martedì 17 settembre 2013

ZEN - CAPITOLO N. 185

Capitolo n. 185 – zen


“Sono Vincent Lux: il mio nome è nella lista”
L’uomo lo disse secco alla recluta, che annuì.
Harry li stava fissando entrambi.
“Ed il signor Style è con me, collaboro anch’io con lo studio Geffen. Qui c’è il numero, se vuole verificare” – e gli mostrò il biglietto da visita di Glam.

“No … non è necessario, palazzina quindici, seguite il mio collega, arrivederci” – concluse educato, aprendo i cancelli.

“Ti ringrazio” – sibilò Harry, seguendo a ruota Lux, che scosse la testa nervoso.
“Abbiamo avuto la stessa idea? Mi fa piacere” – rimbrottò, celando un sorriso simpatico.
“E’ evidente, anche se non conosco le tue intenzioni” – e si fermarono, stoppati in un’anticamera dal sergente, che andò ad annunciarli a Tomlinson.
Vincent scrutò il suo  avversario, provando una singolare tenerezza.
“Per Louis, qualunque intento è ben riposto ed in buona fede”
“Sì …” – ammise Harry – “Per amor suo farei qualsiasi cosa e chi più di te, può capirmi?”


Geffen prese sotto l’ala destra Robert, mentre camminava a braccetto con Tom, dal lato opposto.
“Come stai Glam?” – chiese Rob, quando ormai erano giunti alla brasserie.
“Mai stato meglio, con i miei due uomini preferiti”  - rise scherzoso.
“Manca il principe ereditario, però” – insinuò a sorpresa il fisiatra, accedendo al locale.
“La più bella del reame” – sottolineò l’attore.
“Su dateci un taglio” – Geffen rise – “Jared è molto più di questo …”
“Per me è un amico insostituibile, un fratello” – Tom lo precisò limpido, come le sue iridi, arridendo al pensiero di Leto.
Rob confermò – “Escludendo alcuni alti e bassi, a mia volta lo adoro e Glam lo sa”
“Appunto … Allora cioccolata per tutti?”
“Sì grazie … Mi faccio confezionare i biscotti per Jude e le bimbe, arrivo …” – e si diresse al bancone, sotto lo sguardo affettuoso dell’avvocato.
Tom inspirò – “Tu lo ami, vero?” – chiese con garbo.
“Sì … Per il resto dei miei giorni. Robert è la parte migliore di me, non riuscirò mai a separarmene, neppure se lo volessi …”


“Lei quindi sarebbe …?”
Tomlinson gli stava analizzando con occhi e tono indisponenti.
“Mi chiamo Vincent Lux, sono un uomo d’affari, ora, ma in passato ricoprivo il ruolo di ispettore, nella polizia di Parigi”
“Ed io sono Harry Styles, lavoro presso lo studio Geffen, di Los Angeles, sono prossimo alla laurea in Giurisprudenza”
“Così giovane …?!”

“Il est un enfant prodige” – precisò Lux.
“D’accordo, ci siamo presentati, chi sono io lo sapete” – e diede loro le spalle, osservando le foto esposte sulla lastra del caminetto acceso.

“E’ triste” – esordì Vincent.
Tomlinson non si voltò, non subito.
“Cosa, scusi?”
“So per certo che lei ha due figli, ma ne vedo ritratto soltanto uno.”  - e fece un passo avanti.
Il militare si girò lento.
“Per me esiste Brent, lui non se ne è andato.” – replicò gelido.
“Eppure esiste anche Louis, è vivo e vegeto, siamo colleghi in università e”
Harry ebbe un’esitazione, poi andò avanti risoluto – “E siamo fidanzati, conviviamo, abbiamo dei progetti, di cui vado fiero, così come lo sono di Louis, perché è un giovane straordinario, sotto tutti i punti di vista.”
Tomlinson arrossì leggermente, arpionando il bordo di una poltrona davanti a sé.

“Ora tutto è chiaro. E lei, cosa centra con Louis? Sentiamo.”
“Ho eguale stima per suo figlio, colonnello, ha cambiato la mia esistenza.”
“In che senso?” – domandò con durezza.
Lux non avrebbe ceduto.
“Ecco vede, anch’io guardo spesso delle foto simili alle sue, con un unico figlio, per me sul serio, non come per lei, colonnello: si chiamava Jacques ed è morto, in un incidente stradale. Tra noi le cose non erano semplici, sa? Litigavamo spesso ed io, con quel mestiere del cazzo, non riuscivo a tenermi una donna, tanto meno sua madre, che ci abbandonò. Jacques si affezionava, poi loro mi mollavano, insomma la mia figura autoritaria lo soffocava, lo infastidiva e spesso mi dava addosso, come il peggiore dei suoi nemici.”
Tomlinson ridacchiò, accomodandosi – “Prego, sedetevi, mi sto commuovendo.”
Vincent prese fiato.
“Mio Dio … lei è peggio di quanto credessi” – mormorò Harry, senza muoversi, così Lux.

