Capitolo n. 185 – zen
“Sono Vincent Lux: il
mio nome è nella lista”
L’uomo lo disse secco
alla recluta, che annuì.
Harry li stava
fissando entrambi.
“Ed il signor Style è
con me, collaboro anch’io con lo studio Geffen. Qui c’è il numero, se vuole
verificare” – e gli mostrò il biglietto da visita di Glam.
“No … non è necessario,
palazzina quindici, seguite il mio collega, arrivederci” – concluse educato,
aprendo i cancelli.
“Ti ringrazio” –
sibilò Harry, seguendo a ruota Lux, che scosse la testa nervoso.
“Abbiamo avuto la
stessa idea? Mi fa piacere” – rimbrottò, celando un sorriso simpatico.
“E’ evidente,
anche se non conosco le tue intenzioni” – e si fermarono, stoppati in un’anticamera
dal sergente, che andò ad annunciarli a Tomlinson.
Vincent scrutò
il suo avversario, provando una singolare tenerezza.
“Per Louis,
qualunque intento è ben riposto ed in buona fede”
“Sì …” –
ammise Harry – “Per amor suo farei qualsiasi cosa e chi più di te, può capirmi?”
Geffen prese
sotto l’ala destra Robert, mentre camminava a braccetto con Tom, dal lato
opposto.
“Come stai
Glam?” – chiese Rob, quando ormai erano giunti alla brasserie.
“Mai stato
meglio, con i miei due uomini preferiti”
- rise scherzoso.
“Manca il
principe ereditario, però” – insinuò a sorpresa il fisiatra, accedendo al
locale.
“La più bella
del reame” – sottolineò l’attore.
“Su dateci un
taglio” – Geffen rise – “Jared è molto più di questo …”
“Per me è un
amico insostituibile, un fratello” – Tom lo precisò limpido, come le sue iridi,
arridendo al pensiero di Leto.
Rob confermò –
“Escludendo alcuni alti e bassi, a mia volta lo adoro e Glam lo sa”
“Appunto …
Allora cioccolata per tutti?”
“Sì grazie …
Mi faccio confezionare i biscotti per Jude e le bimbe, arrivo …” – e si diresse
al bancone, sotto lo sguardo affettuoso dell’avvocato.
Tom inspirò – “Tu
lo ami, vero?” – chiese con garbo.
“Sì … Per il
resto dei miei giorni. Robert è la parte migliore di me, non riuscirò mai a
separarmene, neppure se lo volessi …”
“Lei quindi
sarebbe …?”
Tomlinson gli
stava analizzando con occhi e tono indisponenti.
“Mi chiamo
Vincent Lux, sono un uomo d’affari, ora, ma in passato ricoprivo il ruolo di
ispettore, nella polizia di Parigi”
“Ed io sono
Harry Styles, lavoro presso lo studio Geffen, di Los Angeles, sono prossimo
alla laurea in Giurisprudenza”
“Così giovane …?!”
“Il est un
enfant prodige” – precisò Lux.
“D’accordo, ci
siamo presentati, chi sono io lo sapete” – e diede loro le spalle, osservando
le foto esposte sulla lastra del caminetto acceso.
“E’ triste” –
esordì Vincent.
Tomlinson non
si voltò, non subito.
“Cosa, scusi?”
“So per certo
che lei ha due figli, ma ne vedo ritratto soltanto uno.” - e fece un passo avanti.
Il militare si
girò lento.
“Per me esiste
Brent, lui non se ne è andato.” – replicò gelido.
“Eppure esiste
anche Louis, è vivo e vegeto, siamo colleghi in università e”
Harry ebbe un’esitazione,
poi andò avanti risoluto – “E siamo fidanzati, conviviamo, abbiamo dei
progetti, di cui vado fiero, così come lo sono di Louis, perché è un giovane
straordinario, sotto tutti i punti di vista.”
Tomlinson
arrossì leggermente, arpionando il bordo di una poltrona davanti a sé.
“Ora tutto è
chiaro. E lei, cosa centra con Louis? Sentiamo.”
“Ho eguale
stima per suo figlio, colonnello, ha cambiato la mia esistenza.”
“In che senso?”
– domandò con durezza.
Lux non
avrebbe ceduto.
“Ecco vede,
anch’io guardo spesso delle foto simili alle sue, con un unico figlio, per me sul
serio, non come per lei, colonnello: si chiamava Jacques ed è morto, in un
incidente stradale. Tra noi le cose non erano semplici, sa? Litigavamo spesso
ed io, con quel mestiere del cazzo, non riuscivo a tenermi una donna, tanto
meno sua madre, che ci abbandonò. Jacques si affezionava, poi loro mi
mollavano, insomma la mia figura autoritaria lo soffocava, lo infastidiva e
spesso mi dava addosso, come il peggiore dei suoi nemici.”
