Capitolo n. 176 – zen
Sentire la mano di
Louis prendere la sua, riportandosela sull’addome contratto, mentre l’uomo lo
avvolgeva alle spalle, fu per Vincent il risveglio più dolce possibile, per
quella giornata di fine dicembre, così assolata e meravigliosa ai suoi sensi.
“Bonjour mon petit” –
gli sussurrò nell’orecchio, posando un bacio nel suo collo.
Lou si girò piano,
mugugnando qualcosa, in maniera adorabile.
L’aveva già fatto
verso le tre, di quella notte senza fine ed ora la scena si stava ripetendo.
Lux gli scivolò
dentro, ritrovandolo ancora così bagnato di sé, da arrivargli in fondo senza
alcuna fatica.
Per il resto, le sue
energie erano completamente esaurite; venne subito, dopo un paio di scatti
quasi convulsi, per l’eccitazione ed il desiderio di non deludere il suo
cucciolo, che lo stava baciando con passione, appendendosi a Vincent, con la
gioia dei suoi anni e dell’inesauribile voglia di appartenergli.
Anche Louis trasse
piacere, dal solo strofinarsi dei loro corpi; deglutì, si umettò la bocca
perfetta, staccandosi appena da Lux, che non uscì da lui, seppure fosse ormai
rilassato e distrutto.
“Sono tuo …” – gli gemette
nel collo, il suo ragazzino sensuale e generoso.
Vincent lo guardò,
con immensa tenerezza, commuovendosi.
Gli diede un bacio,
lungo e caldissimo.
Era il ti amo migliore, che Lux potesse donargli,
incondizionatamente.
“Mi sta … prosciugando”
Geffen lo sbirciò,
seduto con Lux sulla panchina fronte oceano, ridendo piano – “Ora dov’è?”
“Andava a comprare un
regalo, ma io non dovevo esserci” – Vincent sorrise.
“Ah bene, dunque i
preparativi per Natale sono nel vivo”
“Già … Lo amo da
impazzire”
“Infatti impazzirai
Vincent, te lo garantisco” – e gli scompigliò i capelli brizzolati.
I due non si
accorsero dell’arrivo di Robert, proprio con Louis, intercettato dallo stesso
gioielliere, dove l’attore stava ordinando un orologio per Jude.
“Ehi bell’uomo” – lo salutò
l’avvocato, tenendogli le mani, che Downey strinse sorridente, mentre Lux lo
imitava, ma sollevando Louis per intero, facendolo roteare sul marciapiede, non
senza baciarlo.
“Hai fatto acquisti,
mon petit?”
“Mmmm forse sì” – e rise
solare.
Rob e Glam li
spiavano, scambiandosi poi occhiate di intesa.
“Ok noi andiamo, c’è
l’inaugurazione del Dark blue, voi venite, Vincent?”
La coppia non
smetteva di baciarsi, quindi Geffen scrollò le spalle e si alzò prendendo delicatamente
per un polso Robert, alquanto divertito.
“Come non detto,
andiamo, ciao ciao e ricordatevi di respirare ogni tanto ahahah”
Salirono in auto, ma
senza partire subito.
“Sono pazzi …” – Rob rise,
guardando ancora nella direzione di Lux e Louis.
“Lo siamo stati tutti”
– sospirò Geffen, sedendosi di traverso.
Downey lo guardò con
uno dei suoi guizzi, girandosi nella stessa maniera verso di lui – “Ho saputo
di Amy …”
“Da chi?”
“Jude, ovvio, il caro
Colin gli ha spifferato tutto al telefono stanotte …” – ed inspirò, tornando a
fissare il mare, per poco.
“Lo immaginavo Rob”
“Loro due sono intimi
… Sì insomma, quei legami un po’ pericolosi … In effetti le loro cazzate,
insieme, le hanno fatte, come noi del resto e”
“Non paragonare il
nostro rapporto al loro” – quasi lo contestò Glam, ma pacatamente.
Gli accarezzò poi il
dorso della mano sinistra, gentile, riprendendola tra le proprie, non senza
posarvi le proprie labbra – “Non farlo più, ok Robert?” – e lo scrutò, intenso.
“Tu mi ammazzi così” –
disse flebile Downey, ma poteva anche scherzare, tanto era imprevedibile.
Seppure con Geffen
accadesse di rado.
Era sincero,
adorabile.
“Dammi un bacio Rob” –
gli disse perentorio.
“Eh …?”
“O me lo dai tu
oppure me lo prendo, come ho sempre fatto con le cose migliori durante la mia
fottuta vita”
Senza attendere, Glam
lo baciò, afferrandogli la nuca, ma senza alcuna irruenza, semplicemente
passione.
Passione per il suo
modo di sgranare i suoi carboni accesi sul mondo, di respirare, di camminare
eretto, con quel fisico ancora seducente, anche se Downey neppure se ne rendeva
conto.
“Grazie Robert …” - e lo lasciò andare.
“Come … come se ti
avessi fatto un favore” – ansimò lieve.
Geffen mise in moto e
se ne andarono.