“Con gente come lei io non ci parlo.” – ribatté sprezzante al ragazzo, che, istintivamente, avrebbe voluto mollargli un pugno dritto in faccia.

Vincent lo trattenne per un polso.
“Allora smetterà di farlo anche con me, colonnello, visto che sono profondamente innamorato di Louis, il suo secondo figlio, per mille ragioni, che lei non comprenderà mai, a quanto vedo.”
“Non mi devo di certo giustificare con voi” – ringhiò, alzandosi.
“Noi siamo venuti sino qui, perché Louis è rimasto segnato dal suo comportamento aberrante, dalla sua mancanza di affetto e di rispetto, verso i suoi sentimenti, le sue ambizioni, lo capisce, ci riesce colonnello Tomlinson?? E’ una ferita, che Louis non riuscirà a rimarginare da solo, se lei non vi porrà rimedio, ma stento a credere, che ciò possa accadere!” – ruggì Harry, livido.

Brent si palesò, improvviso.
Era bellissimo, anche se somigliava certamente di più alla madre, che al padre, dai tratti riconducibili nettamente a Louis.

“Buonasera … Voi conoscete mio fratello?” – domandò smarrito.
Era in divisa, rigido e pallido, al cospetto del suo diretto superiore, perché solo in quel modo Brent jr riusciva a vedere il genitore.

“Sì” – replicò Lux, avvicinandosi a lui e tendendogli la mano.
Il colonnello polverizzò con un’occhiata il suo pupillo, che, nonostante non fosse riuscito a nascondere un tremito, la strinse comunque, incontrando il sorriso di Vincent – “Sono certo che lei e Louis avreste molte cose da dirvi se vi incontraste. A me suo fratello ha cambiato la vita: ho ritrovato la gioia di andare avanti, senza morire ogni singolo istante, dopo la perdita di mio figlio ed era ciò che provavo a spiegare a vostro padre, suo e del nostro Louis.” – e tornò a guardare l’ufficiale, che non si era mosso, granitico nell’espressione e nel congedarli, un attimo dopo.

“Brent, tu rimani, devo parlarti” – disse perentorio ed il capitano gli obbedì questa volta.


Nel piazzale soffiava un vento gelido.
Harry si strinse nelle spalle, alzandosi il bavero del giaccone.
Lux, le mani in tasca, si era acceso una sigaretta, offrendola al giovane, che la rifiutò educatamente.

“Merd! Missione fallita, anche se non so bene cosa ci fossimo ficcati in testa, sai Harry?”
“Di rendere chiara la notte e buio il giorno … Sarebbe stato più facile” – disse teso, senza guardarlo.
Vincent sorrise – “Che stronzo, come fa ad avere concepito Louis? Un miracolo … No, corna, sicuramente corna!” – esclamò con il suo accento francese, oltrepassando la sbarra.
Harry rise.

Poi il rispettivo interagire si smorzò: accanto all’auto di Lux, c’era appoggiato Louis.
Aveva gli occhi lucidi e non per la brezza invernale.
Harry e Vincent azzerarono la distanza, vedendolo contratto in una tristezza evidente.

“Tesoro …” – sussurrò Haz, precipitandosi a stringerlo.
Lou stava facendo altrettanto, non riuscendo più a rimandare quel rifugiarsi in lui, allungando anche le dita verso Lux, che le afferrò, custodendole e baciandole lieve – “Mon petit …”
“Ci hai scoperti …” – disse emozionato Harry.
Louis annuì – “E’ stata Flora … Nel caso aveste telefonato per dare una conferma a … a mio padre” – deglutì a vuoto, guardandosi intorno.
“Io sono cresciuto qui … Voi questo lo sapete … Ed ora, io, vorrei sapere cosa avevate in mente …” – chiese flebile.
Lux prese fiato – “Qualunque cosa fosse … abbiamo fallito, anche se gliele abbiamo cantate, sai?” – provò anche a scherzare.
Haz diede un bacio sulla guancia sinistra a Louis, che rispose con un bacio sulla bocca del suo compagno.