Tomlinson
ridacchiò, accomodandosi – “Prego, sedetevi, mi sto commuovendo.”
Vincent prese
fiato.
“Mio Dio … lei
è peggio di quanto credessi” – mormorò Harry, senza muoversi, così Lux.
“Con gente
come lei io non ci parlo.” – ribatté sprezzante al ragazzo, che,
istintivamente, avrebbe voluto mollargli un pugno dritto in faccia.
Vincent lo
trattenne per un polso.
“Allora
smetterà di farlo anche con me, colonnello, visto che sono profondamente
innamorato di Louis, il suo secondo figlio, per mille ragioni, che lei non
comprenderà mai, a quanto vedo.”
“Non mi devo
di certo giustificare con voi” – ringhiò, alzandosi.
“Noi siamo
venuti sino qui, perché Louis è rimasto segnato dal suo comportamento
aberrante, dalla sua mancanza di affetto e di rispetto, verso i suoi
sentimenti, le sue ambizioni, lo capisce, ci riesce colonnello Tomlinson?? E’
una ferita, che Louis non riuscirà a rimarginare da solo, se lei non vi porrà
rimedio, ma stento a credere, che ciò possa accadere!” – ruggì Harry, livido.
Brent si
palesò, improvviso.
Era
bellissimo, anche se somigliava certamente di più alla madre, che al padre, dai
tratti riconducibili nettamente a Louis.
“Buonasera …
Voi conoscete mio fratello?” – domandò smarrito.
Era in divisa,
rigido e pallido, al cospetto del suo diretto superiore, perché solo in quel
modo Brent jr riusciva a vedere il genitore.
“Sì” – replicò
Lux, avvicinandosi a lui e tendendogli la mano.
Il colonnello
polverizzò con un’occhiata il suo pupillo, che, nonostante non fosse riuscito a
nascondere un tremito, la strinse comunque, incontrando il sorriso di Vincent –
“Sono certo che lei e Louis avreste molte cose da dirvi se vi incontraste. A me
suo fratello ha cambiato la vita: ho ritrovato la gioia di andare avanti, senza
morire ogni singolo istante, dopo la perdita di mio figlio ed era ciò che
provavo a spiegare a vostro padre, suo e del nostro Louis.” – e tornò a
guardare l’ufficiale, che non si era mosso, granitico nell’espressione e nel
congedarli, un attimo dopo.
“Brent, tu
rimani, devo parlarti” – disse perentorio ed il capitano gli obbedì questa
volta.
Nel piazzale
soffiava un vento gelido.
Harry si
strinse nelle spalle, alzandosi il bavero del giaccone.
Lux, le mani
in tasca, si era acceso una sigaretta, offrendola al giovane, che la rifiutò
educatamente.
“Merd!
Missione fallita, anche se non so bene cosa ci fossimo ficcati in testa, sai
Harry?”
“Di rendere
chiara la notte e buio il giorno … Sarebbe stato più facile” – disse teso,
senza guardarlo.
Vincent
sorrise – “Che stronzo, come fa ad avere concepito Louis? Un miracolo … No,
corna, sicuramente corna!” – esclamò con il suo accento francese, oltrepassando
la sbarra.
Harry rise.
Poi il
rispettivo interagire si smorzò: accanto all’auto di Lux, c’era appoggiato
Louis.
Aveva gli
occhi lucidi e non per la brezza invernale.
Harry e
Vincent azzerarono la distanza, vedendolo contratto in una tristezza evidente.
“Tesoro …” –
sussurrò Haz, precipitandosi a stringerlo.
Lou stava
facendo altrettanto, non riuscendo più a rimandare quel rifugiarsi in lui,
allungando anche le dita verso Lux, che le afferrò, custodendole e baciandole
lieve – “Mon petit …”
“Ci hai
scoperti …” – disse emozionato Harry.
Louis annuì – “E’
stata Flora … Nel caso aveste telefonato per dare una conferma a … a mio padre”
– deglutì a vuoto, guardandosi intorno.
“Io sono
cresciuto qui … Voi questo lo sapete … Ed ora, io, vorrei sapere cosa avevate
in mente …” – chiese flebile.
Lux prese
fiato – “Qualunque cosa fosse … abbiamo fallito, anche se gliele abbiamo
cantate, sai?” – provò anche a scherzare.
Haz diede un
bacio sulla guancia sinistra a Louis, che rispose con un bacio sulla bocca del
suo compagno.
