebile.
“Infatti” – replicò Vincent, cingendolo per le spalle.
“Grazie Louis …”
“Per cosa?” – e lo guardò intenso.
“Per avermi donato te stesso senza condizioni: è un atto di purezza, che può appartenere soltanto ad una persona dal cuore immenso, quanto il tuo” – e gli baciò la tempia.
Si abbracciarono completamente.
“Non vorrei vederti così triste Vincent …”
“Ora passa …” – tirò su dal naso, poi sorrise, staccandosi di poco – “No, non passerà mai, però quest’anno è diverso, è di nuovo un giorno di … di speranza, per me, anche se ho corso un rischio enorme … Ma tu sei ancora qui, qui con me, Louis ed io devo meritarlo sino in fondo.”


“Credevo fossi volato a Dublino”
Sylvie gli aprì con Alain in grembo: il bimbo rise, tendendo le braccine verso Harry, che lo prese volentieri, oltrepassando poi la soglia, chiedendo permesso.
“Ho preferito rimanere qui … non si sa mai”
“Non si sa mai cosa?” – domandò ridendo la ragazza, facendo strada al collega, verso il salotto, dove troneggiava un bell’abete autentico, ricoperto di filamenti dorati e fiocchi colore porpora.

“Bello … elegante” – osservò Haz, sedendosi in poltrona.
“Vuoi un tè? Lo stavo preparando … Oppure una camomilla? Quella è per Alain”
“Non hai un alcolico qualsiasi?”
“Harry se vuoi ubriacarti, scegli un bar, la città ne è piena zeppa e poi non mi hai spiegato cosa ti aspetti che accada” – sottolineò maliziosa, alludendo a Louis.
“L’ho visto … il mio tesoro intendo” – rivelò raggiante.
“Da come lo dici, oserei pensare che Lux è già all’angolo”
“Non voglio essere così ottimista e … ingenuo, anzi”
“Ma allora?”
“Allora sono incappati in una situazione sgradevole …” – e le spiegò quanto occorso all’ex ed a Vincent in quel garage.

Sylvie ne rimase turbata.
“Mi dispiace … Ed in ogni caso, seppure faccia il tifo per te, anche se sei una testa di cavolo, a me Lux piace e solo grazie a lui ho ritrovato Alain” – e lo riprese a sé, baciandolo tra i capelli.
“So che gli sei debitrice e poi non è una cattiva persona, anche se a mio parere, ora Lou ha delle … perplessità”
“Non penserà mica che Vincent possa pestare tutti quelli che faranno anche solo un complimento al suo ragazzo?” – ribatté perplessa.
“No … Non lo so Sylvie”
Suonarono.
Erano Sveva, con Jay Jay, Pamela con Drake e Carmela con Antony Jr.
Lei ed Antonio erano rimasti in California, ma lui aveva un poker con amici, oltre a Xavier, Phil e Taylor, ancora ospite alla residenza dell’anziano patriarca.

“Ueilà, abbiamo visite!” – esclamò Pamela, salutando Harry, come le altre, che spiegarono al giovane il proseguo della serata.

“Ci mangiamo una bella pizza qui da Sylvie e poi tutti dal nonno, per il pranzo di domani” – intervenne Sveva.
“Bel programma … interessante” – ribatté imbarazzato Harry.
“Aggregati!” – esclamò Carmela.
“Bueno è deciso!”
“Ma no Pam … Avevo dei progetti diversi …” – abbozzò.
Le signore si scrutarono – “Ahhh ok ok … divertiti!” – e lo congedarono, non senza bisbigliare qualche pettegolezzo vivace sull’epilogo di quella lunga notte.


Vincent gli venne dentro, guardandolo.
Era sopra di lui, puntato sui palmi, mentre i suoi fianchi non smettevano di muoversi tra le gambe di Louis, schiuse e sudate, come ogni centimetro della sua carne, che sembrava pulsare sotto l’epidermide lucida e sensuale del ragazzo.

Lou teneva le palpebre serrate a tratti, poi le spalancava, come la bocca, in cerca di luce ed ossigeno, le braccia tese verso le sbarre in ottone, le dita ancorate ad esse, come se volesse trattenersi lì a tutti i costi, anche contro il proprio cuore.

Se solo l’avesse seguito, pensò Lux, non avrebbe scelto di rimanere.


Sul comodino la polaroid numero quattordici: c’era Louis, nel suo giacchetto di jeans, sorridente e concentrato sullo scegliere o meno delle renne spelacchiate, da fissare con mollette posticce ai rami del loro albero.


Uno scatto in bianco e nero.

Come se già, fosse tutto   al passato.










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