“Ti amo Haz … Grazie Vincent” – e gli allungò una carezza sugli zigomi asciutti.
Lux sorrise, commosso.

Il colonnello stava assistendo alla scena, da un monitor di servizio.
Brent jr era al suo fianco.

“Un branco di checche … Vedo che la nostra lezione, a suo tempo, non è servita a niente” – affermò con cattiveria l’uomo.
Brent strinse i pugni, scrutandolo alle spalle: schiuse le labbra, in crisi di ossigeno: avrebbe voluto fare qualcosa, rimandata da troppo tempo.
Una telefonata interruppe quel momento di tensione e rabbia, trattenute a stento dal giovane.
Fu anche la scusa per allontanarsi da quell’ambiente, ormai insopportabile.



Il volume di quel datato pezzo musicale stava salendo dallo stereo, così come l’allegria generale nel salone delle feste, nel palazzo comunale, dove la cricca di Geffen si era intrufolata, non senza eleganza e classe.

Il grado alcolico delle conversazioni e degli scherzi, tra Jared, Shan, Tomo e Colin era al livello di guardia: Sammy e Dean ballavano al ritmo di David Lee Roth, mentre Preston e Denny, stupendi nei loro smoking bianchi, pomiciavano al centro della pista, avvinghiati e scabrosi, almeno per alcune attempate signore, ai bordi della stessa, ben presto coinvolte da Robert e Jude, in una danza folle.

“Sa, sono gelatai!” – esordì Downey.
“Eh … i due figlioli?” – ed indicò il medico con il suo avvocato del cuore.
“Sì!”
“E lei chi sarebbe …?”
“Holmes, Sherlock Holmes e lui è John Watson! Mio marito, ha presente madame?!” – e le fece fare pure il caschè.

Chris e Tom furono circondati da ragazze, in abito da debuttanti: non esitarono a farle danzare, in una sala adiacente, dove un’orchestra eseguiva un valzer dietro l’altro.
Dello smoking loro avevano unicamente le giacche nere ed il papillon, sulle camicie candide, poi per il resto jeans e scarponi da montagna.

Glam, in un elegantissimo completo scuro, li osservava divertito, spaparanzato su di un divanetto, quando, a pochi minuti dalla mezzanotte, Jared gli si avvicinò, con due coppe di champagne.

“Giuro, saranno le ultime … Per quest’anno!” – e ridendo solare, gliene porse una.
“Grazie tesoro … Dov’è tuo marito?”
Leto si grattò la nuca, a scimmietta, come lo apostrofava sempre Shannon, senza scovare il consorte in quella confusione pazzesca.

Farrell si fece largo tra i presenti, per raggiungere Jared, sollevandolo per i fianchi magri, baciandolo intenso, mentre il countdown era ormai agli sgoccioli.

Una miriade di stelle filanti e coriandoli invase i locali di quella residenza principesca.

“Buon anno amore mio …”
“Anche a te Cole … Ti amo” – e si baciarono nuovamente.

I brindisi si susseguirono e tutti gli amici andarono a salutare Glam, grati per averli coinvolti in quel bellissimo evento.

Jude afferrò Colin per la vita, spingendolo verso le finestre, per assistere allo spettacolo pirotecnico in corso, non senza abbracciarlo vigorosamente.
Vennero un po’ tutti assorbiti dallo scambio di auguri e buoni propositi, non ultimo Jared, che si sentì prendere per un polso, all’improvviso.

Era Glam.


“Me lo concedi questo lento, Jay?” – gli chiese dolcemente Geffen, avvolgendolo e guardandolo come se fosse la cosa più bella al mondo, da sempre.

Il leader dei Mars sorrise e, quasi con timore, lo seguì, abbandonandosi a quel suo premuroso rapimento.

Ormai erano usciti sulla terrazza.
Glam si tolse la giacca, facendola indossare a Leto, che tremò contro il suo busto, al quale era come incollato, adesso.

“Hai ancora freddo, Jay?” – gli disse nell’orecchio Glam, mentre sullo sfondo il cielo e la notte si incendiavano di mille colori e suoni, ma, su tutto, la voce di Paul McCartney sembrava accarezzare suadente le loro sensazioni.
“No … Non accade mai, quando tu sei con me …” – rispose con un battito in meno nel cuore.
“Spero sia così ancora per molto, sai piccolo?”
“Lo spero anch’io Glam … Più di te” – e, chiudendo gli occhi, Jared appoggiò la testa sul suo petto, mentre Geffen lo stringeva un po’ di più.





Nessun commento:

Posta un commento