“Ti amo Haz …
Grazie Vincent” – e gli allungò una carezza sugli zigomi asciutti.
Lux sorrise,
commosso.
Il colonnello stava
assistendo alla scena, da un monitor di servizio.
Brent jr era
al suo fianco.
“Un branco di
checche … Vedo che la nostra lezione, a suo tempo, non è servita a niente” –
affermò con cattiveria l’uomo.
Brent strinse
i pugni, scrutandolo alle spalle: schiuse le labbra, in crisi di ossigeno:
avrebbe voluto fare qualcosa, rimandata da troppo tempo.
Una telefonata
interruppe quel momento di tensione e rabbia, trattenute a stento dal giovane.
Fu anche la
scusa per allontanarsi da quell’ambiente, ormai insopportabile.
Il volume di
quel datato pezzo musicale stava salendo dallo stereo, così come l’allegria generale
nel salone delle feste, nel palazzo comunale, dove la cricca di Geffen si era
intrufolata, non senza eleganza e classe.
Il grado
alcolico delle conversazioni e degli scherzi, tra Jared, Shan, Tomo e Colin era
al livello di guardia: Sammy e Dean ballavano al ritmo di David Lee Roth,
mentre Preston e Denny, stupendi nei loro smoking bianchi, pomiciavano al
centro della pista, avvinghiati e scabrosi, almeno per alcune attempate signore,
ai bordi della stessa, ben presto coinvolte da Robert e Jude, in una danza
folle.
“Sa, sono
gelatai!” – esordì Downey.
“Eh … i due
figlioli?” – ed indicò il medico con il suo avvocato del cuore.
“Sì!”
“E lei chi
sarebbe …?”
“Holmes, Sherlock Holmes e lui è John Watson! Mio marito, ha
presente madame?!” – e le fece fare pure il caschè.
Chris e Tom
furono circondati da ragazze, in abito da debuttanti: non esitarono a farle
danzare, in una sala adiacente, dove un’orchestra eseguiva un valzer dietro l’altro.
Dello smoking
loro avevano unicamente le giacche nere ed il papillon, sulle camicie candide,
poi per il resto jeans e scarponi da montagna.
Glam, in un
elegantissimo completo scuro, li osservava divertito, spaparanzato su di un
divanetto, quando, a pochi minuti dalla mezzanotte, Jared gli si avvicinò, con
due coppe di champagne.
“Giuro,
saranno le ultime … Per quest’anno!” – e ridendo solare, gliene porse una.
“Grazie tesoro
… Dov’è tuo marito?”
Leto si grattò
la nuca, a scimmietta, come lo apostrofava sempre Shannon, senza scovare il
consorte in quella confusione pazzesca.
Farrell si
fece largo tra i presenti, per raggiungere Jared, sollevandolo per i fianchi
magri, baciandolo intenso, mentre il countdown era ormai agli sgoccioli.
Una miriade di
stelle filanti e coriandoli invase i locali di quella residenza principesca.
“Buon anno
amore mio …”
“Anche a te
Cole … Ti amo” – e si baciarono nuovamente.
I brindisi si
susseguirono e tutti gli amici andarono a salutare Glam, grati per averli
coinvolti in quel bellissimo evento.
Jude afferrò
Colin per la vita, spingendolo verso le finestre, per assistere allo spettacolo
pirotecnico in corso, non senza abbracciarlo vigorosamente.
Vennero un po’
tutti assorbiti dallo scambio di auguri e buoni propositi, non ultimo Jared,
che si sentì prendere per un polso, all’improvviso.
Era Glam.
“Me lo concedi
questo lento, Jay?” – gli chiese dolcemente Geffen, avvolgendolo e guardandolo
come se fosse la cosa più bella al mondo, da sempre.
Il leader dei
Mars sorrise e, quasi con timore, lo seguì, abbandonandosi a quel suo premuroso
rapimento.
Ormai erano
usciti sulla terrazza.
Glam si tolse
la giacca, facendola indossare a Leto, che tremò contro il suo busto, al quale
era come incollato, adesso.
“Hai ancora
freddo, Jay?” – gli disse nell’orecchio Glam, mentre sullo sfondo il cielo e la
notte si incendiavano di mille colori e suoni, ma, su tutto, la voce di Paul
McCartney sembrava accarezzare suadente le loro sensazioni.
“No … Non
accade mai, quando tu sei con me …” – rispose con un battito in meno nel cuore.
“Spero sia
così ancora per molto, sai piccolo?”
“Lo spero anch’io
Glam … Più di te” – e, chiudendo gli occhi, Jared appoggiò la testa sul suo
petto, mentre Geffen lo stringeva un po’ di più.
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