“Devo andare in un
posto, Vincent”
Louis all’improvviso
si era incupito.
Lux voleva portarlo
in quel famoso locale sulla costa, ma anche quel giorno la sua intenzione stava
per essere rimandata.
“Dove tesoro?” –
chiese guidando.
“All’ospedale …”
Accostarono.
“Non stai bene?” – e gli
brandì la vita, accarezzandolo sino alle costole.
“No … No, vedi, è per
delle analisi, le ripeto ogni sei mesi” – e deglutì, arrossendo.
Lux annuì – “Quel …
tipo di analisi, mon petit?”
“Sì Vincent … Mi
dispiace, io avrei dovuto” – partì a scheggia, tremando, ma Lux lo interruppe
immediato, stringendolo a sé.
“Cucciolo, sono io l’adulto,
avrei dovuto essere io a pensare a certe cose e poi tu cosa ne sai del mio
passato …?” – affermò dolce, guardandolo
“E tu del mio … ma ti
ho raccontato ogni cosa …” – e sorrise, gli occhi lucidi.
“Io solo l’essenziale,
anche se non posso che annoverare tre mogli e decine di … avventure, ma non ho
mai avuto problemi e poi l’anno scorso ho fatto un check up e tutto era a posto”
– sorrise.
“Anche per me, ma con
Ivo, tra le mie storie, non sto tranquillo” – asserì preoccupato.
“Se avessero trovato
qualcosa, durante l’autopsia, ce lo avrebbero detto, non credi?” – gli chiese
lucido.
“Sì … sì, hai
ragione, Rossi non ci avrebbe nascosto una tale notizia su di lui!” – ribatté come
sollevato.
“Ecco vedi” – anche Lux
sorrise.
“Sì, però … devo
andarci comunque”
“Andiamo e facciamo
entrambi questi esami, ok?” – propose calmo, girando la chiave nel quadro della
sua fuoriserie.
“Ok … Magari da
Scott, nella massima privacy, che ne pensi?”
“Come vuoi, su
andiamo, anche perché non possiamo permetterci di saltare il pranzo, potrei
pure morire qui” – e con una smorfia buffa, fece inversione, per ridiscendere
nella valle, senza ulteriori esitazioni.
Colin appose le firme
del caso.
Jared lo guardava
assorto ed incantato.
“Sei incredibile
Farrell …” – mormorò, accarezzandogli la schiena solida.
“E tu sei il mio
amore, Leto” – bissò, facendogli l’occhiolino e sporgendosi poi per un bacio.
Mrs. Gramble raccolse
i documenti, con aria soddisfatta, senza badare alle loro effusioni.
“Bene, vi aspetto
allora verso sera all’orfanotrofio, che ne dite?”
“Diciamo che è
perfetto, vero Cole?”
“Sì Jay, ho già il
trasportino in auto ed alla End House i Wong sono allertati” – replicò sereno, cingendo
amorevole il suo sposo.
Appena l’assistente
si allontanò, si strinsero forti.
Erano nell’ufficio
del ristorante, adibito ad amministrazione.
“Dio, spero di non
essere stato avventato Colin …” – disse come spaventato, all’improvviso.
“No, sei stato
semplicemente tu, Jared: altruista e pronto ad affrontare una nuova avventura …
Ed anche questa volta, da un nostro viaggio, anche se non ci siamo mossi da
casa, ci torniamo con una nuova neonata … è incredibile” – scosse la testa, ma
nei suoi toni c’era una grande gioia.
“Amy … Mi prenderò
cura di lei senza mai disturbarti, non dovrai preoccuparti di nulla Cole”
“Cosa dici?” – rise –
“Farò il papà a tempo pieno anch’io, soprattutto perché Amy avrà bisogno di tanto
amore ed un pizzico di assistenza in più: vedrai che le sorelline ci
sosterranno”
“Sì, ieri sera alla
notizia mi sono sembrate entusiaste …”
“Lo erano Jay, te lo
garantisco … Ed ora buttiamoci nella mischia, tra dieci minuti si apre … Hai
visto che folla?” – e si accostò alle finestre, spostando di poco le tendine a
fiori, un po’ kitsch, ma ideali
per quell’ambiente.
“I risultati arriveranno tra venti minuti, se volete accomodarvi in
saletta, c’è anche la macchinetta per la colazione …” – disse Scott,
riordinando alcuni fascicoli sulla sua incasinata scrivania.
Stava partendo per l’Irlanda, senza avvertire nessuno; il suo trolley e
la sacca da viaggio piena di rammendi e spille hippie, tradivano però il suo
progetto, anche se Vincent e Louis non curiosarono minimamente in tale
proposito.
“Ok merci! Vieni Louis, ti offro una ciambella”
“Ti seguo … Grazie Scott a dopo”
Lux rise, togliendo dal naso di Lou un po’ di zucchero a velo.
“Buona vero?”
“Sì … Ci voleva … Vuoi un altro tè?”
“Sì mon petit, grazie … Leggo una rivista, ti spiace? Mi siedo qui …”
“Fai pure …” – ed inserendo la moneta, il giovane guardò per caso oltre
le vetrate, verso il fondo della corsia.
C’erano i laboratori della tac e delle ecografie: in quest’ultimo stava
entrando Harry, con un camice sterile.
Louis perse un battito.
“C’è Haz …” – disse con il fiato corto, precipitandosi sulla soglia.
Lux si alzò, notando anche lui l’ex del suo petit, ma non si scompose.
“Tu sai perché è qui, amore?” – domandò calmo.
“No … Cioè sì, Vincent, per la sua appendice, credo …”
“Già ricordo … Vai a sincerartene, ti aspetto qui” – aggiunse,
sfiorandogli i fianchi.
“Ecco io” – Lou lo guardò, un po’ smarrito.
“Vai tesoro … Non stare in pena” – e gli diede un bacio, quasi di
incoraggiamento.
Louis andò.
Il lieve bussare, fece fare quasi un sobbalzo ad Harry, seduto su di
una panca gelida.
“Ciao …”
“Ciao Haz, ti ho notato e”
“Sei qui per …” – e quasi puntò il cerotto all’avambraccio di Louis.
“Già infatti … E tu?”
“Solito problema Lou …”
“Ok …” – e stava immobile, poi Harry gli fece posto e lui si mise
seduto al suo fianco, un po’ rigidamente.
“Sei stato di nuovo male?”
“Sì, la scorsa notte, un inferno” – e scosse la chioma riccioluta.
Sapeva di buono, dello shampoo che entrambi usavano, quando facevano la
doccia insieme.
Louis sembrò perdersi in quel ricordo, ma il tossire di Harry lo
riportò alla realtà.
“Dio, mi dispiace, ora stai meglio?” – e gli posò il palmo sinistro
sulla spalla destra; le sue dita vibrarono.
“Insomma … Ho preso quelle schifezze di antinfiammatori, ma ci devo
dare un taglio, mi rovinano stomaco e reni, lo sai …”
“Certo Haz” – e tirò su dal naso.
“Spero di non dovermi ricoverare subito”
“Come mai?”
“L’operazione Lou … Devo decidermi a toglierla” – sorrise piacevole,
quindi si sollevò: l’infermiera l’aveva appena chiamato.
“Buona fortuna Harry …”
“Ok … Ti farò sapere … Beh magari no, cioè non so se ti”
“Certo che sì!” – si alzò anche lui, di botto, esitando se andargli di
nuovo vicino abbastanza per toccarlo e dargli un sostegno, come quando era lui
ad accompagnarlo a quei controlli, perché Harry odiava le cliniche, le
medicine, l’idea di farsi tagliuzzare e cucire, persino le signorine in camice
bianco, come quella che lo sollecitò, davvero carina, ma Haz non aveva mai
smesso di guardarlo, di guardare Lou.
Il suo Lou …
E quella manco esisteva, nonostante le gambe da urlo, il sedere da
schianto e le fattezze di una modella: per Harry, al mondo, c’era unicamente
Louis.
Così che tante cose taciute, non espresse, per incapacità, per un porsi
immaturo verso ciò che era, forse avevano ridotto Harry a quel burattino,
manipolato dalla società ancora bacchettona, che tanto aveva deluso Louis.
Louis che si precipitò da Vincent, mai mossosi dalla sua poltroncina,
nonostante avesse il fuoco dentro e non avesse letto neppure una riga di quel
settimanale modaiolo.
“Bièn, come è andata?” – chiese, a corto di ossigeno.
“Non si sa ancora … E’ appena entrato …” – spiegò in ansia il ragazzo.
“Vedrai che non ci saranno problemi …”
“Sì, ma potrebbe doversi ricoverare, per l’intervento, qui da solo” –
rivelò, provando a dominarsi.
Lux lo abbracciò, quasi cullandolo.
“Harry non è solo … Ha dei colleghi di lavoro e studio, qualche amico
spero e poi … Lui ha mon petit enfant, che non lo abbandonerà in una simile
circostanza. Giusto?” – e gli sorrise paterno.
Louis affossò il viso porpora nel collo di Lux, iniziando a piangere
sommessamente.
Fuori una brezza più fredda del solito, cominciò a spirare.
Era l’inverno, con i suoi colori lucenti in quell’angolo del pianeta,
dove la gente andava di corsa, dove nessuno si fermava, ambendo ad un successo
spesso distruttivo, dove i cuori venivano gettati in pasto alle ambizioni ed al
denaro, con cui si poteva comprare tutto.
O quasi.
Rimanendo più poveri di prima.
Anzi.
Degli autentici miserabili.
Forse un tempo anche Vincent aveva rischiato di caderci dentro, in quel
baratro di cattive persone, di mercenari dei sogni altrui, senza alcun ritegno
verso il prossimo.
Fortunatamente non era avvenuto niente di simile e lui, ora, con Louis
nella propria esistenza, sapeva che il solo obiettivo rimaneva la realizzazione
delle sue aspettative.
La più concreta aveva un nome: semplicemente Harry.
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